--- Lo specchio ---

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cucciolo_to67
00domenica 19 febbraio 2012 22:07
La giornata in ferramenta era stata particolarmente pesante, tre capo mastri a ritirare il materiale, aveva passato tutto il tempo a caricare camion, quando azionò il meccanismo della saracinesca tirò un lungo respiro di sollievo, finalmente aveva finito. La sua soddisfazione durò veramente poco, ora doveva tornare a casa, da qualche mese tornare a casa gli pesava, amava sua moglie, ma nel loro rapporto qualcosa si era rotto. Dopo la nascita di Malcolm si era lasciata andare diventando una sorta di balenottera, ma non era tanto quello a intristirlo, niente più gonne e tacchi alti, ormai indossava solo scarpe ginniche, tute e ciabatte. Facevano sesso sempre più di rado, prima ogni quindici giorni, mensilmente e ora a cadenza trimestrale, lei partecipava sempre meno, perennemente sconvolta, appena a letto iniziava a russare talmente forte da far tremare le suppellettili della camera da letto, se riusciva a stare sveglia lo annegava con fiumi di parole scaturiti nel raccontare le sue giornate, molte volte dopo alcune timide avance, era lui stesso a desistere. Nel weekend la moglie gli aveva dato il colpo di grazia, una pugnalata in pieno petto regalando alla cugina una quindicina di paia di scarpe. Mentre tornava a casa continuava a ripensare a ciò che gli aveva detto preparando le buste in cui aveva inserito le calzature… prendono solo spazio, il mio piede si è ingrossato, non riesco più ad indossarle. Soffriva, in cuor suo sapeva che non sarebbero state sostituite da nuove, ma soffriva ancora di più pensando che non avrebbe neanche più potuto estrarle dalle scatole per sentine il profumo, alcune conservavano ancora l’aroma del piede di Fabiola e di leccarle, pratiche che nei giorni in cui toccava l’apice della depressione gli dava un minimo conforto.
Arrivato a casa davanti ai suoi occhi la solita scena, i bimbi i sala a guardare i cartoni animati in TV e Fabiola in tuta grigia, pantofole e grembiule intenta a cucinare. Poggiò le chiavi sul tavolo in ingresso chiudendosi in bagno.
Come tutte le sere si fa la doccia, uscendo dal bagno in accappatoio nota che Fabiola ha il telefonino in mano, gli occhi sbarrati.
- Che succede ?
- E’ la badante di tuo nonno. Dice che si è sentito male, lo hanno ricoverato e ora è in terapia intensiva. Ha chiesto di te.
Senza neanche rispondere si precipita in camera vestendosi più velocemente che può. Giunto in ospedale gli fanno indossare un camice di quei tessuti tipo carta, usa e getta, con tanto di sopra scarpe, lo accompagnano dal nonno.
- Signor Gualtiero… GUALTIERO.
Il vecchio apre gli occhi.
- C’è qui suo nipote.
- Ciao nonno.
- Ciao figliolo… Avvicinati. Penso di essere arrivato alla fine del sentiero, vedo già tuo padre che mi aspetta sorridente per… Condurmi oltre il cancello alle sue spalle.
- Non dire così… vedrai che…
- No Gioacchino, è la fine lo sento. Tutto ciò che possiedo sarà tuo. C’è però una cosa che… Lo specchio.
- Specchio ?
- Nella soffitta della casa di campagna.
- Perdonami, non so di cosa parli.
- Ciò che più desideri… Lo specchio…
- Grazie nonno, ma non mi serve uno specchio.
- No… So che ti tormenti… Ti può aiutare… Porta… Attraversalo… I tuoi desideri… Passaggio per… Dall’altro lato.
- Non capisco.
- Non c’è più tempo, tuo padre… Mi allunga la mano. Ti voglio bene…
- Anche io… Nonno ? NONNO !
Il beep prolungato della macchina che monitorava il suo cuore fa accorrere due infermiere. Gino guarda il personale ospedaliero che sia affanna intorno al nonno, ne sente le voci, ma sono lontane, non capisce che si stiano dicendo, indietreggia di qualche passo appoggiandosi alla parete. Piange, un pianto composto. Gli estranei abbandonano la stanza, si avvicina al letto, tocca la mano del vecchio, lo bacia sulla fronte, l’ultimo bacio dell’estremo saluto.
Giornata cupa, anche se non piove, dietro il feretro una coda lunghissima, il nonno era molto ben voluto e rispettato in paese. Terminato il rito funebre non sa neanche lui perché, ma invece di tornare al suo appartamento prende la strada per la casa di campagna. Quando apre il portone carraio di ingresso viene preso dallo sconforto, il giardino è in totale stato di abbandono, l’erba sarà alta un metro, dopotutto era il nonno a occuparsene. Tutti insieme entrano in casa, mentre i bimbi giocano nel soggiorno, Gino fa calare la scaletta a molla che porta in soffitta. Anche Fabiola lo segue. L’ambiente e praticamente vuoto, al centro, poggiato a un pilastro che regge la trave portante del tetto quello che sembra un separé di stoffa.
- Perché siamo venuti qui ?
Gli chiede.
- Il nonno, poco prima di… Mi ha parlato di una cosa.
- Una cosa… Una cosa talmente importante da precipitarci qui… E cosa sarebbe ?
- Uno specchio.
- Cosa ?
- Uno specchio.
- Uno specchio… E… Quanto sarebbe grande ?
- Non ne ho la minima idea.
- Allora credo di averlo trovato.
Fabiola solleva un lembo di tessuto del separé scoprendo la superficie riflettente di un enorme specchio.
- Quanto sarà grosso?
- A vederlo così direi sia alto due metri e mezzo e largo almeno un metro e mezzo.
- Guarda che splendore la cornice, così finemente cesellata, sembra d’argento. Argento sporco.
- Ti piace ? E se ce lo portassimo a casa ?
- Gino… Ma dove mettiamo quest’affare. Non ci starà mai !
- Io dico di si.
Due giorni dopo torna nella casa di campagna con dei prodotti per lucidare i metalli. La cornice è davvero d’argento, preferisce tenere per se la scoperta, a vederla così peserà una cinquantina di chili, ci saranno un ventimila euro d’argento intorno a quello specchio. Nel lucidarlo si accorge di alcuni ideogrammi incisi in quella che seguendo il disegno della cornice è la parte alta dello specchio. Per trasportarlo a casa si fa aiutare da un amico che possiede una vetreria, Per estrarlo dalla soffitta devono scoperchiare una porzione del tetto, calandolo giù con delle funi, lo caricano sul suo camion. Nonostante fossero in quattro a trasportarlo faticano non poco a portarlo fino a casa. E’ costretto a liberare dai quadri un’intera parete, l’amico vetraio con il trapano pratica un paio di buchi, vi inserisce dei tasselli speciali, finalmente appendono lo specchio in sala,
- Davvero bello, che ceselli pazzeschi, deve essere parecchio antico. Hai visto le incisioni che ha in alto ?
- Si… Le avevo notate, ma non so che significhino.
- Bhoumik
- Cosa ?
- Non cosa… Chi. Quel vecchio che ha il locale indiano in centro. Su una tavoletta ho visto segni simili a questi. Ti spiace se gli faccio una foto col cellulare ?
- Accomodati.
- Allora ciao Gino.
Resta a contemplare lo specchio, Imponente, mostra praticamente tutto il suo appartamento. Vede Fabiola riflessa che si avvicina
- Devo ammetterlo… Ora che lo hai ripulito… E’ veramente bello. Sembra abbia raddoppiato la stanza
- Povero nonno, chissà perché me ne ha parlato solo in punto di morte.
- Di cosa ?
- Lo specchio.
- Magari gli era affezionato… E voleva tenerselo per se. Andiamo a mangiare.
Quella notte si rigira più volte nel letto, non riesce a prendere sonno, decide di alzarsi e guardare un po’ di TV. Seduto alla poltrona accende l’elettrodomestico. Stanno trasmettendo il solito film con Franco e Ciccio, ma qualcosa richiama la sua attenzione, nello specchio vede riflessa Fabiola, sta uscendo dalla camera da letto ma… Indossa un vestito da sera, e sembra… Magra… Molto più magra, i riflessi delle lampade offuscano i colori, ma la cosa che lo sorprende di più sono le calzature che indossa, decolté con tacchi a spillo. Si alza di scatto si gira a guardare oltre la parete riflessa e… Niente. Silenzioso si avvicina alla camera da letto, Fabiola sta dormendo. Che idiota, pensa, mi sarò appisolato sulla poltrona sognandomi tutto.
La mattina successiva mentre è in ferramenta squilla il telefono è Marco il suo amico vetraio.
- E’ successa una cosa strana questa mattina.
- Dimmi.
- Ho mostrato a Bhoumik l’incisione… Dopo essere sbiancato mi ha chiesto se era possibile esaminare personalmente lo specchio.
- Mi posso fidare ? Non è che è un ladro ?
- Ti assicuro che è una persona di massima fiducia.
- Va bene allora, ci troviamo da me per mezzogiorno, Fabiola e i bambini sono dai miei suoceri, avrà un paio d’ore per studiarsi l’iscrizione in tutta tranquillità.
Si ritrovano tutti davanti il portone del condominio dove abita Gino. Una volta in casa Bhoumik si precipita davanti allo specchio.
- Una scala. Prego
Gino prende la scala che ha sul balcone, una scala in legno da imbianchino con i pioli su entrambi i lati. Salgono tutti e tre.
- Incredibile, è come pensavo. Veramente incredibile.
- Cosa è incredibile.
- Questo specchio molto antico. Vede tu questi segni ? E’ formula magica, formula molto potente. Attiva su specchio.
- E che c’è scritto nella formula ?
- Ho… Io non può tradurre… Non significa niente. Solo formula.
- Gli altri segni ?
- Parte finale altra formula magica di… Protegge… Protezione. Mentre parte centrale significa “porta di desideri”
- Porta dei desideri ?
- Come tu hai avuta ?
- Me l’ha lasciata mio nonno.
- Mi dispiace… Lui morto.
- Si la settimana scorsa, ha avuto una crisi cardiaca e… Un momento come fai a saperlo ?
- Magia di specchio. Lei attiva solo su uno, chi possiede specchio. Ora su di te. Guarda bene intorno tua immagine. Tu vede ? Guarda con attenzione nostri contorni… Tuo contorno.
- Non vedo nulla di strano… Ma di che…
Nota una piccola distorsione nell’immagine che corre tutto intorno al perimetro della sua figura riflessa, distorsione che Bhoumik e Marco non hanno.
- Ora tu visto. Vero ?
- Ma… Che significa ?
- Tu padrone di porta desideri, lei funziona con te. Le funziona solo con te.
- Funziona ? Come ? Cosa fa ?
- Lei porta di desideri fa tutto quello che vuoi, molto pericolo, lei vede e esaudisce tuoi desideri, anche più profondi, che tu tieni nascosti. Cerca pace prima di specchiarti, se tu non riesci nascondi specchio. Pericolo se usato con cuore pieno di rabbia. Ora io deve andare, grazie per avermi permesso di ammirare questo capolavoro.
- Ma se lo regalassi a qualcuno, la… Magia si trasferirebbe sul nuovo proprietario ?
Bhoumik gli poggia la mano destra sulla spalla.
- Per attivare magia di specchio vecchio proprietari fatto sacrificio. Nessuno a parte te può ottenere favori di specchio. Ricorda. Libera cuore da odio e rancore prima di specchiare tua anima.
Le ventidue, dopo aver messo a letto i figli, Fabiola si siede sulla poltrona, Gino si accuccia al pavimento, sfila una ciabatta alla moglie, le carezza dolcemente il piede, lo bacia teneramente.
- Allora ?
- Allora cosa ?
- Hai ripensato al nostro discorso del mese scorso ?
- Gino. Ancora con questa storia. Ti ho già detto che non ho nessuna intenzione di comprare delle scarpe con i tacchi a spillo, lo sai che non riesco a camminarci, mi fanno male ai piedi.
- Ma non devi andarci in giro. Ti servirebbero solo qui… Per giocare con me… Lo sai che…
- Che ti ecciti ad essere calpestato. Si me lo hai detto, ma ragiona, pesante come sono ti spaccherei le ossa… Io ti amo e non voglio farti del male, e poi scusa, a che pro sprecare un centinaio di euro in scarpe che non sarebbero quasi usate, ma ti rendi conto, non è il momento di buttare via i soldi…
- Euro sprecati ?
- Scusa ma ho avuto una giornata faticosa, sono stanca, non ho più tempo, la casa i bambini, preparare da mangiare, e tu invece di darmi una mano te ne esci con queste richieste assurde… Me ne vado a dormire. Buona notte.
Gino si mette seduto sulla poltrona. Spegne la TV, nell’appartamento cala il più totale silenzio. E’ deluso, profondamente deluso, Fabiola come al solito non ha sentito ragioni, la logica è dalla sua parte, perché dovrebbe assecondare i desideri del marito, desideri malsani, come più volte gli ha definiti. Era riuscito a farle indossare i tacchi e a finirle sotto i piedi due volte, due sole volte in dodici anni di matrimonio. Stava sprofondando in un oceano di sconforto, un brivido gelido gli percorre la schiena, nel guardare lo specchio si accorge che riflette luce, si avvicina, mostra la sua stanza solo che la TV è accesa, mentre la sua… la superficie oscilla come se invece che di vetro sia d’acqua, uno specchio d’acqua mosso da una leggere brezza. Anche il suo volto ha qualcosa che non va, una segno sulla guancia destra, una specie di graffio, lo vede riflesso ma non la sente sotto le dita.
- Bella vero ?
La sua immagine all’interno dello specchio gli ha parlato, ora prende a muoversi autonomamente.
- sei stato tu a parlare.
- Si.
- Ma… Chi sei ?
- Chi vuoi che sia… Te. Sono il te nella vita al di qua dello specchio.
- Vita ? A che ti riferisci ?
- Anche io sono sposato con Fabiola, ma in questa realtà lei lavora in banca e non ha voluto figli. E’ una dura donna d’affari determinata e crudele.
- E tu ?
- Con la morte del nonno non mi è rimasto più nulla, solo la sua perfida cattiveria, mi costringe a restare a casa trattandomi come l’ultimo dei suoi sguatteri.
- Restare a casa ma… La ferramenta ?
- Venduta. Il nonno se ne è liberato quando ha capito che non me ne sarei potuto occupare. Fabiola domina la mia vita, dipendo da lei in tutto, anche economicamente.
Queste parole lo stavano turbando, sentiva crescere la sua eccitazione. Doveva trattarsi di un sogno, si un magnifico sogno.
- No. Non è come pensi… Non stai sognando. Ho per te una proposta. E’ domenica, se vuoi puoi scambiarti con me per una settimana, ti offro la possibilità di vivere il tuo più anelato desiderio, fra sette giorni ci ritroveremo, allora dovrai decidere se… Restare da questa parte o tornare alla tua realtà, ma attento… Avrai quella unica possibilità, perso l’attimo non si potrà tornare indietro.
- Cosa dobbiamo fare per scambiarci.
- Allunga le tue mani e poggiale sulle mie.
- E ora spingi.
Al tatto la superficie è davvero strana fredda, con la consistenza della gelatina, premendoci le mani contro oscilla tanto da non riflettere l’immagine circostante, le mani vengono inghiottite fino ai gomiti, Gino sente crescere in se il panico, il battito cardiaco aumenta, ma è determinato allunga la gamba destra spostando il corpo in avanti fino a entrare completamente nello specchio, al contatto con il viso il gelo lo pervade, è come avesse introdotto la faccia nell’acqua, sensazione che dura pochissimo, seguono alcuni secondi di silenzio seguiti da alcuni spari e il rumore di un motore di un auto che aumenta e parte sgommando. Tutti questi suoni provengono dal televisore acceso, vede di fronte a se la sala, si volta di scatto verso lo specchio
- Il transfer è completo, fra non molto la Fabiola della mia realtà rientrerà dalla cena con lo staff dirigenziale della banca, spetterà a te accoglierla degnamente questa sera.
- La Fabiola della mia realtà sta dormendo in camera da letto. Come posso ringraziarti ?
- E’ il nonno che dobbiamo ringraziare. Il tempo a nostra disposizione è scaduto… Ricorda domenica prossima.
- A domenica prossima…
Appoggia le mani sul vetro, la superficie è rigida, come in uno specchio normalissimo che le sue mani hanno sporcato. Osserva la sua immagine riflessa, la cicatrice è sparita, quella è proprio la sua immagine. La casa, nella porzione vista specchio è praticamente identica a parte il televisore, un modello più costoso del suo. Prova ad esplorare le altre stanze, la cameretta dei bimbi è una cabina armadio, sugli scaffali in bella mostra almeno un centinaio fra scarpe e stivali femminili, prende un sandalo con tacco dodici in mano, ci avvicina il naso, riconosce l’odore di Fabiola, anche se gli sembra di ricordarlo più acre e pungente..
Il cuore gli batte forte, neanche da ragazzino era stato così eccitato. Entra in cucina, i pensili sono di legno finemente lavorato contrariamente ai suoi in laminato arancione, anche la mobilia della camera da letto è un legno, decisamente più bella di quella della sua realtà. Nel secondo servizio una enorme vasca idromassaggio, una porta che non ricorda nel suo appartamento da su una grossa camera arredata da studio, alle pareti ampie vetrine ricolme di libri e una splendida scrivania con sopra un PC. Tornando in sala fa una capatina nell’ultima stanza che gli restava da visitare, il prima servizio,è riccamente arredato con pensili color legno i cui piano in marmo verde risplende sotto i faretti della specchiera, una doccia anche questa idromassaggio fa bella mostra di se. Uscendo dal bagno sente una chiave girare nella toppa, si dirige verso l’ingresso, Fabiola entrando nell’appartamento accende la luce.
- Ancora sveglio… a cosa devo questo colpo d’insonnia inaspettato ?
Nel vederla rimane senza parole. Questa Fabiola fisicamente è come quando l’aveva sposata, forse anche più tonica, il trascorrere del tempo unito al trucco perfetto le hanno dato al viso sempre molto grazioso la sicurezza e il carattere che lo rendono accattivante, indossa una giacca di pelliccia marrone, gonna nera sopra il ginocchio, cappellino con veletta, calze nere e un paio di decolté con tacco a spillo.
- Cos’è giochiamo alle belle statuine ? Aiutami, prendi la giacca.
Senza dire niente Gino si avvicina alla mogie che si è voltata per chiudere la porta, prende la pelliccia e l’appoggia all’attaccapanni, la donna si toglie il cappellino poggiandolo su un tavolino insieme alle chiavi di casa e il cellulare. Gino sopraffatto dal desiderio si inginocchia, le bacia la mano destra. Scende ancora più in basso fino sdraiarsi sul pavimento, le bacia il collo di entrambi i piedi.
- Ben tornata amore mio.
Si gira a faccia verso l’alto in modo da poterla vedere, Fabiola lo fissa perplessa.
- Che ti succede ? Tre ore fa mi hai salutata dicendomi che non ho rispetto per te ed ora ti ritrovo a terra pronto a farmi da tappeto ?
- Dimentica qualsiasi cosa ti abbia detto i giorni passati, in queste ore mi sono reso conto che… Tu sei l’assoluta padrona della mia vita.
- In questi giorni ? Da anni mi torturi… Geloso dei miei successi, della mia carriera, lamentandoti continuamente di come mi comporto, del fatto che non ti faccio fare il MASCHIO, e ora... Cos’è che hai in mente ?
- Ma niente, voglio solo renderti felice.
- Rendermi felice ? Io sono già felice, non si vede ?. Credi di essere in grado di aumentare la mia felicità ?
- Non ti seguo… Io… Vorrei… Io…
- Ho capito. Ti sei sbronzato. Va a dormire che è meglio.
Gino resta steso sul pavimento, allunga la mano verso la sua gamba destra, ne carezza il polpaccio, che sensazione, quella è la moglie, ma è come fosse un’altra donna, un’estranea..
- Incredibile… Ma … Stai sbavando ? Erano anni che non vedevo tanto desiderio nel tuo sguardo. Davvero mi vuoi ?
- Si
- E cosa sei disposto a darmi in cambio per avermi ?
Nel dire questo ha sollevato il piede destro poggiandolo sul suo torace. Gino sente il tacco premere sulla sua pelle, l’erezione già in atto nei suoi pantaloni tocca il culmine, non riesce a credere che tutto questo stia accadendo. Carezza con entrambe le mani la sua caviglia, afferra saldamente il piede portandolo all’altezza della bocca.
- Tutto. Farò tutto quello che mi chiederai.
Detto questo estrae la lingua, la passa sotto la suola, il sapore è amaro, sente centinaia di granelli di polvere appiccicarsi alla sua lingua, ma non gli importa, dopo ave bagnato per bene la lingua la passa sulla suola per una seconda leccata, percorre con la lingua ogni millimetro di quella superficie in cuoio. Fabiola porta le mani al petto, diventa rossa in viso, ancora non capisce il perché del totale cambiamento del marito, ma questo nuovo Gino le piace. Solleva il piede destro, osserva la suola, la saliva l’ha resa scura ma perfettamente pulita. Poggia sul pavimento il piede destro, solleva il sinistro portandolo a pochi centimetri dalle sue labbra. La lingua di Gino si rimette al lavoro, lecca avidamente quella suola neanche si trattasse della ciotola con la crema avanzata. Fabiola solleva il piede sinistro nel vedere anche la seconda suola brillare di saliva si sente percorrere da un brivido. Con entrambi i piedi sale sul petto di Gino. Sente dolore, un dolore intenso, nessuna donna lo ha mai calpestato con scarpe simili, nella sua realtà una sola volta Fabiola gli aveva poggiato i tacchi addosso, ma da seduta, ora ne sentiva l’intero peso. La donna indietreggia di un mezzo passo, guadagnato il suo stomaco piega le ginocchia.
- Hai risvegliato il mio interesse, questa notte potrei anche concedermi… Hei ma il segno che ti lasciato l’altro ieri ? Sei già guarito ?
Con il destro gli ha afferrato il mento facendogli girare la testa per meglio osservarlo. Gino resta impietrito, la cicatrice che aveva la sua immagine sullo specchio, si riferisce a quella, come può giustificarne l’assenza, prova a dire qualcosa, ma dalla sua bocca escono suoni convulsi senza senso, Fabiola si rialza, avanza fino al suo collo, la pianta del piede sinistro gli impedisce di respirare, solleva il destro, lo poggia sulla sia guancia obbligandolo a voltare la testa. Il tacco saldamente poggiato sul suo zigomo, ci si carica con tutto il suo peso, la parte resa irregolare dall’usura gli procura un discreto taglio sulla faccia. Fatto questo Fabiola ordina a Gino di mettersi in ginocchio. Piega le ginocchia a sua volta, gli afferra le orecchie guardandolo fisso negli occhi, gli ha lucidi, ancora più carichi di desiderio, la donna si avvicina e estraendo la lingua la passa sul taglio appena provocato, Gino sente un forte bruciore seguito subito dopo da un tenue refrigerio, per altre sei volte Fabiola lecca il suo graffio.
- Seguimi, devi aiutarmi a spogliarmi.
Entrano nella cabina armadio, Fabiola gli indica delle pantofole con tacco medio in sughero nere con degli strass cuciti che rappresentano un motivo floreale. Gino si inginocchia, mentre la donna solleva la gamba destra le toglie la scarpa, bacia il dorso del piede e le sistema la pantofola, stesso rituale per l’altro piede. In camera da letto la donna si lascia spogliare interamente dal marito, tolte le mutande gliele infila in bocca.
- Va in bagno e gettale nel cestone della biancheria.
Tornato, Fabiola è seduta sul letto, si è levata anche il reggiseno. Si lascia sfilare le calze, una volta tolte Gino restando in ginocchio le poggia sul letto, l’uomo si china fino a baciarle il piede nudo. Fabiola gli afferra un orecchio e lo tira su, prende le calze gliele caccia in bocca provocandogli alcuni conati di vomito.
- Ora spogliati, svelto.
L’uomo obbedisce si leva gli indumenti e torna dalla moglie, fa per inginocchiarsi ma lo blocca.
- Seguimi.
Arrivati in bagno gli fa cenno di sputare le calze ne cesto della biancheria, Fabiola osserva sorridente il suo membro durissimo. Dal lavandino prende il bicchiere che contiene gli spazzolini, ne toglie il contenuto, poggia la gamba sinistra sul bordo della vasca, porta il bicchiere sotto la vagina e vi urina dentro fino a riempirlo quasi completamente. Sempre ridendo lo porge al marito.
- Sai cosa devi fare… Bevi !
Gino poggia le labbra al bicchiere, l’odore lo investe, chiude gli occhi, comincia a bere, una volta terminato alcuni conati di vomito lo fanno tossire, si precipita verso la tazza del gabinetto.
- Se la vomiti, puoi anche preparare la tua valigia e andartene.
Da inginocchiato si siede sul pavimento, respira, respiri lunghi, per calmare la nausea che continua a tormentarlo. Fabiola di avvicina, solleva un piede poggiandolo sulla sua coscia, Gino ci si aggrappa come un naufrago alla ciambella di salvataggio, bacia il suo ginocchio, l’eccitazione ha superato il suo iniziale sbandamento. La donna si siede sul bordo della vasca, allargando le gambe, passa le dita della mano destra sulla peluria del suo pube, carezzandosi dolcemente, con le stesse dita gli carezza le labbra, Gino socchiude la bocca lasciandole entrare, sente il loro sapore, aspro, leggermente salino, la mano ora gli carezza la testa, lo afferra saldamente per i capelli, tira la sua testa fino a portarsela fra le gambe, Gino lecca il sesso della moglie, è sempre lo stesso, ma sembra diverso, più dolce, profumato, la donna con entrambe le mani preme sulla sua testa schiacciandolo contro la sua vagina, l’uomo respira a fatica ma continua a leccarla, anche lei deve essere molto eccitata, in pochi minuti raggiunge il piacere, ora il marito continuando a leccarla le da fastidio, solleva la gamba scalciandolo via, Gino perde l’equilibrio, batte la testa contro il bidè, resta disteso sul pavimento dolorante. Cerca, massaggiando il punto in cui ha battuto di attenuare il dolore, Fabiola cambia posizione, si siede sul bidè, poggia il piede calzato sul suo membro, inizia strofinando la suola una sorta di massaggio. Tutto questo a Gino piace, cambia leggermente posizione in modo da offrirsi meglio alle cure della moglie, il suo piede si muove ritmicamente avanti, indietro intervallando pressioni che lo fanno sobbalzare, proprio in una di queste viene sul suo stomaco imbrattandole la suola.
La donna si alza, strofina la suola della ciabatta sul suo petto più volte.
- Vado a letto. Pulisci questo casino prima di raggiungermi e non provare a disturbarmi fino a domani mattina.
- Si amore.
servetto70
00lunedì 20 febbraio 2012 12:24
Bentornato cucciolo!!!


con un nuovo e bellissimo racconto!

Grazie! [SM=x829788]
TazioT3
00lunedì 20 febbraio 2012 21:05
questo me lo ero perso....evvai cucciolo_to sei un pozzo di idee!!
pingone.
00martedì 21 febbraio 2012 00:16
meraviglioso,da continuare assolutamente
theboogeyman0
00martedì 21 febbraio 2012 14:04

Altro racconto di cucciolo, ormai lo scrittore ufficiale dell'Aroand Forum! [SM=x829811]

[SM=g7474]




pinocchio-latino
00sabato 25 febbraio 2012 15:02
Bellissimo!!!!
matt70
00domenica 4 marzo 2012 14:39
bravo!!! [SM=x829788]
gioiaslave
00lunedì 5 marzo 2012 20:12
anche io l'avevo perso! bravissimo cucciolo
pingone.
00martedì 6 marzo 2012 01:29
spero che continui presto
tazzo87
00martedì 6 marzo 2012 01:48
veramente bello....grande...!!!
cucciolo_to67
00venerdì 9 marzo 2012 21:07
Un saluto circolare a tutti i lettori affezionati del forum, mi spiace aver latitato ultimamente, sono riuscito a dare solo fugaci sbirciatine al nostro club internet, troppi casini ultimamente, ma per coloro che nonostante tutto cotinuano a leggere i miei scritti allego la seconda parte della storia sperando vi sia gradita.
cucciolo_to67
00venerdì 9 marzo 2012 21:13
Lunedì - Secondo giorno
Quando la sveglia suona Gino si rigira nel letto, allunga una mano verso Fabiola carezzandole la schiena, prova una strana sensazione… Le si avvicina abbracciandola, di solito ha qualche difficoltà a cingerle le vita ma ora…. Lei gli scosta via il braccio, con la voce da zombie gli dice…
- Che aspetti , alzati e prepara la colazione.
Gino si solleva di scatto guardandosi intorno, la camera da letto è illuminata dalla luce che filtra attraverso le persiane, non riconosce il mobilio, si infila le pantofole, entrato in ingresso vedendo lo specchio si ricorda sussurrando…
- Ma allora… Non ho sognato.
Entra in cucina, inizia a frugare in tutti i pensili, trova biscotti merendine, fette biscottate, marmellate varie. Accende un fornello ci mette su la teiera. Apparecchia la tavola alla buona, torna da Fabiola, si inginocchia di fianco al letto.
- Amore.
- Mmmmm… Che c’è ?
- La colazione è pronta..
Fabiola sposta a lato le coperte, ruota su se stessa mettendosi seduta sul letto. Gino si china in avanti baciandole i piedi le calza le ciabatte. La donna è nuda, appena in piedi indossa una vestaglia che prende dalla sedia vicino al comodino. Insieme vanno in cucina entrata si guarda intorno, molla a Gino un sonoro ceffone.
- E il miele ?
- Perdonami non pensavo ti servisse.
- Già, lo uso al posto dello zucchero soltanto da tre anni, come potevi ricordarti che mi servisse.
Il tavolo da cucina è rettangolare, entrambi prendono posto su un lato lungo, Gino è imbronciato, lo schiaffo proprio non se lo aspettava, per una cosa così stupida poi… Come poteva sapere che dolcifica le bevande col miele, la Fabiola del suo lato usa lo zucchero, inizia a realizzare, sta vivendo l’accaduto a cuor leggero ma chissà quante altre volte avrebbe ancora sbagliato, cosa più paradossale è che non può fargliene una colpa se si arrabbia e lo punisce.
- Be ? Non parli più ? Un’altra delle tue crisi silenziose ?
- No. Non volevo… Non volevo disturbarti.
- Davvero ? Io invece credo ti sia offeso per lo schiaffo.
- No… Tu puoi fare quello che vuoi.
Allunga un piede piazzandolo fra le sue gambe, inizia a premere con forza.
- Lo dici ma non ne sei convinto. Posso fare tutto ciò che voglio ?
- Si
- E a te ? Posso fare ciò che voglio anche a te ?
- Si
- TUTTO ?
- Tutto.
Con il piede preme talmente forte da farlo ribaltare dalla sedia. Gino la rimette a posto, sta per alzarsi ma…
- Resta a terra. Sdraiati. Ecco, si così.
L’uomo è sul pavimento gelato, la moglie dopo aver preso il barattolo di miele e un cucchiaino gli si avvicina, poggia i piedi di fianco alla sua faccia, si siede sui talloni. Inserisce il cucchiaino nel barattolo di miele, lo fa poi colare sulla sua peluria pubica, una parte di miele si ferma, ma la maggior parte cola giù dritta nella sua bocca che ha avuto l’accortezza di lasciare aperta, Gino cerca con la lingua di raccogliere ogni singola goccia di miele mentre Fabiola lo osserva divertita. Poggia miele e cucchiaino sul tavolo, afferra l’uomo per i capelli.
- Ora apri bene, già che posso tutto… Ho un bisogno, e vorrei fartelo dritto in bocca. Allora… Posso ?
L’uomo non risponde.
- Ma come non dici niente ? Guarda che se non vuoi…
- Puoi fare tutto… Tutto quello che ti passa per la mente… Amore mio.
- Già… E’ tutta la mattina che lo dici.
Lo strattona per i capelli.
- ATTENTO. Non devi perderne una goccia
Il primo getto caldo lo centra in pieno. Il contrasto con il dolce del miele è terribile, ma Gino è determinato, questa volta grazie a lunghi respiri riesce a tenere sotto controllo il senso di vomito. Un secondo getto anche più abbondante del primo lo raggiunge, inghiotte velocemente quel sapore lo disgusta. Un fiotto dopo l’altro Fabiola vuota la vescica, Voltandosi nota il gonfiore del pigiama prodotto dal suo membro.
- Il mio tesorino… Ti piace. Allora lo faremo tutte le mattine, perché sporcare in bagno ?
Si abbassa poggiandosi con tutto il peso sulle labbra del marito.
- Ripuliscimi da questo schifo.
L’uomo cerca di ripulire dal miele la sua zona pubica, lecca umettando con la saliva più volte, ma il risultato non è un gran che, la parte è sempre appiccicosa, ma Fabiola appare molto soddisfatta lo stesso.
- Ma guarda che ore sono… Devo prepararmi o farò tardi al lavoro.
Si alza dirigendosi verso uno dei bagni, poco dopo Gino sente che sta canticchiando otto la doccia. Lui si reca nell’altro bagno, nella specchiera trova il necessario per radersi. Entra nella vasca idromassaggio, ci si fa una doccetta veloce. Esce dal bagno con un asciugamano in vita, apre gli armadi della camera da letto in cerca di vestiti, fruga in tutti i cassetti in modo da cercare di memorizzare dove possa essere la roba, Fabiola lo chiama. Non ha avuto il tempo di vestirsi entra in bagno praticamente nudo. La donna ha aperto le ante della doccia.
- Passami l’accappatoio. Già che ci sei usa l’asciugamano che hai in vita per asciugarmi i piedi.
Gino slaccia l’asciugamano, si inginocchia, Fabiola gli porge un piede che lui tampona, teneramente, lo bacia, continua a baciarlo nel percorso verso la ciabatta, si occupa dell’altro, lo tampona baciandolo fino a che non sia calzato. Resta chino con la faccia sul pavimento, ma la moglie questa volta lo ignora, va in camera da letto. Si veste di tutto punto, gonna e giacca grigie, calze fumé e decolté rosse con tacco da otto.
- Ma sei ancora in questo stato ? Questa mattina non ti vesti ?
- Si certo, scusa, mi sento un po’ frastornato.
La donna gli si avvicina, carezzandogli teneramente una guancia.
- Ho visto che sei fuori fase in questi giorni, ma… Il tuo nuovo atteggiamento… Non mi dispiace affatto. Scappo. Ci vediamo questa sera.
- Aspetta solo un istante, ti prego.
La donna che si stava dirigendo verso la porta d’ingresso si blocca di colpo.
- Una bella donna come te non può andare in giro con le scarpe impolverate.
Si tuffa a terra estrae la lingua lucidando al tomaia di entrambe le scarpe, lecca i fianchi la punta, i tacchi, Fabiola muove i piedi in modo da rendergli più agevole il lavoro. In pochi minuti le calzature risplendono, la donna le osserva orgogliosa, suo marito ha fatto un gran bel lavoro, Gino è sdraiato a faccia in su, dal basso si gode lo spettacolo di sua moglie vestita da regina dei bancari, un’ultima carezza con la suola destra sulle sue labbra e Fabiola esce dalla porta. Sempre con il canovaccio arrotolato in vita riparte ad esplorare la casa. Nel cassetto di un mobile in ingresso trova un’agenda con alcuni appuntamenti fissati, mercoledì tennis, venerdì sera piscina. Sente la serratura della porta d’ingresso scattare, distoglie lo sguardo dall’agenda fissando la porta, entra una ragazza bruna, giovane, che lui conosce.
- Signor Gioacchino…
- Paolina. Ciao. Qual buon vento ?
- E’ lunedì. Lunedì ricorda, e io ogni lunedì mercoledì e venerdì mattina vengo a fare le pulizie. Dalle nove alle tredici.
- Certo che lo ricordo. Scusa l’abbigliamento.
- Si figuri.
Si dirige verso la camera da letto. Si ferma, ha un dubbio da chiarire. Torna indietro.
- Ma non lavoravi al caseificio ?
- Ci lavoro ancora, ma sua moglie mi ha chiesto di aiutarla con le pulizie così al caseificio faccio un part time. Ma come neanche di questo si ricorda ?
- Scusa, mi era passato di mente.
Entrato in camera da letto socchiude la porta. Una cosa l’ha capita delle otto ante del mobile che gli sta di fronte, le due a destra sono sue. Si veste, ha bisogno d’aria, è curioso di vedere il paese nella realtà alternativa dello specchio. Sul comò un cellulare, dando un’occhiata alla rubrica intuisce possa essere suo. Decide di verificarne il numero,, dal telefono fisso appoggiato su uno dei comodini lo compone… L’apparecchio squilla. Anche il numero di Fabiola inserito sulla rubrica corrisponde a quello che ricorda.
- Ciao Paolina. Esco.
- Le faccio trovare qualcosa di pronto ?
- Non ti disturbare… Mangerò un panino fuori.
Il paese è identico, alcuni volti noti lo salutano, educatamente ricambia. Il suo girovagare lo porta alla ferramenta. La saracinesca è alzata, non ci sono gli infissi, il locale è in ristrutturazione, comincia a capire, le uniche differenze riguardano lui riflettendoci si rende conto che non può che essere così.
- GINO !
- Alberto, ciao.
- Che hai fatto alla faccia ?
- Pensa che stupido mi è caduto il cellulare e per raccoglierlo ho battito contro un cassonetto, potevo cacarmi un occhio…
- Caspita ! E… Con Fabiola come va ?
Resta un attimo a riflettere. Alberto è uno dei suoi amici di vecchia data, potrebbe avergli fatto confidenze. Ma cosa gli avrà mai detto il suo alter ego ?
- Al solito.
- Continua con le prepotenze e…
- Già. Non so proprio che fare.
- Lasciala. Ma si… Che vada a fare in culo ! Lei, la banca, tutto il mondo. Vivi la TUA vita.
- Ma io… L’amo ancora.
- Tu non sei innamorato di lei… Sei innamorato dell’idea di essere innamorato di lei.
Si… Non era cambiato nulla, neanche Alberto, la sua filosofia, il suo essere inflessibile. Nessuna mediazione, o bianco o nero, o destra o sinistra.
- Forse hai ragione tu. Ma non so se riuscirei a vivere senza di lei.
- Allora… Se davvero non puoi vivere senza lei, devi assecondarla, subire le sue scenate, soccombere alla sua violenza. Pensi di riuscirci ? Sappi comunque che qualsiasi scelta tu faccia, io sarò dalla tua parte.
- Grazie Alberto.
- Ecco perché mi sentivo così irritabile… E’ l’una cazzo, ho una fame. ..Vieni, ho scovato un localino… Smack
- Si mangia bene ?
- Non particolarmente… Ma ci sono un paio di cameriere che… La danno via disinvolte.
- Non mi interessa, una donna mi basta e ne ho d’avanzo.
- Ho capito… Io però sono scapolo… EGOISTA !
Alberto ha una carrozzeria in paese, finito il pranzo Gino resta con lui per buona parte del pomeriggio. Quando rientra in casa Fabiola è già arrivata, anche se ha la netta sensazione non sia li da molto. Si avvicina per salutarla ma viene raggiunto da un potente calcio ai testicoli.
- Dove sei finito. Sai che odio non trovarti a casa quando rientro
Gino non risponde, non ne ha la forza, sente le gambe molli, lascia che si pieghino, si ritrova in ginocchio, appoggia le mani al pavimento, al centro delle sue mani i piedi di Fabiola, piedi che calzano ancora le scarpe rosse del mattino. Si sente strano, un calore che ha origine dai suoi testicoli si trasmette al resto del suo corpo, ha le guance in fiamme, non tanto per il dolore, l’eccitazione, la sente crescere, il desiderio di lei, desiderio che lo colpisca di nuovo. Il suo silenzio frainteso de Fabiola la rende furiosa, solleva la gamba destra colpendolo più volte con la suola della scarpa sulla testa, punta il tacco sulla sua nuca premendo con tutto il suo peso, lo costringe a chinarsi fino a toccare il pavimento.
- Allora ? Non rispondi ? Non ci posso credere… Lo hai fatto ancora. Questa mattina mi hai illusa, pensavo fossi cambiato.
- Sono cambiato. Ti prego,… Perdonami. Ho incontrato Albero, abbiamo pranzato insieme poi.
La pressione sulla nuca si attenua.
- Poi ?
- Sono stato in carrozzeria. Non credevo saresti tornata così presto.
La pressione sulla nuca cessa del tutto, Fabiola indietreggia di mezzo passo. Gino, sempre carponi solleva il viso per guardarla. E’ scura in volto, la sua rabbia non si è placata, l’uomo non sa cosa fare, inizia a sudare freddo, l’angoscia cresce, ha paura di come possa reagire, che lo possa cacciare. Possibile ora che Fabiola si comporta nel modo che lui ha sempre sognato… Possibile che lo voglia allontanare. Il suo piede lo colpisce su una guancia, ha un sussulto più per l’imprevedibilità del gesto che per il dolore. Alza lo sguardo verso di lei, lo colpisce di nuovo, una terza volta, ma non con il collo del piede, con la punta, così sta facendo male.
- Continui con la farsa ? Non ti ribelli ?
- No.
Un altro calcio sempre sulla guancia, seguito da un secondo sul mento.
- Lo hai detto anche tu ieri sera… Posso farti tutto quello che voglio ?
- Tutto
Sale con il tacco sul dorso della sua mano destra, ha la pianta sollevata, con l’aumento della pressione cresce anche il dolore che prova, stringe i denti, il piede di Fabiola si solleva, mezzo passo indietro, un nuovo calcio, molto forte, Gino barcolla, ritrova la posizione, scuote la testa per riaversi da un leggero torpore, guarda l moglie, è indietreggiata, un velo di paura è calato su i suoi occhi, paura per un’eventuale sua reazione… Possibile che sua moglie temi che si ribelli ? Non gli piace quello sguardo, la sminuisce, è ora che Fabiola comprenda che non deve avere paura, non di lui. Si acquatta sul pavimento strisciando verso di lei più lento che può. Arrivato ai suoi piedi estrae la lingua, lecca la sola punta della scarpa. Fabiola la solleva leggermente, Gino inserisce la lingua fra la suola e il pavimento. La donna ora facendo perno sul tacco piega la caviglia, ha la scarpa completamente sollevata, Gino ci si insinua sotto, con la lingua lecca il tacco, lo avvolge completamente, scende verso il basso, si occupa della base, vede che si solleva, ma non sposta la lingua che finisce sotto. Fabiola preme, preme forte, ha male ma resta fermo, è ora che le dimostri che non sta mentendo, è ora che lei prenda coscienza che è padrona della sua vita. La pressione non si placa, la donna appoggia la suola sul pavimento sollevando la gamba sinistra, non riesce a crederci, tutto il peso della moglie concentrato sulla sua lingua, il dolore è intenso, al limite della sua sopportazione, la lingua resta immobile in lui cresce solo l’eccitazione.
- Alzati
Obbedisce, la guarda per un istante, il velo di paura dai suoi occhi è svanito, lo osservano trionfante. Gli getta le braccia al collo obbligandolo a chinarsi in avanti per baciarla, sente le sue labbra aprirsi, la lingua di lei incontra la sua, non ci aveva fatto caso prima ma gli sta sanguinando, la sente bruciare al contatto con quella della donna.
- Ti preparo qualcosa per cena ?
Viene raggiunto da uno ceffone
- Prima devi prenderti cura di me. Seguimi.
Si infila nella cabina armadio.
- Mentre mi spoglio, prepara la vasca, ho bisogno di un bagno, contrariamente a te io lavoro sai… E oggi la giornata è stata piuttosto pesante.
Gino da una sciacquata alla vasca, tappa lo scarico ed apre l’acqua calda. Periodicamente verifica la temperatura dell’acqua, Fabiola lo raggiunge, entra in vasca sdraiandocisi.
- Spogliati e vieni qui anche tu.
Gino si spoglia, sfilate le mutande la donna sorride nel vedere il membro del marito turgido, entra in vasca dal lato opposto, Fabiola aziona l’idromassaggio. Sono circondati dalle bolle, momento magico nonostante il rumore della pompa. Fabiola si lascia scivolare verso il basso, fino a poggiare la test sul bordo, poggia i piedi sul petto di Gino che li carezza, quanto sono belli, così diversi dalla sua Fabiola, la caviglia snella, alcune vene in bella evidenza, le unghie curatissime laccate, sotto sono morbidi, la pelle è leggermente secca solo sul tallone e lateralmente sull’alluce, non resiste alla tentazione di baciarli, li carezza e li bacia ritmicamente, la donna si gode il massaggio, vanno avanti così per un buon quarto dora. Fabiola spegne la pompa dell’idromassaggio, prende una spugna, ci versa sopra il bagnoschiuma porgendola al marito, si alza in piedi.
- Insaponami.
Gino si mette in ginocchio, Fabiola si gira dandogli le spalle, le insapona la schiena.
- Ei ! Piano, non sono un cavallo !
- Scusa.
Alleggerisce la pressione sulla spugna, insapona delicatamente le spalle, scende lungo l schiena, bacia entrambe le natiche, le insapona. Fabiola si gira, le insapona il collo, i seni dopo averlo baciati, la pancia, appoggia una gamba sul bordo della vasca, Gino le insapona la coscia, il polpaccio e il piede, fa lo stesso per l’altra gamba. La donna con molta calma si immerge nell’acqua, si sciacqua con la doccia per rimuovere la schiuma, alzandosi nuovamente in piedi con il piede destro cerca il sesso di Gino, una volta trovato lo schiaccia ridendo sadicamente, Gino carezza la gamba che lo sta martoriando le bacia il ginocchio, Fabiola preme con più forza, l’uomo si sente percorrere da un brivido, si piega leggermente in avanti allargando le braccia sul bordo della vasca, Fabiola alleggerisce la pressione aumentandola subito dopo, Gino mugugna, stringe i denti ma non ce la fa più, viene, sono bastate sole pressioni del piede della moglie a provocargli un orgasmo. Fabiola ride mentre gli carezza la testa.
- Già fatto ? Hai polverizzato ogni record. Quanto ci hai messo a venire quattro secondi ? Cinque ?
Continuando a ridere Fabiola esce dalla vasca, indossa l’accappatoio va in camera da letto. Anche Gino si alza, prende un asciugamano, ci si asciuga alla meglio, se lo lega in vita. Toglie il tappo, aspetta che l’acqua defluisca, con la doccia sciacqua alla meglio le pareti smaltate. Raggiunta la camera da letto vede che Fabiola ha indossato una camicia da notte, è seduta davanti allo specchio, si sta pettinando.
Nel vederla in quell’indumento nero totalmente trasparente gli si irrigidisce nuovamente il membro che solleva l’asciugamano. Vedendolo riflesso nello specchio Fabiola si volta dandogli un colpo con il retro della spazzola centrando la cappella.
- Maiale. Non ne hai avuto abbastanza ?
- Si mia signora. Scusami
- Cerca di controllarti, sei indecente.
- Si.
- Si… Si… Dici una cosa, ma come tutti gli uomini ne fai un’altra. Giù ! Giù ho detto !
Ad ogni giù corrisponde un colpo di spazzola, il problema è che la situazione non fa altro che eccitarlo di più.
- Insomma ! Controllati. Ho detto giù.
- Ti prego… Fabiola… Se continui così… Io…
La moglie si alza, gli stappa via l’asciugamano, le sue unghie gli lasciano tre segni sulla pelle dello stomaco, viene raggiunto da un calcio, sferrato con cattiveria, per fare male, la punta della pantofola destra centra entrambi i testicoli, il membro eretto ha impedito loro muoversi. Un dolore mai provato prima lo costringe a terra, le gambe gli hanno ceduto, non riesce a respirare, si rotola sul tappeto che Fabiola usa come scendiletto,ha entrambe le mani sulle sue palle, ma il suo cazzo è ancora durissimo, sembra essere l’unica parte a non aver risentito del colpo. Fabiola la scalcia di nuovo, Gino allarga le braccia scuotendo le mani, la punta del suo piede ha colpito le sue dita, ma Fabiola non gli da tregua un calcio gli centra la cappella, che batte sul pavimento tornando nella posizione eretta, ma per poco, perde forza, Si affloscia. Gino ricomincia a respirare, la moglie lo sta fissando dritto negli occhi, fa scivolare il tappeto, raggiungendo il suo piede destro, lo bacia.
- Grazie amore… Grazie per la pazienza con cui ti dedichi ad insegnarmi le buone maniere, e scusa se ti ho fatta infuriare.
Fabiola è sorpresa, vorrebbe urlare il suo trionfo, le guance le diventano rosse, ora è lei ad essere eccitata, la sua vagina è talmente bagnata che teme coli sul pavimento, e lei non vuole assolutamente che il marito capisca in che condizioni si trovi.
- Bene, per questa sera abbiamo finito le lezioni di buona creanza, andiamo in cucina. Ho fame.
matt70
00sabato 10 marzo 2012 13:43
[SM=x829789] [SM=x829788]
ttd
00domenica 11 marzo 2012 22:39
Davvero un'ottima penna.. grazie di questo ammaliante racconto!
cucciolo_to67
00venerdì 16 marzo 2012 22:26
Martedì - Terzo giorno
La sveglia suona, allunga il braccio verso il comodino per staccarla. Quando si gira verso Fabiola si accorge che non è a letto. Si alza, nel bagno vicino alla camera da letto non c’è, come non è in cucina. Preoccupato continua a cercarla, anche nel bagno principale non c’è. Sempre più preoccupato torna sui suoi passi, la casa è finita, possibile sia uscita ? Entrando in sala la vede, non l’aveva notata per la posizione, seduta a gambe incrociate sul tappeto, di fronte lo specchio di suo nonno. Guarda in direzione dello specchio ma il suo sguardo sembra perso in esso, le si siede accanto. Nel vederla così Gino non ha cuore di disturbarla. Passano alcuni minuti, allunga una mano verso di lei e le carezza la schiena, Fabiola lo guarda, si piega a sinistra in modo da poggiare la testa sulla tua spalla.
- Cosa c’è Fabiola ?
- Non lo so, sono ormai mesi che mi sento così… Delusa, insoddisfatta.
- Ma ieri hai detto…
- Ho mentito, ho mentito a te, ho mentito a me stessa.
- Posso fare qualcosa ?
La donna si rimette dritta, lo guarda fisso negli occhi per alcuni minuti, Gino è imbarazzato, ha l’impressione che Fabiola stia cercando di guardare nel profondo della sua anima, teme che in questo modo possa vedere che lui… Non è lui, o meglio il lui che è stato al suo fianco fino a qualche giorno prima.
- Gino… Sei ancora innamorato di me ?
- Certo.
- Certo… Sei sicuro di quello che mi dici ? Sai sono passati tanti anni… Il lavoro… L’incidente… Il mio cambiamento. Ero convinta mi avresti lasciata.
- Perché parli al passato ?
- Non lo so, sembra che in questi giorni ti sia… Lasciamo stare.
- Ci sono poche certezze in questo mondo, il sole sorge, il fuoco brucia, il vento soffia e… Io ti amo Fabiola.
- Davvero ? Ti do il beneficio del dubbio… Sei sincero. Le tue azioni in questi giorni lo confermano, ma cos’è stato a riaccendere il tuo interesse nei miei confronti ?
- Perché dici questo ? Io… Non ho perso interesse…Non ho mai smesso di amarti.
Mentre lo dice ci riflette… Certo lui, non ha smesso di amarla. Ma l’altro ? inutile preoccuparsi, le magagne salteranno fuori, è solo questione di tempo.
- Non lo so… Sono confusa… Arrivo dal lavoro e non ti trovo. La notte vieni a letto che dormo da un pezzo, abbiamo poi culminato con la scenata della settimana scorsa, ma… Eri sconvolto, c’è da capirlo, se ne era appena andato tuo nonno.
- Mi dispiace... Se ti ho ferita io…
- Piantala, sei stato via due giorni ! Non credevo possibile accadesse a me… Ma… Si… Mi hai ferita… Una ferita così profonda che non so potrà rimarginarsi.
Non gli piace vederla così, fragile, quasi disperata, non lei, non può… Non deve.. Due giorni ? Che diavolo avrà mai combinato in questi due giorni. Fabiola si alza, va in bagno, Gino prepara la colazione. Oggi la moglie si è vestita sbarazzina, ha un completino rosa con una camicetta bianca, anche le scarpe sono rosa, riesce a malapena a intravederle, scappa via imprecando per il ritardo.
Rimasto da solo si veste, si piazza davanti allo specchio, gli farebbe comodo parlare con l’altro Gino, avrebbe voluto farsi raccontare almeno degli ultimi avvenimenti. Cerca di riordinare le idee. Fabiola ha anche menzionato un incidente. Tocca la superficie. Niente un normalissimo specchio. Decide di uscire. Appena chiusa la porta di casa gli squilla il cellulare. Appare la dicitura “numero privato”.
- Pronto ?
- Sono io. L’arpia se ne andata ?
Una donna, questa voce… Gli dice qualcosa, ma non riesce a associarla a un volto, chi potrà essere, non gli resta che prendere tempo.
- Si, è uscita.
- Ho bisogno di vederti.
- D’accordo… Em potremmo…
- Perché ieri mi hai dato buca ?
- Si, non sono,… In effetti Fabiola mi ha chiesto… Sono passato da Alberto e…
- Si me lo ha detto che sei stato con lui, ma cazzo potevi avvertirmi, ti ho aspettato due ore.
Gino comincia ad avere dei sospetti sul chi possa essere la donna decide di giocare il tutto per tutto.
- Mi dispiace… Scusa Lucrezia. Dove vuoi che ci vediamo ?
- Al solito posto fra una mezzora, cerca di esser puntuale.
La chiamata è terminata. Non ha molti indizi, è Lucrezia la donna misteriosa. Ma che tono complice, come se si conoscessero davvero bene… Si arrovella il cervello, ma non gli viene in mente nessun luogo dove poterla incontrare, nella sua realtà non hanno tutta questa confidenza, si vedono è vero, mai da soli, Lucrezia è un’amica di vecchia data di Fabiola. Non sa neanche perché, ma si ritrova alla carrozzeria, Lucrezia ha detto di essere passata da li, magari Alberto ne sa qualcosa.
- Ciao Alberto.
- Ciao… Senti… E’ passata Lucrezia questa mattina. Mi è sembrata parecchio incazzosa.
- Si mi ha chiamato un quarto d’ora fa. Dobbiamo incontrarci.
- Gino… Gino… Che combini… Ieri mi dici che ami Fabiola, stamattina vedo Lucrezia nera… Pensavo le avessi parlato… Ora vengo a sapere che vi siete sentiti e ti incontrerai in hotel con lei. Il nostro discorsetto di ieri è finito nel cesso, e dai… CAZZO !
Ecco il perché del suo tono al telefono, si è concretizzata una delle situazioni peggiori, alla quale non aveva neanche pensato, sono amanti, e se lo scoprisse Fabiola ? No… Non adesso, ora che c’è lui. Potesse andrebbe a picchiare il se stesso dall’altra parte. Ora c’è però da scoprire di che albergo si tratta.
- Hai ragione, ma non mi andava di… Insomma di.. Per telefono poi. La decisione è presa. La incontrerò è vero ma per rompere con lei, mi aspetta alle dieci al solito posto, solo che…
Alberto guarda l’orologio, fa no con la testa.
- Arrivare a quella bettola del Tropicana in dieci minuti ? A piedi poi… Tieni, la Cinquecento è li.
Prende le chiavi e corre via.
- RIPORTAMELA INTERA.
- CONTACI.
Finalmente un pizzico di fortuna. Il Tropicana è un hotel a due stelle a sei chilometri dal paese, davvero un postaccio sorto in uno spiazzo in mezzo a un boschetto, il proprietario affitta camere a ore alle mignotte, è comunque un uomo molto discreto. Parcheggia la macchina, si precipita nella hall. Appena entrato il portiere gli sciaccia l’occhio in segno di intesa.
- Buongiorno, la signora l’aspetta.
- Grazie. Nella camera ?
- La solita vostra… ventitré.
Ha più o meno quindici minuti di ritardo. Affannato controlla i numeri sulle porte, venti, ventidue… Eccola. Bussa. Nessuna risposta. Abbassa la maniglia, la porta è aperta. Lucrezia è in piedi vicino alla finestra.
- Alla buon ora. Chiudi.
Chiude la porta, ma non gira il chiavistello
- Ciao, scusa per il ritardo, non mi è partita la macchina, Alberto mi ha prestato al sua.
- Ho visto che sei arrivato in cinquecento, so che ne è molto geloso… Dovete proprio essere amici. Dai vieni qui.
La donna si stende sul letto.
- Lucrezia… Ascolta… C’è una cosa che vorrei…
- Si, dopo, ora vieni qui… Ti voglio… Baciami.
- No. Aspetta, lasciami parlare. Sono venuto qui per dirti che questa cosa tra noi… Deve finire.
Si mette seduta l’espressione fra l’incredulo e il contrariato.
- Cosa ?
- Si insomma, ci ho riflettuto tanto e ho deciso di… Restare con Fabiola.
- Ma… Se fino a venerdì dicevi che di lei non ti importa più niente, di amarmi, che avresti divorziato e…
- Sono cambiate tante cose… Troppe…
- Non è possibile, non ci credo… Cosa ti ha fatto… Non sembri neanche lo stesso uomo che una settimana fa mi abbracciava teneramente… Con cui da mesi faccio l’amore.
- In un certo senso… E’ vero, non sono lo stesso uomo, E’ che… Ora che siamo al dunque… Ci ho riflettuto… Amo Fabiola e voglio restare con lei. Mi dispiace.
- Ti dispiace ? Gran pezzo di merda. Gli dispiace. O ma certo, se ti dispiace è tutto a posto.
- Ti prego… on devi prenderla così io…
- E come dovrei prenderla… Mesi di frequentazione in clandestinità, cercavi il brivido del proibito… Ti eccita ? Così hai giocato con me, cosa sono stata, un passatempo ?
- Mi dispiace davvero… Non avrei voluto finisse così.
- Non ti illudere… Non finisce così. Te la faccio pagare. Con gli interessi.
Si alza di scatto dal letto dalla borsa poggiata su una sedia prende il cellulare, compone un numero.
- Stronza… Dove sei perché non rispondi
- Che stai facendo ?
- Telefono a tua moglie
- NO ! Ti prego ! Lucrezia… Lascia sia io a dirlo a Fabiola.
- STRONZA ! Stronza… Ha il cellulare spento, poco male andrò da lei.
- Non sarà necessario. La stronza è qui.
Si voltano entrambi. La porta della camera è aperta, Fabiola è sulla soglia, nel vederla Gino sente le gambe molli e una fitta al cuore, inizia a tremare per lui quella stanza è ora sotto zero.
- Tu…Ma come ?
- Ero nella camera qui accanto, vi aspettavo. Mi avete presa per una stupida ? pensavate non me ne sarei accorta ? So della vostra relazione da quando è iniziata.
- Tutto questo tempo… Non mi hai detto niente.
- Cosa dovevo dirti, AMICA MIA. Se tu solo potessi immaginare quanto ti disprezzo. Hai approfittato della crisi del mio matrimonio per intrufolarti, hai usato le mie confidenze per soffiarmi Gino.
- NO ! Non ci provare… Non sono stata io, tu lo hai allontanato, con le tue manie, l’essere così possessiva tanto da considerarlo una cosa tua. Lui non è un gingillo di tua proprietà di cui puoi disporre a tuo piacimento.
- E’ così Gioacchino ? E’ come dice lei ?
- Io… No… Fabiola… Io… Sono venuto qui perché mi sono reso conto che stavo sbagliando…
Fabiola non stacca lo sguardo da Lucrezia, abbozza un mezzo sorriso, il sorriso della vittoria, era li da abbastanza tempo, ha sentito la conversazione dall’inizio, ma questo Gino lo ignora, lui si sente perso, anche se ne ha avuto più di un’occasione, non ha mai tradito la moglie, ora viene a scoprire che il “lui” dello specchio invece ha un’esistenza torbida, dissoluta di cui lui ora deve pagare il conto. Non sa cosa fare, vorrebbe gettarsi ai piedi di Fabiola, implorarla di perdonarlo, di non cacciarlo, ma… Si rende conto che sarebbe inutile. La moglie volge il suo sguardo verso di lui.
- State tranquilli, non voglio rovinare il vostro idilliaco futuro insieme. Se davvero vuoi stare con lei… Benissimo, va a preparare i bagagli, io rincaserò per le diciotto. Non dovessi trovarti saprò che te ne sei andato. MA ATTENTO ! Dovessi farlo… Non disturbarti a tornare.
Un’ultima occhiata carica d’odio verso Lucrezia, volta le spalle e si avvia verso l’ascensore nel corridoio. Gino sente i suoi tacchi allontanarsi, ogni colpo sul pavimento è una fitta allo stomaco, si chiede se sentirà ancora la musica proveniente dalle sue calzature riecheggiargli nelle orecchie. Il portiere, richiamato dal vociare dopo aver gesticolato qualche istante per scusarsi dell’avvenuto, mortificato, se ne va. I due amanti restano soli, Gino si siede sul letto, prende la testa fra le mani, deve uscire da questo imbarazzo, si sente soffocare.
- Allora ? Cosa pensi di fare ?
- Torno a casa.
- A preparare i bagagli ?
- No.
- Vieni con me… Saprò renderti felice, vedrai. Ti troverò un buon avvocato, insieme noi…
- NON C’E’ NESSUN NOI. Ancora non ti è chiaro ? E’ di Fabiola che sono innamorato e ora rischio di averla persa… Per sempre… Non avrei dovuto illuderti. Addio.
Esce dalla stanza, imbocca le scale. Passando davanti alla portineria fa un cenno all’uomo dietro il bancone che ricambia il saluto. Monta sulla Cinquecento. Riconsegnato la macchina ad Alberto.
- Gino… Come è andata ?
Lo guarda con gli occhi lucidi.
- Fabiola sapeva. Me lla sono ritrovata davanti in albergo… Proprio quendo…
- MINCHIA. Sai quali saranno le sue intenzioni ?
- No. Vado a casa.
- Se hai bisogno… Basta chiamare. Mi casa es tu casa.
E’ passato da poco mezzo giorno, si siede sul pavimento davanti allo specchio, lo fissa serio, carico di rancore. Specchio dei desideri, pensa, da quando mi appartieni non sei stato che fonte di dolore. Lacrime scendono copiose dalle sue guance, uno sconforto infinito gli attanaglia il cuore, strisciando sul sedere raggiunge il grande tappeto steso in ingresso, ci si sdraia sopra, Resta li immobile a fissare il soffitto, neanche lui sa per quanto, sta di fatto che si assopisce, quando si sveglia, guardando l’orologio vede che sono le diciassette e quaranta. Decide di giocarsi il tutto per tutto, Va in camera da letto, si spoglia completamente, tornato in ingresso si inginocchia a poca distanza dalla porta e resta in attesa. Le campane della chiesa hanno da pochissimo finito di battere i sei rintocchi quando le chiavi di Fabiola aprono la porta, una volta entrata, richiude la porta appoggiando la giacca sull’attaccapanni. Volutamente evita di guardare il marito.
- Ancora qui ?
- Si.
- Perché nudo ? Che hai in mente ?
- Io… Volevo… Volevo dimostrarti che non ho bisogno di nulla, è solo te che voglio.
- E… Se fossi io a non volerti ?
La tensione emotiva gli sta giocando brutti scherzi. Comincia a piangere, senza accorgersene.
- Se vuoi che vada via… Devi solo dirlo.
Il cuore gli batte all’impazzata. Fabiola non risponde, si siede sulla poltrona, si carezza la guancia con la mano destra, accavalla la gamba mentre va indietro con la schiena per poggiarsi.
- No. Non voglio che tu te ne vada. M piacerebbe capire. Ieri quando sono tornata e non ti ho trovato, ho pensato fossi con lei…
- NO ! Ti giuro che…
- Si, me lo ha confermato l’investigatore che vi ho messo alle calcagna, sei stato tutto il tempo con Alberto. Sei rimasto… Significa che… Hai deciso di restare con me ?
- Si… Io ti amo.
Fabiola salta in piedi gli da uno schiaffo, ora gli gira intorno come uno squalo fa con una foca.
- ZITTO ! Zitto… Non voglio più sentirlo ripetere. Ipocrita… Traditore.
E’ mortificato, ma il suo cuore rallenta, si sente sollevato e felice, sa che sarà difficile, ma lei non lo sta ripudiando, ha lo sguardo basso, ciclicamente entrano nel suo campo visivo le splendide scarpe di Fabiola pizzicandogli i sensi.
- Io… Io non ti ho mai tradita.
Si volta di scatto mollandogli un calcio, Gino sente la punta della sua scarpa destra colpire in pieno il suo testicolo sinistro che resta compresso fra il piede e le ossa del bacino, spalanca gli occhi per il dolore, porta le braccia dietro la schiena, si stringe le mani piegandosi contemporaneamente in avanti. Come fare a spiegarle che dice la verità, che non l’ha mai tradita, è l’altro se stesso il colpevole quello che ora è con i suoi figli. La moglie è furiosa lo colpisce, ancora e ancora. Gino non molla, resta in ginocchio, piangendo. Fabiola esausta si siede nuovamente sulla poltrona accavallando la gamba. Gino le si avvicina, si china in avanti, ma Fabiola sposta via il piede impedendogli di baciarlo. Prova a avvicinarsi una seconda volta, Fabiola li poggia il piede sulla faccia, allunga la gamba spingendolo via, l’avere le braccia dietro la schiena non lo aiuta nell’equilibrio, si ritrova sdraiato sul pavimento. Si sente frustrato la scena che sta vivendo somiglia a uno dei suoi tentativi di approccio sessuale falliti con la Fabiola della sua dimensione. Resta steso a terra, sente freddo, vorrebbe andare in camera da letto ma non ne ha la forza. Come un’ameba resta li senza dire nulla, in attesa di qualcosa che comincia a pensare, non si verificherà mai. Chiude gli occhi. Il dolore sta sciamando, la sua mente non più annebbiata dalla sofferenza riprende a funzionare… E’ in trappola, agnello sacrificale, deve espiare la colpa, non può dimostrare la sua innocenza, è inutile, la magia non è contemplata ne codice civile. Nella semi oscurità sente i suoi tacchi risuonare sul pavimento, qualcosa gli sfiora le labbra, estrae la lingua e lecca, il sapore e amarognolo, ha granelli sulle papille gustative, aprendo gli occhi si ritrova davanti il suo sedere, rende più ampio il percorso della sua leccata, passa la lingua sull’intero solco, Fabiola con le mani allarga le chiappe mettendo in bella vista il buchetto, Gino cerca di penetrarlo con la lingua lo lecca avidamente eccitandosi nel sentire la moglie mugugnare di piacere. Ormai il sapore amarognolo è sparito, non ne è rimasto neanche il ricordo.
- Lecca bene… Mi raccomando, sai sono dovuta andare in bagno in ufficio, non essendoci il bidè… Ma ci pensi tu vero ?
- Si
Gino, eccitato per la situazione lecca con maggiore vigore, passa la lingua su entrambe le natiche, la pelle della moglie ha un sapore meraviglioso, si focalizza nuovamente sul buco. Avvicina le mani alle sue gambe, ma lei le spinge via.
- Ti sei eccitato… Porco… Schifoso… E se ti chiamassi tutte le volte che ho il culo da pulire ? Lo faresti
- Si amore mio.
Fabiola si sposta in avanti afferra i suoi testicoli stringendoli con forza.
- Non chiamarmi amore.
- Si Fabiola
Un'altra stretta, questa volta fa ruotare anche il polso.
- Non chiamarmi per nome… Visto che Lucrezia ha detto che sono despotica, gelosa e possessiva… Chiamami padrona. Umm… Siii… Ti piace… Servire la tua padrona.
- Si padrona
Fabiola si alza, inizia a spogliarsi, getta i vestiti sul divano, va verso il bagno, si volta indietro, fa cenno di seguirla. Indica a Gino l’interno del box doccia, l’uomo ci si siede, apre l’acqua, allunga una mano verso di lei, le sfiora una coscia.
- NON… TOCCARMI !
- Si…
Il suo piede destro comprime con forza il suo membro.
- Si cosa ?
- Si… Padrona
La donna ruota su se stessa per fare in modo che l’acqua la bagni completamente, Gino seduto ai suoi piedi sente montare l’eccitazione, riporta le mani dietro la schiena per non cadere nella tentazione di toccarla, Fabiola prende la sua faccia fra le mani, l’avvicina al suo sesso.
- Ho un bisogno, il water è lontano e poi… Gocciolerei sul pavimento… Ti spiace ?
- No padrona.
Fabiola gli fa piegare la testa leggermente verso l’alto, poggia un dito sul mento, preme facendogli aprire la bocca, l’acqua che arriva dalla doccia lo colpisce in pieno viso impedendogli di tenere gli occhi aperti, il fiotto di urina è abbondante, la donna non lo interrompe, Gino si affanna a deglutire, fra acqua e urina beve un buon litro. Il getto d’acqua si interrompe, come il giorno precedente nella vasca insapona delicatamente il corpo della moglie, mentre lei da sola provvede a lavarsi i capelli, Gino usa la spugna per insaponarsi, da seduto è abbastanza un’impresa. Riaprendo l’acqua, Fabiola dirige il getto verso il marito, che si ritrova investito subito da acqua fredda seguita da acqua caldissima, il regolatore elettronico di temperatura impiega un po’ di tempo a stabilizzarsi. Si sciacquano, Chiusa definitivamente l’acqua, Gino esce, allunga l’accappatoio alla moglie, indossa il suo, si asciuga alla meno peggio, corre nella cabina armadio, prende le sue pantofole, tornando in bagno le si inginocchia davanti porgendole le calzature. Da un pensile del bagno Fabiola estrae un asciugamano in cui raccoglie i capelli sistemandolo a turbante. Prende un barattolo di crema, lo porge a Gino si dirigono in camera, Fabiola si sdraia sul letto a faccia in giù. L’uomo svita il coperchio del flacone intinge le dita nella crema spalmandola delicatamente sulle spalle della moglie, le braccia, sul sedere, sulle cosce, i polpacci, le caviglie fino ad arrivare alla pianta dei piedi, la crema sa di buono, non capisce quale sia l’essenza, ma ricorda il borotalco, La moglie si gira, resta turbato quando le spalma la crema sui seni, i capezzoli di lei si induriscono, Fabiola si morde leggermente il labbro inferiore, passa la crema sullo stomaco, sfiora le sue grandi labbra, passa alle gambe, le ginocchia e i piedi. Terminato il massaggio l’uomo è distrutto dal desiderio.
- Fabiola… Io
- Tu cosa ?
- Vorrei far sesso con te… Ti desidero… Ti desidero da morire.
- Sicuro… Come mi desideravi la settimana scorsa… O quella prima, mentre eri con Lucrezia. Tutto documentato caro mio. Vuoi vedere il rapporto ?
- No.
- Allora fatti passare i bollori.
- Si… Padrona.
Torna in bagno, dall’armadietto prende il phon, si asciuga i capelli, anche Gino dovrebbe asciugarli, aspetta il suo turno. A cena è solo lei a mangiare, Gino non ha appetito, va a letto molto presto, si ritrova a piangere come un bambino, è la terza volta che piange oggi. Fabiola lo raggiunge molto tardi.
- Buona notte amore.
Le dice. Viene raggiunto da una tallonata.
servetto70
00venerdì 16 marzo 2012 22:46
cucciolo_to67 [SM=g1984777]


eccoti...ora me lo leggo per benino! [SM=x829785]


Grazie [SM=x829788]

cuccioloindifeso
00sabato 17 marzo 2012 14:42
davvero molto molto bello....
pinocchio-latino
00domenica 18 marzo 2012 22:59
Un racconto spettacolare!!!!
Complimenti.
cucciolo_to67
00venerdì 23 marzo 2012 22:54
Mercoledì - Quarto giorno
Davvero un gran brutto risveglio, entrambi i piedi della padrona sulla schiena che lo spingono fuori dal letto.
- Vieni. Ho bisogno di pisciare.
Le corre dietro, si leva il pigiama, lei gli fa cenno di sistemarsi nella vasca da bagno, prima di iniziare Fabiola tappa lo scarico, si appoggia coi piedi sul bordo vasca accucciandosi sulla sua bocca spalancata. Un getto potente lo investe, come la sera prima, senza interruzioni, l’urina gli cola da tutte le parti, troppa per essere inghiottita al volo. Una volta finito gli afferra i capelli costringendolo a guardarla negli occhi.
- Bevi tutto quello che ti sei lasciato scappare.
- Si padrona.
Nel mollargli i capelli gli spinge la testa verso il basso. Scivola verso il fondo della vasca abbassando il muso sullo scarico dove si è accumulato il liquido, lo aspira con le labbra cercando di ignorarne l’odore e l’acre sapore, il calo di eccitazione portato dal non vedere la sua vagina rende l’inghiottire molto più arduo. Fabiola attende che abbia finito, apre il getto dell’acqua fredda contro il marito.
- Datti una ripulita. Fai schifo ! E pulisci anche la vasca !
- Si padrona.
Restato solo Gino si insapona, si sciacqua, una fitta allo stomaco lo fa piegare su se stesso mentre si asciuga, credeva che la moglie si fosse acquietata, la donna sembra più arrabbiata di ieri. Uscito dalla vasca gli da una pulita. Fabiola in cucina ha quasi finito colazione, senza rivolgergli la parola torna in bagno. Si guarda intorno, si sente perso, pensa a suo nonno, gli tornano in mente le parole di Bhoumik “Per attivare magia di specchio vecchio proprietari fatto sacrificio”. Sacrificio che stava vanificando, cosa avrà mai preteso lo specchio in cambio di questo, l’urlo di Fabiola lo richiama dal suo pensieri ?
- GINO ! Vieni qui.
Bussa alla porta del bagno, ed entra. Fabiola ha tirato lo sciacquone, l’odore della stanza è parecchio intenso.
- Puliscimi. Veloce dai… Sono in ritardo.
Gli da le terga, appoggia un piede sul bidè, Gino si inginocchia, chiude gli occhi e inizia a leccarla, inghiotte più velocemente che può i piccoli frammenti mollicci che la sua lingua incontra nell’opera di pulizia, va avanti qualche minuto, la mogli si gira, lo schiaffeggia.
- Lento. Troppo lento. Vattene, faccio da sola.
Uscito dal bagno corre nell’altro ha voglia di vomitare, ma sono solo conati, controlla la respirazione, a cena non ha mangiato come per altro non ha mangiato a colazione. Si lava i denti, lo fa freneticamente, tanto da provocare il sanguinamento delle gengive. Uscito dal bagno Fabiola è pronta, ha un completo rosso, entra nella cabina armadio.
- Questa sera abbiamo tennis. Vieni a prendermi al lavoro per le 17. Ricorda di portare la borsa.
- Si padrona.
Gi indica il borsone con dentro due racchette. Ai piedi calza delle scarpe in nabuk bordò, hanno le punte con parecchi aloni, devono aver preso acqua. Si catapulta sul pavimento, lecca la tomaia con energia umettando bene la lingua, passate su passate, il nabuk diventa più scuro, l’alone è sparito, lecca anche i lati della scarpa, e il tacco, velocemente passa all’altra. Buona parte della punta è infangata, è costretto a dimorare parecchio per rimuovere tutto, solo quando non sente più granelli sotto la lingua passa ai fianchi della scarpa e al tacco. Si sposta a lato per liberare il passaggio verso la porta, Fabiola fa mezzo passo in avanti e lo colpisce con il piede destro sulla faccia.
- Le suole. Essere inutile.
Si sdraia a faccia in su, striscia sulla schiena in modo da avvicinarsi al suo piede destro, che prontamente la donna solleva appoggiandosi al muro per mantenere l’equilibrio stabile. Le tiene la caviglia, per evitare che si stanchi raccoglie tutto il sudiciume, e questa volte ce n’è un bel po’. La suola sinistra è messa anche peggio ma riesce a ripulirle come si deve. Dopo aver controllato, Fabiola piazza il piede destro sulle sue labbra, issandosi con tutto il suo peso sopra, scavalca il marito uscendo di casa. Gino entra in bagno, indossa il pigiama che aveva lasciato sull’appendino, sta tremando come una foglia, gli gira la testa, il cuore gli batte all’impazzata, le labbra gli bruciano, guardandosi allo specchio le vede rosse, si rade, lava di nuovo i denti. Uscito dal bagno sente una chiave inserirsi nella toppa, la serratura scatta.
- Signor Gioacchino… Che brutta cera.
- Ciao Paolina. In effetti non mi sento molto bene.
- Le preparo un te, o una camomilla ?
- No grazie. Ho un appuntamento.
Mente, ma non ha voglia di dare spiegazioni. Si veste in tutta fretta, Saluta Paolina e esce di casa, si sente irrequieto, ha voglia di urlare, il suo nervoso passeggiare lo ha condotto nel parco. Ci sono bimbi che giocano, vecchi che danno da mangiare ai piccioni, mamme che leggono. Si trova una panchina libera, si siede mettendo indietro la testa, chiude gli occhi, restano solo i suoni a solleticare i suoi sensi, rumori felici che raccontano di vite normali, bambini che ridono, uccelli che cinguettano, in lontananza qualche auto che passa, Si alza una leggera brezza che gli carezza il viso come per rincuorarlo, respira lentamente assaporando i profumi della natura.
- Signore ? Mi scusi ?
Apre gli occhi. Davanti a lui un signore anziano, la barba bianca curatissima, occhialini tondi alla John Lennon, in testa un basco marrone scuro. Sono i suoi occhi a colpirlo, non tanto per il colore grigio chiaro, ma per l’intensità dello sguardo.
- Si
- Si sente male ?
- No…. No. Ma grazie… Per l’interessamento.
- Mi spiace di averla importunata, sono un vecchio… Rompiscatole.
- Ma no… Nessun disturbo. Sono io che… Niente, mi scusi .
- Sta attraversando un brutto periodo, glielo leggo in faccia. Ma è questa la vita, momenti belli intervallati da momenti brutti, è come montare un mosaico, le cui tessere vengono consegnate un po’ alla volta, alcune sono luminose con colori sgargianti, altre più cupe, ci affanniamo a costruire dando forma all’immagine che vorremmo avesse la nostra vita, ma essa si svela ai nostri occhi nella sua completezza troppo tardi, solo quando ormai il tempo è trascorso.
- Ma… Se per assurdo… avessi scambiato il mio mosaico con quello di un altro e non mi piacesse come sono stare sistemate le tessere ?
- Non si può vivere la vita di un altro. Fosse comunque possibile… Anche se la parte montata non puoi più cambiarla… Spetta a te sistemare le nuove tessere cercando di modificare l’immagine in modo differente… Aggiustandola secondo il tuo gusto… Con il tuo stile. Quando due pittori si avvicendano su una stessa tela, a parità di soggetto il cambio di mano si nota… Eccome.
- Questa mattina non ho ancora fatto colazione, viene con me al bar ?
- Un buon caffè non si rifiuta mai.
Mangia un paio di croissant con un cappuccino, chiacchierano ancora qualche minuto, fuori dal locale si salutano. Si sente uno stupido, come ha potuto pensare di mollare tutto, nasce in se una nuova consapevolezza, farà tutto ciò che potrà per evitare di perdere Fabiola, lui l’ama, l’ha sempre amata, l’amerà sempre. Gli resta poco tempo per recuperare la sua fiducia. L’ostacolo più grande è la sua totale ignoranza sugli stili di vita del Gioacchino di questa realtà, deve scoprire le sfaccettature del suo carattere, ma come … Camminando senza meta continua a riflettere, Alberto gli ha dato una buona mano con Lucrezia, indicandogli l’albergo in cui avvenivano i loro incontri. E… Se altri fossero stati a conoscenza di particolari della sua vita ? Chissà se Marco in questa realtà è vetraio. Si dirige verso quella che sa essere la sua bottega. Il laboratorio c’è, ma Marco è fuori per consegne, l’impiegata gli fa presente che non tornerà prima di mezzogiorno. Da un’occhiata all’ora. Le undici e quaranta, Decide di aspettare. Il camion puntualissimo entra nel cortile della vetreria, Marco lo saluta, con un cenno della mano gli fa segno di aspettare. Dopo alcuni minuti esce dal carraio puntando dritto su di lui.
- Ciao. Ieri mi ha chiamato Lucrezia, era disperata.
Fantastico, pensa, anche lui è al corrente.
- Alla fine non me la sono sentita di mollare tutto e mettermi con lei.
- Fino a li c’ero arrivato... Andiamo a mangiare. Qualche preferenza ?
- No. O meglio… E se andassimo dal Patacca ?
- E sia… Vada per la cucina romana, mi sono fatto un culo stamattina… L’amatriciana è d’obbligo.
Arrivati al locale ordinano una bottiglia di vino, Gino lo versa nei bicchieri.
- Salute. Non mi sembri sorpreso dal fatto che abbia lasciato Lucrezia.
- Ti conosco, sono o non sono il tuo testimone di nozze. Sapevo non saresti riuscito a mollare Fabiola, te lo aveva anche detto, ma tu hai voluto fare di testa tua… Quello che ora mi preoccupa è la reazione di tua moglie.
- Pensi mi lasci ?
- No. Ne sono abbastanza sicuro… Se ti lasciasse perderebbe la possibilità di fartela pagare, e penso che il conto sarà piuttosto salato, dall’l’incidente è cambiata moltissimo, ora è fredda distaccata, arrogante, anche crudele, gode nell’instillare paura nelle persone, nell’infliggere sofferenza.
- Sicuro che parliamo della stessa Fabiola ? Neanche fosse… Un demone.
- Ho un cugino che lavora nella sua filiale, ricordi ? Sono tutti terrorizzati da lei.
Di nuovo l’incidente, ma che cavolo poteva esserle successo ? L’unico che ricordasse per fortuna scampato nella vita di Fabiola era di quando incinta del loro prima figlio aveva rischiato di restare imprigionata sotto un capannone crollato anni prima, insieme ad altre tre persone con cui aveva un appuntamento per valutare la concessione di un mutua, ma quella mattina si era sentita male e non c’era andata.
- Hai ragione scusa. Ma perché dici che l’incidente l’ha cambiata ?
- Ma sei scemo… Chiunque sarebbe cambiato restando settantadue ore imprigionato sotto un cumolo di macerie, sono cose che ti segnano. Ha perso vostro figlio! Me la ricordo in ospedale, distrutta dal dolore con te li, a colpevolizzarla… E’ vero… Si era sentita male ma non ha voluto ascoltarti andando lo stesso all’appuntamento, ne è uscita malconcia ma viva, agli altri tre è andata peggio, e tu… Invece di esserne felice, starle vicino per aiutarla a superare quel terribile momento… Hai messo su il broncio… Oltre tutto quello che le è successo, ha dovuto fare i conti con la tua rabbia, il tuo rancore… Strano, ma mi ero convinto che appena si fosse ristabilita completamente ti avrebbe lasciato... No… Non sei stato per niente carino.
- Dici che mi sono comportato male… Temi rappresaglie ?
- Rappresaglie ? Se l’è legata al dito, puoi starne certo. Sta solo aspettando il momento giusto per massacrarti,
- Be… E’ arrivato il momento della sua riscossa, le ho detto che accetterò tutto pur di essere perdonato. Tu che pensi mi farà ?
- Non lo so, se è come dici… Hai appoggiato le palle sul ceppo, aspettati il peggio.
Finito il pranzo, Gino saluta l’amico e torna a casa. Resta a meditare seduto sul divano fino alle sedici e trenta, da un’occhiata in giro in cerca delle chiavi della macchina ma non le trova. Scende in garage, apre la porta basculante ma la macchina non c’è. Torna a casa prende il borsone, chiude l’appartamento e di corsa si reca da Alberto.
- Ciao Alberto… Mi serve in prestito la Cinquecento.
- Non è meglio che usi la tua? Eccola li. Vanni me l’ha appena portata, ha sistemato l’iniezione, ti ha fatto un controllo generale e ha sostituito le pastiglie.
Gli lancia un mazzo di chiavi Audi, davanti a lui una A4 station wagon nera. Montato in macchina un atroce dubbio gli si affaccia alla mente, di filiali dell’istituto di credito in cui lavora ce ne sono due, uno in via Roma, l’altro in piazza indipendenza. Quale sarà ? Mette in moto, va in via Roma. Resta in attesa. Sono ormai le diciassette e otto minuti, certo potrebbe aver avuto un contrattempo, ma ci crede poco. Gli squilla il cellulare.
- Dove cavolo sei, sono almeno dieci minuti che ti aspetto.
- La macchina… Me l’hanno consegnata in questo momento. Sto arrivando.
Non era Via Roma. Arrivato a piazza indipendenza vede Fabiola sul ciglio della strada, è scurissima in volto, sale in macchina, si avvicina come per volerlo baciare, anche Gino le si avvicina, appena le due labbra entrano in contatto Fabiola addenta il suo inferiore, stringe, Gino mugugna, ma non si sottrae.
- Andiamo, siamo fin troppo in ritardo.
Fortunatamente di tennis club ce n’è solo uno, la donna scende prendendo il borsone, Gino con calma parcheggia. Si dirige al bar, si prende una birra e si accomoda ad un tavolino, il terrazzo del bar si affaccia su un campo, ci vede entrare Fabiola e Lucrezia, stanno tranquillamente chiacchierando come fossero “vecchie amiche”, si dispongono in fondo ai rispettivi campi e iniziano a giocare. Vanno avanti per quasi un ora e mezza, finita la partita si danno la mano e raggiungono Gino al Bar sedendosi con lui.
- Cosa prendete ?
- Una spremuta d’arance, grazie.
- Per te Lucrezia ?
- Un isotonico.
L’uomo si alza, va la bancone, torna con le ordinazioni, appena si siede Fabiola appoggia il piede destro sulla sua gamba, lo accarezza dolcemente, le due donne parlano della partita come se nulla fosse successo il giorno prima, la loro ipocrisia gli da sui nervi, intanto anche l’altro piede e poggiato da Fabiola sulla sua coscia.
- Maledette scarpe nuove, mi fanno un male… Levamele, toglimi anche i calzini così mi massaggi i piedi per bene.
Esegue, le sfila le scarpe e i calzini bianchi di cotone, il massaggio è tutt’altro che semplice da eseguire, sul piede sudato le mani non scorrono, per rinfrescarle Fabiola muove le dita allargandole più che può mentre Gino ipnotizzato da quello spettacolo si china, lecca quelle dita succhiandone avidamente il salato del sudore incurante del fatto che siano in un luogo pubblico, non esiste Lucrezia, non ci sono altri avventori al bar, solo lui Fabiola e i suoi incantevoli piedi. Alcune persone sedute ai tavoli vicini voltano le spalle, altre guardano ridacchiando l’insolito spettacolo. Lucrezia diventata paonazza ingurgita d’un fiato l’isotonico avanzato e con una scusa lascia il loro tavolo. Gino continua a leccare i piedi della moglie senza sosta fino a che lei stessa non gli dice di smettere. Si infila le scarpe da tennis, da una rapida occhiata alla gente che gli sta intorno, abbandona il tavolino sorridendo soddisfatta. Rimasto solo Gino si passa una mano fra i capelli, si alza dirigendosi al bancone.
- Una birra piccola per cortesia.
Sente una mano che lo colpisce, un’amichevole pacca sulla spalla.
- Due birre, facciamo medie. Ti si sarà seccata la lingua…
- Ciao Alberto. Si media grazie.
- Alla fine hai preso una decisione.
- Si io… Prima… Cioè…
- Non mi interessa, siete adulti, potete fare tutto quello che volete… Si insomma in pubblico…. Quasi tutto. Sembri sereno, sei felice ?
- Si… Ma ho paura che non duri, con tutti i casini… Ba… Cavolo, gliene ho combinate parecchie a quella povera donna.
- Non commettere l’errore di compatirla. Era stronza anche prima. Parte delle brutte cose che le sono capitate se le è cercate.
I due bevono in silenzio, Gino saluta l’amico e si reca fuori, si appoggia all’auto e resta in attesa dell’uscita della moglie, cosa che avviene dopo una decina di minuti, la donna calze a parte (non le ha) è vestita come al mattino, Gino le va in contro, le prende la borsa dalle mani, le apre lo sportello per farla salire in macchina. Arrivati a casa appoggia la borsa in ingresso, Fabiola si è tolta la giacca, si avvicina a lui, gli mette le mani intorno al collo, Gino resta ferma a fissarla, un dolore acuto ai testicoli gli fa capire di aver ricevuto una ginocchiata, resta fermo, ne riceve una seconda e una terza, si piega leggermente in avanti. Attenuato il dolore riprende la posizione eretta, le braccia dietro la schiena, le gambe leggermente divaricate, per offrire alla moglie un facile bersaglio, ma lei niente, resta a guardarlo, mette le mani sui fianchi e sposta il piede destro in avanti, è il segnale, Gino si catapulta sul pavimento, ha delle scarpe da lucidare, non sono impolverate come la mattina, molto pochi sono i granelli che sente appiccicarsi alla lingua lecca la suola, anche quella relativamente pulita, fa lo stesso con l’altra scarpa. Fabiola entra nella cabina armadi, ne esce calzando degli splendidi sandali blu a zeppa, va in camera da letto. Dopo dieci minuti tempo in cui Gino ha atteso in ginocchio esce dalla stanza, indossa un tubino blu senza maniche, la gonna del tubino è corta, molto corta, copre a malapena le sue mutande.
- Esco per cena, non mi aspettare, farò tardi.
Si acquatta sul pavimento per leccarle le scarpe ma lei perfidamente…
- Non è necessario, non le ho mai indossate. Buona notte.
- Buona notte padrona
La segue con lo sguardo mentre esce, quanto è bella, avrebbe voluto chiederle dove stesse andando, ma a che pro. Sono le venti, apre il frigorifero, prende una mozzarella, alcuni pomodori e si organizza un’insalata. Finito di mangiare si siede davanti allo specchio, le gambe incrociate, le braccia conserte, lo contempla, con attenzione. Il sole è tramontato, tutto intorno a se cala il buio sempre più fitto, un soffio di vento gelido gli causa brividi lungo la schiena, la superficie dello specchio si illumina, vede se stesso che gioca con i suoi figli, il viso grassottello di Fabiola la Fabiola al di la del vetro, sembra contenta, un gran bel quadretto di vita famigliare, sarà mica che lo specchio voglia metterlo in guardia sul cosa sta perdendo ? Chiude gli occhi respira, respiri lunghi, distanti uno dall’altro, in cuor suo sente di aver deciso, è pronto a rinunciare a tutto, la ferramenta, la vecchia vita, i suoi figli, per stare con questa Fabiola, la donna forte, crudele che ha sempre sognato. E’ complicato, con il passare dei giorni, si complica sempre di più. Ostacoli imprevisti sulla sua strada rendono arduo raggiungere il suo scopo, ostacoli di cui ignora l’esistenza, trappole lasciate dall’altro se stesso che scattano tutte le volte che gli sembra di aver raggiunto finalmente la felicità, trappole profonde che lo imprigionano nell’incertezza. Quando riapre gli occhi l’oscurità ha preso il sopravvento. Si sdraia sul tappeto, resta a fissare il soffitto, con il passare del tempo la stanza perde un po’ del suo mistero, riesce a distinguere la sagoma del lampadario, dei quadri appesi e dei mobili, ora che i suoi occhi sono abituati all’oscurità la luce dell’orologio del DVD recorder illumina come un faro la sala, il display è così luminoso da recarli fastidio a guardarlo direttamente, strumento che misura l’inarrestabile intercalare del tempo, tempo che non si ferma per nessuno, come per la morte unico esempio di uguaglianza democratica, equo, indiscriminato. Le zero ventitré, la chiave gira nella toppa. L’improvvisa accensione del lampadario in ingresso lo acceca costringendolo a coprirsi gli occhi, sente la porta richiudersi, il rumore di suoi passi è leggero, quasi un bisbiglio, sente che le è vicino. Dal frusciare dei vestiti si è tolta la giacca, sposta il braccio dagli occhi, si sono riabituati alla luce, Fabiola, splendida come non mai gli appare davanti, il lampadario giusto alle sue spalle dalla sua prospettiva le crea intorno un alone di luce che le conferisce un tocco quasi divino.
- Mi hai aspettata in piedi… Perché ?
- Non potevo permettere che riponessi le scarpe senza pulirtele.
Solleva il piede sinistro porgendo la suola alle sue labbra, è di gomma, con una sorta di scolpitura quasi da pneumatico, cerca di insinuare la lingua in ogni singola fessura, la zeppa liscia da sollievo alle sue papille, inarca la testa per leccare i laccetti del sandalo, ma Fabiola sottrae il piede alle sue cure porgendo l’altro.
- Hai passato una buona serata ?
- Cos’è ora tutto questo interesse per la mia vita ?
- Mi è sempre interessata,
La donna solleva il piede, facendolo poi calare sul volto di Gino con tutta la sua forza, la suola gli centra il naso, alcune lacrime gli escono per il dolore pungente, Fabiola si allontana da lui.
- BASTARDO ! Anche se forse ora ti sei ricordato di avere una moglie, il passato non si cancella.
Furiosa entra nella cabina armadio, indossa le ciabatte, corre in camera da letto piangendo. Gino sta sanguinando, va in bagno, nel guardarsi allo specchio sospira mentre fa cenno di no con la testa. Si lava, l’acqua fredda aiuta ad arrestare l’emorragia, muove la cartilagine, almeno il naso non è rotto. In frigorifero prende alcuni cubetti di ghiaccio che sistema in un sacchetto di plastica, avvolge il tutto in un tovagliolo e se lo appoggia sul naso premendolo con la mano sinistra, mentre con la destra ripulisce dal pavimento le macchioline di sangue che gli sono scappate, si leva la maglietta anche questa sporca. Spegne le luci in bagno e in sala, entrato in camera vede Fabiola sdraiata su un fianco sulle coperte, si sta mordicchiando nervosamente un pollice, si inginocchia i due hanno i visi vicinissimi.
- Ti ho fatto male ?
- Si. Ma immagino non abbastanza perché tu possa perdonarmi
- Ti lasciassi torturare fino alla morte, non otterresti il mio perdono.
- Se… Mi uccidessi, ti sentiresti meglio ?
- Ma… Che stai dicendo ?
- Rispondi alla mia domanda.
- No.
- Farmi male… Torturarmi… Ti fa sentire meglio ?
- Si... Molto meglio.
Gino le sorride carezzandole la fronte. Si alza, arrivato all’altezza dei suoi piedi li bacia, continua il suo giro di circumnavigazione del letto, raggiunto il suo lato si spoglia infilandosi sotto le coperte.
- Buona notte Fa… Padrona.
TazioT3
00sabato 24 marzo 2012 21:30
Bello, bello bello!!! vai così
servetto70
00domenica 25 marzo 2012 01:04
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cucciolo...continua...continua... [SM=x829785]


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cucciolo_to67
00venerdì 30 marzo 2012 23:08
Giovedì - Quinto giorno
La sveglia non suona questa mattina, Gino l’ha staccata. Ha dormito pochissimo, il naso gli ha pulsato tutta la notte, nel farsi la barba sorride vedendosi allo specchio, il naso rosso da alcolizzato e due segni neri sotto gli occhi. Si avvicina a Fabiola, le sussurra di alzarsi, prima si gira dall’altro lato, poi anche se controvoglia si tira su. A tavola in cucina si versa un bicchiere di latte, rovesciandoci dentro dei cereali con fibre di una nota marca, Gino è seduto di fianco a lei come la solito, fra i due un silenzio glaciale, nel versare altri cereale nella tazza a Fabiola ne scappano alcuni sul pavimento, basta un’occhiata. il marito si china, raccoglie i frammenti con le labbra, si solleva, mentre è in ginocchio il piede della donna lo raggiunge, Gino resta fermo, con l’alluce gli agguanta il naso, lo stringe, muovendo il piede a destra e sinistra, scuotendogli la testa causandogli dolore, un dolore a cui non si oppone, lascia che si sfoghi.
- Il naso come và ?
- Non molto bene.
- Ma allora… Ti sto facendo male… O. Scusa. Vuoi che smetta ?
- Non devi scusarti.
- Ma certo, posso farti tutto.
Molla il naso. Gino si accorge che le sue dita sono leggermente imbrattate di sangue e altro, ha la gamba accavallate, cautamente si avvicina al piede con la lingua di fuori, lo ripulisce dallo sporco, una volta finito si alza e va in bagno. Fabiola sogghigna, si alza anche lei, torna in camera da letto, prima di andare in bagno le serve un fondo tinta nuovo, su una sedia ci sono i pantaloni di Gino appoggiati, vede il portafogli sul pavimento, deve essere saltato fuori dalla tasca, lo raccoglie, un cartoncino sporgente cattura la sua attenzione, è una foto, una foto con una donna, due bambini e Gualtiero, la donna è… Lei ma… La sua stazza la impressiona, è grassa, grassa come non lo è mai stata, i due bambini le stanno in braccio, sembrano intimi, viene colta da un turbamento, a giudicare dall’aspetto del nonno del marito la foto deve essere recente, conosceva bene quell’espressione sofferente del vecchio tipica dei suo ultimo anno di vita, si chiede con quale artefatto fosse possibile modificare in quel modo la figura di una persona, ma poi… Perché il marito dovuto farlo, una vendetta traversale pubblicandola su qualche social network… Sarebbe comunque stupido… E chi erano i due bambini. Avvicina la foto al volto, cerca segni di un’eventuale contraffazione, ma non ce ne sono, sembrerebbe autentica, in più i bambini somigliano a lei in un modo impressionante. Ripone la foto nel portafogli riposandolo sul pavimento. Sente movimento in bagno, torna di corsa in cucina Gino le passa vicino, beve un bicchiere d’acqua, lei intanto rassetta mettendo le tazze nel lavandino e si reca in bagno. Mentre si lava non riesce a smettere di pensare alla foto. Torna in camera da letto, approfitta che Gino si sta radendo, cerca il portafogli in terra, ma non lo vede, Gino lo ha raccolto e poggiato sul comodino, lesta estrae la foto, la mette nella borsa. Si veste, quella mattina ha un incontro in campagna, una cooperativa ha chiesto un finanziamento, indossa dei pantaloni grigi, una camicetta bianca e una giacca sempre grigia, si passa il rimmel, quando esce dalla camera da letto il marito la sta già aspettando in ginocchio. Calza delle scarpe marroni con tacco basso, Gino un po’ resta deluso da quelle calzature ma le cura lo stesso come le altre, la suola è ancora più ostica del solito, una sorta di carro armato di gomma. Molto tempo lo perda baciando i dorsi dei piedi, Fabiola guarda l’orologio, spazientita lo caccia via con un calcio. Si reca in ufficio, prende i documenti che deve portarsi dietro, va all’appuntamento. L’incontro non è breve come sperava, corre a casa, Apre le ante dell’armadio dove il marito ha tutta la sua roba, fruga fra i suoi indumenti, prende un cappello, un cappello che Gino non indossa da mesi, lo osserva con cura, ne estrae alcuni capelli che erano imprigionati fra le trame della lana, li appoggia sul comò, da un cassetto estrae una confezione contenente alcune fialette sterili che aveva preso in farmacia qualche mese prima per degli esami che non le erano servite, gliene bastano due, inserisce i capelli nella prima, va nel secondo bagno, da un pettine raccoglie degli altri capelli di Gino, questi sono sicuramente freschi, Paolina quando pulisce lava sempre anche pettini e spazzole, e lo fa il lunedì, li mette nella seconda fialetta. Si sente un po’ stupida, ma questo tarlo che ormai le rosicchia la mente da qualche giorno deve levarselo. Esce di casa si reca dall’investigatore di cui si è servita per pedinare Lucrezia. Raggiunto l’indirizzo storce il naso, il palazzo è fatiscente, sulla facciata è impossibile contare i punti coi mattoni a vista da cui manca l’intonaco, le scale interne sono anche peggio, la vernice scrostata, il pavimento dei pianerottoli sporco, rabbrividisce al pensiero di dover mettere piede in quello squallido ufficio che odora sudore, muffa e sigarette, ma è troppo importante, si fa coraggio e bussa.
- Signora… A che devo il piacere.
- Ho bisogno dei suoi servigi.
- Sono a sua completa disposizione… Chi devo pedinare questa volta ?
- Niente pedinamenti, è qualcosa di più semplice, una perizia.
- Ma certo… Di che si tratta.
Estrae le due fialette e la foto dalla borsa.
- Questa foto è autentica o si tratta di un fotomontaggio.
L’investigatore si siede, accende la lampada sulla scrivania per vedere meglio.
- Non me ne intendo un gran che, a vederla così sembrerebbe autentica. Complimenti per la dieta, ora sta benissimo.
- QUELLA… Non sono io.
- Ma… Io credevo… Mi scusi. A guardare bene… Siii… Si vede che non è lei… Certo, la somiglianza è sorprendente ma… No ! Non può essere lei… Ha una gemella ?
Fabiola non risponde si limita a guardarsi intorno stizzita.
- Ho la persona che fa al caso suo, un amico in polizia del reparto scientifico. E queste ?
Solleva le fialette tenendone una per mano.
- Mi serve che venga eseguito il test del DNA, voglio sapere se appartengono alla stessa persona.
- Di chi si tratta ?
La donna questa volta gli lancia un’occhiata carica d’odio, solo Medusa avrebbe fatto peggio pietrificandolo.
- Ho capito, mantenere la riservatezza costerà molto di più.
- Le ho mai dato motivo di preoccuparsi per il suo compenso ? Quanto tempo ci vorrà ad avere il risultato ?
- Non ne ho idea. Vado subito dal mio contatto, appena ho notizie le farò sapere.
Uscendo dall’ufficio dell’investigatore Fabiola è pensierosa, cerca di riordinare i ricordi, deve trovare il punto zero, il momento dal quale il marito ha cambiato atteggiamento. Monta in macchina, sta per mettere in moto, si graffia con il portachiavi, istintivamente mette la mano alla bocca e di colpo le torna in mente… Domenica, era appena tornata dalla cena, il marito era stranamente remissivo, si era buttato a terra e le aveva leccato le scarpe, sicuramente è questo il punto di partenza, qualcosa era cambiato quella sera, era uscita che il marito le teneva il broncio, neanche le rivolgeva la parola perché gli aveva graffiato inavvertitamente la guancia con la borsa un paio di giorni prima, e quando rincasa… Si sdraia sul pavimento come uno zerbino e le lecca i piedi… Il dettaglio… La chiave di tutto è il graffio sulla guancia… Non c’era al suo rientro, gliene aveva fatto un altro molto più profondo col tacco… Allunga le mani sul volante, lo stringe nervosamente, ha trovato la prova che cercava.
Gino ha passato la mattina a casa, la crema che si è spalmato in faccia sembra inefficace. Lo ha chiamato Marco, voleva incontrarlo, ha inventato una scusa pietosa, gli ha detto che non si sentiva bene e preferiva non uscire. Si sta guardando allo specchio da un po’ quando suonano alla porta, senza guardare dallo spioncino apre.
- A… Spiegato il mistero.
- Ciao Marco. Dai entra.
- E’ stata lei ?
Gino si carezza il naso.
- A fare questo ? Si.
- Mazza da baseball ?
- Lascia perdere. Che hai nelle buste ?
- Il pranzo. Manca solo da bere
- Ho delle birre in frigo
Apparecchia la tavola, si dividono il cibo.
- Almeno è servito ?
- A cosa ?
- Ti ha perdonato ?
- Mi sa di no.
- Figurati. Dura come un cosacco, con la memoria di un elefante. Sicuro di non fare una cazzata ?
- Cosa intendi ?
- A voler stare con lei. Cito… Con Lucrezia finalmente avevi trovato una dimensione, la giusta collocazione nel mondo, uno scopo nella tua vita.
- Però ne ho dette di cose.
- Sarebbe meglio scappassi via. Una bella isoletta nelle Antille, vita sana, nuoto sole… Ma soprattutto niente Fabiola o Lucrezia… No e… Ma no, figuriamoci, tu lasciarla.
- Pensi che non ne abbia il coraggio ?
- Non è questo, tu adori essere maltrattato da lei, sei come un cane, più ti percuote, più ti affezioni.
- E’ vero... Tocca berci su.
La conversazione si alleggerisce, iniziano a sparare le solite cavolate da maschietti. Alle quattordici e venti Marco va via, ha un paio di appuntamenti per il pomeriggio. Anche Gino decide di uscire, si infila degli occhiali da sole, un berretto e via al parco. Sperava di incontrare di nuove quel simpatico vecchietto, ma niente, solo bimbi piccoli che giocano, qualche mamma che legge e i piccioni intenti a beccare qualsiasi cosa somigli a cibo.
Rientra a casa che non sono le cinque, appena dentro sente immediatamente che qualcosa non va, la doccia, qualcuno sta usando la doccia. Lei è tornata prima e lui non era li ad aspettarla. Il rumore d’acqua si interrompe, Fabiola esce dal bagno.
- Ciao. Fai la doccia anche tu e ti prepari. Questa sera ho voglia di uscire
- Con… Con me ?
Alza gli occhi al cielo, senza rispondere si reca nell’altro bagno, accende il phon per asciugarsi i capelli. Gino ancora frastornato dall’atteggiamento e dalla proposta entra in camera si spoglia e va a farsi la doccia come richiesto. Quando esce vede sul letto un completo color antracite. Si veste, fa una capatina in bagno, i capelli non vogliono saperne di stare pettinati, si d un colpo col gel, tornato i camera guardandosi allo specchio dell’anta aperta dell’armadio sorride, l’abito gli sta magnificamente ma il naso… Entra in camera Fabiola, è in intimo, reggiseno e mutande di pizzo nero, calze autoreggenti, nel vederla così gli si scombinano gli ormoni, si avvicina inginocchiandosi dietro di lei, bacia la pelle fra la coscia e le mutandine, la moglie gli carezza la testa, dolcemente, è una sensazione così strana, baciando scende si sofferma all’incavo dietro il ginocchio il profumo della sua pelle con la sensazione tattile del nylon sulle labbra lo sta facendo impazzire, scende ancora, bacia le caviglie, il tallone, con le labbra avanza sul fianco del piede, lei lo solleva, insinua il naso fra la pianta e la ciabatta, Fabiola che lo sta osservando con attenzione abbassa il piede schiacciandolo, il dolore è intenso, ma Gino non sa pensare ad altro che a baciare quel piede meraviglioso che ha catturato il suo naso, i suoi baci diventano più appassionati all’aumentare del dolore, liberato dalla presa Fabiola gli chiede di alzarsi per aiutarla con la lampo, Gino arriccia il naso un paio di volte tanto per controllare che sia a posto. Fabiola si infila un vestito nero tutto d’un pezzo, senza maniche parecchio scollato, la copre fin sotto il ginocchio. E’ bellissima.
- Va a tirare la macchina fuori dal garage arrivo subito.
Non riesce ad attenderla seduto in macchina, esce dall’abitacolo, si appoggi a braccia conserte sul tettuccio, fissa il portone di casa, appena esce si rimette dritto, la donna ha al collo una collana in turchesi che le aveva regalato quando ancora andava alle superiori, una giacca in pelliccia ecologica ma sono le scarpe a scombinarlo delle decolté nere la cui pelle ha il motivo del coccodrillo con un tacco da almeno dodici sottilissimo. Si affretta ad aprirle la portiera, lei gli sorride, e sale in macchina. Ha prenotato in un localino che conosce bene, ci andavano da fidanzati, ma è ancora presto, si fermano prima al bar in piazza per un aperitivo. Gino ordina due bitter.
- Non ci posso credere. Voi due…Insieme. Che hai fatto alla faccia ?
- Ciao Alberto, niente, ho sbattuto.
- Contro il pugno di Mike Tyson ? Ciao Fabiola.
- Ciao Alberto.
L’amico gli schiaccia l’occhio. Restano a conversare del più e del meno per una decina di minuti, rimontano in macchina, il ristorante è fuori dal paese, ci va una buona mezzora a raggiungerlo. Appena dentro…
- Buona sera.
- Signora Fabiola… Mi segua il vostro tavolo pronto
Il tavolo è in un angolo del, locale veramente incantevole, di fronte una vetrata dalla quale si vede tutta la vallata, non hanno lampade elettriche nelle vicinanze, ma il tenue chiarore di un paio di candele, così illuminato il volto di Fabiola gli sembra ancora più bello, nei suoi occhi risplendono le fiammelle delle candele. La cena comincia con degli antipasti, passano il tempo a rivangare il passato, alcuni momenti di terrore in Gino su delicati argomenti di cui non è a conoscenza, i ricordi coincidono fino al secondo anno di matrimonio, la sua Fabiola, rimasta in cinta aveva abbandonato il lavoro, da quel momento la loro vita comune è totalmente stravolta. La donna che ha capito il suo imbarazzo non insiste non ha bisogno di altre conferme, l’uomo che ha davanti non è il suo Gino, ma decide di stare al gioco, almeno fino a che l’investigatore non gli avrà consegnato il responso delle analisi, e poi, questo “Gino” le piace di più, è attento ad ogni sua esigenza, gentile, servizievole, sottomesso. Mentre giocherella facendo ruotare con le dita le pietre di turchese che compongono la collana è a questo che sta pensando, nel cambio ci ha guadagnato. Il cameriere gli ha appena portato i secondi, Fabiola si sfila la scarpa destra, il suo piede sfiora le gambe di Gino che stava ridendo, e che a quel contatto diventa serio, fissa la moglie che lo guarda divertita, deglutisce, sente il suo piede continuare a salire, arrivato al ginocchio scivola sulla coscia fino a raggiungere il suo membro, non sa come ma le sue abilissime dita gli sbottonano la patta, il piede si insinua nei suoi pantaloni. L’eccitazione è tale da fargli passare completamente l’appetito, lei invece continua tranquillamente a mangiare. Il manico compresso nelle mutande gli da fastidio, molla la forchetta, infila la mano sotto il tavolo e le abbassa liberando il bambino calvo. Fabiola passa la sua pianta sulla cappella, il massaggio è leggerissimo, appena accennato, intervalla questo strofinamenti leggeri con pressioni decise, dove schiaccia il manico sotto il piede contro la sua coscia. Gino chiude gli occhi, sta sudando, sente che è ad un passo dall’orgasmo, poggia le mani sul tavolo china la testa, sente Fabiola ridere. Leva il piede. L’uomo riapre gli occhi, la moglie si è alzata dalla sedia appoggia la mano sinistra sul tavolo, con la destra gli afferra il mento.
- No bello mio, non ora, non lo hai ancora meritato.
- Si scusa
Lo bacia, un bacio appassionato, le loro lingue si contorcono attorcigliandosi l’una all’altra in una sorta di danza. Anche Gino si è alzato, il suo membro incastrandosi sotto il tavolo gli segnala l’altezza massima che può raggiungere senza mostrare le vergogne. Si staccano un istante, la donna prende fra i denti ancora il suo labbro inferiore, stringe forte tanto da farlo sanguinare, soddisfatta si siede. Il suo piede si fa strada fra le gambe del marito poggiandosi trionfante sul suo membro, non lo muove esercita solo una leggera pressione. Finisce di mangiare, Gino non riesce, è troppo sconvolto. Anche i secondi vengono portati via.
- I signori gradiscono un dolce ?
- No grazie, solo caffè per me. Gino ?
- Niente dolce. Solo caffè.
Arrivati i caffè il piede di Fabiola lo abbandona, Gino rimette a posto le mutande chiudendo la patta. Si alzano, La donna paga con la carta di credito., usciti dal locale Gino resta vicino alla moglie tenendola a braccetto, arrivati alla macchina le apre lo sportello, prima di entrare Fabiola lo bacia catturando fra i denti di nuovo il suo labbro riaprendo la ferita, sale in macchina. Gino chiude lo sportello, fa il giro della macchina e sale dal lato conducente, mette in moto. Fabiola spinge il sedile completamente indietro, abbassa anche lo schienale.
- Non ti senti bene ?
- Sto benissimo, non preoccuparti, volevo solo mettermi più comoda.
Mentre guida ripensa alla serata, era da anni che non trascorreva momenti così belli con Fabiola, sta andando piano, si sente frastornato, non incrociano nessuno lungo la strada, con l’occhio destro vede un alone nero avvicinarsi al suo viso, si volta di scatto, è il piede destro di Fabiola, bacia la punta, il dorso, la guida lo impegna troppo, si limita a fugaci bacetti per non vanificare gli sforzi della moglie, che non deve essere comodissima.
In un tempo che gli sembra interminabile tornano all’ovile, Fabiola scende dall’auto, Gino la parcheggia in garage, a braccetto salgono in ascensore. Entrano in casa, Fabiola canticchia, si leva le scarpe lanciandole nella cabina armadio, scalza va in camera da letto. Gino le raccoglie, ne bacia l’interno, il calore e il profumo che liberano le calzature lo eccitano, lecca il sotto piede alla ricerca del sapore della padrona, le ripone in uno spazio vuoto fra altre scarpe. Quando entra in camera vede la moglie sdraiata sul letto completamente nuda, le braccia oltre il capo, poggiate alla testiera del letto, con il piede destro si carezza la gamba sinistra, Gino si sfila la cravatta, i pantaloni e la giacca riponendoli per bene sull’attaccapanni, si leva la camicia si siede sul letto per levarsi i calzini, si sente solleticare dietro l’orecchio, sono le dita del suo piede destro, lo afferra infilandoselo in bocca per una buona metà, lecca le dita ne assapora il salato, la pelle è morbidissima, gli piace la differente sensazione sulla lingua che gli da quando si sposta dalla pelle alle unghie, vi ci gratta la lingua contro sulla sommità del dito, sulla parte quasi tagliente, Fabiola piega la bamba, Gino ne segue il movimento, gli afferra la testa costringendolo a mollare il piede, lo trascina in alto fino alle sue labbra, lo bacia, la sua destra gli brandisce il membro indirizzandolo alla sua vagina, la penetrazione nonostante sia bagnatissima risulta un po’ difficoltosa, Gino procede piano, con estrema calma, si sente ancora più frastornato, gli sembra di stare vivendo un sogno, un magnifico sogno in cui concupisce la moglie cosa che non si verifica da mesi. Fabiola è su di giro fin troppo, se continua con tutta questa foga andranno avanti molto poco, mentre lecca i seni della moglie cerca di imporre ai movimenti del bacino un ritmo più costante, per riprendere fiato, Fabiola gli ha piantato le unghie nella schiena, sente la pelle bruciare, lo sta riempiendo di segni, ma la cosa non gli dispiace, l’abbraccia, la stringe forte, la donna lo guarda per qualche istante perplessa, scruta nel profondo dei suoi occhi, i due si girano, Gino finisce sotto, Fabiola preferisce, così può dominare la situazione, gli stringe i capezzoli fra le dita, non smette fino a che l’uomo non emette un gemito soffocato, ridendo inizia a cavalcarlo, lo fa in modo violento, Gino suda, sente che sta per cedere, prova a segnalarlo afferrandole le natiche ma Fabiola gli graffia le braccia nervosamente per fargliele togliere, lo graffia anche sul petto, si abbassa su di lui, i due visi sono vicinissimi, si è fermata, lo fissa mentre continua a graffiarlo sul petto con stizzita aria di sfida, lo bacia mordendo di nuovo il labbro inferiore che si rimette immediatamente a sanguinare, continua a fissarlo cerca nei suoi occhi segni di sfida o ribellione, che stranamente per lei non vede, mentre lo guarda pensa… Ma chi sei… CHI SEI… Non puoi essere il mio Gioacchino, lui non mi ha mai guardata così… Il desiderio che ti vedo negli occhi, il tuo sbavarmi dietro, la libertà che mi lasci nel subire davvero tutto… Gino le sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio, le carezza il volto dolcemente, Fabiola gli si avvicina, gli poggia la lingua sul mento, sale fino al labbro ripulendo via il sangue uscito, lo assapora neanche fosse una vampira, si rimette a cavalcare il marito anche più rabbiosa di prima, nel suo stantuffare i testicoli di Gino ricevono diversi colpi, viene, cacciando un urlo quasi disumano che un po’ lo spaventa, non aveva mai sentito la moglie urlare in quel modo, ma Fabiola non si ferma, anche Gino sopraffatto viene. La donna si alza, muove solo pochi passi, impreca, mette una mano sotto la vagina e corre in bagno. Preoccupato Gino la segue, trovandola seduta sul bidè che si sta lavando. Si butta in ginocchi davanti a lei, chinandosi in avanti le bacia il ginocchio sinistro.
- Amore… Che ti è successo stai male ? Ti prego perdonami.
Con la mano destra Fabiola gli solleva il volto, si rende conto che è veramente preoccupato, ha gli occhi lucidi e un leggero tremore lungo tutto il corpo.
- Lo ammetto… ultimamente non lo facciamo così spesso, ma questo tuo cosino non può farmi male.
Mentre parla schiaccia il suo membro sotto la suola del piede destro, è scappellato, la pelle sensibilissima amplifica la sensazione che lo strofinamento della suola gli trasmette, scariche di puro piacere raggiungono il suo cervello, abbraccia la sua gamba sinistra aumentando la frequenza dei baci, intervallandoli con lunghe leccate.
- Certo che eri proprio pieno, mi hai affogata nello sperma. Ei… Ma non ne hai abbastanza ?
Fabiola sente crescere sotto il suo piede il membro, si alza dal bidè mette il ginocchio sinistro sulla spalla del marito solo la sua gamba destra poggia sul pavimento, Gino, seduto a terra l’abbraccia baciandole la coscia, Fabiola gli carezza la testa, solleva il tallone, tutto il suo peso è sulla punta del piede destro sotto il quale giace la cappella. Le braccia di Gino per il dolore intenso si serrano sunna gamba, un mugugno prolungato esce dalle sue labbra, respira affannato, non ha mai provato nulla del genere, in volto è rosso, si volta a guardare la moglie che lo scruta dall’alto gelida. Muove la caviglia, a destra, a sinistra, Gino stringe i denti, sente la cappella bruciargli, Fabiola continua il suo lento oscillare con la suola, questo però rende precario l’equilibrio, il membro scappa via, solo un piccolo lembo di pelle resta sotto, lo schiacciamento repentino questa volta lo fa urlare, istintivamente si allontana dai piedi della moglie.
- Torna subito qui. Non ti ho detto che potevi andartene.
- Perdonami padrona
Scivola con il sedere sul pavimento fermandosi a pochi centimetri dai suoi piedi, resta sorpreso, il suo membro è ancora durissimo, le bacia entrambe le ginocchia e si sdraia sul pavimento. Per buona misura riceve un calcio, il manico sollevato rende ben visibili i suoi testicoli, vengono ripetutamente colpiti, una decina do volte a ogni colpo sussulta, ma non si muove, cerca di non piegare neanche le ginocchia, ha le gambe incastrate fra i sanitari. Constata che per qualche misterioso motivo i calci della moglie a “palle vuote” gli fanno decisamente più male, su alcuni colpi non è riuscito a trattenere dei gridolini. Fabiola monta sul suo stomaco, a piccoli passi da geisha raggiunge il petto.
- Sono stanca, ho avuto una giornata pesante, ma lo devo ammettere… Sono molto soddisfatta. E se ce ne andassimo a dormire ?
- Si.
Gli scende da dosso, va in camera da letto. Gino si tira su mettendosi seduto, quando cerca di alzarsi le gambe gli cedono, si gira mettendosi in ginocchio, in questo modo riesce a guadagnare la posizione eretta ma le gambe continuano a tremargli, va verso il bagno, solleva coperchio e tavoletta, quando le urine gli escono è costretto a serrare i denti, brucia, neanche stesse uscendo kerosene infiammato… La pisciata più lunga della sua vita. Anche quando da una lavata alla cappella vede gran parte delle stelle del firmamento. Arrivato in camera da letto indossa il pigiama, solo il sopra, il sotto gli da fastidio, si sdraia nel letto, chiude gli occhi, sente Fabiola che si sta muovendo di fianco a lui, se sue labbra gli toccano una guancia, riceve anche una carezza.
- Buona notte Gino.
- Buona notte amore mio… Volevo dire… Padrona.
Niente punizioni per il lapsus, Fabiola lo abbraccia addormentandosi quasi subito, Lui ci mette molto a prendere sonno, è felice, sente che questo è stato uno dei più bei giorni della sua vita.
servetto70
00sabato 31 marzo 2012 18:16
evviva il quinto giorno!!! [SM=x829811]


grazie cucciolo_to67 [SM=x829788]
cucciolo_to67
00venerdì 13 aprile 2012 23:26
Venerdì - Sesto giorno
La sveglia suona, ma Fabiola gli impedisce di alzarsi abbracciandolo, gli monta addosso, gli fa alzare le braccia, ci appoggia sopra le ginocchia accucciandosi sulla sua faccia, ma appena Gino estrae la lingua…
- NO ! Non leccarla, ne puoi solo sentire l’odore, almeno per ora… Si… Ti piace… Apri bene la bocca… Non vorrai farmi bagnare il letto ?
Gino spalanca le fauci, un piccolo fiotto raggiunge il suo naso colandogli di lato… Così non va, fa aderire le sue labbra al sesso della moglie che con pazienza certosina centellina il suo liquido d’orato dandogli tutto il tempo per inghiottirlo. Una volta liberata la vescica si alza precedendolo in cucina. Gino si asciuga la faccia, guarda il cuscino, è asciutto. Fanno colazione, le prepara il caffè, appena finito lei va a farsi la doccia. L’uomo resta a attenderla con il suo accappatoio e un asciugamano per i piedi in ginocchio a ridosso della porta del box. Asciugata la moglie corre in cucina a rassettare tutto, lei intanto si è vestita, ha un completo blu scuro molto serio, indossa delle decolté nere, uscita dalla cabina armadio si ritrova il marito sdraiato sul pavimento gli monta addosso, sfrutta il muro appoggiandosi per restare in equilibrio, solleva il piede destro porgendolo alle sue cure, Gino ha appena iniziato a leccarle la calzatura quando la porta d’ingresso si apre, Paolina fa il suo ingresso in casa.
- Buongiorno, scusate l’ora devo pulire… Le… Finestre… Ho bisogno… Di più… Tempo… Solito… Più tempo del solitio.
- Buongiorno Paolina. Scusa un secondo.
Fabiola solleva il piede controlla lo stato della scarpa.
- Questa parte non è pulita bene.
La ragazza richiude la porta dietro di se, vorrebbe fare l’indifferente ma non riesce, guarda fisso verso il pavimento, la lingua di Gino che lecca la suola della scarpa destra. Fabiola divertita dall’espressione imbarazzata di Paolina continua a parlarle come se nulla fosse.
- Così hai deciso di fare le finestre della sala oggi ?
- Si… Pensavo di pulire anche il grande… Lo… Specchio.
- Hai bisogno di qualcosa ?
- Qualcosa ?
- Detersivi… Panni...
- No. Non ho bisogno di niente… Ho tutto di la… Anzi con il suo permesso farei che iniziare, ma…
- Ma ?
- Devo andare in cucina a prendere il secchio e gli strofinacci.
- Va bene passa.
- Si… Be, em… Ecco… Il signor Gioacchino… Non riesco a saltarlo.
- Passagli sopra. Non preoccuparti, non si rompe. Vero che non ti rompi amore mio ?
Fabiola gli saltella alcune volte addosso, tanto per rassicurare la ragazza, e con un cenno della mano la invita a passare. Paolina si avvicina, è curiosa, non le è mai capitato di camminare su un uomo. Poggia il suo piede calzato da un paio di scarpe ginniche sul suo stomaco, si issa sopra e lo supera.
- Mi accompagni al lavoro ? Non ho voglia di camminare questa mattina.
- Controlla la scarpa sinistra, se è sufficientemente pulita mi infilo un paio di pantaloni e una maglia.
Paolina li sta ancora fissando, vede Fabiola controllarsi la suola sinistra, con l’indice segna un punto preciso della calzatura.
- Qui… Vedi, dai un’altra passata.
- Si.
Lecca ancora qualche minuto, Fabiola si ricontrolla la scarpa, piega le ginocchia e gli fa una carezza.
- Bravo amore… Ti aspetto giù.
Con un cenno della mano saluta Paolina, si dirige verso la porta d’ingresso ed esce. Gino si veste in tutta fretta, saluta Paolina, che ha ancora gli occhi sbarrati ed esce anche lui. Lascia la donna davanti alla filiale, scende dall’auto, le apre lo sportello baciandole la mano. La mattina la passa da Alberto aiutandolo in carrozzeria, per pranzo si incontrano anche con Marco, è veramente su di giri al ristorante l’euforia dilaga.
- Non ti vedevo così allegro da quanto ? cinque sei anni… Vero Mario ?
- Devono essere le legnate… Te le ha date di nuovo.
- Cosa te lo fa pensare ?
- Fammi riflettere un attimo… I segni che hai sulla faccia ?
- Ieri sera abbiamo fatto l’amore.
A Marco va la birra di traverso, anche Alberto resta sorpreso.
- Avete fatto l’amore ? Ma è meraviglioso… Sono felice per te.
- Grazie Alberto.
- Quindi è ufficiale, ti ha perdonato la scappatella ?
Gino si rattrista.
- Non credo… Quella è una cosa che… Non lo so…
- Anche io penso non lo abbia perdonato, gli starà preparando qualche stoccata.
- Se fossero invertiti i ruoli, e fosse capitato a te… Tu la perdoneresti ?
- Non lo so Gino, io sono scapolo… Ma sai, l‘amore mitiga l’orgoglio.
- Su con la vita… Fabiola non è per niente orgogliosa.
Detto questo Alberto tracanna la birra rimasta nel boccale, si guardano in faccia e scoppiano a ridere. Passano insieme ancora qualche ora, per le sedici Gino rientra. In casa aleggia l’odore dei detergenti che Paolina ha usato per le pulizie. Si siede sulla poltrona, le sei medie bevute a pranzo lo hanno leggermente provato…
- Gioacchino.
- Nonno. Ma come… Ciao che piacere vederti.
- Nipote adorato.
- Ti volevo ringraziare…
- Ma di cosa ? L’importante che tu stia bene… Ora sei felice ?
Resta in silenzio.
- Non riesci ad essere felice ?
- E’ complicato nonno, il me con cui mi sono scambiato ne ha combinate di cotte e di crude, mi sta rendendo la vita impossibile.
- Scambiato ? Che vuol dire scambiato ?
- Ma come non ricordi… Eppure me lo hai detto tu di… Lo specchio, sono dall’altra parte dello specchio.
- E… Non vuoi tornare indietro ?
- Indietro… Ma io…
- I tuoi figlio Gioacchino… Che ne sarà di loro ?
- Ma loro sono con… Me.
- Che stai dicendo… Non capisci… Svegliati… Devi tornare.
Il rumore delle chiavi che girano nella toppa lo ridestano dal torpore in cui era caduto. Fabiola appoggia la giacca all’attaccapanni, Gino si alza di scatto dalla sedia lanciandosi sul pavimento, plana fermandosi col viso a pochi centimetri dalle sue scarpe, allunga i collo per baciarle la calzatura sinistra ma viene raggiunto dalla destra, la moglie gli ha sferrato un calcio in piena faccia. Si solleva mettendosi a quattro zampe, prova a guardarla i viso, è furiosa, abbassa la testa giusto in tempo per ricevere altri due calci sempre in pieno viso.
- Padrona… Se ti ho recato offesa… Dimmi cosa ho fatto di sbagliato… ti giuro non lo farò più…
Un calcio lo raggiunge sullo stomaco, insieme ad alcune pedate dall’alto verso il basso sferrate con il tacco.
- il fato stesso che tu esista mi reca offesa.
Tre calci lo raggiungono in viso, uno gli centra il naso che si mette immediatamente a sanguinare. Fabiola gli gira in torno, di tanto in tanto lo colpisce con un calcio dove capita, sul costato, nel sedere, sulle gambe, ma è il viso di Gino il suo bersaglio preferito. L’’uomo resta immobile subisce tutto senza fiatare. La donna va in cucina, prende alcuni fogli da un rotolo di carta, li fa cadere sul pavimento accanto al marito.
- Pulisci quello schifo.
Una dozzina di macchie rosse imbrattano il pavimento, l’uomo raccoglie i fogli, con uno si pulisce il naso, appallottola gli altri, li passa sul pavimento, nonostante i suoi sforzi non riesce a cancellare del tutto le strisciate rosse. Questo rende Fabiola ancora più furiosa, gli si piazza dietro, approfittando delle sue gambe semi divaricate con un preciso destro gli centrai testicoli, i gomito su cui Gino si poggiava gli cede di colpo, si ritrova steso sul pavimento, la sua mano sinistra cerca di raggiungere le sue povere palle ma un dolore improvviso all’avambraccio ne blocca il movimento, Fabiola ha poggiato il tacco del piede destro sul suo braccio schiacciando con forza, quando lo libera l’uomo resta inerme sul pavimento, non ha la fora di muoversi, la moglie gli scaglia altri due calci sui testicoli, il secondo con la punta della scarpa, il dolore gli fa annebbiare la vista, per un attimo cala su di lui il buio. Sarebbe sicuramente svenuto se il dolore provocato dal suo tacco sinistro premuto sulla sua guancia non lo avesse ridestato.
- Bastardo… Adultero pezzo di merda. Ma è modo di pulire ?
Appena sente che Fabiola solleva il piede lecca il pavimento, l’unico sistema che gli viene in mente per eliminare quelle striature rosse in mancanza di un panno umido. Mentre prosegue nella pulizia Fabiola torna in cucina, è furibonda, questo dubbio la sta portando alla follia, deve costringere quest’uomo a rivelarle chi diavolo sia, con qualsiasi mezzo, lo deve portare al limite, superarlo se necessario, ma deve cedere e rivelarle il mistero che aleggia sulla sua persona. Batte i pugni sul tavolo, si guarda intorno, davanti ai pensili c’è un tappeto largo cinquanta centimetri lungo tre metri, prende dal ripiano il sale grosso e un cucchiaio ne sparge alcune manciate sul tappeto. Torna in sala, il pavimento ora è pulito.
- Spogliati e vieni qui.
Gino si leva tutto, nudo entra in cucina.
- Sdraiati sul tappeto, li davanti al forno.
Si siede sul tappeto, va giù con la schiena, sente qualcosa di strano sotto di se, muove le spalle per eliminare il fastidio senza riuscire, si sta ancora chiedendo cosa possa essere quando Fabiola gli versa addosso alcune manciate di sale, ne ha sul petto, sullo stomaco, anche sulle gambe. La donna si appoggia al piano della cucina e gli monta sopra. I granelli di sale compressi sotto le sue suole sono dolorosi, lo pungono come tanti piccoli aculei, stinge i denti il volto è rosso, nel suo camminare avanti indietro i granelli si fanno strada nella sua pelle fino a raggiungere la carne, urla, il sale brucia, Fabiola non curante dei lamenti spicca un salto, sotto le suole sono molti i granelli che riescono a lacerargli la pelle, molti altri salti si susseguono, tutti accompagnati dalle sue grida.
- Mbe ? Credevo ti piacesse essere trattato così ? Vuoi che smetta ?
- No… Io voglio solo… Io voglio quello che vuoi tu.
- Perché urli allora ? Sembri un pollo spennato vivo. Vuoi far accorrere tutto il condominio ?
- Hai ragione scusa.
Struscia la pianta sul suo membro rimasto tutto il tempo piccolissimo, quel contatto lo rianima, ma aimè il sale sotto le suole a contatto con la sua cappella gli sta dando fastidio, quei granelli le hanno rese come carta vetrata. Un’altra manciata di sale gli viene gettata sul petto, con un balzo Fabiola ci atterra sopra muovendo le suole come stesse schiacciando una sigaretta, Gino non urla, ma la vista gli si appanna, scarica il dolore piangendo, La donna per niente impietosita continua a muoversi, piega le ginocchia in modo da gravare sulle sole piante dei piedi, muove le ginocchia da destra a sinistra e viceversa, il volto di Gino e trasfigurato dal dolore, ormai non è più rosso, ma da sul violaceo, viene raggiunto da alcuni schiaffi, con la mano destra gli stringe le guance.
- Apri la bocca.
Le obbedisce, dalle labbra la donna lascia colare saliva direttamente nella sua bocca, l’uomo la inghiotte, respira a fatica, Continua a fissare il marito ma il suo sguardo è differente, l’ira è sparita, non prova per lui rancore o odio, si alza, e scende. Si siede a gambe incrociate di fianco alla sua faccia, gli carezza il volto, Gino la guarda, i capelli le si sono scombinati tutti nella foga del momento, Fabiola fissa i cristalli di sale sul suo petto, sono rossi, avrebbe voluto fargli delle domande, ma sente che non ha importanza ora, con estrema delicatezza raccoglie il sale lanciando i granelli nell’acquaio, Gino si sente soffocare dallo sconforto, questo gesto tenero della moglie lo fa soffrire più della calpestata, si sente in colpa nei confronti di Fabiola, neanche l’avesse tradita davvero lui, è assurdo, ma… Merita tutto quello che sta subendo, più ci riflette, più se ne convince, lei ha ragione, deve pagare. Allunga la mano verso di lei, le carezza la guancia, Fabiola è concentrata a rimuovere il sale, la lo guarda e sorride, cerca di parlare ma per il piangere come nei bambini la voce è rotta dai singhiozzi.
- Amo…re… I…Ti Pre….go perd...onami.
- Sssss. Stai tranquillo ora… Tranquillo, non sono più arrabbiata. Stai bene ? Ti devo chiamare un medico ?
- Amore…Io… Io….Non mi impo…rta se mi to… torturi… basta che
Fabiola appoggia l’indice sulla sua bocca.
- Ssss. Basta. Sicuro di star bene ?
Fa si con la testa, lei gli carezza il petto,scende verso il suo membro, come lo sfiora con la mano prende vigore.
- Riesci ad alzarti ?
- Sss… Si.
- Vieni.
Gi tende la mano, insieme tornano in sala, gli indica un tavolino basso di vetro, sarà largo un ottanta per ottanta centimetri.
- Inginocchiati e poggialo li sopra.
Gino obbedisce, una volta inginocchiato nota con sorpresa che il tavolo è alto il giusto per adagiarci il membro sopra, mette le mani dietro la schiena. Fabiola sale sul tavolo, poggia il piede destro sulla sua cappella, preme appena tanto da risultare più un massaggio che una punizione, mette le mani sulla sua testa, si volta di lato, è il tacco della scarpa ora a premere sulla sua cappella, Gino sente la pressione crescere mentre la punta del suo membro diventa sempre più rossa, il dolore cresce, abbraccia le gambe della moglie, le bacia. Per qualche istante resta fermo come avesse commesso qualcosa di sbagliato, la guarda, lei gli sorride premendo con ancora più forza, Gino è in estasi, strofina la faccia contro le calze della moglie, ne respira il profumo a pieni polmoni, e quando lei si sposta insinua il suo naso fra le di lei gambe, è al limite, inizia a tremare, Fabiola ha la suola della scarpa sulla sua cappelle, la massaggia sfregando avanti, indietro, l’uomo viene imbrattando il tavolino. Fabiola si leva le scarpe, scende, dirigendosi verso la cabina armadio, posa le scarpe infilandosi le solite pantofole, mentre inizia a spogliarsi va verso la camera da letto.
- Gino… Riempi la vasca, un buon bagno servirà ad entrambi.
- Si padrona.
Aperta l’acqua torna sui suoi passi, pulisce il tavolino, il pavimento nel punto in cui erano cadute alcune gocce di sperma e con la scopa elettrica aspira il sale dal tappeto della cucina. Si ritrovano insieme nel bagno, la vasca è quasi piena, vi entrano. Fabiola insapona la spugna fa cenno a Gino di avvicinarsi, l’uomo si mette in ginocchio, lei lo insapona molto dolcemente, gli innumerevoli buchi e graffi che ha su tutto il corpo gli bruciano, ma è felice, la spugna viene sciacquata, è il suo turno per insaponarla, delicatissimo la massaggia con cura, Fabiola gli siede vicino, restano in silenzio abbracciati nell’acqua calda.
- Non ho voglia di cucinare questa sera…
- Se vuoi cucino io.
- Non ho neanche voglia di mangiare qualcosa cucinato da te… Ti va una pizza ?
- Molto volentieri.
- Andiamo allora, ho una fame… A pranzo non ho praticamente mangiato.
Si preparano velocemente per uscire, Fabiola indossa una polo a maniche lunghe, dei jeans con ai piedi un paio di paperine, Gino invece dei jeans e una polo a maniche corte, decidono di andare in un locale molto vicino, pochi isolai a piedi, per tutto il tragitto si tengono per mano come fidanzatini. Sono le ventidue e trenta, il locale è semivuoto, questo per Gino è una fortuna, a parte il segno nero sulla sua faccia ora ci sono un mezza dozzina di cerotti a ornare i suoi lineamenti, è stato costretto a mettersene una buona dozzina sullo stomaco e sul petto, insomma ne hanno terminata una scatola. Mentre sono seduti al tavolo è soprattutto lei a parlare, parla del lavoro, di come tutti la odino ma non abbiano il coraggio di ribellarsi, di quanto si sia sentita sola.
- Ti senti così anche ora ?
- No. Qualcosa è cambiato, tu sei cambiato, e questo mi… Non so come spiegartelo… Mi ha rinfrancata. A volte penso che ti stia preparando per giocarmi qualche tiro mancino, come con Lucrezia.
- Scherzi… Non ne sarei capace.
- Davvero ?
Allunga il piede destro raggiungendo il suo inguine, una volta appoggiato sfrega la suola sui suoi pantaloni sentendo immediatamente il suo membro prendere forza.
- Se temi stia tram….ando qualcosa ai tuoi danni, puoi stare tra…nquilla. Io…
- Mi ami. Si lo hai già detto. Posso almeno pensare sia strano ?
- Co…Cosa… E’ strano.
- Questo tua atteggiamento… Accondiscendente… Arrendevole.
- I signori gradiscono altro.
- No grazie.
- Lei Signora ?
- Gelato grazie.
- Che gusto ?
- Avete crema e fior di latte ?
- Certo.
Il cameriere torna con il gelato. Fabiola comincia a mangiarlo assaporandolo, Gino è appoggiato allo schienale della sedia leggermente piegato verso sinistra, il gomito sinistro sul tavolo, la osserva far le smorfie di soddisfazione.
- Ne vuoi un po’
- Non grazie, i gusti che hai scelto non sono fra i miei preferiti.
- Lo so… Tu odi la crema.
Resta con il cucchiaino in bocca qualche secondo mentre sorride maliziosa, guardando Gino diritto negli occhi immerge il cucchiaino nella crema, allunga il braccio verso di lui salvo cambiare traiettoria all’ultimo momento, ruota il polso, il gelato cade dal cucchiaino sul suo piede sinistro che poggia prontamente sul tavolo.
- Sicuro di non volerne ?
Gino sorride, si piega in avanti fino a raggiungere il piede, e lo ripulisce con la lingua dal gelato. Finiscono insieme, ma Gino continua a leccare il suo piede anche quando il cameriere torna al tavolo chiamato da Fabiola.
- Ci porta il conto ?
- Ma certo signora.
Rientrati a casa Fabiola si leva scarpe e vestiti in sala, corre a letto, Gino raccata tutto, sistema le scarpe portando i vestiti in camera da letto, si spoglia mettendosi il pigiama, si avvicina alla moglie, solo allora si accorge che dorme, la copre, si sdraia a fianco, resta a fissarla sospirando come un adolescente innamorato per parecchio prima addormentarsi anche lui.
servetto70
00venerdì 13 aprile 2012 23:45
...ecco il sesto giorno! [SM=x829779]



Grazie cucciolo_to67 [SM=x829800]
cuccioloindifeso
00sabato 14 aprile 2012 13:34
bellissimo... bravo
ttd
00lunedì 16 aprile 2012 15:45
Incantevole... come sempre :)
cucciolo_to67
00venerdì 4 maggio 2012 23:09
Sabato - Settimo giorno
Apre gli occhi, la sveglia sul comodino segna le otto e quarantatre, si gira, il letto è vuoto. Si alza per andare in bagno, una volta finito dirigendosi verso la cucina vede Fabiola seduta sulla poltrona in sala, ha la testa indietro, lungo lo schienale, le si avvicina, come lo vede sorride.
- Dormito bene ?
- No, ho male un po’ dappertutto. Chissà perché… Tu ?
- Mi sono alzata alle cinque per disperazione, continuavo a rigirarmi nel letto.
Le squilla il cellulare.
- Me lo prendi per cortesia, è li nella mia borsa.
Gino le porge il telefono, come Fabiola vede il numero strabuzza gli occhi. Risponde.
- Si
- Buongiorno signora, scusi l’ora, il mio specialista mi ha inviato i risultati sui campioni che mi aveva lasciato ho pensato fossero urgenti perciò…
- Ha fatto benissimo. Quando possiamo incontrarci ?
- Anche subito se vuole.
- D’accordo. Fra mezz’ora da lei.
Riaggancia il telefono, si alza di scatto dirigendosi verso la camera da letto.
- Devo incontrarmi con un cliente, ma non ci metterò molto, che ne diresti di andare al supermercato, ci vediamo poi li.
- Mentre ti aspetto che faccio ?
- Giusto… Che puoi fare in un supermercato… Compri della frutto, qualche affettato, del formaggio… Insomma provviste.
- D’accordo.
La chiamata l’ha innervosita, con non poche difficoltà riesce a infilarsi il secondo paio di calze, il primo le si è smagliato nella foga di indossarlo. Una volta pronta salta Gino che l’attendeva sdraiato sul pavimento ed esce di casa. Il marito ci resta malissimo. Si alza da terra e va a radersi.
Arrivata al palazzo in cui ha l’ufficio l’investigatore suona, sente lo scatto della serratura elettrica del portone, si copre il naso con la mano, non sa come possa reggere quel puzzo di muffa la gente che ci abita, le scale sono fatiscenti, la vernice è scrostata in più punti. arrivata al secondo piano il detective la sta già aspettando sulla soglia.
- Si accomodi.
- Grazie
- Gradisce un caffè ? Anche se la mia segretaria oggi non c’è quello…
- No. Grazie. Non si disturbi.
- Molto bene.
Si siede, Fabiola continua a tenere la mano davanti al naso è passata dall’odore di muffa a quello di sudore e sigarette dell’ufficio. Dalla valigetta in cuoio appoggiata sulla scrivania l’investigatore estrae un fascicolo, le provette e la foto.
- Cominciamo dai capelli.
Si inforca gli occhiali, mentre solleva un foglio da cui legge indietreggia con la schiena appoggiandosi alla sedia.
- I reperti biologici risalgono a due periodi differenti, quelli più vecchi a quatto mesi fa, i secondi sono molto più recenti, pochi giorni.
Fabiola lo guarda senza dire nulla, sta nervosamente passando le unghie sui braccioli della sedia su cui è seduta. L’uomo china la testa in avanti fissandola da sopra gli occhiali.
- I capelli comunque senza ombra di dubbio appartengono allo stesso soggetto, un maschio bianco, presumibilmente italico di una quarantina d’anni.
- Chi ha periziato i capelli è assolutamente certo di questo ?
- Si signora, il mi esperto è molto scrupoloso, ha ripetuto i test più volte. E’ la foto la parte veramente curiosa.
Resta qualche istante in silenzio fissando Fabiola con quei suoi occhietti pungenti, tanto che la donna si sente trafitta nell’anima.
- E’ assolutamente autentica, dai codici incisi sul retro della carta fotografica… Guardi… Li vede… Proprio qui.
- Si. E allora ?
- Quei codici… Dicevo… Mi hanno permesso di identificare il fotografo che l’avrebbe scattata, il quale ha riconosciuto suo suocero… Perché è suo suocero la persona anziana della foto… Giusto ?
- Si. Lo è, o meglio… Lo era. E’ mancato da poco.
- Condoglianze, non sapevo…
- Grazie. Ma… Continui, la prego.
- Si… Dove ero arrivato ? Oh si… Ha confermato che la carta è sua, ma non solo, la foto è stata scattata sicuramente nel suo studio sei mesi fa, della data era sicuro per questo.
L’uomo indica a Fabiola un apparecchio nero con un display appoggiato sul pavimento.
- Scusi ma non capisco.
- Questo apparecchio è stato in prova nel suo laboratorio per tre giorni sei mesi fa, mi ha mostrato la bolla di consegna, ma…
Resta di nuovo in silenzio con un ghigno sul volto che lo rende ancora più inquietante.
- In quei giorni è sicuro di non aver incontrato suo suocero, tantomeno questa fantomatica signora.
- Ma… Il fotografo è certo che l’ambiente che si vede impresso sulla foto sia il suo studio ?
- Vuole che non riconosca casa sua, e poi lo posso confermare anch’io, le piastrelle, il colore delle pareti, tutto corrisponde.
- Ho capito. Mi mandi pure la parcella. Grazie.
- Tutto qui ? non vuole che…
- No. Non mi serve altro. La saluto.
- Ossequi, signora.
Uscita dal portone dello stabile straccia la cartelletta contenente il risultato delle analisi, getta tutto comprese le provette nel primo cassonetto che incrocia, conserva solo la foto. Quando monta in macchina resta immobile qualche minuto a riflettere, suo marito, anche se lei è ormai certa non sia lo stesso uomo, è inconfutabilmente… Suo marito. Come poteva essere possibile allora che lei sentisse che quella persona non lo fosse, le venne in mente una serie di telefilm che aveva visto in gioventù, si intitolava “Ai confini della realtà” e se stava vivendo una di queste avventure bislacche ? Ci mancava anche la foto ad alimentare i suoi dubbi, una foto sviluppata da un fotografo che dice di non averla scattata, ormai c’era solo una persona che poteva fare chiarezza in tutto questo. Arrivata a casa suona il campanello del portone, nessuno risponde, Gino deve essere al supermercato pensa. Rimonta in macchina. Parcheggia in uno dei settori del centro commerciale ed entra. Trova Gino fra i banchi della verdura, ha il carrello con dentro parecchia roba. Come la vede l’uomo le corre incontro baciandola sulle labbra.
- Non vedevo l’ora che arrivassi. Come andata con il tuo cliente ?
- Bene anche se…Non mi aspettavo che la trattativa prendesse una simile piega.
- Positiva o negativa ?
- Molto positiva, almeno per me, all’inizio non era convinto dell’investimento, ma… Ha cambiato idea. un cambiamento sorprendente… In così breve tempo. Neanche fosse un’altra persona.
- ?!? Non ho capito… Significa che è andata bene ?
- Che fame, sono scappata via senza far colazione, ho bisogno di un cappuccino, mi accompagni al bar ?
Fabiola ordina un cappuccino, prende anche un bombolone alla crema, Gino si limita ad un caffè, si siedono ad un tavolino, i tavolini occupano una parte del corridoio del centro commerciale, corridoio gremito di persone che spingono i rispettivi carrelli, un’altra idea si fa largo nella mente di Fabiola. vuole capire fino a che punto accetti l’umiliazione pubblica, nel mangiare il bombolone la donna fa in modo che un po’ di crema le finisca sulla scarpa, ci riesce ma parte della crema cade anche sul pavimento, crema che prontamente spiaccica con la suola.
- Hoo. Ma cavolo… Guarda che cretina, mi sono inzaccherata la scarpa.
Senza dire nulla, Gino si china verso il piede sollevato di Fabiola, con la lingua toglie via la crema dalla tomaia, e già che ci si trova elimina la polvere da tutta la scarpa lucidandola, passa la lingua su tutta la parte superiore, si accorge della suola inzaccherata, ripulisce per bene anche quella, una volta terminato con somma sorpresa della moglie le soleva anche l’altro piede lucidando con la lingua anche l’altra scarpa, una volta fatto finisce il caffè come nulla fosse, mentre la moglie lo guarda compiaciuta.
- Non potevo lasciarti una scarpa lucida e l’altra impolverata. Non hai risposto alla mia domanda prima… L’incontro è andato bene ?
Fabiola si pulisce la bocca dallo zucchero del bombolone.
- Non poteva andare meglio.
Terminano insieme gli acquisti, si dirigono alle casse, mentre sono in coda Gino sente che la coppia della fina accanto alla loro sta parlano di lui e Fabiola.
- Sicura siano loro ?
- Ma si… Sono quelli di prima… Al bar. Ti dico che lui le ha leccato le scarpe, pensa che schifo.
- Ti sarai sbagliata, figurati se un uomo lecca le scarpe alla sua…
- Guarda che ci vedo benissimo, e parla piano che ci sentono.
A Gino scappa da ridere, non gli importa quello che pensano gli altri, Solo Fabiola conta, l’essere perdonato da lei, a pensarci bene prova uno strano piacere a mostrare a tutti l sua dipendenza da lei… Decide di prendersi una piccola soddisfazione. Si volta verso la coppia.
- Non serve parlare piano cara signora, se lei ci vede benissimo, io sento altrettanto bene. Le posso presentare mia Mogie Fabiola ?
- Pia… Piacere… Non stavo criticando, raccontavo al mio compagno quello che ha fatto al bar.
- A… Si. Pensa Fabiola, la signora trova strano che ti lucidi le scarpe con la lingua.
- Coma mai ?
Rivolgendosi direttamente verso la signora, Fabiola la guarda fissa negli occhi, lo sguardo gelido che terrorizza i suoi sottoposti al lavoro.
- Lo fa tutte le mattine, non c’è toccasana migliore per la pelle delle calzature.
- Ho che sciocca, mi sono ricordata che devo comprare del… Burro, mi serve il burro. Con permesso.
La signora scappa via seguita dal compagno, Fabiola e Gino si guardano scoppiando a ridere. Dopo aver pagato Gino carica la spesa n macchina e tornano a casa, insieme sistemano la roba in frigo e nella dispensa. Fabiola va in camera da letto si leva i vestiti, restando solo i intimo a piedi scalzi sul palchetto, Gino la osserva, vederla così lo eccita, apre l’armadio, tira fuori un paio di vestiti che appoggia sul letto, alla fine ne sceglie uno color crema.
- Tu non ti cambi ?
- Per cosa ?
- Siamo a pranzo d Lucrezia.
Viene assalito da un attacco di panico, gli tremano le ginocchia, si deve sedere. Approfitta del letto.
- Ma…Credevo che…
- Mi ha invitata mercoledì. Dovevo dirle di no ?
Gino non riesce a capire il perché si ostini a voler frequentare Lucrezia dopo quello che c’è stato fra lei e… Lui. Che lo faccia per appagare il suo ego smisurato.
- Un attacco di vecchia silenzite ? Non ci vuoi andare ?
- Quello che voglio io non ha importanza. Se tu…
Si alza dal letto, avvicinandosi alla moglie.
- Se io cosa ? Ti vergogni di farti vedere con la faccia livida ? E’ questo che ti frena ?
- No
Fabiola gli tira un calcio nei testicoli fortissimo, di collo pieno, Gino sbuffa appena e si ritrova sul pavimento, ha entrambe le mani sulle palle. Con il piede Fabiola lo fa sdraiare sulla schiena montandogli sullo stomaco. Solleva il piede destro lo poggia sulla faccia del marito premendo con forza.
- E invece io penso che ti vergogni a mostrarti a lei così, immagino sia imbarazzante per te doverle spiegare chi sia stato a farti questo, ma non devi preoccuparti, l’hai sentita… Mi conosce, vedrai che ca.
- Si mi vergogno, non per questi segni ma per quello che ho fatto a te… Mi vergogno di averti fatta soffrire. Sei tu che non capisci… Vederla aumenta il mio senso di colpa.
Leva il piede dalla sua faccia, Gino la guarda, è bellissima, vorrebbe toccare quelle gambe meravigliose velate nel nylon, ma non ne ha di nuovo il coraggio.
- Mi stai dicendo che vedere Lucrezia ti fa star male, perché hai fatto soffrire me…
- Si… E’ così.
Si volta, sale sul letto salta atterrandogli sul basso ventre, Gino solleva schiena e gambe per il dolore piegandosi a “u” ma riesce a non urlare.
- Se stai male sono contenta, te lo meriti, e ora smettila di piagnucolare e vestiti.
La casa di Lucrezia è appena fuori il paese, una villetta sobria, seicentocinquanta metri quadri su due piani, piccolo giardino di cinquemila metri quadri recintato da un muretto in mattoni altro quattro metri che contiene una piscina verandata, un campo da tennis e uno da basket. Arrivati davanti al cancello d’ingresso Fabiola chiama Lucrezia col cellulare, la struttura di metallo magicamente si apre. Anche l’interno è come se lo ricordava, la Lucrezia della sua vita li invitava spesso, in più occasioni aveva percepito la sgradevole sensazione che lo facesse più per ostentare il suo stato che per amicizia. Per quello gli riusciva così difficile l’immaginarsi insieme a lei, in un certo senso Lucrezia era anche peggio di Fabiola, una snob, con la perenne puzza sotto al naso. Parcheggia alla fine del vialetto, Lucrezia li sta aspettando, indossa un abito lungo di paiette argentate. Nel vederla gli scappa un commento.
- Ma come cavolo si è combinata.
- Ha preso il primo straccetto che aveva nell’armadio… Lei è fatta così.
Fabiola gli stringe un capezzolo facendogli male, camicia e canottiera non sono stati sufficienti ad attutire la presa. Scende dall’auto, e le apre la portiera, porge alla moglie la mano destra per aiutarla a scendere, le due donne si abbracciano baciandosi, due baci, su entrambe le guance, Gino si sente sempre più imbarazzato, non gli piace neanche il vestito blu a righe che ha scelto, passa un dito nel colletto della camicia per allentane la pressione, si sente soffocare, vede che ci sono altre auto, riconosce la cinquecento di Alberto, almeno non saranno soli. Per l’occasione Lucrezia ha ingaggiato un’azienda specializzata nel catering, si allontana da Fabiola dirigendosi dritto al mobile bar dove un addetto sta versando gli aperitivi.
- Lucrezia mi ha accennato che vi aveva invitati, ma non pensavo saresti venuto.
- Non volevo ma Fabiola…
- Ma certo… Vorrà costringerti a qualcosa di eclatante. Tu sei l’unico uomo al mondo a cui invece di guarire le tumefazioni prolificano. Te le ha suonate di nuovo.
- Si, senti Alberto… Io.
- Un altro per cortesia… Lascia perdere, fra qualche minuto sarò talmente sbronzo da non ricordare più il mio nome.
- Come mai qui ?
- Penso che Lucrezia si voglia consolare con me. Tu mi capisci… Se una fanciulla te la offre su un piatto d’argento, è da maleducati rifiutare. Inoltre, vista la crisi farsi un giro di giostra, una volta tanto gratis…
- Ma così tradisci il tuo credo, rapporti solo con le professioniste.
- Non è un vero e proprio ripensamento… Resto dell’idea che una mignotta sia la donna ideale… Non lo so… Magari è solo perché sto invecchiando.
Alberto solleva il calice, Gino ci batte contro il suo, li vuotano.
- Ma… Le altre due coppie chi sarebbero ?
- Matusalemme e la nonna di Dracula sono gli ex suoceri di Lucrezia, sono rimasti in buoni rapporti, più per i nipoti che per il carattere affabile della nuora.
- E gli altri due ? Quelli giovani.
- Te li dovresti ricordare, amici di tennis, lui è Torquato, ha una ditta di trasporti, gestisce una sorta… E’… Insomma… Un corriere internazionale.
- E lei ?
- Orietta, anche detta la donna invisibile, è così magra che il marito la tiene legata al letto con un cordino per evitare che voli via.
- Gente simpatica ?
- Come un clistere.
- Da come cinguetta con loro Fabiola li conosce bene.
- Deve averti picchiato davvero forte ! Aolo così si spiega la tua amnesia… Te l’ho detto anche prima, sono amici di tennis. Altri due per cortesia, riesci a farli un po’ più tossici, così a sbronzarmi non ci metterò una vita.
- Subito signore.
Gino si accomoda su una poltrona, resta seduto a guardare gli altri che parlottano allegramente, mentre Alberto procede imperterrito per la sua strada alcolica. Si accomodano a tavola, il piano è in vetro sorretto da due imponenti gambe in marmo scolpito, lo ha sempre trovato di dubbio gusto , due nanetti in bianco di Carrara che sorreggono una lastra di vetro spessa quasi due centimetri, non c’è la tovaglia, piccoli riquadri di stoffa identificano i posti a sedere, Lucrezia e Alberto sono a capotavola, Fabiola è alla destra di Lucrezia, di fianco a lei il suocero di Lucrezia, Orietta e a chiudere la tavolata all’altro capo Alberto. Di fronte hanno rispettivamente Gino, la suocera di Lucrezia, e Torquato. Il tavolo trasparente ha i suoi vantaggi, può godere della vista dei piedi di Fabiola, le sue scarpe di tessuto perlato sono uno spettacolo. Il pranzo comincia, gli unici che parlano sono Gino e Alberto concentrato a bere. Finito il secondo giro di primi il piede destro di Fabiola ha guadagnato posto fra le gambe del marito, creando un leggero rossore al viso di Lucrezia, più di rabbia che di imbarazzo. Al primo secondo Alberto è alla terza bottiglia di rosso, Lucrezia è sempre più rossa, vedere Gino che carezza dolcemente il piede di Fabiola sotto il tavolo non giova al suo umore. Arrivati al dessert Alberto stramazza sul pavimento, Gino guarda Fabiola, i due si intendono, lei leva il piede in modo che il marito possa soccorrerlo, recupera dal pavimento l’amico, lo solleva di peso adagiandolo sul sofà. Si accerta che sia tutto a posto chiamandolo più volte, Alberto risponde, ma subito dopo inizia a russare rumorosamente. Finito il pranzo Suoceri e amici di tennis salutano Lucrezia, i sopravissuti si radunano in sala dove Alberto continua tranquillamente a dormire, Fabiola si siede sullo stesso divano, Lucrezia sulla poltrona di fronte, Gino sul pavimento ai piedi di Fabiola.
- Ma che bel quadretto… Una bella famigliola felice.
Fabiola gli carezza la testa, Gino non dice nulla.
- Ci proviamo, vero tesoro ?
Gino solleva la testa un istante per guardarla. Riabbassa lo sguardo.
- Te le ha date è ? Ti sei lasciato picchiare senza reagire ?
Gino continua a non dire nulla, piega il busto verso destra, poggia la testa sulla gamba sinistra di Fabiola abbracciandola, e le bacia il ginocchio.
- Lo vedi come ti sei ridotto ? Come può un uomo cadere così in basso.
Le braccia di Gino si serrano ancora più decise alla gamba di Fabiola, che dal canto suo sta fissando astiosa la rivale.
- Sei patetico, le sono bastati una manciata di giorni ... Come un animale randagio ti sei fatto domare.
- Vuoi vedere gli esercizi che gli ho insegnato ? Gino !
- Si padrona.
- Le mie scarpe, hanno bisogno di una pulita.
Si sdraia sul pavimento, solleva il suo piede sinistro, appena inizia a leccare la suola chiude gli occhi, la mente gli si svuota, una strana euforia lo pervade, molto strana, sente che questo non cambierà nulla, Fabiola non lo perdonerà mai, qualsiasi cosa faccia, ma ora è felice, felice di leccare le suole a quelle splendide scarpe, felice di essere sotto i piedi di sua moglie. Striscia sul pavimento verso il pied destro di Fabiola, prontamente lo solleva, con la lingua rimuove ogni più piccola traccia di sporco leccando senza interruzioni. Lucrezia è paonazza, Si alza dalla poltrona gli va incontro, si ferma a pochi centimetri dal suo viso, anche Fabiola si alza, restando su di lui, finalmente la rivalsa, finalmente supera Lucrezia in altezza, le due donne si guardano per alcuni minuti che, sembrano eterni.
- Grazie per l’ospitalità… Ma ora devi scusarci, ma dobbiamo andare.
- Ma certo… E’ stato un piacere avervi.
- Ci vediamo mercoledì a tennis.
Fabiola scende da dosso a Gino, gli fa cenno di alzarsi, l’uomo una volta in piedi, abbassa lo sguardo come cenno di saluto a Lucrezia che li accompagna fino all’uscita. Gino precede Fabiola alla macchina, le apre la portiera, la donna gli afferra i capelli dietro il collo costringendolo ad andare all’indietro. Lo bacia prepotente, mordendo il suo labbro inferiore che immediatamente sanguina, lasciata la nuca lo fissa maliziosa. Gino eccitatissimo vorrebbe abbracciarla, si accorge di Lucrezia, li sta guardando da una porta a vetri, si inginocchia prostrandosi fino a terra, bacia entrambi i dorsi dei piedi, il sinistro resta leggermente macchiato dal sangue che cola dal labbro. Fabiola si siede, chiude la portiera, mette in moto l’auto. Percorrendo a ritroso il vialetto raggiungono il cancello di ferro, si sta aprendo.
- Mi hai sporcato il piede.
- Perdonami, Lucrezia stava guardando, volevo sottolineare… Insomma…
- Ho capito. Hai fatto bene. Comunque… Mi hai sporcato il piede.
- Se me lo allunghi provvedo a…
- Lascia stare.
Arrivati a casa Fabiola dice di essere stanca, va in camera da letto a riposare. Gino si siede in poltrona, mete le cuffie ed accende la TV, cambia canale più volte senza trovare nulla di interessante, anche lui si addormenta.
Una fitta ai testicoli lo sveglia.
- Sono le ventuno. E alla cena chi pensa ?
- Ug… Blebb… Si, ci penso io.
- Magari dopo, vieni con me.
Entra in bagno. Gino qualcosa la intuisce, immagina che la moglie debba vuotare la vescica. Inizia a spogliarsi, Fabiola gli fa cenno di sdraiarsi nella vasca, come lo fa, ci entra anche lei, questa volta però non resta sul bordo ma poggia i piedi direttamente all’altezza dei suoi gomiti.
- Apri bene la bocca.
Resta un po’ disorientato per la posizione assunta, così mi becca sul collo, pensa, un soffio d’aria gli solletica la pelle del viso, l’odore è molto intenso, di colpo capisce che non sarà l’ormai consueto bisogno. La cosa lo eccita, e terrorizza, il buco del culo della donna si contrae lo vede dilatarsi, ne esce un cilindro enorme che cala direttamente nella sua bocca, a parte l’odore, il contatto con la sua lingua gli risulta sgradevole, il suo peso lo fa scivolare verso la sua gola. Fabiola si alza resta a guardarlo, anche lui la guarda. Gli occhi supplicanti gli si riempiono di lacrime, non ce la fa più, schizza in piedi, salta fuori dalla vasca, tuffa la faccia nella tazza del cesso. Vomita. Vomita il pranzo, la colazione e probabilmente anche la cena della sera prima. Fabiola si siede sul bidè, apre l’acqua, si lava. Appena Gino tira su la testa…
- A cucinare ci penso io… Cosa vuoi mangiare ?
E’ rosso in volto, le lacrime continuano a segnarli il viso, alla domanda risponde vomitando di nuovo. Fabiola si asciuga, esce dal bagno. Gino prende lo spazzolino da denti, spazzola con vigore ma quel terribile sapore gli è rimasto, e sembra non voler andare via. Sciacqua la bocca con il colluttorio, ne caccia in bocca tanto da non sentire più la lingua, uscito dal bagno con la coda dell’occhio vede la sua immagine riflessa sullo specchio, gli si avvicina, non sa se sia un riverbero dovuto alla scarsa illuminazione ma ha la faccia fra il violetto e il verde scuro, il colorito di Shrek. Fabiola è in cucina ad armeggiare con il pentolame, coi fornelli se la cava bene, sta padellando qualcosa, il profumo è delizioso ma sente lo stomaco ancora sotto sopra, appena entrato nella in stanza gli viene uno sturbo, la moglie è nuda a parte il grembiule e dei sabot neri. Si inginocchia dietro di lei baciandole entrambe le natiche, il contatto con il suo sedere sembra acquietare la rivolta in atto nel suo intestino, ci appoggia la guancia destra, restando appoggiato.
- Mi dispiace Fa… Padrona, non faccio altro che deluderti.
- A dirtela tutta… Non credevo saresti riuscito a tenerla in bocca tanto. Certo mi avresti sorpreso molto di più l’avessi ingoiata.
- La prossima volta… Io…Ti prometto che…
Cinge con le braccia la vita della moglie schiacciando la faccia contro le sue rotondità.
- Parliamo per un attimo di cose serie… Un paio di scaloppine al marsala le mangi ?
- Si.
- Ti tiri su e mi dai un bacio ?
- ?!?
La richiesta lo spiazza, allenta la presa, si alza, lei o guarda con negli occhi una tenerezza infinita. Si baciano, immediatamente dopo una fitta ai testicoli lo costringe a piegarsi in avanti, gli ha dato una ginocchiata.
- Hai le labbra che puzzano di merda. Vatti a lavare schifoso.
- Si.
servetto70
00sabato 5 maggio 2012 01:29
...ed è arrivato anche il sabato e me lo leggo proprio nel giorno giusto [SM=g2577963]


Grazie cucciolo_to67 [SM=x829788]
cucciolo_to67
00domenica 10 giugno 2012 15:49
Domenica
Sta camminando per una stradina di campagna, a destra un torrente, sulla sinistra un boschetto di nocciole, la giornata è soleggiata ma non afosa, nell’aria il profumo dell’erba tagliata di fresco, in lontananza oltre gli alberi un muretto, quando lo raggiunge lo percorre per un centinaio di metri, il muro rientra in un ampio cortile circolare al cui centro c’è una cancellata, vicino alla cancellata nonno Gualtiero seduto su uno di quei seggiolini da picnic. Istintivamente si mette a correre verso di lui, quando gli è di fronte è completamente senza fiato stenta nel parlare.
- Nonno… Che piacere.
- Tempo scaduto Gioacchino
- Tempo scaduto per cosa ?
Il vecchio indica il cancello che ha cambiato forma, davanti a lui ora c’è la cornice d’argento dello specchio, all’interno della cornice l’immagine di un lungo cunicolo scavato nel muro di pietra.
- Cosa devo fare nonno… Io sono felice qui… Ora…
- Devi solo scegliere. restare qui o tornare alla tua realtà.
Allunga la mano destra verso il vecchio, ma la sua figura svanisce in una grossa fiammata. Spaventato si guarda intorno, Fabiola accanto a se sta dormendo, un’occhiata all’orologio, le quattro e ventisette. La vescica è contratta, si alza dal letto per andare in bagno, uscito dal quale nota uno strano chiarore provenire dalla sala che attira la sua attenzione, è come se la luce filtrasse dalle imposte, ma fuori è ancora buio. Gli ci vuole poco a capire che proviene dallo specchio, Una luce fioca ma sufficiente a rischiarare la stanza, la superficie non riflette nulla, la tocca. Ne riconosce la consistenza della domenica precedente, è molle, il dito ne viene risucchiato all’interno, lo ritrae. Non deve essere ancora il momento, si siede e resta in attesa.
Fabiola è sveglia, era sveglia anche quando il marito è saltato sul letto mettendosi seduto spaventato, afferra il cuscino di Gino, lo stringe a se. E’ pensierosa, la sua mente cerca nei suoi ricordi il momento in cui il marito è cambiato, ma si, la domenica precedente quando è rincasata lui si è sdraiato sul pavimento, mordicchia la federa, focalizza cosa si siano detti, lui era così remissivo… Ma qualcosa di strano lo aveva notato quella brutta cicatrice che gli aveva provocato con il fermaglio della borsa era… Si… Era, sparita. Ma certo, poco dopo ne aveva causata un’altra lei con il tacco, ma quella originale non c’era, le ore trascorse a cenare con i colleghi erano la chiave, in quel breve periodo i due si erano scambiati ma come. Sentiva che continuando così sarebbe impazzita, era ormai determinata a costringere il marito a spiegarle cosa fosse successo. Posa il cuscino, si infila le pantofole, strani rumori provengono dalla sala, sente la voce di Gino chiamare qualcuno, ci si dirige cercando di non fare il minimo rumore. L’uomo sta fissando la superficie dello specchio che torna nitida, riflette la sua immagine seduta su uno sgabello, Gino si alza, gli si avvicina minaccioso. Fabiola resta impietrita davanti allo spettacolo a cui assiste.
- Allora… Immagino te la sia spassata.
- Si… I tuoi figli sono tenerissimi… Tu invece ? Non ti sei divertito dal mio lato ? Dalle cicatrici e le ecchimosi direi di si ?
- Un sacco, stronzo bastardo… Potevi dirmelo ?
La sua immagine riflessa assume un espressione sorpresa.
- Dirti cosa ?
- Della scappatella con Lucrezia.
- Non potevo, non c’era il tempo per raccontare le reciproche esperienze, cosa credi anch’io ho dovuto arrangiarmi qui, tornare al lavoro in ferramenta è stato traumatico e poi, ragiona, se non avessi fatto infuriare Fabiola non te la saresti spassata così tanto.
Resta un attimo in silenzio, vorrebbe replicare ma… C’è una lucida follia nel suo discorso, ripensa alla settimana precedente, lui bramava l’essere trattato in quel modo dalla moglie, e se tutto questo fosse una trama dello specchio per esaudire il suo desiderio ? Ne fissa la cornice lucente, si aspetta che da un momento all’altro i volti cesellati nell’argento gli parlino rivelandogli chissà quale segreto.
- Siamo arrivati al dunque, La scelta spetta a te. Cosa hai deciso ?
- Sarei veramente tentato di rientrare nello specchio, tanto per farti passare qualche guaio.
L’immagine riflessa ride.
- Cosa avrai mai combinato… Vediamo… Hai rapinato un banca ? Ucciso qualcuno ? No… Aspetta. Ma certo, hai lasciato Lucrezia. E questo vero ? Ho indovinato ?
- Ti manca ?
- Mi manca, o meglio mi mancava l’essere padre, non ho bisogno di lei,,, Non qui. Lo specchio ORA RECLAMA una risposta.
Gino si strofina la mano sulle labbra, in cuor suo ha già scelto ma dirlo è difficile.
- Resto qui.
- Lasci a me la tua famiglia ? Ricordi cosa ci dicemmo domenica scorsa, intrapresa la strada non puoi tornare indietro.
- Non è mia intenzione farlo.
- Molto bene allora. Spero tu ottenga tutto quello che cerchi, io l’ho trovato.
- Dai un bacio ai bimbi per me.
Il Gino riflesso si alza dirigendosi verso la camera da letto, prima di entrarvi lo saluta con un cenno della mano, un onda concentrica dal centro dello specchio si allarga fino a raggiungere il bordo, è la sua immagine ora ad essere riflessa, tocca la superficie, solida e fredda, un normalissimo specchio, sospira. Fabiola decide che non è ancora giunto il momento delle spiegazioni.
- Con chi stavi parlando ?
Gino sussulta, non si aspettava di avere Fabiola alle spalle.
- Con nessuno… Riflettevo ad alta voce.
- Riflettevi… Su… Tuoi figli da baciare ?
- Noi non abbiamo figli.
- Lo so… E’ il motivo per cui ti sei allontanato da me… Sai che io non.
- Si lo so, non potrai più averne, ma non ti preoccupare, è solo te che voglio.
- Si… Certo… Io invece vorrei tornare a dormire.
- Dopo di te.
Tornano a letto insieme,
- Brrr… Che freddo, mi sono gelata… Tutto per colpa tua.
Gino si infila sotto le coperte, scivola fra le lenzuola fino a raggiungere i piedi della moglie, non ha esagerato, li ha gelati, li prende fra le mani li frega, ma non vogliono saperne di scaldarsi, solleva il pigiama sulla pancia, si muove in modo da farli appoggiare sul suo stomaco, trema qualche istante per il contatto con i due blocchi di ghiaccio, ma la libido prende il sopravvento, Fabiola per cercare luoghi più caldi sposta i piedi verso il basso fino a raggiungere il suo membro, incastrandolo in mezzo, fa aderire bene le piante con il suo ventre, sentendosi meglio grazie al calore generato. Gino si sente strano frastornato, la scelta comincia a pesargli, gli pesa il sapere di non poter più rivedere i suoi figli, si sente soffocare, il respiro gli diventa corto, ansima, il cuore gli batte all’impazzata, sente di essere vicino ad un attacco di panico e… Sorride, fa sbucare la testa fuori dalle coperte, il respiro torna regolare, ha senz’altro preso la decisione giusta, non può più fingere il solo contatto dei piedi di Fabiola sul suo stomaco lo rende felice, in qualche modo si rasserena addormentandosi.
Riapre gli occhi, il sole filtra attraverso le imposte, sono quasi le dieci, Fabiola non c’è. Gino si gratta la testa, srotola le lenzuola di dosso, si infila le ciabatte. Uscito dalla camera da letto vede la moglie con le mani sullo specchio. Sentendo dei passi si gira verso di lui ma continua a toccarne la superficie.
- Scusa se ti ho svegliato scendendo dal letto, ho cercato di far piano ma eri talmente avvinghiato ai miei piedi che non riuscivo a liberarli.
- Non mi hai svegliato tu. Posso chiederti che stai facendo ?
- Niente… Una stupidata.
- Una stupidata ? Se me la spieghi la facciamo insieme.
Fabiola si volta, resta qualche secondo a guardarlo, abbassa la testa e… Gli assesta un calcio nei testicolo, potente, non avesse indossato le ciabatte, arrotondate sulla punta gli avrebbe perforato la pelle. L’uomo serra le mani sui testicoli, cade in ginocchio.
- Tu non sei Gino… Sei cambiato troppo… UN CAMBIAMENTO UMANAMENTE IMPOSSIBILE… Chi sei ?
Ha il volto rosso, l’aria è diventata irrespirabile, inizia a sudare, nella stanza fa caldo un caldo insopportabile, si toglie il sopra del pigiama e la canottiera, cerca di sfuggire al suo sguardo.
- Che dici… Fabiola… Io… Sono tuo marito.
Un altro calcio forse anche più potente del primo lo raggiunge tagliandogli il fiato, cerca di portare le mani a protezione dei testicoli ma non ci riesce cade sul pavimento su un lato.
- Ti ho anche fatto eseguire il test del DNA… Sei tu ma… Non lo so…
Si rigira sul pavimento a fatica, lo stupore mitiga il dolore ai tenerini.
- Mi hai fatto eseguire… Non ti sembra pazzesco ?
Con un calcio lo fa sdraiare schiena a terra, mette il piede destro sulla sua gola, preme forte fino a issarsi su di lui.
- Pazzesco è il dubbio in cui sono stata costretta a vivere in questi giorni… Pazzesco è che io sia sicura che tu non sia l’uomo che ho sposato… Pazzesco è che il cuore mi dica che tu… Mi ami come nessuno mi abbia mai amata fin’ora.
Gino è allo stremo, la pelle gli ha cambiato colore, è cianotico, raccoglie quel poco fiato che gli resta.
- Il tuo… cuo…re ha ra…gio..ne… nessu…no ti… ama, o… ti ha… mai ama..ta come… me.
Scende dal suo collo, si siede sul divano, Gino tossisce più volte, ha le vene delle tempie che gli pulsano, ma almeno ricomincia a respirare, la gola gli duole, deglutisce a fatica.
- E’ ora che tu mi dica la verità.
- La verità… E’ così… Così… Che a volte anche io stento a… Insomma, quello che voglio dire è che… Complicato… Molto complicato da spiegare… Complicato anche da…
- CREDERE ? Ti do una mano… Quando hai portato qui questo specchio dopo averlo preso dalla soffitta di tuo nonno… Ero entusiasta di averlo in casa, un così bell’oggetto… L’euforia per il nuovo giocattolo aveva mitigato la delusione per il tuo… Allontanamento, ma poi… Un paio di giorni dopo sei sparito, mi sentivo persa, non riuscivo a dormire, non avevo neanche voglia di cucinare così per cena ho ordinato in un ristorante etnico delle pietanze che mi ha portato a domicilio il proprietario, mi è riconoscente perché sono l’unica direttrice di banca che gli ha concesso il fido.
- Una vera filantropa.
- Vaffanculo ! Comunque… Quando è venuto qui, è rimasto affascinato da questo specchio, ha ammirato la sua manifattura, dicendomi che è molto antica, viene dal suo paese sai ?
- E come si chiama questo grande intenditore d’arte orientale ?
- Bhoumik.
Gino sbianca a sentire quel nome, si tira su, resta seduto sul tappeto.
- E… Che ti ha detto ?
- Ha tradotto le iscrizioni, le due formule magiche e… i ha spiegato l’essenza di questo specchio, lo ha chiamato porta dei desideri.
- Da… Davvero…
Fabiola si alza, resta in piedi davanti a lui.
- GUARDAMI !
Solleva la testa, guarda la moglie fissa negli occhi.
- Mi hai mai tradita ?
- No.
Fabiola corre a prendere la sua borsa appoggiata ad una sedia in sala, estrae la foto mostrandogliela. Gino rimane a bocca aperta, gli si blocca il battito per un istante che sembra eterno.
- E lei… Hai tradito lei ?
- No.
- Lei… Sono sempre io… Giusto ?
- Fabiola… Io vorrei che tu capissi…
- RISPONDI ! SONO IO ?
- Si.
Fabiola lascia cadere la foto, Gino si passa entrambe le mani fra i capelli, la raccoglie.
- Lo specchio... E’ una porta, un passaggio dimensionale.
- Il mio Gioacchino dov’è ?
- Dall’altra parte dello specchio, dove tu… Sei così.
- I marmocchi chi sono ?
- I nostri figli, i figli che abbiamo avuto nella mia realtà al di la dello specchio.
- E… Come mai dall’altra parte ho potuto avere figli ?
- L’appuntamento in quel palazzo che è crollato, non ci sei andata… Stavi male, ti sei messa in maternità anticipata.
- Se è la porta dei desideri… Perché hai desiderato di venire da questa parte ?
- Con la mia Fabiola ero infelice.
- Con lei eri infelice ?
- Si.
- E perché ?
- Perché lei non… Perché lei… E’ una madre eccezionale, dolce e gentile…
Gino resta in silenzio a guardarla, Fabiola aspetta qualche istante, poi con le mani lo incita a parlare.
- Il problema è mio… Io sono un feticista e lei… Insomma… Non…
- Mentre io invece…
- O si… Tu si.
- Con lei non eri felice… E non l’hai mai tradita ?
- No.
- Con me ? Si felice ?
- Si… Sono l’uomo più felice della terra.
- Lo sai cosa rischi… Ho un pessimo carattere, Lucrezia ha ragione, sono possessiva, dispotica, una vera arpia. Non penso riuscirò a cambiare…
- Ma io… Non voglio che cambi, ti ho sempre amata… Amavo anche la te grassottella, ma tu… Sei la dea che ho sempre desiderato venerare.
- Non ti pentirai ? Non rimanderai indietro il Gino originale ?
- Per usare una frase celebre, il dado è tratto, non posso più tornare indietro, ero stato avvertito, c’era tempo fino alle cinque di questa mattina per ...
- Lo sai che confessandomi di eccitarti quando ti torturo ti sei rovinato con le tue mani ? Ti conviene stipulare una buona polizza infortuni.
- Lo farò.
- Ho visto tutto… Questa mattina… Era il mio Gino l’uomo riflesso nello specchio che ti salutava.
Annuisce inginocchiandosi, le bacia entrambi i dorsi dei piedi. Fabiola guarda lo specchio, poi il suo orologio da polso. Sorride. Apre la cristalliera della sala, prende un flute.
- Dobbiamo brindare.
Sposta le mutandine e vi urina dentro fino a quasi riempirlo. Lo allunga al marito.
- Alla tua.
- Alla tua… Padrona… Amore mio .


--- --- --- --- --- --- --- --- Epilogo --- --- --- --- --- --- --- ---

- Signora Fabiola.
- Si
- Scusi se l’ho svegliata, ma… Il primario vorrebbe parlare con lei, venga è di la con il nonno di suo marito, la stanno aspettando.
Fabiola esce dalla sala di attesa del reparto di terapia intensiva. Si dirige con passo barcollante verso l’ufficio della capo sala, gli occhi rossi per il mancato sonno si riempiono di lacrime, le immagini arrivano deformate al suo cervello, entra in stanza, anche Gualtiero sta piangendo.
- Ho signora… venga si accomodi.
- Dottore… Ci sono novità ?
- Pessime. Abbiamo eseguito l’elettroencefalogramma a suo marito… Mi dispiace…
- Mio dio.
- E’ sopraggiunta la morte celebrale… Ormai ne siamo certi…
- Ma… Respira… A volte si muove…
- Riflessi condizionati, sopravvive solo grazie alle macchine. Firmando questi moduli autorizza l’espianto degli organi.
Fabiola guarda Gualtiero, i due si abbracciano.
- Non devi preoccuparti di nulla Fabiola, penserò io a te, e ai ragazzi.
- Che incubo… Questo è un incubo… Possibile, venerdì ti ha parlato, ho sentito aveva risposto.
- Frasi sconnesse, diceva di essere felice, parlava di uno specchio…
- Uno specchio ?
Il dottore fa un cenno all’infermiera che si reca nella stanza in cui giace il corpo inerme di Gioacchino. Stacca il respiratore, immediatamente i polmoni smettono di ventilare, dopo alcuni istanti il cuore cessa di battere. Fabiola urla il suo dolore battendo i pungi contro la parete. Gualtiero le cinge la vita portandola fuori, la donna si gira a guardare il marito, mandandogli un bacio.
Lunedì, ore dieci e trenta, i necrofori chiudono il coperchio di zinco alla bara di Gino, saldandola con cura, Fabiola piange, ma cerca di reprimere il suo dolore, non vuole aggiungere turbamento ai suoi figli, i bambini fissano il contenitore di legno quasi increduli, non completamente consci che non vedranno più il loro padre. Finita la funzione Gualtiero, dopo ave salutato Fabiola, torna alla sua casa di campagna, sale in soffitta, aiutandosi con una scopa solleva il telo che copre l’enorme specchio, resta immobile a fissarlo, gli occhi carichi di lacrime, nello specchio Gino sorride, è in una sala, sullo sfondo un divano, al centro un tavolino in vetro, ha un asciugamano intorno alla vita, si siede sul tappeto accanto una donna che da allo specchio la schiena, la donna indossa la sola biancheria intima oltre scarpe e calze autoreggenti, Gino le prende la mano baciandola, la donna ruota la testa verso di lui, i due si guardano, Gualtiero nonostante gli sforzi non riesce a riconoscerne i lineamenti, la donna resta con il viso in ombra, l’immagine comincia a sbiadire, come a perdersi in una nebbia irreale, Gualtiero allunga la mano verso lo specchio, la nebbia si dissolve, resta la sua immagine riflessa.
- Ho pagato il tributo, specchio maledetto ! Non potrò più godere della tua compagnia… Addio nipote… Spero tu abbia finalmente trovato quello che hai cercato per tutta la tua vita.
- Signor Gualtiero ?
- Si… Sono qui, la vede la scaletta ? Salga.
Dalla botola della soffitta emerge un distinto signore piuttosto tarchiato, la pelle è ambrata, la barba perfettamente curata, gli occhi nerissimi.
- Buongiorno signor Gualtiero, scusi ora… Suo garzone di bottega mi ha detto che lei qui.
- Stia attento a non farsi male… Venga, venga avanti. Prego. Eccolo, è questo.
- O… Sicuro di volersi separare da tale gioiello ?
- Non mi serve più ormai e poi… Devo assicurare un futuro ai miei nipoti.
- Allora noi d’accordo, verserò lei sei milioni di Euro per specchio. Quando posso io ritirare questo ?
- Quando vuole signor Karnapriya
- Anche subito ?
Il vecchio annuisce.
- Davvero ? Da quando mio fratello Bhoumik mi detto me che lei avere porta di desideri… Io non posso più aspettare.
- Lo prenda… E’ suo.
- Grazie. Sempre io immaginato sua forma, e ora che lo vedo… Lui più magnifico di quanto pensassi… Che splendidi ceselli
- Si… Davvero belli.
- Sono volti… Leggenda dice che chiunque ottenga favore di specchio, suo volto resta per sempre impresso in cornice…
- Conosco la leggenda.
- Sa anche che per esaudire desiderio, spirito di porta pretende sacrificio, pesante sacrificio di sangue.
Gualtiero non dice nulla, si avvicina alla cornice dello specchio, a sinistra c’è un volto cesellato nell’argento che accarezza piangendo, il volto di suo nipote.
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