LA PROFESSORESSA DI MECCANICA

Sara.61
00lunedì 12 maggio 2014 10:51
Ero al quinto anno, purtroppo da ripetente, il mio diploma di perito Meccanico, era ancora un miraggio, mi ero impegnato molto, i miei mi avevano comprato anche la macchina, con il calcio avevo smesso, andavo solo in palestra, per mantenere il mio fisico atletico, sono alto e longilineo, capelli lunghi vestito sempre elegante, e molto educato, specialmente con le donne, la mia indole sottomessa, e la mia passione per i piedi femminili è smisurata, tanto che faccio fatica a rapportarmi con le ragazze, quello che cerco è difficile da trovare, volevo una donna da servire, da adorare, e poi essere punito da lei anche fisicamente.
Comunque veniamo alla scuola, andavo bene in tutte le materie, l’unica insufficienza era proprio meccanica, qull’anno avevamo una prof. laureata in ingegneria meccanica, una donna di quaranta anni, capelli ricci castani, tagliati corti, non bella di viso, ma con un corpo provocante, con le curve giuste, abbastanza alta, anche perché indossava sempre dei tacchi vertiginosi, con scarpe bellissime, vestita con giacca e gonna sopra il ginocchio, faceva la sua bella figura, e mi intrigava tremendamente, era dura e spietata, il terrore dei miei compagni e naturalmente anche il mio, viveva sola in città, almeno quelle erano le notizie che circolavano.
Mi aveva preso di mira, e non perdeva occasione per mandarmi alla lavagna, ed interrogarmi, alla fine del quadrimestre avevo cinque di scritto e se di orale, che era già diventato un cinque, tutti la odiavano, io non riuscivo ad odiarla, perché mi piaceva e sognavo di baciarle quelle stupende scarpe, e leccarle i suoi piedini, lei mi maltrattava “Losi, lei è un somaro, non riesce a capire, o si decide a studiare la mia materia, oppure anche quest’anno sarà bocciato” parecchie volte sentii questa frase, ma io rispondevo con garbo, sottomesso e dolce nei suoi confronti, ma lei mi umiliava ancora di più, finché un giorno, riuscì anche a dirmi “è inutile con te è tutto in utile non capisci niente, ma perché hai scelto questa scuola, e non un istituto professionale più adatto alle tue caratteristiche” ero proprio uno straccio, eppure riuscivo a masturbarmi pensando a lei, la Professoressa Guarini, Daniela Guarini.
Un giorno di Marzo, non ricordo precisamente la data, dovrei perché ci fu una svolta che non dimenticherò mai nella mia vita, durante l’intervallo, dopo avevamo due ore con lei, mi raggiunse in cortile, la vedevo avanzare e mai avrei pensato che venisse da me, invece me la ritrovai davanti, sentivo il suo profumo, misi il panino dietro la schiena, “buongiorno professoressa” lei non mi salutò per niente “senti Losi, dobbiamo fare qualcosa, altrimenti ti porto all’esame con l’insufficienza, ho deciso di salvarti, ti darò delle ripetizioni, è l’ultima tua occasione” non capivo il suo atteggiamento, mai avrei pensato che si preoccupasse di me “va bene prof. tutto quello che vuole, io mi impegno al massimo” lei “no, tu non ti impegni per niente hai bisogno di qualcuno che ti faccia entrare nella testa i concetti, non ho tempo di giorno, quindi faremo il martedì ed il giovedì sera, presentati a casa mia alle otto, e non dire a nessuno delle ripetizioni perché non ci è permesso darle ai nostri allievi, capito Losi” avevo capito bene, ero stupito e contento, impaurito ed estasiato, di passa re del tempo solo con lei, “va bene professoressa domani sera alle otto, ma io non so dove abita” mi passò un bigliettino assicurandosi che nessuno vedesse, c’era un numero di telefono e l’indirizzo.
Le due ore furono un tormento, mise in evidenza tutte le mie carenze con una interrogazione brutale, i miei compagni avevano sguardi di compassione per me, mi rimandò al posto con un quattro.
La sera dopo che era martedì mi presentai al suo citofono tutto sbarbato e profumato con tutti i libri e le dispense “si, vieni su al terzo piano” presi l’ascensore, suonai il suo campanello, e la vidi, avevo immaginato come poteva essere vestita in casa, ma rimasi sorpreso, aveva la solita gonna, si era tolta solo la giacca, e si era messa una felpa blu, ai piedi delle ciabattine con un minuscolo tacco, le calze color carne, esattamente quelle che aveva sempre, “vieni accomodati al tavolo, tira fuori i tuoi libri” iniziò subito si sedette vicino a me, e la sua gonna si alzò leggermente evidenziando un pochino le cosce, accavallò anche le gambe, scoprendo ancora un po’, non potevo non guardare, lei professionale, iniziò a spiegare, non ero molto concentrato averla così vicino mi turbava, andò avanti per un’ora, poi la sua gamba destra fu a contatto con la mia, era bellissimo sentirla, mosse addirittura la sedia e mi fu ancora più vicino, ora il contatto era deciso, premeva sulla mia gamba, in un attimo la alzò, e l’appoggiò direttamente sulla mia scoprendo completamente la coscia velata, non dissi niente, sentii la sua mano sul collo “scrivi questo asino” e mi dettò una formula, si accorse che la mano mi tremava, “che fai tremi hai paura di me “ non sapevo cosa dirle “un pochino professoressa” lei rise “e fai bene asinone” la mano sul collo premeva mi faceva abbassare la testa, il contatto con la sua gamba mi aveva provocato un’erezione paurosa, sotto i jeans il mio uccello era imprigionato e spingeva, pulsava, la mia testa non connetteva bene, sentii la mano scivolare via dal collo e mentre scrivevo, la stessa mano impugnò i miei coglioni “ho capito perché non ti concentri maialino” la penna mi cadde dalla mano sicuramente avevo un viso stupito, “non te l’aspettavi eh ragazzino” si alzò in piedi, e togliendosi la ciabatta e mollando la presa dai miei coglioni appoggiò il piede velato sulla mia gamba, “non è questo che brami?” potevo vedere il colore delle sue mutandine bianche, il piede bellissimo affusolato con le unghie smaltate di rosso stava lì appoggiato la gonna era tutta alzata, “puoi accarezzarlo” con timidezza accarezzai il collo del suo piede, poi il tallone liscio e morbido, lo tolse, mi prese per i capelli “alzati e mettiti in ginocchio, puoi baciare il mio piede” mi spinse giù ed io avvicinai in silenzio le labbra a quel piedino, quante volte l’avevo sognato, mille volte, ed ora era realtà, salivazione zero, brividi di freddo, e tanta eccitazione, mi lasciò fare per cinque minuti, poi mi rialzò tirandomi per i capelli, “stai seduto” si allontanò dalla stanza, e tornò calzando delle scarpe nere a tacco alto, come quelle che portava a scuola, avanzava lentamente “è questo che ti piace vedere vero? Hai sempre gli occhi sulle mie scarpe” presi l’iniziativa, e mi buttai ai suoi piedi, baciando la punta delle sue scarpe, la sentivo ridere sopra di me, “non avevo dubbi, ero sicura, sei un leccascarpe nato” agevolò il mio compito alzando il piede ed io presi in bocca tutta la punta, ciucciando con bramosia, con l’altro piede si appoggiò sulla mia nuca spingendo giù con forza “leccalo bene, e ringraziami per quello che ti lascio fare” avevo la bocca impegnata e non potevo parlare, lei ritrasse il piede “ringraziami ho detto” uscirono a stento le parole “graaazziee professoressa”, lei si mosse “ora basta torniamo alla lezione, mi staccai malvolentieri, da quel ben di Dio, e fummo nuovamente seduti uno vicino all’altra, lei sempre però con la gamba sopra la mia, la cosa aveva un senso di dominazione, lei mi dominava, ora però gli errori erano puniti con degli scappellotti dietro la testa, abbastanza frequenti “vedrai che sarai da sette” sentenziò la professoressa Guarini.
Osai appoggiare la mano sulla sua coscia, e lo scappellotto fu più forte “ti ho forse detto di toccarmi?” ritrassi subito la mano, e lei continuò la lezione. Alle undici decise di smettere “come prima sera basta così, riprenderemo Giovedì, puoi andare a casa” si alzò ed io iniziai a ritirare le mie cose, con la coda dell’occhio la vidi togliersi la gonna, e buttarla su di una sedia, rimase con la felpa che gli faceva da gonna, era stupenda su quei tacchi, ora vedevo anche il suo culo “ti piace lo spettacolo eh maialino, non ti è ancora venuto molle?” infatti erano due ore che ero in tiro e le palle mi scoppiavano, mi venne vicino, ed imbrancò nuovamente i miei coglioni, dicendomi la frase più bella che potessi ascoltare “avremmo tempo per farlo sfogare non preoccuparti, ora vai a casa ragazzino” mollò le mie palle e con un calcio mi indirizzò verso la porta. La vidi chiudere la porta dietro di me con un leggero sorriso sulle labbra.
Salii in macchina sudato fradicio, non sapevo se masturbarmi subito oppure aspettare di arrivare a casa, ma non ce la facevo più parcheggiai in un vicolo, sbottonai i calzoni e diedi sfogo al mio povero uccello, sborrandomi sui calzoni come un deficiente. Ero in estasi non sapevo cosa pensare, felice e stralunato, ripensai tutta la notte alla frase che mi aveva detto e non riuscii a dormire, anzi mi feci un’altra sega della madonna.
Al mercoledì non avevamo meccanica, ma il giovedì mattinale prime due ore erano con la prof. Guarini, la vidi entrare, ed io ero innamorato perso di quella donna, la guardavo adorante, lei sfuggiva il mio sguardo, non mi chiamò alla lavagna mi lasciò stare, suono della campanella, intervallo, le passai vicino, e lei mi sussurrò “alle otto ragazzino” furono le parole più dolci e più eccitanti che potessi sentire.
Fine prima parte
tange
00lunedì 12 maggio 2014 12:43
Complimenti, a quando la seconda parte ?
Sara.61
00martedì 13 maggio 2014 11:24
Non vedevo l’ora di essere da lei, suonai il citofono, si aprì subito la porta, l’ascensore ed ero davanti al suo appartamento, suonai ancora e attesi qualche secondo la porta si aprì, lei stava dietro “entra pure” mi girai a guardarla, e fu bellissimo, non aveva la gonna solo la felpa blu come l’avevo lasciata, ma con le scarpe ai piedi, niente ciabattine, il tono imperioso “subito al tavolo veloce” e ci rimettemmo in posizione, ora però vedevo bene le sue gambe “non guardarmi le gambe altrimenti mi rivesto, ora studiamo, dopo mi divertirò un po’ con te”, whao, mi concentrai tantissimo anche se la sua gamba era sempre sulla mia, e gli scappellotti non mancavano, per un’ora e mezza non mi mollò, e fu anche abbastanza soddisfatta, si alzò dalla sedia guardandomi beffarda, “ed ora cosa vuoi, piccolo asino” sorrisi e mi buttai subito ai suoi piedi, ma lei si ritrasse, “e basta leccarmi le scarpe, fammi vedere come un asino cammina, mettiti a quattro gambe, e gira per la stanza avanti” in jeans e camicia mi misi a girellare intorno a lei “si, si, sei proprio un asino, ma io ti trasformerò, vedrai” mi prese per un orecchio e mi tirò su vicino al suo volto “sei già in tiro ragazzo?” eccome se lo ero, “togliti i calzoni e le mutande” mi svestii veloce, tolsi le scarpe, non avevo i calzini, poi i calzoni ed infine i boxer, così fui in mostra alla mi a professoressa con il cazzo ritto davanti a lei, non l’avrei mai immaginato neanche nei miei sogni, alzò la gamba e toccò la punta del mio uccello con la punta della sua scarpa “però anche come dotazione sembri proprio un’asino” e si mise a ridere, in effetti non posso lamentarmi, perché mi ritrovo proprio un bel cazzo lungo e grosso, mi dava dei calcetti di punta proprio sulla cappella, poi lo prese con la mano, ed iniziò a menarlo, “cosa vorresti fare con questo arnese eh?” la seguivo, perché mi stava trascinando per la stanza sempre tenendosi stretta il mio cazzo, poi si fermò “toglimi le scarpe e le calze” mi inchinai e le sfilai le scarpe, poi piano piano, cercai il bordo dei collant per sfilarli, “infilami le scarpe” la sua voce era sensuale, le mutandine se le tolse da sola, poi si sedette a gambe larghe spostando una sedia al centro della stanza, “vieni qui a quattro gambe asino” mi avvicinai piano , con la mano mi indicò la sua figa “leccala” mi appoggiai alle sue gambe lisce ed iniziai a far andare la lingua, mettendoci tutto l’impegno la sentivo fremere, e la cosa mi dava soddisfazione, la professoressa aveva voglia, almeno quanta ne avevo io, quando stava per venire mi prese per i capelli e mi fece aumentare il ritmo, i suoi umori si impiastricciarono sulla mia faccia, annegavo felice in quel suo mare per me fantastico, mi tenne li per una momento mentre assaporava il suo orgasmo, e poi mi spinse giù appoggiandomi tutti e due i piedi sulla mia schiena, la camicia leggera non attutiva l’impatto dei suoi tacchi a spillo, mi lasciò spostare ed io iniziai a succhiare i suoi tacchi, mi tenevo in mano quelle scarpe, e le leccavo ovunque, poi le sfilai la scarpa sinistra e mi dedicai con passione al suo piede, leggermente sudato, ma ugualmente profumato per me, poi la sua voce cattiva mi fece smettere, “ti piace troppo leccarmi i piedi, basta” si alzò appoggiandosi alla mia schiena ancora e si infilò la scarpa che le avevo tolto, “alzati in piedi” e mi diede un calcio di punta nel fianco destro, mi rialzai sempre con il mio cazzo dritto, “hai bisogno di una punizione, non ti avevo detto di leccarmi le scarpe” stavo li in attesa, lei andò vicino ad un mobile aprì un cassettone e ne estrasse un frustino, questo non me l’aspettavo, lo fece schioccare nella sua mano “adesso vediamo quanto sei resistente, leccare lecchi bene, ma a me piace divertirmi anche in altri modi, se non lo hai ancora capito, capirai” la prima frustata leggere la presi in una coscia, sentii un piccolo bruciore, ma poi le altre arrivarono forti sempre nelle cosce, facendomi saltare come un grillo, e mi scapparono anche dei lamenti “ahhh, ahhh, ahhh,” era contenta di frustarmi si vedeva, se rimanevo piegato mi dava dei calci nel culo per rialzarmi, io cercavo di coprirmi ma prendevo frustate anche nelle mani, meno male che smise, “visto che ti è venuto molle” infatti si era ritirato del tutto,
La professoressa ora era seduta nella sedia, mi guardava “io ti do lezioni, e tu in cambio sarai il mio schiavo, tanto ti piace da morire” mi buttai ai suoi piedi, “grazie, grazie si voglio essere il suo schiavo” lei rise “tranquillo lo sarai, non preoccuparti lo sarai” mi accarezzò i capelli, “allora sabato pomeriggio verrai alle due, e sistemerai tutta la mia cantina, che ha bisogno di una riordinata” ascoltavo ed annuivo “certo sabato pomeriggio” le stavo baciando la gamba, mi fermai e chiesi “posso baciarle la gamba?” lei sorrise nuovamente “stai imparando bravo, si puoi baciarmi la gamba” l’abbracciai quella gamba e la coprii di baci, lei mi prese per le orecchie e mi costrinse con mio piacere a tornare sulla sua passera, ancora umida, ma non volle venire, mi trascinò in camera da letto, mi buttò sul letto come fossi uno straccio, e si infilò il mio uccello, fu lei a scoparmi, riuscii a resistere, ma quando mi accorsi che aveva completato l’orgasmo mi lasciai andare, lei non si tolse, sicuramente era protetta, rimase su di me e mi baciò anche fu bellissimo, si stese vicino a me, impugnando sempre il mio uccello che ormai era diventato molle, tirò su la gamba ed il suo tacco fu sulle mie palle, il suo segno di dominio era forte, ed il cazzo incredibilmente tornò a crescere sotto il suo tacco “ti piacciono proprio le mie scarpe schiavo” per la prima volta mi chiamò schiavo, ero il suo schiavo, ed io ero felice, anche se le cosce mi bruciavano per le sue frustate.
Era quasi mezzanotte, eravamo rimasti fermi lì nel letto stanchi entrambi, “ora vattene a casa, voglio dormire, ci vediamo sabato alle due, portati abiti da lavoro che in cantina ti sporcherai”.
Me ne andai lasciandola a letto, mi rivestii e presi l’ascensore, con l’uccello sempre duro, infatti nello stesso vicolo mi smanettai ancora, quella donna mi faceva impazzire, poi il fatto che fosse la professoressa di meccanica faceva il resto.
Sabato alle due ero sotto casa sua, con una borsa dove avevo il ricambio, fu lei a scendere, vestita di tutto punto con le scarpe alte, “vieni che la cantina e di sotto” era un disastro scatole scatoline bottiglie di tutto di più, in un ambiente anche grande, comunque mi misi al lavoro sotto la sua supervisione, mi dava gli ordini di quello che dovevo fare, e li accompagnava con sberle e calci, mi piaceva il gesto quando voleva darmi un calcio, si tirava su la gonna scoprendo le sue bellissime gambe, ed io mi lasciavo colpire, di solito mi centrava il culo, le piaceva prendermi a calci si vedeva, le dava potere assoluto, ma anche con le sberle non scherzava, tanto che alla fine avevo la faccia tutta rossa, mentre mi colpiva scoprii che aveva le autoreggenti e non i collant, poi lo scoprii che non aveva neanche le mutande, perché mi spinse in un angolo seduto con la schiena al muro, e mi venne sopra tirandosi su la gonna e sbattendomela in faccia con cattiveria “leccami schiavo” si era eccitata ed ora voleva godere, l’accontentai con piacere, ero tutto sporco seduto sul pavimento impolverato, lei se la godette tutta, e poi mi salì con i tacchi sulle cosce tenendosi alla mia testa, avevo le sue gambe davanti e non mi restò che baciarle, “sei contento della tua padrona schiavo?” certo che ero contento, ma no mi sarei mai aspettato che scesa da quella posizione si mettesse a prendermi a sberle come un’ossessa, facendomi sbattere anche la testa contro il muro, cercai di sfuggirle, lei mi raggiunse con un calcio nella schiena che mi buttò a terra, infierì a calci sul mio corpo, ansimando “è troppo bello prenderti a calci schiavo, mi diverte tantissimo” la lasciai fare ancora un po’, poi scappai verso la porta, “vieni qui, dai, ti lascio stare, finisci il lavoro, ti sei spaventato, poverino” mi derideva malignamente, finii il lavoro, mi congedò in fretta dicendomi di sbrigarmi a cambiarmi, “vattene schiavo non mi servi più per adesso, però ho intenzione di passare la domenica con te, quindi ti aspetto domattina alle nove, e portami delle paste per colazione”.
Chiuse la porta della cantina, e mi fece ancora portare tutta la roba che avevo tolto, vicino ai cassonetti dell’immondizia, e se ne salì in casa.
Io in macchina dolorante un po’ dappertutto ripensavo alla sua cattiveria, ero convinto che si eccitasse a picchiarmi, anzi ne ero sicuro, e la cosa mi spaventava parecchio, infatti non avevo segni di erezione, e me ne tornai a casa perplesso.
tange
00giovedì 15 maggio 2014 12:39
compimenti e grazie
ricciotimido
00sabato 17 maggio 2014 12:24
WOW
Bellissimo!!! Grazie!
spolverone
00sabato 17 maggio 2014 13:23
bella storia, grazie
Sara.61
00lunedì 19 maggio 2014 10:55
ULTIMA PARTE
Alla domenica mattina puntuale come uno svizzero, ero al suo citofono, ci mise un po’ a rispondere, poi mi aprì, venne alla porta ancora addormentata, con la camicia da notte e le ciabattine, mi fece entrare, andammo subito in cucina, il caffè era sul gas, disposi le paste sul tavolo, avevo preso un po di tutto anche i bigné con la panna, mi offrì il caffè, e si mise a mangiare con voglia due pasticcini, poi sorridendomi “ne vuoi uno anche tu?” butto un bigné con la panna per terra, si tolse la ciabatta dal piede destro, e lo schiacciò bene impiastricciandosi tutto il piede “avanti mangia” fu molto bello leccare tutta la panna dal suo piedino mentre lei sorseggiava il caffè, leccavo bene tutte le dita del suo piede, il sapore della panna dolce accompagnato dal profumo della sua pelle era inebriante, ne schiacciò un altro con l’altro piede, e leccai allo sfinimento, “pulisci anche il pavimento schiavo” leccai anche tutto il residuo dal pavimento, e lei soddisfatta, “buono? Ti piace vero?” mi piaceva tutto di lei, era bellissima ai miei occhi. “Voglio andare a passeggiare in collina, pensi che ci vedrà qualcuno della scuola?” pensai un momento poi dissi “non credo professoressa” lei pensò “va be, rischiamo, vieni in camera voglio che scegli il mio abbigliamento” era primavera, e poi faceva caldo, lei aprì l’armadio, ed in mezzo a tutte le sue gonne ce n’era una azzurra, sembrava molto corta, “a me piacerebbe questa” lei rise “è cortissima scemo,” ma la provò lo stesso, non era poi così corta, arrivava a mezza coscia e le stava benissimo “può andare, e poi” scelsi una camicetta bianca a collo alto molto leggera, “con le calze o senza calze che dici?” “senza calze” mi condusse in bagno dove c’era la scarpiera, “scegli le scarpe” erano tutte abbastanza simili, nere o grigie, marroni, tutte con il tacco alto, “se camminiamo molto, forse sono meglio queste” un paio di vernice bianche, con un tacco più basso, circa 8 centimetri, ma con una punta molto sexy “si mi piacciono vanno bene con la gonna” le indossò, e le stavano molto bene, il mio abbigliamento era il solito jeans e camicia a quadri, scendemmo e salimmo in macchina, mi sembrava di avere la ragazza, ed invece era la mia professoressa, lei era bella allegra, mise in mostra le sue meravigliose cosce , bianche e lisce, osai “posso accarezzarle le gambe” “puoi farlo” accarezzai con amore le sue cosce, ero già eccitato “dai su partiamo, facciamo questa bella passeggiata”.
Arrivammo in collina, nella parte più lontana dalla città, c’era tantissima gente, la giornata era quasi estiva, c’incamminammo per le stradine, ogni tanto mi prendeva sottobraccio “sei contento, di essere con me” ero felice non contento, ero felicissimo “si oh si, professoressa”, arrivammo in un punto solitario dietro ad una vecchia casa abbandonata, mi spinse contro il muro, ed il suo ginocchio sinistro puntò il mio uccello quasi duro, mi baciò sulla bocca, esplorandomi bene con la sua lingua, io la toccai tra le gambe era bagnata, sotto le mutandine, mi feci strada con il dito sulla sua clitoride, ma lei si fermò “non facciamo cazzate, continuiamo la nostra passeggiata schiavo, altrimenti ti scopo qua” mi era piaciuto quello che aveva detto.
Ogni tanto le stavo dietro, “ma lei non voleva “smettila di guardarmi le gambe, lo so che stai indietro per quello maiale” e rise bonariamente, mi riprese sottobraccio, “troviamo una panchina, se non c’è gente ti faccio fare lo schiavetto per un po”.
Trovammo una bella panchina in legno, ma passava gente, lei aspettò che non ci fosse nessuno, e mi disse “mettiti in piedi davanti a me” io mi guardavo intorno eccitato, ed il suo piede raggiunse la mia patta, vi appoggiò la suola, “è duro come il marmo schiavo” mi dava dei colpetti eccitanti, poi con il collo del piede colpiva le palle con calci più forti, che mi facevano sussultare, “ti piace?” facevo solo si con la testa, arrivava gente e lei tirò giù la gamba in fretta, io stavo in piedi, lei accavallò le gambe, e faceva dondolare la scarpa in modo sexy, “ti, piacerebbe inginocchiarti a ciucciare il mio tacco vero?” mi provocava, voleva che rimanessi li a guardarla smaniando di poterla toccare, si accarezzava le gambe con lentezza, e piano sollevava la gonna per farmi vedere di più, mi toccò ancora con la suola, aspettava il momento, e poi mi strusciava il tacco, era eccitante, vedevo il muscolo della sua coscia tendersi per lo sforzo, accarezzai il collo del piede dolcemente, e velocemente abbassandomi lo baciai, lei rise divertita “mi piacerebbe andare a mangiare in qualche posto,che dici?” era la mia donna, era la mia padrona, era troppo bello “c’è un ristorantino molto più avanti, se ha voglia di camminare possiamo andarci” era quasi mezzogiorno, si alzò “andiamo schiavo, ho fame” fu bellissimo, seduti a tavola, eccitati entrambi, lei ogni tanto mi faceva piedino sotto al tavolo, la punta della sua scarpa picchiava sui miei stinchi, e poi puntò direttamente al mio uccello, il suo tacco era piantato bene tra le mie gambe, la tovaglia copriva tutto, mi sorrideva, e schiacciava, io mi contorcevo, “stai fermo e mangia” non era facile, le palle mi facevano un male cane, ed avevo bisogno di venire, se avesse continuato ancora sarei venuto con il suo tacco, ma si era stufata della posizione che teneva quindi tolse il piede, finimmo addirittura con un grappino, e poi prendemmo la via del ritorno, c’era poca gente ora, quando proprio non c’era nessuno per la strada, mi dava un calcio nel culo, “cammina schiavo, ti porto a casa a calci nel culo, perché non dimenticare che sei ancora un asino calzato e vestito” e rideva, ne presi parecchi prima di arrivare alla macchina.
“Cerca un posto appartato ho voglia” ci misi un po’ a trovare quello giusto, ma poi fu una scopata tra due ragazzini, fu una scopata dove non era padrona, si lasciò prendere come fosse veramente la mia ragazza, e mi baciò continuamente, la macchina era diventata il nostro mondo, non ci volle molto, eravamo entrambi pronti. Restammo parecchio abbracciati, poi mi diede una sberla, “muoviti schiavo portami a casa”
Sulla via del ritorno ero triste al pensiero di lasciarla, lei parlava della scuola, e dei progressi che mi avrebbe fatto fare, io pensavo solo a lei a quello che era, era il mio ideale di donna, dominatrice e dolce allo stesso tempo.
Arrivammo sotto casa sua, e la lasciai, salire, a malincuore, tornai a casa felice ma allo stesso tempo triste, non avrei mai voluto lasciarla, la nostra storia continuò così due sere alla settimana a ripetizione, e la domenica gita fuori porta, mi aveva portato ad un livello accettabile, io studiavo come un matto per non deluderla, ma arrivò la fine della scuola, e la maturità incombeva, c’erano gli scritti, avevo tutte sufficienze, in meccanica addirittura sette di orale, d'altronde, me lo aveva promesso, feci un esame discreto, festeggiammo una sera a casa sua, e per la prima volta la vidi veramente rilassata, ma nello stesso tempo un velo di tristezza la ricopriva, non picchiava forte come al solito, anzi era dolce e si faceva solo leccare i piedi, poi prima della fine della serata, “ho chiesto il trasferimento schiavo, non ci vedremo mai più, questa è l’ultima volta” mi crollò il mondo addosso “ma perché?” la implorai, lei nascose il viso tra le mani “perché mi sono innamorata di te, perché non si può, è stato bello, ma devo fermarmi, cosa credi mi dispiace tantissimo, era da tanto che non stavo così bene” due lacrime le rigarono il volto. La mia dominatrice si era incrinata, era successo qualcosa, ora non la vedevo con i soliti occhi, quasi ero dispiaciuto ed incazzato della sua fragilità.
Tornò dura, e imperiosa “ora vattene, vattene mi hai stufata” ma non era la solita voce che dava ordini.
Non presi l’ascensore, lentamente feci le scale, avevo voglia di piangere, andai a casa subito, e mi ripromisi di riparlarle, ma non ci fu niente da fare, e due settimane dopo, era già sparita, davanti a me le vacanze tanto sospirate, ma non me ne fregava un cazzo, la mia più bella storia era finita.
amosolodonne
00lunedì 19 maggio 2014 15:13
Complimenti, bella storia ... [SM=x829788]
manuel.1975
00venerdì 23 maggio 2014 03:14
l'ho letto alcune sere fa tutto insieme. bellissimo davvero, da sogno, non pensavo che mi sarei eccitato leggendo un racconto. sei davvero bravo complimenti.
Sara.61
00venerdì 23 maggio 2014 19:09
grazie
ti ringrazio manuel.1975
Guras
00venerdì 7 novembre 2014 08:43
Molto carino
Fabiomax1984
00sabato 31 gennaio 2015 23:29
Mi è piaciuto molto e mi sono immedesimato in Losi. Mi piacerebbe molto vivere un'avventura del genere anche se non mi piacerebbe essere frustato però tutto il resto è molto eccitante anche se mi dispiace per come va a finire. Speravo che la professoressa e il ragazzo si mettessero insieme anche perchè lei si era innamorata.
Max
m.sagitario
00martedì 7 aprile 2015 12:48
salve
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