LA SERATA
Dopo la cena e dopo uno scenografico cambio d'abiti, ci avviamo al locale. Mentre aspetto fuori, al freddo e al gelo, penso che quello sarà il momento di maggior sofferenza della serata, perchè dentro mi aspetta il sogno di servire la Divina Padrona Federica... ingenuo....
Dopo qualche minuto di ambientamento all'interno del locale, inizio a capire come sia organizzato un locale di qeusto tipo. Bancone bar con dietro una Mistress che adocchia le eventuali Sue prede per la serata, ragazze sedute in diversi angoli della sala, con uno o die ragazzi in ginocchio di fronte a loro che in questa situazione di evidente disparità fanno conoscenza, e in qualche caso passano già a qualcosa di più intimo come accarezzare e massaggiare i piedi, baciarli. La nostra Dea, dopo aver scambiato qualche battuta con i presenti di Sua conoscenza, si avvia in una zona più interna del locale, col Suo codazzo di schiavetti che La seguono, Le portano la borsa e le buste con i Suoi ferri del mestiere. Dopo essersi seduta per prima cosa, mi ordina di mettermi in ginocchio, e tira fuori dal bustone collare e guinzaglio: sono ufficialmente Sua proprietà. Dopo avermi concesso di omaggiare questo Suo gesto baciando i Suoi stivali, si alza e mi dice di stare lì in attesa, torna dopo pochi minuti e mi trova ancora lì, nella stessa posizione, in attesa... e apprezza questa dimostrazione di fedeltà e obedianza. Da quel momento del locale e degli altri presenti ho visto e ricordo ben poco, il mio punto di vista per la maggior parte del tempo è rimasto focalizzato dai Suoi stivali, che ho lucidato, baciato, coccolato e accarezzato per quasi tutto il tempo, e in ogni posizione, in ginocchio disteso, schiacciato dall'altro tacco, stretto dal guinzaglio attorgigliato sotto il Suo tacco. Mi son preso anche qualche tacchettata e rinprovero per la troppa foga in certi momenti, o diverse frustate quando voleva sfogarsi e infierire sul mio povero corpo disteso e adorante. Lei sapeva come tenermi a bada, un senso di appartenenza che mi teneva lì, in ogni posizione che Lei mi costringeva ad assumere per continuare ad adorarLa. Durante queste lunghe sessioni di adorazione Lei chiaccehrava con altri, osservava cosa succedeva nella sala, beveva qualcosa, e rispondeva alle domande curiose delle altre Mistress "ma è tuo? (indicandomi)" "Si è mio!" (perentorio, si sentiva la Sua certezza sul possesso di questo schiavo).
Tra una sessione di adorazione e l'altra Lei aveva necessità di muoversi e dare libero sfogo alla Sua aggressività, quindi ha tirato fuori la frusta e mi ha messo al muro con un'altro degli schiavi della Sua scuderia, per infierire sul nostro di dietro, una bella sessione di frustate, intervallate da qualche carezza per blandirci. Più tardi un'altra passata, questa volta con lo SNAKE, lungo e doloroso, sugli stessi due poveri schiavi nin mutande, sulla schiena, ancora sulle natiche, sulle cosce, alternava su entrambi i Suoi colpi, mentre ci tenevamo al palo della lap dance, uno di fronte all'altro, a guardarci negli occhi mentre Lei di lato faceva quel che voleva di noi. Momenti di dolore ma anche di orgoglio, nel tentativo di non mostrare la sofferenza, e mostrarmi degno di poterLa servire, resistere ai SUoi colpi perchè potesse divertirsi più a lungo, renderLa orgogliosa di come lo schiavo si stava comportando. Quando Lei si è fermata ho rngraziato il cielo che fosse finita, ma non sapevo che il peggio, per me, doveva ancora venire. Dopo un po' di riposo, sempre in adorazione dei Suoi splendidi stivali, si allontana, lasciandomi lì in ginocchio in attesa, e dopo un po' torna, accompagnata da un'altra Mistress, con un grande lenzuolo tra le mani. mi ordina d stenderlo per terra e di mettermi al centro del telo a quattro zampe, totalmente nudo. La guardo perplesso, la sala è piena di gente, e inzia a salire il volume della musica, ma io sono lì solo per Lei, la presenza degli altri diventa superflua, io sono soltanto il Suo schiavo poronto a servirLa e farLa divertire, e così obbedisco, e con la faccia tra le mani attendo. Lei si mette dietro di me ed inizia ad inserire una candela laddove un uomo pensa che niente debba mai entrare, se non una supposta quando non si stà troppo bene. E invece io mi trovo lì, in ginocchio, in una sala piena di gente, in questa strana situazione con una candela accesa e infilata dentro me. L'umiliazione è totale, e insieme a quella viene il dolore, rapido circoscritto e intenso, delle prime gocce di cera sulla mia schiena. La distribuisce con sapienza su tutto il corpo, avendo cura d'insistere con consumato sadismo, sui segni lasciati dalla Sua frusta; è in quei punti che fa più male, e io soffro, in silenzio finchè posso. Pausa, gira intorno a me, si piazza di fronte e sale con gli stivali sulle mie mani. Capisco il segnale, vuole dimostrarmi che sono Suo in tutto e per tutto, totalmente sottomesso e schiavizzato, tanto da ringraziarLa anche in un momento di grande sofferenza e umiliazione come quello. E infatti avido e riconoscente bacio i Suoi stivali ringraziandoLa con gli occhi, con le labbra con la voce, e in quel momento mi sento davvero riconoscente, perchè mi ha concesso di essere Suo schiavo, di essere usato da Lei, quasi mi commuovo in un misto di dolore e gratitudine. Certa del Suo potere riprende la Sua tortura, con la cera, ma anche con qualcosa di più doloroso, un bruciore intenso che ferisce e segna la mia carne. La Padrona ama usare oggetti metallici, che con la fiamma scaldano e bruciano molto più della semplice cera. Ha in mano una forchetta, con i rebbi sapientemente scaldati per incidere il loro segno sul mio corpo. Qui resisto a fatica, ogni volta che poggia la forchetta sul mio corpo mi scosto per il dolore, e allora per farmi capire chi comanda in certi punti affonta con più decisione e lascia lì il metallo rovente finchè non perde tutto il Suo calore, tenendomi fermo con il Suo tacco con cui mi calpesta e mi ricorda che sono Suo, che a Lei appartengo, e che lì devo stare finchè Lei lo vuole. Soddisfatta la Sua sete di altrui dolore, ha pietà di me, mi dice di rivestirmi, e mi concede ancora una volta di starLe accanto, continuando ad usarmi come lustra-stivali, come poggiapiedi, come cane da guardia mentre altri la adorano. Nella mia testa i pensieri si accavallano e mi sconvolgono, il senso di appartenenza è cresciuto, il desiderio di servirLa mai sopito, e sale sempre più il senso di gratitudine e la voglia di dirglielo anche a voce, per farLe capire quanto sia felice di poter essere Suo schiavo. E così diverse volte oso alzare lo sguardo, guardarLa negli occhi, provare a dire qualcosa, ma nell'istante in cui se ne rende conto mi fulmina, con un sguardo che non ammette repliche. Lei, nonostante la giovane età è assoluamente imperiosa e dominante, consapevole del Suo potere e di poter fare ciò che vuole di me. Ormai Le basta uno sguardo per farmi capire chi comanda, e io chino il capo, con vergogna e timore, di fronte ad una ragazza di 22 anni che chiamo Padrona.
Questo il ricordo più bello e intenso della mia serata con Lei, quel Suo sguardo che mi fa capire di essere Suo, finchè Lei vorrà
Grazie di tutto Padrona Federica