Estate 1975

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Sara.61
00domenica 13 maggio 2012 14:56
speriamo
Estate 1975

La casa era molto grande, io ero solito passarci l’estate, ma quell’anno i miei erano impegnati, quindi sarei rimasto a casa, non che mi dispiacesse, era una cosa diversa. Invece arrivò una telefonata, era la Zia, la sorella di mia madre, separata da poco, ed un po in depressione.
Capii cosa succedeva quando mia madre venne in camera mia: “la zia vuole passare le vacanze nella casa al mare, vero che tu gli farai compagnia, non può stare sola, lo sai che è in crisi,” che dovevo fare, era il 1975 avevo quattordici anni, la zia una quarantenne di una bellezza devastante, non so quante seghe mi ero fatto pensando a lei, quando veniva a trovarci, con le sue gonne corte i tacchi, ed il suo modo di sedersi e di accavallare le gambe, mi aveva fatto sempre sognare.
Quindi stavo già pensando al suo abbigliamento al mare, immaginate che adrenalina avevo, non vedevo l’ora di partire. “ ok, mamma se proprio devo, starò con la Zia, però se mi stufo mi venite a prendere”
Così arrivò l’inizio di Luglio, mi aspettavano due mesi nella casa al mare, la Zia era molto stanca ed era andata subito a riposarsi, quindi non l’avevo neanche vista, fu mia madre ad avvertirmi, “la zia è arrivata, guarda che domani partite, metti fuori la roba che vuoi così ti preparo la valigia”
A cena zia arrivò come al solito vestita nel suo stile, camicetta bianca gonna blu a tubo sopra il ginocchio con uno spacchetto dietro senza calze, perché le gambe erano già abbastanza abbronzate, ma erano le scarpe che attirarono la mia attenzione, dei sandaletti blu con un tacco quasi a spillo di cinque o sei centimetri, le dita dei piedi avevano uno smalto color perla, tutto l’insieme era fantastico.
Io già allora avevo un senso di sottomissione abbastanza sviluppato, anche se non sapevo di averlo, però le gambe con i tacchi mi eccitavano più di ogni altra cosa, e poi ero attratto dalle scene dei film in cui la donna era cattiva e prevaricava l’uomo, all’epoca era diverso, non si vedevano molte scene del genere, ma a volte nei balletti c’erano momenti in cui la ballerina o appoggiava il piede sul partner oppure mimava qualche calcio.
Comunque non voglio divagare oltre, la partenza era imminente, mia zia mi guardava con aria divertita “ vieni volentieri? Non lasci qualche amichetta? Sei sicuro di volermi tenere compagnia per tutto il tempo?” ero già un po rosso sentivo il viso caldo caldo, “tranquilla zia, vengo volentieri, mi piace stare al mare, non ti preoccupare,” questo era il tono della serata.
Sette del mattino dopo, bagagli caricati nella macchina, la zia alla guida, vestita come la sera precedente, e naturalmente da seduta le gambe erano tutte scoperte, ed io ero già al settimo cielo, immaginatevi quasi quattro ore con quella visione.



“Tra un po ci fermiamo a fare colazione, a me piace fare delle soste altrimenti mi si intorpidiscono le gambe, tanto quando arriviamo andiamo a pranzo in trattoria, sei d’accordo?” “ non ti preoccupare fermati quando vuoi.”
Il primo segnale che sarebbe stata un’estate fantastica è avvenuto proprio all’autogrill, quando ci fermammo la zia con tono autoritario e che giudicai strano mi disse: “dai prendi la mia borsa, muoviti, portala tu, così fai qualcosa per renderti utile, altrimenti non mi servi,” rimasi un pochino imbambolato a causa del tono e delle sue parole,” ti muovi o no?” velocizzai il tutto ed ero al suo fianco con la borsa in mano.
Espletate le sue incombenze in bagno, io non avevo nessun bisogno in quanto il mio uccello era ancora in erezione, fatta colazione , mi rifilò nuovamente la borsa in mano, e si avviò a passo deciso verso la macchina, “ allora stai bene? Guiderò altre due orette poi ci fermiamo in un posto che devo fare degli acquisti.” ero ancora in tensione per il suo tono precedente, “va bene zia stò benissimo”. Le domande si facevano un po’ imbarazzanti voleva sapere se avevo la ragazza, se preferivo lo sport oppure la discoteca, ma le faceva con noncuranza senza badare tanto alle mie risposte, in mezzo però ne arrivò una che non mi sarei mai aspettato, “ ti piacciono le mie gambe vero?” non ero sicuro di aver capito bene, e la mia faccia deve essergli sembrata ridicola perché si mise a ridere, “lo so che ti piacciono è da quando siamo partiti che non le perdi di vista “ e continuò a ridere di gusto, io non sapevo cosa rispondere il rosso del mio viso doveva essere spaventoso, “allora se vieni così rosso, cosa devo pensare, non ti piacciono e ti ho messo in imbarazzo” cominciai a balbettare “no no non mi mi piac piacc piacciono” lei rideva divertita, “dai se dobbiamo stare insieme tutto questo tempo non devi essere timido, ci penserò io a svegliarti un po’, almeno saprò come passare il tempo.”
Arrivati alla casa al mare, incominciai a capire che mia zia era abituata a farsi servire, infatti iniziò a dare ordini, e la cosa strana era che rimaneva li a vedere mentre io li eseguivo, “ dai scarica la macchina, anzi prima vai ad aprire casa, accendi il contatore della luce, il gas ed apri tutte le finestre, su muoviti dai” mentre lei si accendeva una sigaretta e stava li appoggiata al muro, non toccò niente, mi guardava e mi diceva cosa prendere prima, dove mettere le valigie, ero sudato marcio.
“ho scaricato tutto zia,” “bene chiudi casa e lascia le finestre aperte che andiamo a mangiare.”
Non sapevo cosa pensare, anche perché arrivati al parcheggio della trattoria si è ripetuta la scena della borsa “allora non voglio ripetermi, portami la borsa ti ho detto” ed il tono vi assicuro era imperativo pesante.
Il cameriere, un ometto sui sessant’anni non aveva occhi che per lei, si capiva lontano un miglio che era attratto completamente, tanto da esagerare anche con dei complimenti, e lei ne godeva, almeno apparentemente “ lei e troppo gentile, mi imbarazza.” poi quando il cameriere si allontanò dopo le ordinazioni lei mi stupì in maniera estrema: “hai sentito stò cazzone, pensa di essere preso in considerazione da me, mi piacerebbe prenderlo a calci nelle palle, così gli faccio passare tutte le voglie.” io annuivo come un cretino “ siccome mi conosce, pensa che perché sono separata, gli sia permesso tutto,” ero sempre più cretino.

La prima sera al mare non la dimenticherò mai, avevamo passato il pomeriggio a mettere le nostre valigie a posto, lei nella sua camera che usava di solito ed io nella mia, la casa è su due livelli lei era al piano terra che sbocca sul giardino e sulla piscina, io al piano superiore, espletate tutte le operazioni mi sentii chiamare corsi subito giù per le scale, e la visione fu esaltante, la zia si era cambiata ed era in bichini, ho meglio era in slip perché mancava il reggiseno, e quelle tette bianche svettavano nel suo corpo leggermente abbronzato, si vedevano i segni del costume, aveva degli zoccoletti di legno con un bel tacco, si vedeva che erano nuovi, il suo culo era bellissimo, per la prima volta le vedevo tutte le gambe, ed erano lunghissime, lei si era accorta che la guardavo un po troppo intensamente “ hei sei imbambolato, dai che devi preparare qualcosa di cena” “io preparare la cena?” E da dove potevo cominciare “ma io zia non so, come faccio” “come fai? Te lo dico io come fai, tu devi solo eseguire, io ordino e tu esegui ok” “ma non so” “facciamo così, io sono la padrona e tu il cameriere” non compresi allora cosa voleva dire io sono la padrona, ma lei in quell’estate riuscì a spiegarmelo benissimo.
Iniziai sotto i suoi ordini a pulire l’insalata, a mettere l’acqua per la pasta a preparare il sugo, era divertente, lei seduta sulla sedia nella cucina al piano terra con le gambe appoggiate al tavolo ordinava con naturalezza ed io eseguivo, quando non facevo come voleva lei, con calma ripeteva ma non si spostava di un centimetro “vedrai che tra qualche giorno sarai un cuoco perfetto, ed un cameriere esemplare, te lo prometto” sorridevo pensavo ancora che fosse tutto uno scherzo.
Poi gli cadde a terra uno zoccolo “cameriere raccogli il mio zoccolo e rimettimelo” per la prima volta la toccai, mi chinai presi lo zoccolo, lei mi porse il piede glielo infilai sfiorandogli il tallone liscio ebbi una sensazione incredibile, e lei naturalmente se ne accorse.
Lei si sedette a tavola, io avevo fatto tutto quello che mi aveva ordinato, la servii della pasta ed iniziammo a mangiare, ormai avevo capito che dovevo fare tutto io, quindi anticipai altri ordini togliendo i piatti e servendo l’insalata, preparai il caffè, lei si accese una sigaretta, “ bravo cameriere ora lavi i piatti, metti tutto a posto,e poi avrai il primo premio, perché sei stato veramente bravo” il primo premio, e che voleva dire, lavai i piatti e rimisi tutto a posto con una velocità estrema, lei andò’ a sedersi in giardino ai bordi della piscina.


“cameriere hai finito?” “si fatto tutto” “allora vieni qui vicino a me” ero già lì, “cosa devo fare zia?” “io sono sicura di averti compreso in tutto, sei un cameriere nato, e sei contento di esserlo, ora ti darò un premio “ non capivo ancora ma pensavo alla fine dello scherzo invece, “stenditi a terra qui vicino ai miei piedi,” ricordo ancora la sensazione mentre mi sdraiavo, perché in quel momento capivo forse cosa sarebbe successo, mi stesi vicino alla sedia, e lei piano piano si sfilò lo zoccolo dal piede destro, ed inizio ad appoggiarlo sui miei calzoni all’altezza del mio uccello “non avevo dubbi, è da stamattina che ce l’hai duro eh’? adesso vediamo come si comporta” iniziò ad accarezzarmi l’uccello sopra i calzoni, poi ogni tanto lo schiacciava un pochino “però sei messo abbastanza bene” io non parlavo “almeno puoi dirmi se ti piace” salivazione zero ”i zia” “ne ero certa togliti i calzoni e le mutande, veloce” ero veramente imbarazzato ma fui un fulmine, quando il mio uccello svettò dalle mutande il suo piede si appoggio sulla cappella già umida, lei iniziò a scappellarmelo usando la pianta del piede, poi si alzò in piedi, e mi portò il suo piede davanti alla bocca “puoi baciarlo” ero in estasi, lo baciai delicatamente, in tutti i punti poi lei me lo forzò in bocca “succhia” e succhiavo disperatamente poi mi diede un leggero calcetto in faccia “fai piano” il piede era tutto umido, lei lo asciugò sui miei capelli, e riprese a strofinarlo sul mio uccello, stavo per venire ma trattenevo il più possibile, allora lei si rimise lo zoccoletto, io pensavo che finisse tutto li, invece riprese questa volta con lo zoccolo, schiacciando più forte, “baciami il tacco” non feci una piega e baciai il tacco, in fondo era quello che volevo, lei mi infilò il tacco in bocca “succhialo” ed io succhiai quanto succhiai, questa volta il calcio mi fece anche male allo zigomo, ma non dissi niente, riprese a schiacciarmi l’uccello, tutto di colpo venni copiosamente sulla mia pancia, uscì tanto di quello sperma come non mi era mai capitato, lei continuava con delicatezza fino alla fine poi sentii il suo piede sulla pancia che mi spalmava tutto lo sperma sulla pelle, e mi porse lo zoccolo da leccare “lecca cameriere, muoviti non vedi come l’hai sporcato” mi stupii di come leccavo il gusto salato era la prima volta che lo sentivo, “ti è piaciuto il regalo? Direi proprio di si, non credere che sarà sempre così, non ci saranno solo premi ci saranno anche le punizioni, ma io so che ti piacciono anche quelle” Ero sfiancato, non riuscivo ad alzarmi, non sapevo cosa dire, lei si era accesa un’altra sigaretta ed era seduta con le gambe accavallate che mi guardava, io ero innamorato di lei.

Non sapevo come comportarmi, ma fu mia zia a togliermi dall’imbarazzo adesso “sei venuto, ed io niente, devi fare qualcosa anche per me” non capivo “dimmi zia “ “vieni qui” mentre mi avvicinavo lei scavalcò le gambe e le aprì davanti a me “vediamo se sai leccare anche lei come i miei piedi” non l’avevo mai fatto, ne avevo solo sentito parlare, non sapevo se avrei fatto bene, mi avvicinai, lei si tolse le mutandine del costume e si vedeva tutto nero, con le dita mi fece vedere dove leccare, “mettiti in ginocchio” la baciai prima più volte poi iniziai a leccare quelle labbra, mi piaceva, mi piaceva davvero, ed anche a lei.
Non so per quanto tempo io ho leccato, ma la lingua iniziava a farmi male, i suoi respiri però mi eccitavano ed allora continuavo, poi lei mi prese per le orecchie e mi forzo contro la sua fica ancora più intensamente e venne per un tempo interminabile, “bravo cameriere, sei stato bravo, penso che ci divertiremo”
Quella sera nel letto non riuscivo a dormire, mi rivedevo tutte le scene, e dovetti farmi ancora una sega, poi mi addormentai.


“sveglia, sveglia cameriere voglio la colazione muoviti, altrimenti vengo a farti alzare a calci nel culo” come risveglio non era male, l’idea che mi prendesse a calci in culo non mi dispiaceva affatto, ero tentato di restare a letto per vedere se l’avrebbe fatto veramente.
Ed infatti spalancò la porta della camera, “allora vuoi sfidarmi” tirò via le lenzuola mi prese per un braccio e mi arrivò il primo calcio, gli zoccoletti di legno facevano male, rideva e picchiava, quasi piano, ma aumentava l’intensità vedendo che io non protestavo per niente, sempre tenendomi per un braccio mi portò fuori dalla camera e mi accompagnò davanti alla scala mentre scendevo mi colpì anche nella schiena, iniziai a lamentarmi “stai zitto cretino questi calci non sono nulla, se volessi farti male veramente urleresti come un aquila,” ero un po spaventato “allora hai capito, io voglio latte e caffè separati, muoviti” un ultimo calcio in una coscia accompagnato da uno sberlone non lasciavano spazio ad altre parole. Ero esterefatto, enello stesso tempo affascinato dal suo comportamento. adesso comprendevo la natura della Zia Sara, lei era una dominatrice nata, le cose erano cambiate, il suo tono era minaccioso, e adesso menava per nulla, di colpo tutto era cambiato se non ero veloce ad ubbidire arrivano sberle, calci pugni a seconda delle situazioni, ma con i calci se la cavava molto bene, mi ero accorto che aveva una coordinazione eccezionale, con entrambe le gambe, ma con il destro faceva più male, anche le sberle facevano male, anche perche erano molto forti specialmente gli scappelloti dietro la testa, cercavo di anticipare tutti i suoi ordini, perché erano sempre accompagnati dalle botte, non era facile da sopportare, perché faceva male, ma io ero eccitato continuamente, ero stupito di stare lì come un ebete a prenderle, non riuscivo a protestare, a scappare “stai imparando eh, a forza di calci impari eh” “si zia” il nostro rapporto era cambiato lei era la mia padrona ed io il suo schiavo.

Ci fu un giorno che di ritorno dalla spiaggia, ci fermammo a prendere il giornale, in una edicola che vendeva un po di tutto comprese scarpe e zoccole, lei si mise a guardare gli zoccoletti esposti “senti, guardali quali ti piacciono” io imbarazzato “non so” “come non sai, quelle che ti piacciono di più, che poi lo sai che le uso su di te” speravo che non avesse sentito nessuno, ma la commessa si girò di scatto, sentivo già la faccia calda, “queste hanno un bel tacco, ma è troppo grosso, meglio più fine vero?” non riuscivo a rispondere, “cosa dici, ne vedi altre che ti possano piacere” la commessa era sempre più interessata “prendi quelle che vuoi zia” risposta sbagliata “dai non fare il timido scegli quelle che preferisci, che stasera le proviamo, queste sono belle, anche se di plastica, pensi che mi stiano bene?” e se le provò mimando dei calci nell’aria, mi si avvicinava, ero sudato cercavo di guardare altrove, “si questi vanno bene non mi scappano, quanto costano?” la commessa con un risolino sarcastico disse il prezzo “va bene le prendo, sei contento, scarpe nuove vita vecchia, per te naturalmente” mentre andavamo via gli dissi “zia così mi fai morire, hai visto la commessa come rideva” “che t’importa mica ti conosce, io faccio come voglio e dico cosa voglio.”
Dovevo stare più attento, perché tutto mi andava a meraviglia, ma in pubblico non volevo che sembrassi il suo zimbello ed il suo schiavo, e poi sempre con le borse, una da donna e la borsa della spiaggia, lei bella libera, che dava ordini, “vai a prendere il pane, prendi anche le sigarette, dai che dopo devi andare al supermercato a fare la spesa” la gente si girava, e vero che sembravo suo figlio, ma l’atteggiamento era alquanto autoritario, e poi ogni tanto la frase “muoviti, vuoi una sberla per svegliarti? Muoviti, guarda che ti prendo a calci” era diventato un po un incubo andare in giro, quindi stavo attentissimo ad esaudire tutti i suoi ordini, ma lei faceva di tutto per riprendermi aveva capito il mio disagio, e si divertiva come una matta.
Sara.61
00domenica 13 maggio 2012 14:58
ok
ora posso continuare
Sara.61
00domenica 13 maggio 2012 15:03
E continuo
Il massimo lo raggiungeva però in spiaggia, dove gli ordini erano asfissianti “vai a prendermi da bere, vai a prendermi un gelato, mettimi la crema sulle gambe” allora, fin che era metterle la crema sulla schiena aveva sicuramente un senso, ma sulle gambe, i vicini di ombrellone erano incuriositi non poco, “stai attento ai polpacci mettila uniforme, dai scemo non vedi che hai le mani sporche di sabbia” e mi tira una sberla, non sapevo dove nascondermi “vai a lavarti le mani imbranato” era l’occasione per allontanarmi, non volevo tornare subito, e mi ero messo davanti ai bagni, me la vedo arrivare imbufalita “che cosa fai vieni,” mi si avvicina mi da una sberla e mi spinge nel bagno, una ginocchiata mi colpisce nei coglioni, per la prima volta mi fa male veramente, mi piego in avanti, lei si sposta nel bagno c’era abbastanza spazio e mi rifila un calcio in un fianco con la punta dello zoccolo, sono caduto, lei mi sale sopra la pancia con i piedi, senza ritegno mi calpesta sul petto, con il tacco mi segna vicino alla spalla, mi infila il tacco in bocca sporco di sabbia, “vedi cosa vuol dire essere sporchi di sabbia, ti piace cretino? Succhia il tacco e poi ingoia la sabbia” avevo la bocca tutta piena di sabbia, e lei stava li a vedere se sputavo “ingoia ti ho detto” troneggiava sul mio petto, ingoiai tutta la sabbia con uno schifo estremo, “bravo, vedrai che la prossima volta stai attento” poi scende mi fa alzare a calci, talmente forti che mi scappano dei lamenti “ahh, zia scusa, scusa ahh,” “alzati cretino lavati e vieni a mettermi la crema” “si zia”. Il dolore alle gambe dove mi aveva colpito era lancinante, un vicino di ombrellone accortosi della mia sofferenza mi chiese “stai bene ragazzo, sei caduto?” “non, no grazie ho urtato il tavolo al bar”

Dopo due settimane non potevo più mettermi il costume, avevo un paio di bermuda azzurre e stavo in spiaggia con quelli, “non hai caldo,” lei rideva “mettiti il costume dai non importa se ti vedono qualche segno” e rideva, le mie cosce ed il mio culo erano una riga unica, lividi e crosticine, si vedeva lontano un miglio che erano dei segni strani. Avevo una riga dietro la coscia destra che mi aveva fatto dandomi un calcio mentre scappavo, mi aveva preso di striscio solo con il tacco, ed il risultato era una riga lunga dieci centimetri che ora aveva una bella crosta.
Il fatto era che avevo anche un livido leggero sotto l’occhio destro, perchè una sberla troppo forte mi aveva segnato, la cosa gli aveva fatto un po dispiacere, ma aveva concluso sarcasticamente con la frase “devo ricordarmi di togliere gli anelli”. In effetti le sberle quando le dava forti ed in maniera continuata, mi lasciavano la faccia rossa, ed anche il collo, tanto che la vicina di ombrellone un mattino dopo una sfuriata della zia perché il caffè era freddo, arrivai in spiaggia “come sei rosso, fatti mettere la crema dalla tua mamma e poi stai sotto l’ombrellone” non dissi molto “grazie signora”

Una sera aveva deciso di andare in un famoso ristorante della zona, dove facevano tutto a base di pesce, la zia era in camera sua che si preparava, e mi chiamò “cameriere vieni a vedere se stò bene così vestita” aveva un abitino colore crema chiaro tutto intero con una cintura in tinta, sopra abbondantemente al ginocchio, perché era tirato su dalla cintura, senza maniche e molto scollato dietro, “cosa dici vanno bene le scarpe bianche” si trattava di scarpe di vernice, che avevo già intravisto, con un bel tacco alto, sembravano nuove, “sai non le ho ancora messe, neanche il vestito” “stai benissimo zia, anche le scarpe sono belle e ti stanno bene ora che hai il piede abbronzato” “bravo, ottima constatazione” mi disse come vestirmi, volle farmi mettere dei calzoni bianchi con la maglietta blu, perché diceva che stavo benissimo,e via al ristorante.
Aveva prenotato un tavolo, a nome Sara, il tipo che ci accolse era probabilmente il proprietario, ci accompagnò al tavolo, un bel tavolo rotondo da due, con la tovaglia che arrivava fino a terra, ordinammo, lei prese anche il vino e per me la aranciata, ci portarono dell’antipasto, e mentre iniziavamo a mangiare, sentii il suo piede compreso di scarpa che si appoggiava in mezzo alle mie gambe, la distanza era giusta lei ci arrivava bene con le sue lunghe gambe, mangiava tranquillamente tenendo il suo piede sul mio uccello che naturalmente stava già indurendosi, e lei, “sei veloce eh, come senti il piedino” mi scappò un risolino, lei forzo con noncuranza il tacco, ed il mio passò ad essere un lamento “zitto” eh zitto mi aveva preso una palla, che era schiacciata nei pantaloni che erano stretti. Non smetteva, ogni tanto cambiava piede, chiacchierava tranquillamente, “ che dici, ti piace mangiare in questo ristorante?” “si zia è molto bello” poi finito il primo mentre si aspettava il secondo mi tirò un calcio in uno stinco, di cui si senti il rumore nitidamente dal tavolo vicino iniziarono a guardarci, lei si divertiva a mettermi in queste situazioni, io facevo finta di nulla, un altro calcio, faceva male veramente “dai zia non puoi qui c’è gente come faccio” “è quello il bello cameriere, è vedere la tua faccia paonazza” pensai di andare in bagno, “vado un momento in bagno” “vai, vai ma non farti seghe eh” disse ridendo, non ci pensavo minimamente, mi era anche tornato molle, una volta in bagno mi accorsi del disastro, stampata sulla mia patta avevo la forma della sua scarpa nitida, sicuramente alzandomi dal tavolo mi avevano visto, tirai fuori la maglietta, ma non bastava, cercai di pulirmi almeno per mascherare la stampa della scarpa, e ci riuscii ma i pantaloni erano tutti sporchi. Tornai al tavolo veloce “zia mi hai sporcato tutti i pantaloni” per tutta risposta risentii il suo piede arrivare “che m’importa, io sono comoda così,” continuò per tutta cena, ed io ero nuovamente in erezione, “ riesci a venire se ti struscio con la scarpa?” “cosa, non ho capito” ma lei aveva già iniziato a muovere il suo piede, chiaramente si vedeva che stava facendo qualcosa sotto il tavolo, io mi guardavo intorno per vedere se c’erano reazioni, “concentrati, altrimenti mi stanco” non riuscivo a concentrarmi, il mio uccello era duro, anzi durissimo, ma non venivo, si stufò “uffa, cameriere volevo farti un regalino” tolse il piede, ma mi arrivò un altro calcio di punto sullo stinco, non vi dico il dolore, prima di andare a pagare andò in bagno, ed io ad aspettarla fuori con la sua borsa in mano, che almeno mi serviva per coprire i pantaloni sporchi, uscì io mi girai, e lei mi appoggio il piede nel culo due volte, cercai di girarmi a vedere, si vedevano nello specchio due belle forme una per chiappa delle sue scarpe, non potevo fare niente, mi sentivo gli occhi addosso, il cameriere aveva visto la scena, mi guardava e rideva, lei mi stappò la borsa dalle mani ed andò a pagare, io uscii di filato senza aspettarla, alcun i risolini accompagnavano la mia uscita, si vedevano nitidamente le stampe della sua scarpa nel culo, a casa quando guardai i calzoni me ne resi conto benissimo, quando fui nel viale fuori la vidi arrivare, come gli fui a tiro un bel calcio nel culo accompagnato da una sberla, meno male che non c’era nessuno, ”perché non mi hai aspettato, ti avevo forse detto di andare,” “ma zia guarda come mi hai ridotto i pantaloni, ridevano tutti, mi vergognavo” un’altra sberla “non importa, sono io che comando, non farlo più” un’altra sberla “Sali in macchina” Faceva l’arrabbiata, “quando saremmo a casa ti darò una bella lezione, così imparerai ad aspettarmi” era tutta una scusa per giocare a punirmi, lo sapevo non mi rimaneva che stare al gioco e vedere cosa si sarebbe inventata.
Sara.61
00martedì 15 maggio 2012 22:01
e continuo....
“Adesso stai fermo in giardino con le mani sopra la testa, fino a che io non ti dirò di muoverti” se ne andò dentro casa tutta adirata, io li fermo, ormai erano già passati 10 minuti abbassai le mani e cercavo di vedere se arrivava, dopo altri dieci minuti la vidi, mi rimisi subito le mani in testa “ti ho visto cameriere, hai abbassato le mani” calcio di punta nella coscia con quella scarpe bianche che avevo già imparato a conoscere nel parcheggio del ristorante il calcio scivolò sui pantaloni ed il tacco fece un bel buco “stai fermo, non ti devi muovere hai capito cameriere del cazzo” iniziò a girarmi intorno, io fermissimo, lei però fece cadere l’accendino, d’istinto mi mossi per raccoglierlo, calcio nel culo devastante, “ti ho detto di non muoverti” adesso mi faceva male veramente, chi si muoveva più, si mise davanti a me e sferrò un pugno in pancia “ahhia, zia ora mi fai veramente male, non è più un gioco” “questo non è un gioco , non è mai stato un gioco, decido io quando farti male o meno, non l’hai ancora capito, questa sera ti farò male, però se vuoi puoi andare a letto scegli tu, e la finiamo qua, domani telefono ai tuoi che vengano a prenderti” era stata categorica, ero impaurito forse era meglio che finisse tutto li, ma il desiderio di perderla mi devastava, “non vado a letto sono il tuo cameriere” non so come mi uscirono quelle parole “ ne ero sicura, allora sei pronto per subire tutta la mia ira” se ne tornò dentro casa e

mentre andava via mi urlò “non ti muovere, mani sopra la testa,” ritornò subito, sigaretta in mano, e l’altra cosa che aveva in mano era una sottile canna di bambù, chissà dove l’aveva recuperata, “togliti i calzoni e le mutande” “no zia, dai con la canna no” “silenzio, hai scelto di restare” tutto esposto mi presi il primo colpo di canna al centro delle chiappe, il dolore fu lancinante “ahhhh, noooo per favore no” altro colpo, cercai di scappare, “rimettiti fermo al tuo posto mani sulla testa” “non ce la faccio zia, mi fai troppo male” ormai piangevo, un altro colpo, saltavo come una rana “non resisti, preferisci che ti prenda a sberle” “siiii, si prendimi a sberle preferisco le sberle” “oppure preferisci che ti prenda a pugni” un altro colpo sempre nel culo “siiiiiiiiii zia prendimi a pugni solo a pugni ti prego” un altro colpo “preferisci che ti prenda a calci” “siììììììì ti prego prendimi a calci, a calci, a calci” “non ce la fai proprio eh “ stavo singhiozzando, mi tenevo il culo con entrambe le mani, e sentivo lo spessore dei lividi, cinque colpi uno vicino all’altro “e va bene basta con la canna, non mi diverte neanche, ti prenderò a calci” buttò via la canna in mezzo all’erba e si mise a prendermi a calci nel culo, proprio sopra i lividi “ahhhh,ahhhh,ahhh, non ce la faccio ahhh,” erano terribili risvegliavano il dolore delle bastonate, vedere le sue gambe in azione era uno spettacolo sublime anche se doloroso, lei continuava, mi inseguiva e picchiava sempre nello stesso posto, “allora mi pregavi di prenderti a calci ed ora ti lamenti, non vale hai chiesto calci e calci avrai”, avevo paura che non smettesse più, mi lasciò il braccio, mi buttai a terra nel prato, stavo piangendo, mi mise il piede con il tacco sull’uccello, stava torcendo il piede, mi faceva veramente male, me lo porse da baciare “bacia” poi mi forzò la punta in bocca, dovetti aprirla, ci infilò mezza scarpa “succhia” non riuscivo a fare nulla, lei spingeva con cattiveria sembrava che i lati della bocca si lacerassero “succhia ti ho detto” ed inizio a muovere avanti e indietro il piede “ sembra che fai un pompino alla mia scarpa” iniziai a leccare, succhiare, “bravo cameriere vuoi vedere che poi ti piace” tirò fuori la scarpa e mi stampò un calcio sotto al mento i miei denti sbatterono tra di loro, mi porse la suola “leccala” era sporca ancora avevo dei sassolini in bocca della sabbia, era uno schifo chissà cosa aveva pestato “lecca ti ho detto, guarda che ti rompo il naso a calci” era capace di farlo, forse non di rompermi il naso ma perlomeno di farmi dei segni in faccia, leccai la suola allo sfinimento, poi fece leccare anche l’altra, poi un calcio con la punta in pieno petto “ahhh” “ora puoi andare a letto cameriere per stasera sei stato servito” mi alzai lentamente quando fui quasi in piedi mi raggiunse con un altro calcio, rideva, era una sadica in quel momento si divertiva. Il mio culo era come disse lei “servito”
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Sara.61
00martedì 15 maggio 2012 22:13
e continuo.......
La notte fu tranquilla, ma al mattino, ero in uno stato terribile, non riuscivo ad alzarmi, erano già le nove e non la sentivo, provai a scendere dal letto, ma camminavo malamente si tirava la pelle e mi faceva male dove avevo preso le bastonate ma anche i calci avevano devastato il mio culo, mi guardai allo specchio, e quello che vedevo era impressionante, avevo delle righe sulle chiappe di un rosso vivo alcuni punti erano insanguinati ero ancora rossissimo, tolsi le mutande sporche di sangue, volevo lavarmi, andai sotto la doccia, anche l’acqua mi faceva male, tamponai per asciugarmi, e in accappatoio andai sotto.
Mia zia era in cucina che faceva colazione “alla buon’ora” aveva preparato tutto lei, “ce la fai a sederti?” non parlavo, volevo fare un po l’offeso “se ti faccio una domanda rispondi, non vorrai che riprenda da ieri sera eh?” “no,no scusa, non ce la faccio a sedermi sto in piedi” “vieni qua fammi vedere sto culo” mi avvicinai slacciando l’accappatoio, lei mi fece girare e toccando i miei lividi disse compiaciuta “però ho fatto un bel lavoro ieri sera eh, dai che con le mutande non si vedrà nulla rimane tutto coperto, per un po di giorni ti risparmio il culo cameriere, sei contento? “ “ si zia sono contento”.
In quei giorni camminare era un calvario, lei diceva che ero persino gobbo, ma vi assicuro che la canna aveva macellato il mio culo.
Ormai era un mese che eravamo al mare, ed in effetti mi aveva risparmiato per qualche giorno, mi aveva lasciato stare, sembrava che non si divertisse più, era cosciente che avevo male, aveva un po rotto il suo giocattolo, però alla sera dopo cena si faceva leccare, dovevo farla venire, almeno due volte, poi lei con noncuranza faceva altrettanto con me sempre con i piedi, a volte nudi a volte con le scarpe, mi prendeva in giro perché ero troppo veloce. I miei telefonavano ogni giorno, lei nelle telefonate mi esaltava come un bravo ragazzo, ed era molto contenta gli facevo una gran compagnia, ed era sicura che mi divertivo, mentre parlava mi guardava compiaciuta, in effetti stavo bene anche se la mia sottomissione avrebbe voluto essere più psicologica ed invece era prevalentemente fisica.
Un mattino mentre preparavo la colazione, che ormai gli portavo regolarmente a letto la sentii chiamare “cameriere sono sveglia muoviti” la trovai in camera in piedi vicino allo specchio, era completamente nuda, aveva solo gli zoccoletti in plastica, che conoscevo millimetro per millimetro, “cosa dici sono ingrassata?” “no zia assolutamente, sei bellissima” mi permisi l’apprezzamento, “ti piaccio veramente?” “si tanto” ed era vero, “oggi non andiamo al mare, voglio fare una bella camminata, mi sembra di essermi un po appesantita”.
Dopo colazione si mise un paio di calzoncini cortissimi di un rosa pallido sull’abbronzatura avevano un effetto grandioso, mise la scarpe da ginnastica senza calze, io altrettanto e partimmo senza meta per fare una lunga passeggiata. Il mio culo era guarito c’erano solo i segni però non mi faceva più male e camminavo bene.
Arrivammo in un sentiero che costeggiava la costa, non c’era anima viva, faceva caldo, ed io camminavo dietro di lei “hai finito di consumarmi il culo con gli occhi” niente di più vero, “cammina davanti a me” così la superai “non mi basta camminare, devo fare un po di ginnastica” e così iniziò il suo esercizio estenuante, un calcio con la gamba sinistra uno con la destra, poi faceva un saltino, non erano calci forti, ma dopo un po’ ero esausto, lei mirava le chiappe con una precisione da cecchino, “vedi questo mi serve per i glutei, li rassoda, poi te li faccio toccare”, poi mi fece fermare in mezzo al sentiero, “dai sdraiati che voglio fare un po di step” mi sdraiai guardandomi intorno, non c’era nessuno, lei iniziò subito il suo esercizio usando la mia pancia, la mia maglietta era già da buttare, a lei non gliene fregava nulla, “ok basta” riprendemmo a camminare, lei era radiosa, sudata con il viso rosso era ancora più bella, perlomeno per me era bellissima, “allora lo vui sentire come è duro il mio culo” mi girai e cominciai ad accarezzarla “puoi anche baciarlo” niente di meglio, in ginocchio dietro di leì baciavo il culo lo leccavo, lei mi teneva per un orecchio, “ti piace eh, basta dai riprendiamo a camminare” Ci fermammo stanchi su di una roccia il mare era uno specchio, mi prese la testa fra le mani e mi baciò con forza esplorandomi la bocca con la lingua, mi stringeva forte a se “ sono contenta, sei il mio cameriere preferito, questa sera un premio speciale.”
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Sara.61
00venerdì 18 maggio 2012 19:32
continuazione
Non vedevo l’ora, e la sera arrivò, siamo usciti a prendere un gelato, io sempre con la sua borsa, lei sempre bella libera, io sbrigavo tutto ricevevo l’ ordine per il gelato “soliti gusti, non sbagliare” ci gustammo il gelato seduti su di una panchina mia zia mi sembrava contentissima, d’improvviso mi stupì “vieni qui assaggia questo gusto,” e me lo passò con la bocca, io rimasi lì “ti piace” “si, si,” “vai a pagare vai,” aveva tenuto i pantaloncini rosa si era messa solo un paio di stivaletti all’indiana senza tacco, ma stava benissimo ugualmente, mentre tornavamo a casa, la domanda che non mi aspettavo “sei ancora vergine?” e che potevo dire, mi ero solo fatto seghe fino ad allora, qualcuna me l’aveva fatta una ragazzina più sveglia di me in discoteca, “ si zia” “allora questa sera rimediamo” mi si apì un mondo, ma iniziai ad avere paura.
Arrivati a casa tergiversai con qualche discorso ma lei tagliò corto “dai vai a farti la doccia io faccio altrettanto, appuntamento in camera mia” la doccia più lenta della mia vita, tanto lenta che lei arrivò da me “allora te lo stai consumando, ti muovi o no” misi l’accappatoio, e scesi le scale con lei, mi prese con la mano l’uccello e mi tirava, lui non voleva saperne di irrigidirsi, poi si fermò in fondo alle scale, mi fece girare verso di lei e con il ginocchio e la coscia iniziò a strusciarsi, e lui cresceva “iniziamo, pensavo di non piacerti più” non riuscivo a parlare, mi spinse avanti verso la sua camera, e li’ iniziò la mia prima volta, mi fece sdraiare sul letto ed iniziò a baciarmi sul petto, si tolse l’accappatoio e scese sempre più giù era la prima volta che mi baciavano l’uccello ed era bellissimo, iniziò a succhiarmi, lo scappellava con la bocca, poi succhiava la cappella lo leccava con la lingua come fosse un gelato poi si fermò “non venire eh mi raccomando” riuscii solo a muggire, poi lei mi guidò dentro la sua fica che era bagnatissima, la cosa la eccitava tantissimo riuscii a farla venire muovendomi piano perché ero già al limite, ma anche lei era vicina altrimenti non ci sarei riuscito, cercavo di uscire ma lei mi trattenne “tranquillo sono protetta”, non mi muovevo più lei si rilassò e mi spostò di lato “sei contento cameriere, non sei più vergine” “grazie zia è stato bellissimo” ci addormentammo entrambi.
A ferragosto ci raggiunsero i miei per tre giorni, la zia il giorno prima controllò la mia camera, che fosse tutto a posto, smise di darmi ordini, fece lei da mangiare, ed anche le pulizie, che fino ad allora me le aveva fatte fare a suon di calci, perché si divertiva a farmi scopare e lavare per terra, e quando gli passavo vicino mi tirava un calcio, o mi dava una sberla incitandomi “e muoviti cameriere, pulisci sta casa per bene” poi trovava le scuse più strane, tipo “ti avevo detto di lavare i vetri della credenza” cosa che non era assolutamente vera, “no zia non mi pare” “non ti pare, guarda come sono sporchi” e mentre vado a guardare giù sberle “dai guarda bene cameriere del cazzo” altre sberle. Si divertiva tantissimo, a farmi pulire il bagno che usava lei, che era anche il più grande, “vieni cameriere, devi dare una pulita al bagno su” iniziavo dall’enorme specchio poi i sanitari, con il disinfettante, perché le piaceva sentirne l’odore, dovevo lavare il pavimento con una spugnetta, piastrella per piastrella, con lei accanto che mi diceva: “insisti deve brillare, io ci cammino a piedi nudi, mica vorrai che mi prenda delle verruche, poi tu li lecchi e te le prendi in bocca,” la cosa mi faceva tremare, così pulivo meglio che potevo, naturalmente lei trovava le scuse per picchiarmi, “guarda che dietro al bidè non hai pulito” e mi schiacciava con il piede sul collo per farmelo vedere da vicino, “sei proprio imbranato” la mia faccia era sul pavimento e lei premeva sull’orecchio, avvitando il piede scalzo, l’orecchio mi bruciava, ma lei non smetteva, anzi voleva che pulissi in quella posizione, “dai sfrega con sta spugna, muoviti” era difficile, non ci vedevo neanche, allora si allontanava per darmi un calcio, io subito pulivo, ma il calcio arrivava ugualmente e dove prendeva prendeva. In questo modo tenevo pulita tutta la casa, perlomeno la parte che usavamo. Però con la presenza dei miei tutto era cambiato e la Zia mi trattava solo da nipote amatissimo.
Mia madre entrò in bagno mentre mi stavo lavando i denti e si accorse dei segni nelle gambe, meno male che ero in mutande, perché nel culo si vedevano ancora i segni delle sferzate, “cosa hai fatto, sei tutto pieno di righe” “niente sono caduto nei rovi mentre giocavo a pallone” ed in fretta cercai i calzoni per coprirmi, “ma qui hai un livido, hai fatto a botte?” “ no e che sono caduto sopra ad un sasso” mi defilai in fretta. I miei mi infastidivano erano sempre in mezzo non vedevo l’ora che ripartissero, ma la zia un mattino dell’ultimo giorno della loro presenza trovò il modo di darmi una bella ripassata, dovendo stendere i panni nel terrazzo mi chiamò “ mi aiuti con il cesto della biancheria che devo stenderla?” andai subito dietro di lei, “tieni il cesto, e le pinze” tenevo il cesto con le due mani, allora lei il cestino delle pinze me lo mise in bocca dal manico, “stai fermo così” prendeva un capo due pinze e stendeva, il cesto era pesante ed io lo abbassavo ogni tanto, appena succedeva mi dava un calcio nel culo per raddrizzarmi “stai fermo ti ho detto” ero contento di quel giochetto, era eccitante, era ripresa la nostra situazione incredibile, lo facevo quasi apposta ad abbassarmi, anche quando il cesto era ormai vuoto, e vedere la sua gamba scattare mi eccitava da morire. Poi guardando i panni stesi mi disse “li ho messi male, voglio che ogni capo abbia le pinze dello stesso colore, su muoviti metti a posto” iniziai a spostare le pinze, dopo dieci minuti era tutto a posto “bravo cameriere, vai a riporre il cesto e portami le sigarette”. Arrivato mi fece mettere a quattro gambe, mi salì sulla schiena, si accese la solita sigaretta, “questi tre giorni ho lavorato troppo, questa sera dopo cena i tuoi se ne vanno finalmente” anch’io ero felice della loro partenza “dai fammi fare un giro, cavallino ” così mi si mise a cavalcioni ed io feci il giro di tutto il terrazzo, “sei proprio un bel cavallino” non era facile sopportare il suo peso, ma lei non gravava totalmente, perché appoggiava un pochino i piedi a terra, “ti piace fare il cavallino eh senti che dolce peso, hai una bella amazzone da portare in giro, e parla dimmi quanto sei contento” sforzandomi “si sono contento” “sei contento bravo, allora continua,” e mi spronava con i talloni sotto la pancia, poi scese è continuò a farmi girare a carponi “ dai gira un po’ da solo che voglio guardare il tuo portamento bel cavallino” ed io giravo, e le ginocchia mi facevano già male “trotterella bene”e continuava prendendomi a calci nel culo, “più in fretta, adesso mi sembri più un cagnolino che un cavallo, alza la gambina fai la pipì Fido” non mi sembrava il caso, ma un calcio più forte mi fece cambiare idea in fretta “ho detto fai la pipì” mimai il cane che alza la gamba e piscia “bravo Fido, adesso abbaia” non ci pensavo nemmeno, ma i calci che arrivarono con le zoccolette di punta più che abbaiare mi fecero ululare, le mie ginocchia erano rosse ed in alcuni punti sanguinanti, “fermo, lo sai che sei proprio un cagnolino ubbidiente, se fai il bravo poi ti porto anche in giardino “ mi fece girare sulla schiena ed iniziò il calpestamento meticoloso del mio petto, “adesso da cagnolino sei passato al rango ti tappeto, contento?” mi mancava il fiato “ho detto sei contento di fare il tappeto?” “siii siii zia”faceva attenzione a non usare i tacchi, il suo era un calpestamento meticoloso, non era per niente pesante resistevo benissimo, ma quando appoggiava un tacco erano dolori lancinanti, poi si soffermò sull’uccello lo schiacciava e lo faceva uscire dai pantaloni, mi schiacciava le palle, mi forzava con la punta della scarpa proprio nel buco del culo, sembrava volesse entrare, e mi dava dei calcetti proprio nel buco del culo, sempre più velocemente era eccitante e doloroso nello stesso tempo, “ok basta, altrimenti vieni” con un calcio nel fianco mi ordinò di alzarmi e di ricompormi, “mettiti un paio di calzoni lunghi che se tua madre ti vede le ginocchia, gia mi ha detto che non sa dove ti ho lasciato giocare e sei caduto nei rovi”.
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biondook
00sabato 19 maggio 2012 13:53
Great!
Fantastico...ho solo cominciato la prima parte per ora. Uno dei miei sogni erotici storici e preferiti messo su carta. Grazie!
Sara.61
00domenica 20 maggio 2012 10:34
continuazione
I miei se ne andarono, tutti felici e contenti che stavo bene con la zia, ed io ero più felice di loro, li accompagnammo fino alla macchina li salutammo, e appena girarono la curva del viale mia zia mi disse “bene siamo di nuovo soli, riprendiamo il lavoro, cioè tu riprendi il lavoro, sparecchia e lava i piatti, io voglio leggere un po” felice come non mai ripresi le faccende, poi gli portai un caffè lei era seduta in giardino e leggeva un libro, bevve il caffè “prendimi una sigaretta” le porsi la sigaretta e l’accendino e mi guardai intorno per cercare il posacenere “lascia, fammi tu da posacenere con la mano, ti metti qui in ginocchio e tieni la mano aperta” fui pronto, ma mai avrei pensato che sarebbe arrivata a tanto, faceva cadere la cenere nella mia mano, ma non c’era problema non sentivo niente dovevo solo stare fermo, mi eccitava questa posizione così servile, finita la sigaretta, mi prese il mento fra le mani e guardandomi negli occhi mi sputo sulla mano e ci spense la sigaretta, “ahhh, sei matta” il mio urlo la fece sobbalzare, ero più sorpreso dal suo gesto che dal dolore, mi rifilò una sberla “io matta, che cazzo urli scemo, se ero matta non ti sputavo nella mano, te la spegnevo così, come farò di sicuro la prossima volta” scappai in cucina a mettere la mano sotto l’acqua.
Quel gesto mi aveva fatto paura, lei poteva fare di tutto potevo aspettarmi di tutto, la mano era segnata al centro da una bella bruciatura, ma lei non disse niente anzi mi ordino di prendergli da bere, quando le fui davanti mi guardava ridendo “ti ho fatto male?” “si zia” lei con noncuranza “non è nulla stai tranquillo, domani è già passato” stavo li in piedi ad attendere i suoi ordini che non tardarono ad arrivare “dai stenditi sotto i miei piedi che devo finire il libro” e la serata finì così io steso lei con le gambe accavallate che mi schiacciava l’uccello mentre continuava a leggere, ogni tanto cambiava piede e posizione, il tacco mi segnava la carne con dei circoletti perfetti speravo che mi facesse venire, ma non fu così dopo un bel po’ si stancò di leggere “ vai a letto cameriere, domani andiamo al mare”
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cuccioloindifeso
00lunedì 21 maggio 2012 14:26
bellissimo.... sempre + eccitante
Sara.61
00lunedì 21 maggio 2012 19:09
continuazione
Ormai eravamo abbronzati tantissimo, e lei era stupenda si metteva dei capi bianchi e l’abbronzatura risaltava, era sicuramente l’attrazione dei vari uomini che frequentavano il bagno, sono sicuro che a lei piaceva provocare, un mattino mentre eravamo al bar della spiaggia lei leggeva seduta sullo sgabello davanti al bancone le sue gambe in primo piano erano fantastiche, giocherellava con le zoccolette facendole dondolare, perché sapeva che io la stavo guardando, poi ne fece cadere una “raccogli e rimetti su” io velocissimo, in quel momento si avvicino un uomo sulla trentina, un bel tipo, che l’avevo notato era da un po che la guardava facendo finta di leggere un quotidiano, le chiese di accendere “scusi signora ha mica da accendere?” lei senza guardarlo mi ordina, “dagli l’accendino, è nella borsa” lo presi dalla borsa, il tipo cercò di attaccare bottone, “dove ci siamo già visti, forse a Milano?” mia zia era già infastidita “non credo non vado mai a Milano” il tipo continuava, con altre domande lei non rispondeva più “ok la sto infastidendo, me ne vado” “ si bravo vai togliti dalle scatole” il tipo volle dire ancora la sua “non è proprio gentile la tua mamma” stavo per rispondere, ma non feci in tempo, la zia posò il giornale che stava leggendo “se non te ne vai ti rompo il culo, hai capito stronzo” il tipo adirato “ma che cazzo dici puttana” in quel momento la gamba della zia scattò, lui era messo bene proprio chinato davanti a lei, io avevo notato conoscendola che stava già preparando la gamba, si era girata leggermente ed irrigidita, stava prendendo lo slancio con la gamba destra, ormai sapevo il suo modo di prepararsi a colpire, il calcio con il collo del piede arrivò perfetto sulle palle del tipo, che cadde in ginocchio sorpreso gemendo “ohhh” lei era già pronta a colpirlo di nuovo, la gente si girò di scatto perché aveva sentito il colpo ed il gemito, anche il bagnino che era sulla porta arrivò subito, “cosa succede” il tipo rantolando “questa puttana mi ha dato un calcio nelle palle” mia zia stava per colpirlo nuovamente ma il bagnino se ne accorse e la fermò “stia calma signora per favore” la zia si calmò uscimmo dal bar tra i commenti dei presenti, “ hai visto che calcio gli ha dato,se non arriva il bagnino quella gliene dà ancora” “quella mena, l’altro giorno ha preso a sberle il figlio” “non è suo figlio è il nipote”. Dal mattino dopo cambiammo bagno. Ero allibito dal suo comportamento, non aveva paura di nulla, e glielo dissi “zia quello poteva reagire, perché l’hai colpito” “non mi piace essere chiamata puttana dal primo stronzo che capita, e poi cosa reagiva, potevo dargliene ancora quello non si alzava più, lo sai che una volta vicino a Firenze in una stradina di campagna dove si andava piano piano ho tamponato l’auto davanti che aveva frenato di colpo, e sceso un ragazzo sui vent’anni, me ne ha dette di tutti i colori, e le macchine non si erano fatte quasi niente, io sapevo di avere torto, e stavo tranquillizzandolo, ma quello continuava, “brutta stronza non ci vedi incapace di una puttana” allora sono scesa dalla macchina, era inverno avevo un bel paio di stivali di cuoio mi sono tirata su la gonna e mentre lui mi guardava le gambe gli ho stampato un calcio nelle palle si è piegato in due come un sacco di patate ed allora indietreggiando un po’ gliene rifilo uno in testa che solo il rumore mi aveva spaventato, l’ho preso in pieno su di un orecchio, questo non contento, si rialza, io gli dico è colpa mia stai calmo e non insultare, lui niente mi rifila una sberla, mi prende in pieno, cerca di darmene un’altra ma perde l’equilibrio e cade per terra, mi sanguinava il naso copiosamente, non ci ho visto più, ho iniziato a prenderlo a calci, gli giravo intorno e colpivo alla cieca mi sono fermata solo quando ho visto che era una maschera di sangue anche lui probabilmente gli avevo rotto il naso, è rimasto li per terra, non cera gente l’ho lasciato li, ho fatto un po di manovre con la macchina e me ne sono andata, era talmente cotto che non ha neanche preso il numero della targa, perché non mi ha cercato nessuno”. Non so se il suo racconto fosse vero o meno, ma ormai conoscendola ci credevo “certo che sei una forza”.“sono sempre stata, un mezzo maschio, facevo a botte già alle elementari, poi lo sai che giocavo a pallone, ho fatto sempre sport, ma il calcio mi ha aiutato fisicamente tantissimo, ai miei tempi non c’erano squadre femminili, così giocavo con i maschi, e ti assicuro che litigavano per avermi in squadra”
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Sara.61
00martedì 22 maggio 2012 21:12
ricontinuo
Stendere i panni era diventata un abitudine, dopo l’ultima volta quando c’erano stati i miei, lo voleva fare lei, quindi io sempre pronto con la cesta, ma lei aveva aggiunto delle varianti, non dovevo sbagliare il colore della pinza, mi aveva fatto mettere la cesta a terra, e dovevo tenere il cesto delle pinze dietro la schiena lei prendeva un capo, io una pinza senza guardare, servivano due pinze per capo, se la prima era gialla, la seconda doveva essere dello stesso colore, quindi maglietta,prima pinza verde, seconda pinza rossa “sbagliato” sberla, seconda pinza rossa “sbagliato” sberla, e così andava avanti, metto la seconda pinza giusta, “bravo” e finge di darmi un calcio nei coglioni, io mi sbilancio e tutte le pinze per terra, spalmate per tutto il terrazzo, stò per raccoglierle, “fermo, adesso ne prendi una per una con la bocca e le rimetti nel cestino” una ginnastica estenuante, avevo capito cosa voleva fare, tutto il mio lavoro era accompagnato dai soliti calci, questa volta usava tutto il mio corpo, meno male che non picchiava forte, però fianchi culo gambe , la schiena con il tacco, in faccia sul collo, me ne arrivavano dappertutto, mentre stavo per posare la pinza, mi faceva perdere l’equilibrio spingendomi e non centravo il cestino “allora sei un incapace non centri neanche il cestino” lo risvuotava completamente, e riprendeva lo fece tre volte lei si divertiva, poi il solito giro finale del terrazzo, con lei a cavalcioni “ti è piaciuto il giochetto, cavallino” “si zia, “ mi faceva male la schiena, mi aveva dato dei calci di punta, e probabilmente più volte nello stesso punto, ma lei era insensibile “vai a prendere la sdraio e mettimelo qui, prendi anche la crema” facevo fatica a camminare, ma non mi fermavo , lei era già nuda, voleva togliersi un po il segno del costume, “spalmami la crema, non lasciare neanche un centimetro” era un operazione bellissima, dovevo insistere nelle tette e nel culo, che erano ancora bianchi “non metterla nei piedi perché me li devi succhiare, succhiami una ad una le dita dei piedi, mentre prendo il sole, vedi come sono rosse a forza di prenderti a calci mi faccio male io” succhiarle le dita era la mia passione, anche se quel mattino a dire il vero aveva i piedi un po sudati, lo smalto bianco che portava sempre era un po consumato, lei diceva anche per i calci che mi dava. Dopo circa un quarto d’ora si stufò “cosa facciamo cameriere? Inventa un gioco dai” non sapevo cosa inventarmi, ci pensò lei, “va be, andiamo in piscina qui fa troppo caldo” la piscina in giardino era un luogo completamente riparato, ma solo ora lei prendeva il sole nuda, riportai giù il suo sdraio preferito, e mi misi seduto sul bordo della piscina, non la sentii arrivare da dietro, con un piede mi spinse in acqua, io risalii e lei come mi rimettevo in piedi mi ributtava in acqua cinque sei volte, “facciamo una cosa, tu ti metti sul bordo come se fossi ai blocchi di partenza, ed io prendo la rincorsa e ti spingo” mi misi in posizione, come se stessi per tuffarmi, ero in attesa della sua spinta lei però continuava a prendere la rincorsa per darmi un calcio, e non una spinta, infatti arrivò una botta incredibile. Ma mi prese anche le palle,e le prese in pieno, caddi in acqua, ma lei si accorse che il dolore non mi faceva nuotare, e si buttò subito per sostenermi, Tutti e due fuori, lei rideva “che calcio eh?” “tremendo zia, un dolore pazzesco” “dai non te la prendere, con tutti i calci che ti sei preso è il primo che ti arriva nelle palle, fino ad ora sei stato fortunato”
Quella sera a cena mia zia bevve un po troppo, ed era sicuramente ubriaca, gli ordini erano i più stupidi, “cameriere fammi da posacenere, cameriere spostami la sedia, cameriere non starnutire” e poi rideva continuamente, ad un certo punto mi chiamò “cameriere vieni qui davanti a me, e mettiti in ginocchio” era seduta sulla sedia aveva la sigaretta, e questo la rendeva pericolosa, invece mi arrivò una sberla, e dopo un’altra, “ stai fermo che ti faccio prendere un po di colore alla faccia” e continuava con le sberle “ho deciso di punirti cameriere, oggi in piscina non ti sei comportato bene” e giù un’altra sberla, mi faceva male, ma restavo lì, “è meglio che scappi, perché ora ti darò una bella ripassata, avanti scappa cameriere” e mi tirò un calcio nel petto, mentre mi allontanavo la vedevo che si metteva le scarpe da ginnastica, ed iniziò il suo inseguimento in giardino.Mi raggiunse che stavo per entrare in casa, ed iniziò il pestaggio, mi teneva per un braccio e mi dava dei calci ovunque, sberle in faccia, un altro calcio nei coglioni, che mi fece piegare, un calcio in culo che mi faceva raddrizzare, “vediamo quanto resisti” riuscii a divincolarmi e scappare per il giardino, se volevo non mi sarei fatto raggiungere, “è meglio che ti fermi e mi aspetti, altrimenti passerai dei guai seri mio bel cameriere”mi fermai ad attenderla, il suo avvicinamento era trionfale “ metti le mani sulla testa” non i rimaneva che obbedire, “allarga le gambe” non volevo “allarga le gambe ti ho detto” il calcio arrivò nelle mie palle, con un rumore “sciacch” piegato in due mi tenevo i ciglioni con entrambe le mani, un altro calcio prese le mani, io non le avrei mai tolte “metti le mani sulla testa” “no, zia basta non farmi più male ti prego, “metti le mani sulla testa” non volevo farlo scappai, lei mi rincorreva, allora mi stesi a terra lei iniziò a saltarmi addosso, mi spostai e lei quasi cadde “non dovevi farlo a momenti mi rompo una gamba” mi arrivò un calcio nella schiena di punta “basta zia mi fai male” si fermò a guardarmi con aria cattiva, “mettiti a quattro gambe” mi fece tornare vicino alla piscina a carponi, mi dava dei calci nel culo così forti che cadevo, non aveva pietà, ed io ormai avevo paura, si accorse di essere andata un po fuori, senza dire nulla tornò a sedersi.
Sara.61
00giovedì 24 maggio 2012 18:01
Eravamo alla fine delle vacanze l’ultima settimana, fu la più bella e la più dura, ormai il nostro affiatamento era al massimo, mi aveva fatto dormire con lei altre volte ed avevamo scopato, mi sentivo più grande, non volevo finisse mai, pensavo quando sarei tornato a casa alla normalità, quello era il nostro mondo, ma lei secondo me era già stufa, niente la divertiva più, la vedevo più distratta; comunque un pomeriggio dopo aver mangiato al bar della spiaggia, mi mise in un imbarazzo totale, “paga, che andiamo” ero in coda alla cassa, lei si stufava, mi arrivò dietro, e mi lasciò andare un calcio di punta con lo zoccolo al centro della mia chiappa, fortissimo, “ti muovi o no, ti fai passare tutti davanti” i presenti rimasero esterrefatti, io inebetito farfugliavo, lei era già fuori, mi sentivo gli occhi di tutti addosso, un signore anziano “cattivella la mamma eh?” una donna che frequentava il bagno, “non è mica sua mamma”, io , meno male che toccava a me , pagai veloce e via fuori, “zia, tu sei matta” ”e tu sei rosso, non devi vergognarti, ormai sei abituato” tutti ci guardavano ancora, ci avviammo verso l’ombrellone, lei rimase indietro e mi diede un altro calcio in culo, di corsa andai alle sdraio “dove corri, tanto lo sai che ti prendo” arrivata di fianco a me mi porse il piede nudo “bacia” meno male che a quell’ora la spiaggia vicino noi era poco frequentata, mi guardai intorno e baciai il piede “bravo, oggi ho voglia di picchiarti, andiamo a casa” non dissi niente raccolsi tutto lei era già quasi alla macchina, durante il tragitto mi eccitò tantissimo con le promesse di quello che mi avrebbe fatto, “che ne dici facciamo un po di calpestamento del cameriere, poi facciamo un po di allenamento al pugilato, ed infine giochiamo a calcio, o meglio io gioco a calcio, e tu fai il pallone, che te ne pare mio bel cameriere” stavo sorridendo “che cazzo ridi, vedrai che tra un po non ridi più”.
Arrivati lei fermò la macchina e scese subito se ne andò in casa, io scaricai tutto, entrai anch’io, lei non c’era, stavo svuotando le borse ed arrivò, aveva solo le mutandine e si era messa gli stivaletti senza tacco all’indiana, aveva un atteggiamento di sfida, “comincia pure a scappare” e così feci, ma mi prese subito ero ancora in casa, iniziò il pestaggio, pugni in pancia sberle, mi teneva per un braccio, calci in pancia ginocchiate, però non forzava “difenditi, dai difenditi” cercai di colpirla con un pugno leggero, le toccai un fianco, per tutta risposta una sberla che mi fece cadere, mentre mi rialzavo un calcio nel fianco, sentii un dolore alle costole, pensai questa volta me le ha rotte, ma non avevo tempo di pensare perché mi saltò addosso, mi teneva le braccia ferme con le gambe e mi prendeva a sberle, e picchiava decisa adesso “basta mi fai male” “non ridi più cameriere” mi prese per le orecchie, e me le tirava da cattiva “te le strappo?” “no zia fermati dai” mi fece rialzare, mentre lottavamo avevo urtato il bancone della cucina, tutto lo zucchero del contenitore era per terra, lei se ne accorse “guarda cosa hai fatto demente, vai a prendere scopa e paletta pulisci tutto” tornai con il necessario, “scopa tutta la cucina” non era facile, perché continuava a prendermi a calci, uno mentre avevo la paletta piena, mi fece cadere nuovamente lo zucchero, “allora sei scemo” e giù alti calci sberle, ormai ero rintronato, riuscivo solo a supplicarla, si fermò, meno male che aveva tenuto quegli stivaletti morbidi, perché con altre scarpe mi avrebbe rovinato, “non crederai mica che sia finita quà, oggi è così sono tutti cavolacci tuoi, la zia è incazzata, e non chiedermi perché, non lo so”
Avevo un po di paura, anche perché avevo male dappertutto, sarebbe stato meglio una sosta, ma lei era lanciata in questa specie di suo allenamento, si tolse gli stivaletti, “leccami i piedi dai” seduta comodamente sul divano mi porse i piedi, meno male una tregua, leccavo e sentivo l’odore acre del sudore e della pelle degli stivali, ma andava bene, solo che lei ogni tanto mi forzava il piede in bocca, e se non l’aprivo bene mi dava dei calci in faccia, tanto che alla fine mi fece sanguinare il naso, allora si fermò anzi corse in bagno prese il cotone per tamponarmi, e mi mise sul divano disteso, “stai fermo li che ti passa” e si sedette tranquillamente sulla mia pancia, ogni tanto controllava se il sangue smetteva, io l’amavo ero pazzo di lei, per me era bellissima, ero contento della posizione, e lei si accorse che l’avevo duro, si alzo e me lo prese in mano, poi si accovvacio e mi fece il pompino più lungo che una donna mi abbia mai fatto, senza mai toccarlo con la mano, venni e lei si prese tutto in bocca continuando a succhiare, alla fine mi faceva male l’uccello “piaciuto”, piaciuto e chi parlava.“Bene fine del premio, riprendiamo con le punizioni, finisci di pulirti il naso, e vai a prendermi i sandaletti blu”
I sandaletti blu non li avevo rivisti dal giorno del nostro arrivo, li trovai in bagno nella scarpiera, erano molto belli, “hei cameriere, visto che li dovrai leccare è meglio che gli dai una pulita” ci misi tutta la mia cura li lavai perfettamente e mi veniva duro solo ad averli in mano, “vieni infilameli” gli tolsi gli stivaletti, e gli infilai i sandali mentre gli accarezzavo i piedi fantastici morbidi e lisci, lei mi mise subito un piede in faccia e un tacco in bocca “lecca cameriere” mentre gli succhiavo il tacco lei con l’altro piede mi esplorava il viso passandomi la suola dappertutto, poi sempre con un tacco completamente in bocca mi dava dei calcetti in faccia, uno di tacco sullo zigomo, un altro sull’altro zigomo, “che dici cameriere di faccio due ricordini” “no zia , in faccia no” “allora dove lo vuoi un ricordino, tra qualche giorno non ci vedremmo più” pensavo scherzasse, “ti ho detto dove vuoi il ricordino, scegli velocemente, altrimenti scelgo io” non sapevo cosa dire, poi pensando rapidamente dissi “su di una coscia zia” “bene preparati, chiudi gli occhi” non avevo nessuna intenzione di chiudere gli occhi, lei si mise in piedi “chiudi gli occhi, e sdraiati “ mi sdraiai ma gli occhi feci solo finta di chiuderli, ma lei lo sapeva, quindi iniziò a girarmi intorno senza fare nulla “stai fermo, altrimenti ti fai male, se stai fermo avrai il tuo ricordino per qualche settimana, così ti ammazzerai di seghe guardandotelo” continuava a girarmi intorno, in modo che non capissi quando partiva, e poi non sapevo cosa voleva fare, immaginavo comunque qualcosa con il tacco, partì il calcio di destro, aveva preso la misura in modo di colpire la mia coscia di striscio con il tacco, ma non credo immaginasse il risultato “ahhhhhhhhhhh, “ che male ragazzi, il risultato fu una riga di cinque sei centimetri sulla mia coscia destra, a profonda si vedeva la pelle viva, mi bruciava, lei ci mise sopra il piede schiacciando, “stai li che ora passa”, invece di protestare mi misi a baciarle la gamba il polpaccio, lei mi mise un dito in bocca da succhiare “bravo il mio cameriere”Il segno in effetti durò due mesi, naturalmente sbiadendo piano piano. “vai in cucina, nel frigo c’è del gelato prendilo” in effetti c’erano delle coppe di gelato alla amarena, ne presi due con due cucchiaino, si era seduta comoda con le gambe accavallate, era sempre un bel vedere, “mettiti qui davanti a me, dammi una coppa con il cucchiaino, tu tieni la tua in mano, il cucchiaino non ti serve, stai li in ginocchio” iniziò a mangiarsi il suo gelato “ aprila” stavo li con la coppa di gelato in mano, davanti alle sue gambe, come un cretino in adorazione, lei infilò il tacco della scarpa destra nella coppetta riempiendolo di gelato “tienila ferma fesso, lecca, mangia il tuo gelato” e mi offriva il tacco da leccare, avevo capito come mangiarlo, succhiavo quel tacco all’amarena, mai nessun gelato era stato più buono, “lecca bene cameriere del cazzo” succhiavo come un pazzo, il mio uccello stava per scoppiare, poi il gelato iniziava a sciogliersi, “toglimi la scarpa” fatto, lei immergeva l’alluce e me lo porgeva, “ti piace eh” eccome se mi piaceva poi entrava con tutto il piede nella coppetta, allora io leccavo tutto il piede, “non toccarmi lecca e basta”, avrei voluto non finesse mai.
cuccioloindifeso
00venerdì 25 maggio 2012 15:52
anche noi x te...
servetto70
00lunedì 28 maggio 2012 18:01
Re:
cuccioloindifeso, 25/05/2012 15.52:

anche noi x te...




finalmente ho avuto un pochino di tranquillità e sono riuscito a leggerlo tutto in un fiato!!! [SM=x829788]

Sara.61!!!
[SM=g1984777] [SM=g1984777] [SM=g1984777]

Sara.61, 24/05/2012 18.01:

avrei voluto non finesse mai.



Sara.61 ottimo davvero...vorrei anche io non finisse mai... [SM=x829785]
Sara.61
00martedì 29 maggio 2012 13:25
continuazione
Una mattino mi disse che voleva fare delle compere in paese, partimmo con la macchina, ma si fermò in un paese più lontano, davanti ad un grande negozio di materiale per animali, “dai scendi, prendi la mia borsa” come al solito, entrati dentro si mise a girare per i reparti, io non capivo cosa cercasse, poi ad una commessa “buongiorno, vorrei un collare per il mio cane” cadevo dalle nuvole, ma cadevo proprio, “di che taglia è signora” “taglia media, il collare andrebbe bene anche a mio nipote, magari lo facciamo provare a lui” stavo per svenire, la commessa sembrava stupita, comunque tirò fuori un collare di pelle marrone con delle piccole borchie “dai provalo” “no, no zia” “provalo altrimenti ti prendo a sberle” visto come si metteva era meglio assecondare, la commessa ormai era imbarazzata anche lei, provai il collare, lei lo chiuse “si va bene questo, vuoi tenerlo addosso?” “ no ,no che non voglio,” “va be toglilo per adesso, ahh mi serve anche un guinzaglio” la commessa ne prese uno con la catena in ferro e la parte finale con il cuoio uguale al collare “questo sarebbe insieme al collare” “ti piace” tagliai corto “si zia può andare bene” “ah dimenticavo volevo anche un bel osso” mi prese la borsa dalle mani e andò a pagare, “sei contento ti piace il tuo regalo” io ero un uomo morto, adesso la commessa rideva. Usciti gli feci una scenata in macchina, lei per tutta risposta mi guardò per un momento, e poi mi lasciò andare uno sberlone che sbattei la testa sul finestrino “tu non urlare, tu devi parlare normale, non urlare mai con me, potresti farti veramente male capito cagnolino”.
Andammo al mare per tutto il giorno, al ritorno stavo per scendere dalla macchina “fermo, dove vai, mettiti il collare che mi devi fare un po’ il cagnolino” “no per favore, non adesso, dopo cena” “adesso muoviti cagnolino” misi il collare, lei lo chiuse bene facendo entrare la linguetta nell’asola per bene, “stai lì” scese dalla macchina venne ad aprire la mia portiera, e mi agganciò con il guinzaglio, “scendi Fido su,” scesi ma lei mi raggiunse con un calcio dietro al ginocchio “devi stare a quattro gambe, che cane sei , un cane bipede” iniziò la passeggiata in giardino, le ginocchia mi facevano male e quindi non le appoggiavo, “Fido vuoi la pappa, oppure vuoi giocare” “zia andiamo a cenare, poi dopo” un calcio violento nel culo “Fido, tu non devi parlare, devi solo abbaiare, allora facciamo così, un bau vuol dire si due bau vuol dire no ok” non parlavo, un altro calcio “bau” “e vedi come comprendi con le buone maniere, allora vuoi la pappa?” “bau,bau” avevo paura di cosa mi avrebbe fatto mangiare “allora vuoi giocare?” “bau,bau,” un altro calcio “allora sei un cane deficiente devi scegliere, voi giocare?” per disperazione “bau” legò il guinzaglio alla sedia in giardino, e tornò in macchina a prendere l’osso che aveva comprato “sei contento Fido, adesso corri a prendere l’osso”, e lo tirò in mezzo all’erba, mi sganciò il guinzaglio, ma tardavo a muovermi, e lei si stava riavvicinando per tirarmi un calcio, ma l’anticipai, presi l’osso con la bocca, perché ero sicuro che era quello che voleva, e lo riportai tra le sue mani “che bravo Fido” andò avanti per una decina di volte, poi io ero stravolto ma anche lei era stufa. “adesso Fido fa la pipì e la cacca, così andiamo a casa, sei contento Fido?” “bau”, mi riagganciò con il guinzaglio, e lo fece corto, corto per tenere la mia faccia vicino alla sua coscia, in quella situazione pi faceva passeggiare per il giardino, poi lasciava andare il guinzaglio, per poi tirarlo a se nuovamente, il mio collo subiva le conseguenze, poi mi faceva girare a calci sempre tirando il guinzaglio, “sei proprio un cane disobbediente, ma io ti addestrerò bene, lecca la mano alla padrona, su Fido lecca” e mi infilava le dita in bocca da succhiare, le unghie mi graffiavano il palato, il collare mi faceva male, ma lei tirava senza pietà, poi appoggiò il tacco dello zoccolo sul culo, proprio nel centro cercava di penetrarmi, o almeno fingeva, io mi allontanavo e lei mi tirava indietro, mi diede un calcio con il tacco, “whooooahhh” aveva preso l’osso sacro, si spaventò anche lei, caddi di lato, sgambettando dal dolore “scusa Fido, mi è scappato il piede”, però mi tirò giù i calzoni per vedere che danno aveva fatto. Quella sera non riuscivo a stare seduto, la servivo mentre mangiava, sembravo proprio un cameriere da ristorante, le versavo da bere, le cambiavo le posate, allora lei ridendo “non ti siedi?” io con serietà offesa “no zia non mi siedo,” lei rideva “allora mangerai da cane, quale sei” prese il suo piatto con gli avanzi lo mise a terra, “avanti Fido mangia, da cane senza mani, muoviti” non ne avevo la minima intenzione “è meglio che mangi, non vorrei ricentrarti l’osso sacro” misi la faccia nel piatto prendendo dei piccoli pezzettini, allora lei mi posò il piede sulla testa schiacciandomi la faccia nel piatto, c’erano avanzi d’insalata e di pollo, ero tutto unto, lei schiacciava “mangia Fido è buona la pappa” mi fece mangiare tutto, e dovetti anche leccare il piatto “vedi che sei proprio un bravo cagnolino, sembra lavato il piatto”.
La zia raggiunse il massimo della sua estrema fantasia una sera, quando dopo un temporale della madonna, con il prato che era un acquitrino fangoso, decise che dovevamo giocare a pallone, quindi mise due sedie come porta, facendola non più larga di cinquanta centimetri, e dovevamo partendo dall’altro lato del giardino fare gol, “vale tutto, vince chi arriva prima a dieci” facevo un po’ lo sbruffone “hai già perso” “vedremo cameriere, se sei anche un buon giocatore”, mi accorsi subito che non scherzava, la palla ce l’avevo io aspettavo che mi venisse sotto, ed arrivò con un calcio in uno stinco, prese la palla ed andò in porta “uno a zero” “no tu sei pazza così non vale” “ho detto che vale tutto, difenditi, palla tua” iniziai a contrastarla, e finimmo entrambi a terra, insozzati di fango, ma lei non si fermava “due a zero, dilettante” inutile dire che è finita dieci a zero, io non volevo neanche sfiorarla, lei mi menava prendeva la palla e andava in porta, “non c’è gusto fai schifo, devi essere punito” mi buttò per terra e poi mi salì sopra con le scarpette di ginnastica solo per sporcarmi, mi salì in faccia, mi pestava come pigiare l’uva, se cercavo di alzarmi mi ributtava giù, “fermo calcio di rigore” “no zia dai basta” “fermo mettiti sul dischetto, dai fai il pallone” si mise a posizionarmi facendomi raggomitolare, e lasciando naturalmente esposto il mio culo “siamo al novantesimo, calcio di rigore per la Roma batte Sara, il miglior centravanti degli ultimi anni, il gol per la vittoria” e iniziò a prendere la rincorsa “ il pubblico in silenzio, il pallone in posizione Sara alla rincorsa, tirerà di destro o di sinistro chissà” mi arrivò un calcio di destro di pieno collo che mi buttò in avanti disteso, e lei “gool, gool Sara su rigore al novantesimo, la Roma vince lo scudetto”, mi veniva quasi da ridere se non era per il male al culo.
Ormai la vacanza era alla fine, mia zia non picchiava più, era preoccupata dei segni, non aveva pensato a mia madre, “chissà tua madre se ti vede i segni che ti ho fatto, è meglio che tu stia attento per un po’ a non farteli scoprire, sarebbe difficile spiegarli eh” sarei certo stato attento, ma nel collo il collare aveva lasciato dei lividi inspiegabili, io quei segni me li sarei goduti il più possibile.
Tornammo a casa nella prima settimana di settembre, quando la salutai avevo le lacrime agli occhi mia madre era commossa “guarda come ti si è affezionato Sara, vedrai la zia torna a trovarci” lo speravo vivamente, ma non riuscivo a parlare, mia zia si avvicinò e mi baciò sulle guance “fai il bravo, quando torno ti porto un regalo” se ne andò così, per qualche giorno rimasi con una tristezza addosso estremamente visibile, a mia madre raccontai che era perché le vacanze erano finite.
[SM=x829776]
servetto70
00martedì 29 maggio 2012 15:19
[SM=g1558433] Oh!!!...



...ma è poi tornata vero??? [SM=x829779]


e il regalo?


[SM=g1984777] Grazie Sara.61 sempre più intrigante!!! [SM=x829788]
subfeet
00martedì 29 maggio 2012 16:46
Ma questo è una tua esperienza reale o un racconto di fantasia. Solo per curiosità.
Sara.61
00mercoledì 30 maggio 2012 11:04
Continuazione
La zia non tornò, ogni tanto sentivo che telefonava a mia madre, poi verso la primavera successiva, mia madre a cena disse a mio padre “mi ha chiamato Sara, ha un nuovo compagno, si chiama Bruno, anche lui separato, solo che a sessant’anni, dal prossimo mese si trasferisce da lui,” mio padre “magari con questo sta meglio, gli farà da padre” “speriamo, comunque ha già pensato che ad agosto vengono anche loro nella casa al mare” ascoltavo super interessato, chissà com’era questo Bruno, però rivedere la zia al mare, mi stavo già eccitando.
Avevo passato un anno strano, le ragazzine quasi non mi attiravano più, guardavo le donne e fantasticavo, ad esempio ero sicuro che la portinaia del palazzo strapazzasse il marito come faceva zia con me, perché un giorno con l’ascensore rotto mentre scendevo le scale, avevo visto che la portinaia una donna sui trent’anni, non bella ma molto provocante, aveva spinto il marito in casa con un calcio nel culo, chiusa la porta io mi fermai fuori ad ascoltare, ed i rumori erano sicuramente dei calci, e c’erano anche dei piccoli lamenti, e lei che gli diceva “devi imparare, altrimenti ti rompo quel tuo culo flaccido” poi scendeva altra gente, scappai. Un’altra volta li avevo visti arrivare nel seminterrato, lei lo stava riprendendo perché non scaricava la macchina, ed il tono era più che autoritario “ti ho detto che devi mettere tutto a posto prima di mezzogiorno, altrimenti ti riduco in polvere, hai capito brutto stronzo” lui non diceva niente, era pieno di borse, lei gli stava dietro, “se ti sei dimenticato qualcosa ti rompo la testa, sei proprio un imbranato” gli dava dei calci per farlo andare avanti, lui si sbilanciò e gli cadde una borsa,mi fermai per non farmi vedere, lei invece di aiutarlo, ha aspettato che raccogliesse tutto, e mentre era chinato gli mollò un calcio nella schiena da paura, poi lo spinse con il piede dentro all’ascensore, il povero uomo non aveva spiccicato una parola.
Da allora prestavo la massima attenzione, ma non c’erano stati altri episodi, però io fantasticavo su quella coppia, sicuramente l’estate con la zia mi aveva segnato, e la mia sessualità cercava situazioni di sottomissione che non trovavo minimamente con le mie coetanee, rimanevano i giornaletti.
Avevo un amico che ne leggeva una quantità industriale, andavo a casa sua e a volte ne prendevo qualcuno, ne ricordo nitidamente uno dove la moglie giocando a carte con le amiche, si era giocato il marito per un week-end, e l’amica che l’aveva vinto se lo era portato a casa, e lo aveva usato per i lavori domestici, punendolo ad ogni mancanza con una frusta, si faceva leccare gli stivali, e lo trattava come una bestia, era disegnato molto bene. Ne avevo trovato anche uno di una serie di cui non ricordo il nome, in cui l’eroina uccideva i nemici usando solo le gambe e le mani, quindi cazzotti e calci a volontà, quei fumetti stuzzicavano la mia fantasia, ma non avevo il coraggio di comprarli.
Altra cosa che mi affascinava erano le scarpe, in una donna era la prima cosa che guardavo, ed a seconda della tipologia, m’immaginavo la personalità, di solito chi portava i tacchi, aveva anche qualcosa di autoritario, ed io viaggiavo con la mente, oggi con internet avrei capito tutto più in fretta.
Arrivò agosto, io e la mamma era da luglio che stavamo al mare, mio padre era arrivato il giorno prima, e quel mattino sarebbero arrivati la zia Sara ed il suo compagno Bruno.
La macchina era già in cortile scendemmo tutti, stavamo al pianterreno, loro avrebbero utilizzato tutto il piano superiore, perché noi per comodità eravamo di sotto, mia zia sembrava ancora più giovane, aveva una gonna corta a balze era già abbronzata, ai piedi delle infradito le unghie rosso vivo, era bella, io impazzivo per quella donna, lui Bruno, era un omone alto quasi due metri, un bel tipo, non dimostrava gli anni che aveva, forse dieci in meno, era molto simpatico, rimasi colpito dal fatto che zia non mi considerasse quasi per niente, mi salutò distrattamente, baciandomi sulle guance “ciao giovanotto sei cresciuto ancora” ed entrò in casa, Bruno si scaricò la macchina da solo, e questo mi faceva pensare.

[SM=x829779]
servetto70
00mercoledì 30 maggio 2012 11:16
Re: Continuazione
Sara.61, 30/05/2012 11.04:

La zia non tornò,



[SM=x829772] oh no....

Sara.61, 30/05/2012 11.04:

si scaricò la macchina da solo, e questo mi faceva pensare.

[SM=x829779]




[SM=x829779] mi sa che ci saranno risvolti interessanti!!!


Grazie Sara.61 [SM=g1984777]
subfeet
00mercoledì 30 maggio 2012 17:46
Niente [SM=g1558426] ..deve essere un segreto [SM=x1968892]
Grazie per avermi risposto Sara.61 [SM=g7474] [SM=x829789] [SM=x829800]
Sara.61
00mercoledì 30 maggio 2012 17:58
per subfeet
FONDAMENTALMENTE E' VERA IO L'HO AGGIUSTATA UN PO.

subfeet
00giovedì 31 maggio 2012 03:07
Molte grazie !!
Sara.61
00giovedì 31 maggio 2012 10:53
Continuazione
Naturalmente ognuno aveva la sua cucina, e noi usavamo l’entrata dietro casa per non disturbarli, i primi giorni passarono tranquillamente, cercavo di capire qualcosa del loro rapporto, ma non avevamo avuto contatti, se non pochi momenti in piscina, loro andavano sempre al mare per tutta la giornata, il quarto giorno, per estraniarmi un po, andai a prendere il sole in terrazzo, scoprii una cosa sorprendente da un angolo del terrazzo, si sentivano nitidamente le voci che provenivano dalla camera da letto degli “zii”, erano in camera non erano andati al mare “adesso non posso più spogliarmi, mi toccherà stare sempre con la maglietta” era la voce di Bruno, “chi se ne frega, tanto sei rosso come un peperone, ti fa bene non prendere sole razza di un cretino” era la zia, mi sdraiai a terra per capire bene tutto, “questa sera se vuoi andiamo al ristorante, se mi prometti di non mettermi in imbarazzo, e ti comporti normalmente” “lo sai che faccio quello che voglio, se mi va ti metto in imbarazzo e vado anche oltre, posso anche farti leccare le mie scarpe davanti a tutti” “allora niente ristorante” “sbagliato, stasera si va al ristorante, capito cretino” be il colloquio non mi lasciava molti dubbi, la zia si era trovata un bel cameriere da strapazzare, provavo un invidia tremenda.
Mi stavo rialzando quando “cretino, massaggiami le gambe con l’olio che ho comprato, non vedi come sono secche, la crema solare non vale niente, devo chiedere a mia sorella cosa usa” come avrei voluto essere in Bruno, invece immaginavo solo la scena, ”fai piano imbecille” e sentii il rumore secco di una sberla, poi un’altra, era la conferma, lo trattava come pensavo, “allora vuoi fare piano o no?”. Non potevo andare continuamente in terrazzo, perché creavo sospetti, a volte ci riuscivo ma loro non erano nella camera da letto, e non sentivo nulla, una sera dalla mia camera con la porta aperta captai invece un colloquio dei miei, era mia madre che diceva a mio padre “lo sai che Sara è stata fortunata, ha trovato un uomo bravissimo, non gli fa fare nulla, fa da mangiare pulisce, è pieno di attenzioni, sono proprio contenta” “per forza cara, autoritaria come è tua sorella, ho trova un uomo così oppure niente, lei non ha voglia di fare un cazzo, vediamo quanto dura questo Bruno,” “dai non dire così, fin’ora è stata sfortunata, lei di indole è bravissima, hai visto come si è affezionata a suo nipote, sai mi ha detto che Bruno a settembre deve stare tutto il mese in Olanda, lei starebbe qui al mare, ha detto che se vogliamo, terrebbe volentieri anche suo nipote” mi si era aperto il cuore “se lui ci vuole stare va bene, così siamo liberi anche noi, e lui fa tre mesi di mare che gli farà solo bene” certo che mi farà bene, anche un po male, a dire il vero.

Undicesima parte
Il tempo passò in fretta, una sera mia zia mentre aspettava Bruno per andare a cena fuori, seduta in giardino mi chiamò “cosa fai a settembre?” “nulla zia” “tua madre non ti ha ancora detto niente,” “a proposito di cosa” dissi facendo il fesso, “a proposito che sarei sola qui al mare, Bruno va via tutto il mese per lavoro, ed io ho deciso di non rientrare a Roma; allora ho pensato che ho bisogno di un cameriere, quello che ho provato l’anno scorso mi andrebbe bene, cosa ne pensì ? “ io non volevo dimostrarmi troppo felice “penso che ti terrei compagnia volentieri zia” con un tono quasi distaccato,” lo sai cosa ti aspetta si?” ora non potevo sbagliare “si zia lo so cosa mi aspetta, sono felice, di stare con te” “bene, vedrai che domani tua madre ti parlerà di tutto.” In quel momento arrivava Bruno, e lei lo apostrofò malamente “allora cretino, sei peggio di una donna ti muovi o no, cosa cazzo facevi?” Bruno era sicuramente imbarazzato della mia presenza, “niente Sara andiamo pure” e se ne andarono alla macchina, Bruno le aprì la portiera, e lei per tutta risposta prima di sedersi gli tira uno schiaffo, lui non fa una piega chiude e si va a sedere. Infatti come previsto da zia mia madre arrivò, la prese lunga pensando che io avrei fatto resistenza “vero che l’altro anno sei stato bene con zia qui al mare?” ci siamo “si sono stato bene perché?” “la zia sarebbe sola qui a settembre perché Bruno va via per lavoro, e ci terrebbe ad averti per fargli compagnia” non sapevo se mollare subito, quindi “ per tutto il mese mamma?” “eh si tutto il mese” con tono rassegnato “ va be, facciamo tutto il mese”.Bruno partì la sera, i miei sarebbero andati via il mattino dopo, molto presto, quindi mi avrebbero salutato prima di andare a letto, con le ultime raccomandazioni, la zia quella sera mangiò con noi, seduta vicino a me, e quando nessuno vedeva accavallava la sua gamba sulla mia, quel contatto era già molto per me, voleva dire sono qua, sono cavoli tuoi, quando anche mio padre si alzò mi mise una mano sull’uccello, e sentendolo già in tiro mi sorrise compiaciuta, lo strinse fino a farmi quasi male. Poi mi piantò il tacco sul collo del piede, ero in ciabatte, e faceva un male cane, ma non trapelai nessun lamento. Mia madre stava sparecchiando, e mettendo a posto, ma la zia la fermò, “lascia stare faccio io domattina, voi preparatevi, non ti preoccupare” “ oh grazie Sara” io immaginavo chi avrebbe messo tutto a posto. Era mattino, ero già sveglio nel letto ma non avevo nessuna intenzione di muovermi, aspettavo, aspettavo e la voce arrivò urlando “allora siamo svegliiii? Forza che sono già le nove, hai finito di dormire quanto vuoi” io zitto “devo venire a prenderti” la voce arrivava dalla cucina, non mi mossi, e la porta si aprì, “ allora sei pronto, sei ancora a letto” mi venne vicino e mi prese per un orecchio, mi portò in cucina scalzo, “muoviti cameriere, prima metti tutto a posto, poi mi prepari la colazione, latte caffè e due fette biscottate con la marmellata di mirtilli, nel frigo c’è anche il succo, io intanto mi faccio la doccia” naturalmente accompagnò il tutto con un bel calcio nel culo, era il primo dell’estate, ne avevo nostalgia, quante volte l’avevo sognata che mi rincorreva , aveva le infradito, fu quasi piacevole, mi scappò la frase “certo zia agli ordini” “cosa fai mi prendi per il culo” una bella sberla “no,no, scusa, scusa”, “allora sbrigati, quando ti chiamo vieni in bagno” ero felice sbrigavo tutto quello che mi aveva detto, preparai anche le fette con la marmellata, “cameriere vieni” di corsa in bagno, lei era nuda già asciutta, bellissima con i capelli bagnati, “vestimi, la roba è sulla sedia” c’erano costume da bagno, una gonnellina di seta azzurra cortissima a portafoglio, ed una magliettina bianca, inizia dalle mutandine, mentre gliele infilavo lei mi aiutava spostando le gambe, io gliele sfioravo appena, po gli misi il reggiseno, mi stupii quasi della mia capacità di agganciarlo subito “bravo cameriere, sembra che hai sempre fatto questo” poi gli misi la gonna, e lì se la aggiustò da sola vedendo la mia difficoltà, infine la maglietta, “passami le infradito rosse” mentre gliele mettevo notavo gli splendidi piedi con uno smalto rosso vivo, le dita affusolate, i piedi erano morbidissimi, me li porse uno dopo l’altro “piacciono?” “moltissimo” “puoi baciarli” non aspettavo altro li baciai li succhiai, se potevo me li mangiavo, lei rideva divertita,“ quante seghe ti sei fatto pensando ai miei piedi, cameriere eh? dai basta facciamo colazione” con un calcetto su una guancia mi staccò dai suoi piedi, e si avvio in cucina, era una bella visione, si sedette a mangiare, io in piedi “tu non prendi nulla” “no zia” non avevo per niente fame ero solo eccitato, “sono proprio contenta, mio caro cameriere, penso proprio che ci divertiremo, ancora di più dell’anno scorso vedrai”. Partimmo per il mare voleva fare il sentiero a piedi, “prendi tutta roba e mettila in borsa, tieni in mano le zoccole, che quando arriviamo al sentiero le metto altrimenti mi sporco i piedi con le infradito” un paio di zoccole di legno nuove di pacca solo leggermente segnate sulla suola, avevano un cinghietto rosso di pelle, alte sei sette centimetri, ma lei con i tacchi camminava come con le scarpe da ginnastica, mi caricai la borsa a tracolla, la sua borsetta in pelle, e in una mano le zoccole. Arrivati al sentiero era pieno di gente che come noi scendeva al mare, “fermo, mettimi le zoccole” si era fermata su di un muretto, lei non aveva niente in mano, io dovetti posare le borse ed accovacciarmi “puliscimi bene i piedi che ho della sabbiolina” cercavo di non guardarmi in giro, le pulii bene entrambi i piedi con le mani, e gli infilai le zoccole “bacia” mi porse un piede, ridendo lo baciai, facendolo sembrare uno scherzo, “anche l’altro”, e che potevo fare, baciai, due uomini si erano addirittura fermati per vedere cosa succedeva, e lei fissandoli “avete bisogno di qualcosa” uno rispose “no, no signora” “ allora smammare, veloci” scapparono quasi di corsa “bravo cameriere, andiamo” non sapevo se protestare o meno, decisi di stare zitto, raccolsi le borse e le infradito e la seguii, finito il sentiero, arrivati alla sabbia stessa scena, “fermo, mettimi le infradito” meno male che la gente non badava a noi, perché mi fece di nuovo baciare i suoi piedi.
Come primo giorno da soli, era cominciato da dove avevano finito, ma l’atmosfera era diversa, io ero più consapevole del mio ruolo sottomesso, diciamo pure di servo, la vedevo come una dea, mi davano fastidio gli sguardi che gli uomini avevano su di lei, ero geloso, si ero geloso di mia zia. Pranzammo al bar della spiaggia, solo insalata, e gelato finale, ma alle tre era stufa, “cameriere raccogli tutto, che ce ne andiamo, mi sono stufata di prendere il sole, andiamo a farci un giro” come un fulmine raccolsi tutto, lei mi aspettava vicino alle docce, dove c’era una piccola vaschetta per lavarsi i piedi dalla sabbia, mentre la raggiungevo, comprendevo quello che voleva, infatti “ posa tutto lavami i piedi che sono pieni di sabbia, mica posso mettere le zoccole così” lavai i suoi piedini velocemente “fai piano che mi fai male cretino”, sentivo più occhi addosso, ma continuavo, “prendi l’asciugamano, asciuga bene” le infilai le zoccole, meno male che non me li fece baciare, passammo dalla via più lunga per non ripassare sulla sabbia.“Andiamo in paese, voglio comprarmi un vestitino che ho visto in un negozio,” via mirati verso il paese, certo che facevamo pensare, lo spettacolo c’era, lei davanti tranquilla io che arrancavo sotto il sole con le due borse e le infradito in mano, arrivati al negozio mi fece vedere il vestito in vetrina, si trattava di un abito in tessuto jeans senza maniche e molto corto, decisamente da ragazzina, non che a lei non potesse stare bene, “vorrei provarmi quel vestito di jeans che avete in vetrina” la commessa era gentilissima, “certo signora che taglia?” “42” era proprio quello in vetrina, la commessa lo prese ed indicò lo spogliatoio, “vieni anche tu che mi aiuti” si spogliò e si infilò l’abito che in effetti gli stava benissimo, e la faceva ancora più giovane, era decisamente corto, metteva in risalto le sue gambe, “mi stà bene?” “direi benissimo zia, sembra che te lo abbiano cucito addosso” ed era vero, uscì ed anche la commessa commentò positivamente, “lo prendo, faccio che tenerlo addosso, è bello fresco” certo che faceva la sua bella figura, in parecchi si giravano al suo passaggio, sui tacchi le gambe erano ancora più lunghe. Ci incamminammo verso casa, davanti ad una panchina volle fermarsi “fammi sedere che sono stanca” io posai le mie mercanzie, e stavo per sedermi “no, mettiti davanti a me” non capivo “mettiti li davanti alle mie gambe muoviti imbecille cerca di capirmi” davanti a lei alzò la gamba destra e mi appoggio il piede sull’uccello, io come al solito mi guardavo in giro, “voglio vedere quanto ci mette ad andare in tiro” ed iniziò a palpeggiarlo con la suola dello zoccolo, in giro non anima viva, “ohh eccolo, eccolo qua,” cambiò piede, “pensa cameriere, se adesso ti prendessi a calci fino a casa, ti faccio camminare davanti a me, ti do un calcio e tu fai cinque passi, poi ti fermi, ed io un altro, fino a casa, ti piacerebbe?” con tutta la mia onestà le dissi “si zia mi piacerebbe, ma morirei dalla vergogna, ti prego non farlo ti scongiuro” lei era li, con quel suo sguardo perfido “però ti piacerebbe, sarebbe eccitante, li fermo ad aspettare il mio via con un calcio nel culo, il tuo uccello verrebbe ancora più duro, non te li darei forte, ma solo accennati, sembrerebbe un gioco, pensaci” insisteva, “un gioco solo un gioco” “proviamo, però se ti dico fermati…” “eh no bello mio, tu non comandi niente, io non mi fermo perché lo dici tu, il gioco lo conduco io” da li a casa, c’erano due isolati, circa dieci minuti a piedi, si poteva passare per delle traverse, ma sarebbe stata più lunga, ma forse migliore, “ok passiamo per le traverse però” “va bene passiamo per le traverse contento tu, naturalmente avrai un premio” raccolsi la mercanzia, ero pronto. “ fermo, in posizione” partì il calcio “via” andai avanti “ti ho detto che devi contare cinque passi capisci quando ti parlo,” calcio “ uno,due,tre,quattro,cinque” calcio “uno,due,tre,quattro,cinque” calcio, cominciai a contare forte per farlo sembrare veramente un gioco, era eccitante, rimanevo in attesa che lei arrivasse, e sentivo il fruscio del vestito poi il, calcio, e ripartivo, ma una donna come lei vestita in quel modo che prendeva a calci un ragazzino quindicenne che contava i passi mah? Andò avanti così per tutta la via. Meno male che si fermò “ok basta, volevo vedere dove potevo arrivare, non pensavo che avresti accettato questo gioco, sei proprio il mio servo cameriere tuttofare”, mi mise il braccio sulla spalla come fossimo amiconi e ci incamminammo verso casa, “lo sai zia questo abito è veramente eccitante, ti stà benissimo”, dovevo assolutamente dire qualcosa.

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Sara.61
00lunedì 4 giugno 2012 16:03
Dodicesima parte
Arrivati a casa si fece spogliare completamente, “andiamo nel bagno di sopra dove c’è la vasca, non ho voglia di fare la doccia, preparami un bel bagno e che l’acqua sia della temperatura giusta, altrimenti ti disfo la faccia a sberle” preparai tutto, c’erano anche i sali che usava mia madre, lei arrivò, sentì con il piede la temperatura dell’acqua, poi entrò dentro la vasca in piedi “ bene, ora insaponami e lavami tutta,” estasi totale, iniziai dalle spalle, le tette, lei era li in piedi, che troneggiava, il culo le gambe, poi azzardai la sua passerina, “bravo, continua” e io continuavo, quando fu tutta bene insaponata si immerse nella vasca, io continuavo a risciacquarla con cura, me la godevo tutta, “mi vuoi bene cameriere?” io, io, rimasi un attimo poi “io ti amo zia Sara”. L’accarezzavo dolcemente indugiavo sulle sue tette “Prendi la doccia toglimi tutto il sapone” si alzò nuovamente in piedi, io la risciacquai bene, bene, “asciugami senza sfregarmi, falo dolcemente “ presi l’asciugamano e con amore l’asciugai tutta, lei uscì dalla vasca e mise i suoi piedini sul tappeto di spugna asciugai anche quelli, ma mi fermai a baciarli con sentimento, e poi azzardai dei baci sulle sue gambe, non mi diceva nulla, ed allora salii su baciai il suo culo, gli leccavo le chiappe e ancora su fino alla passera, era bagnata di desiderio, lo sentivo, la penetrai con la lingua più che potevo, le misi la lingua anche nel buco del culo, e lei gemeva, io ero felice, la sentivo godere, leccai allo sfinimento, lei alzava una gamba per darmi spazio, poi li in piedi entrai dentro di lei, e la feci venire copiosamente, io niente sempre in tiro, ero fiero di me, lei mi baciò in bocca, poi scese a trovare il mio uccello, ma come lo prese tra le labbra lui venne immediatamente, scoppiammo entrambi a ridere, il mio sperma cadde sul pavimento, e per la prima volta lei usò il termine schiavo. “lecca schiavo di merda, lecca il pavimento che hai sporcato” leccai avidamente sbattendomene che si trattava del pavimento, avevo il suo piede sulla nuca, che mi schiacciava a terra., mi faceva andare avanti e indietro come uno straccio per pavimenti, poi si sedette sulla sedia, “infilami le zoccole, quelle rosse, sono li sotto il mobile” non le avevo ami viste, erano di legno scuro con un tacco vertiginoso e a spillo, ma erano chiuse la parte sopra era di plastica rossa, “queste fanno male schiavo, e io adesso voglio provarle su di te, sei contento?” eh non lo sapevo se ero contento, ma tanto non potevo farci nulla “provale pure zia” non se lo fece dire due volte “ mettiti come al solito a quattro gambe che ti faccio fare un giretto, per tutto il piano” iniziai a trotterellare, il primo calcio mi sbilanciò, ma ne presi subito un altro che mi rimise in carreggiata, “che fai sbandi schiavo” e rideva, restava un pochino indietro per prendere meglio la mira, e poi alternava le mie chiappe, io non sapevo dove andare, andai in una camera, e carponi mi appoggiai al letto, lei non smetteva, ogni calcio mi faceva sbattere contro la sponda del letto, era stata una pessima idea, cercai di spostarmi, e lei mi inseguiva “cosa dici di queste zoccole, sai che quando le ho comprate pensavo a te, ti eccita questo?” mi stava facendo male “mi eccita, si mi eccita, ma non resisto ancora molto zia, ahhhh, ahhhh, ahhhh,” tre calci in sequenza nello stesso punto, facevano molto male, “bene le ho provate, puoi leccartele, e ringraziami per i calci avanti,” “grazie zia per avermi preso a calci” lei tutta contenta mi spingeva un tacco in bocca, ed io ciucciavo come un lattante. Quella sera gli preparai degli spaghetti, come mi aveva insegnato, e la servii in giardino, lei si era cambiata, aveva un gonnellino a pieghine, di colore blu e poi solo il reggiseno, si era messa delle scarpe di vernice di colore crema, con il tacco a spillo, e la punta aperta, molto belle, la gonna faceva intravedere il culo, quando era in piedi era splendida, quelle gambe muscolose e toniche, lisce ed abbronzate erano uno spettacolo esaltato dai tacchi a spillo, lo faceva per me, lo sapevo e gliene ero grato. “Bravo, buoni gli spaghetti, che hai fatto, poi?” “solo insalata zia” “va benissimo” era tutto perfetto, ma dovevo aspettarmi qualcosa, “non hai aperto il vino, cameriere del cazzo”, il tono era cambiato, si alzò venne verso di me, si sentiva il rumore dei tacchi in cucina, mi prese per un orecchio, tirandomelo “sembrava tutto a posto, peccato che hai dimenticato il vino, dimmi che punizione meriti? Ora finisco di mangiare e poi saranno tutti cazzi tuoi” le portai il caffè standole vicino in silenzio, lei mi ridiede la tazzina, e mentre la prendevo giù uno sberlone, me la fece cadere rompendola, “questa è la goccia che mancava” si alzò mi tirò un calcio colpendomi sulla coscia “scusa zia ora pulisco”. Andò a sedersi ai bordi della piscina, io pulii tutto sparecchiai e lavai i piatti, mentre scopavo la cucina, mi venne vicino, “bravo, ma non basta, lo sai che devo punirti vero?” “lo so zia” ero rassegnato, “si ma ora non ne ho voglia, devo digerire “. Stava fumando la sua sigaretta, quando suonarono al cancello, andai al citofono, era quella cretina della cugina Enrica, era una maestra di scuola elementare, e pensava di avere a che fare sempre con dei bambini, “ oh carissima Sara, ciao ho saputo da tua sorella che eravate qui al mare, anche noi facciamo tutto settembre” mia zia non faceva una piega, vestita com’era, non provava nessun imbarazzo “ciao Enrica, che piacere vederti” si sentiva lontano un miglio che era falsa, “Sara, sono venuta ad invitarvi a cena per domani sera, spero che non abbiate impegni” io ero sicuro che Zia avrebbe trovato qualche scusa, ed invece “con piacere, non abbiamo impegni” “bene allora alle 8, vi aspettiamo, ciao giovanotto, madonna come sei cresciuto” e vattene imbecille “ eh si eh”, ci salutò, l’accompagnai al portone. Tornai “ dai zia che palle a cena dall’Enrica” lei rideva “stupido, meglio accettare subito così non romperà più, altrimenti continua ad invitarci, lo fa per tua madre, una volta bisogna andare, e poi vedrai che ti divertirai, il marito Carlo mi perde le bave dietro, ed è uno schiavo incallito” io sorpreso, “e tu come fai a saperlo” “ lo so, lo so un po di anni fa li abbiamo ospitati, qui al mare quando la loro casa non era ancora terminata, ed al buon Carlo le ho suonate per bene, ma lui ha una bella resistenza, non so come ha fatto a sposare quella morta in piedi dell’Enrica”. A questo punto non vedevo l’ora che arrivasse questa cena. “ vedrai che domani sera ci divertiremo” La serata finì con la zia Sara che si faceva leccare piedi e scarpe, mentre leggeva un libro, ogni tanto un calcio in faccia se non gradiva qualche mio movimento, si era dimenticata di punirmi per la tazzina, ed un po mi dispiaceva. Il mattino dopo non andammo al mare, lei dormì fino a tardi, non voleva la colazione, così io mi dedicai al pranzo, ormai ero veramente un cuoco provetto, lei mi aveva insegnato tutto, e potevo sbrigarmela anche da solo, senza la sua continua presenza che mi dettava le cose da fare, preparai la pasta e le bistecchine di pollo, come piaceva a lei, era quasi mezzogiorno, fischiettavo in cucina felice del mio ruolo di cameriere/schiavo, che attendeva la sua padrona per servirla. Lei arrivò stiracchiandosi, era solo con le mutandine e le zoccolette rosse, mi diede un bacio sulla bocca, ed un bel calcio nel culo, “altrimenti perdi l’allenamento a prenderle caro il mio bel cameriere”, ero felice. “Vuoi già mangiare zia, butto la pasta?” era bellissima, almeno per me era bellissima, “si mangiamo, vai a prendermi una camicia in camera mia, e sulla sedia” mangiammo tranquillamente, “sai caro cameriere dobbiamo pensare al mio abbigliamento per stasera, magari dopo quando aprono i negozi ci facciamo un giro a comprare qualcosa di nuovo” la cosa non mi dispiaceva, anche se mi faceva sempre paura andare nei negozi con lei. Verso le quattro ci avviammo in macchina per il paese, sapevo che aveva puntato un negozio in centro, ma mentre guardavamo le vetrine mi colpì un vestito a tubo nero, che sul manichino faceva un effetto sexy estremo forse era un po troppo corto, “guarda zia ti piace quello nero” “però non è male, andiamo a vedere come mi stà addosso, entrati, c’erano due commesse, “buonasera, mio nipote ha visto quell’abito nero in vetrina, vuole vedere se mi stà bene addosso, avete una 42?” cazzo mi doveva sempre mettere in mezzo, “suo nipote ha buon gusto signora”, e la zia “si ,si, lo riconosco,” e si girò per sorridermi, comunque la seguii nello stanzino, era abbastanza grande e lei mi volle dentro, “tienimi i vestiti” si spogliò e mi appoggiava tutto in mano, in effetti stava meglio a lei che al manichino, solo che era un po’ corto “che dici non sarà troppo corto per quella sguattera dell’Enrica” “e chi se ne frega zia, a me piaci così” si rivestì ed uscimmo, “bene, mio nipote è contento di come mi stà, quindi lo prendo” le due commesse non avevano fatto altro che parlottare tra di loro, non era certo normale il nostro comportamento, io che entravo mentre lei si cambiava, il vestito preso perché piaceva a me, chissà cosa si dicevano, ma stavolta ero quasi gasato dalla situazione, se nonché, mentre uscivo davanti a lei mi allungò un calcio nel culo “ sei contento giovanotto, stasera lo metto” mi sembrava che sarebbe andato tutto liscio. Eravamo nuovamente a casa, dovevamo prepararci per la cena, o meglio io ero già pronto, jeans e camicia blu ma la Zia, era ancora completamente nuda in bagno, “cameriere vieni a scegliere le scarpe” corsi da lei, in camera sua c’era una valigia rigida piena di scarpe, tutte messe per bene avvolte in panni di tela, “guarda pure, basta che rimetti a posto” in effetti c’era l’imbarazzo della scelta, ce ne saranno state una ventina di paia, sandali, scarpe chiuse, zoccole, infradito, addirittura delle pantofole in panno, ma optai per un paio di sandali neri con il tacco alto, intrecciati sul davanti e molto sexy, “io metterei queste Zia” lei si girò “l’avrei giurato e scommetto che vorresti che li provassi su di te eh, cameriere?” la guardavo sorridendo, “vieni a vestirmi, sei o non sei il mio schiavo?” le infilai il vestito con dolcezza, chiusi la lampo toccandole delicatamente la schiena ed il culo, il vestito la segnava tutta ed era una bomba sexy, quando gli infilai le scarpe, l’opera era completa, “puoi baciarmi i piedi e le scarpe” non me lo feci ripetere, lei alzava la gamba e mi porgeva prima un piede poi l’altro, poi simulava dei calci nelle palle appoggiandomi il collo del piede sulle mie palle esposte, il mio uccello voleva uscire dai jeans, lei me lo schiacciava con la suola, con il tacco, poi mi infilò il tacco in bocca “succhia schiavo, visto che ti piace così tanto, come stò? Che dici posso andare?” “ohh zia sei stupenda,” era vero stava veramente bene, forse un tantino provocante. “E va bene allora andiamo sono quasi le otto” arrivammo in fretta, non c’era molta distanza fra le due case, quindi andammo a piedi, ci venne ad aprire Carlo, la sua faccia era uno spettacolo, rimase senza parole, se la mangiava con gli occhi, poi riuscì a parlare “cciao Sara, ciao Marco, come sono contento, Sara sei sempre più bella, bellissima,” la zia gli strinse la mano “e tu sei un adulatore nato” arrivò anche Enrica, “ben arrivati sono contentissima,” guardava zia Sara, si vedeva che la invidiava “Sara sei in perfetta forma” la zia non si smuoveva di nulla “grazie faccio parecchia ginnastica, mi aiuta anche Marco, mi fa da allenatore, o meglio mi fa allenare” mi veniva da ridere. Carlo se la rimirava tutta, ed io notavo che puntava alle scarpe, da quello che mi aveva detto zia, non c’erano dubbi, lei lo provocava si era seduta sul dondolo, con le gambe accavallate ed il tacco in primo piano, quando spense la sigaretta non c’era il posacenere, “ oh non ti preoccupare butta a terra poi la prendo”, zia la spense avvitandoci la suola sopra, la sigaretta rimase attaccata sotto la suola, e lei gli porse la gamba così che Carlo staccò la sigaretta, “ grazie”. Quando le passò passò vicino lei lo urtò e con il ginocchio un bel colpo nel culo, mi accorsi che Carlo era senza fiato, era completamente succube di mia zia “scusa Carlo “ e lui “ niente, Sara non ti preoccupare” allora lei visto che Enrica era ancora in cucina gli salì con il tacco sul collo del piede “ti ho preso per una sigaretta, “ doveva fargli parecchio male, Carlo non parlava, era a testa bassa, anche per la mia presenza, “girati Carlo” e lui si girò verso di me zia guardò per un attimo verso la cucina, e poi gli piantò un calcio nel culo doppiato da un secondo ancora più forte, quello che mi stupì furono le parole di Carlo “grazie Sara”, “ti piacerebbe che ti strapazzassi un po eh? Carlo non rispondeva, ma il suo viso era tutto un programma. In quel momento arrivò Enrica, “tutti a tavola si mangia” . Ci sedemmo a tavola, mentre mi sedevo la zia mi spostò in modo che lei fosse davanti a Carlo ed io rimasi davanti ad Enrica, si cenava in giardino sotto un bel porticato, Enrica faceva avanti indietro per portare le vivande in tavola, Carlo era già seduto, zia sedendosi gli diede un calcio in una gamba, e poi un altro appena si sedette, lui accusò, ma fece finta di nulla, avevo già capito le intenzioni di mia Zia, infatti dalla faccia di Carlo capii quando gli arrivò il tacco nei coglioni, il fatto era che Enrica poteva accorgersi, per tutta la cena lo tormentò con il tacco, tutta la cena andò avanti così, il povero Carlo che aveva i calzoni corti, subiva le strisciate con il tacco di zia, che partiva dalle sue cosce per arrivargli ai coglioni lasciandogli delle righe ,che non vedevo l’ora di vedere, lui era rosso come un peperone, che addirittura sua moglie, “sai Carlo forse hai preso troppo sole, sei tutto rosso, e poi sei noioso non parli per niente” Carlo era inguaiato, mia zia gli stava massacrando le palle, ed anche se a lui sicuramente piaceva era in imbarazzo, “ hai ragione cara vado un attimo dentro, mentre si alzò intravidi le sue gambe, ed avevo ragione, c’erano delle righe rosse, Carlo tornò con dei calzoni lunghi, facendo finta di niente, non era ancora seduto che mia zia gli piantò nuovamente il tacco, non mi guardava in faccia, sapeva che io sapevo, “ehh si, eh si, ho preso un po di sole, ma poi sarà anche il vino,” infatti sudava anche, ma non era il vino, zia si mise anche a dondolare sulla sedia spingendo sulle sue palle, naturalmente quando Enrica tornava dentro, ma io vedevo, ed ero impassibile, “perché non vai sotto al tavolo a leccarmi i tacchi, lo so che ti piace tanto, dai vai cretino,” “Sara non fare così c’è Enrica, per favore” zia impassibile, “ma come tutte quelle cose che mi scrivi, allora sono tutte palle, vai sotto al tavolo, io ti avverto quando arriva tua moglie, anzi ti avvertirà Marco, vai ti ho detto” e gli allungo un calcio in uno stinco, Carlo guardando sempre verso sua moglie andò sotto il tavolo, ma Enrica stava arrivando “arriva, arriva” urlai, quando Carlo riemerse aveva la faccia sporca di terra, zia gli si era pulita sopra le suole, ma quella fessa della moglie non si accorse di nulla, dopo “vado a prendere il dolce,” “ti aiuto cara” “no, no tieni compagnia faccio da sola” subito “vai sotto Carlo dobbiamo finire” ed io guardai lui cercava di prendere con le mani il piede di zia, ma lei lo prendeva a calci in faccia, gli infilò il tacco in bocca fino in fondo, lui succhiava con passione, “ti ricordi Carlo quanti sentieri mi hai insegnato qui al mare, noi eravamo gli unici a cui piaceva camminare eh?” Carlo non parlava succhiava e leccava, ma arrivava la moglie “occhio arriva” “ rispondi ti ricordi, mi avevi insegnato tutti quei sentieri, io ti venivo dietro, e ti spingevo a continuare, ricordi, come ti spingevo” potevo immaginare zia Sara come lo spingeva a continuare, infatti poi mi raccontò che lo spingeva a calci, e lui si fermava apposta, erano soli perché agli altri non andava di camminare, mia zia mi disse che Carlo godeva solo se gli faceva veramente male, era masochista “ ohh si, ricordo” molto sintetico Carlo, zia Sara se la rideva. Quando andammo via, Carlo aveva una espressione tra il dispiaciuto e il sollevato, mia zia mentre Enrica recuperava del dolce per noi da portare a casa, gli disse “ascolta merdaccia, se riesci a liberarti da quella deficiente di tua moglie, ti aspettiamo da noi per un incontro, “ mentre con il tacco gli schiacciava il piede, che era difeso solo dalle infradito e stava già uscendo del sangue, gli aveva rotto la pelle, ma lui non lo toglieva .”mi hai capito Carlo, e non scrivermi quelle lettere di merda, quando capita che ci vediamo, ti accontento, visto stasera? Ciao Carlo” salutammo anche Enrica, e via a casa. “Zia gli hai massacrato il piede” “vedrai se viene a trovarci cosa gli faccio”.
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amosolodonne
00mercoledì 6 giugno 2012 19:09
Complimenti, un bel racconto
Sara.61
00mercoledì 6 giugno 2012 22:16
Tredicesima parte
Due giorno dopo come previsto da Zia Sara, alle dieci del mattino suonavano al portone, ed era Carlo, andai io ad aprire, “ciao Marco, c’è tua zia” aveva sicuramente vergogna di me, ma l’attrazione del momento era sicuramente più forte di qualsiasi timore, “si, vieni la chiamo, zia è arrivato Carlo”, nessuna risposta, feci accomodare Carlo in giardino, dopo cinque minuti arrivò lei, solito gonnellino blu a pieghine che lasciava vedere tutto, zoccole di legno, quelle dure con il tacco a spillo, ed una magliettina rosa, che la faceva ancora più giovane, “ciao Carlo, lo sapevo che venivi” “ciao Sara, Enrica starà dal parrucchiere fino alle due” “allora abbiamo un sacco di tempo, spogliati pure, “ il tono era già categorico,“ si, Sara volevo solo dirti il ragazzo, sarebbe meglio……..” “il ragazzo guarda, se ti va è così, altrimenti conosci la strada,” Carlo abbassò il capo sconsolato, ma iniziò a spogliarsi, lei gli andò vicino e lo colpì con un calcio nel culo, “e muoviti allora, spogliati e mettiti a quattro gambe, anche le mutande”, io ero seduto e facevo finta di niente, Carlo a quattro gambe era in attesa, già con il membro in erezione, lei gli girava intorno ”sei venuto a prenderle , vero?” “si padrona mia, sono venuto per te”, lei iniziò a colpirlo, e vi assicuro che erano calci nel culo per fare male, quelli che dava a me erano noccioline, ad ogni colpo lo spostava, “muoviti cammina a quattro gambe, vai verso la piscina, “ quando fu vicino alla piscina lo spinse in acqua, “ sbollisci un po”. Carlo era in effetti alquanto eccitato, piano, piano usci dalla piscina, e non so come zia Sara lo accolse con un frustino da cavallerizza in mano, iniziò a colpirlo in tutto il corpo, Carlo urlava e gemeva, ma il suo uccello era ritto come una spada, ogni tanto zia gli dava un calcio per colpirlo nei coglioni, e lui si spostava, allora lo frustava ancora più forte, ero uno spettacolo che mi eccitava, e pensavo se io avrei saputo resistere. La zia era un po stanca si sedette, “vieni che ti faccio riposare, leccami le scarpe, schiavaccio, guarda come sei rosso, che gli racconti ad Enrica,” non parlava era eccitato, si butto ai piedi della zia leccando le zoccole sotto la suola, il tacco, a seconda di come lei gliele porgeva, “lecca schiavo di merda, lecca,” e poi un calcio in faccia, lui si riavvicinava, un altro calcio con il collo del piede, non faceva una piega, zia gli mise il tacco piantato sulla fronte, e con l’altro piede gli schiacciava quel cazzo duro, “ti prego Sara non segnarmi in faccia, ti prego” “puoi pregare quanto vuoi, lo sai che io faccio quello che voglio stronzo” e spinse ancora di più sulla fronte, lui si spostò, ed ecco che il tacco scivolò via lasciando una striscia rossa che s’ingrossava a vista d’occhio, “ti ho detto di non muoverti,” zia Sara si alzò e riprese a prenderlo a calci con violenza, lo colpiva nella schiena con la punta, Carlo gemeva ad ogni colpo, poi lo prese in pieno nelle palle, Carlo si raggomitolò tutto, lei gli saliva sopra spingendolo, era tutto sporco, le frustate ora si vedevano nitidamente, i lividi erano moltissimi, ma soprattutto il culo faceva impressione. Non sembrava che la zia avesse nessuna intenzione di smettere “ sdraiati a pancia in su” gli salì sul torace con i tacchi, ed iniziò a pestarlo per bene, insisteva con i tacchi sui capezzoli, e lui si contorceva sotto di lei, “se mi fai cadere hai finito di vivere, stai attento perché ti buco la faccia, col tacco” e glielo appoggiava sulla guancia minacciandolo “spingo, stai fermo,” Carlo con la mia massima sorpresa era ancora in tiro, ed aveva una resistenza al dolore, non normale, zia gli piantò il tacco sul lobo dell’orecchio, e spingeva torcendo il tacco “ti spengo l’orecchio,” poi sempre con il tacco puntò uno zigomo “ no Sara, no” ma era tardi lo segnò con una righetta anche sullo zigomo, lui si spostò e lei perse l’equilibrio, quello che ne seguì fu un pestaggio in piena regola, calci nei fianchi che lo facevano urlare, poi gli Sali sopra a cavalcioni ed iniziò a prenderlo a pugni in faccia, questa volta si divincolò e provò a scappare, errore, lei lo prese per una gamba, lo ributtò a terra, poi tenendolo per i capelli lo prendeva a calci nelle palle, Carlo urlava “stai zitto demente” poi si fermò esausta, restai di sasso, Carlo in ginocchio davanti a lei si stava facendo una sega, zia si girò verso di lui “stai fermo ci penso io, metti le mani sulla testa e resta li in ginocchio” si avvicinò, e con la suola dello zoccolo iniziò a sfregargli l’uccello, e nello stesso tempo lo prendeva a sberle in faccia, Carlo venne urlando di piacere, sporcò l’altro piede di zia, “adesso leccalo tutto fino all’ultima goccia, e poi te ne torni a casa, che ti sei divertito abbastanza”. Carlo leccava tutto anche dove sperma non ce n’era, poi si rivestì in silenzio, era sporco in faccia, “vai a lavarti nel bagno di sotto, datti una ripulita, vai cretino sbrigati” un calcio nel culo lo accompagnò. “Hai visto cameriere, come si fa a prenderle veramente? tu non sei come Carlo, lui è masochista fino all’ultimo capello, non ho neanche esagerato, una volta venne a trovarmi a Roma, gli ruppi tre costole”. Non a avevo nessuna difficoltà a crederle, “ zia sei veramente diabolica, potevi ucciderlo a botte, sei una vera picchiatrice,” ormai su mia zia avevo scoperto un mondo troppo speciale e strano. Carlo tornò, e vi assicuro non era molto presentabile, il volto era rosso in maniera uniforme, per tutte le sberle che aveva preso, nella fronte aveva una bella riga centrale, e lo zigomo destro un taglietto che sanguinava ancora, ma la cosa che colpiva è che camminava malamente, e si vedeva che era sofferente. “Sara mi hai conciato male, non so cosa raccontare ad Enrica”, ma lo disse ridendo “ cazzi tuoi Carlo, quando vuoi io sono disponibile, attento che la prossima volta ti ammazzo” risero entrambi, e Carlo se ne andò baciandola sulla guancia. L’esperienza vissuta da Carlo mi aveva eccitato tantissimo, zia lo aveva veramente picchiato con cattiveria, con me si tratteneva, ora però ero curioso di vedere quello che potevo sopportare io, anche se ne avevo una paura folle. La vacanza continuava eravamo solo alla prima settimana, la nostra intesa era perfetta, zia doveva inventarsi le punizioni, perché io la servivo in tutto, senza fiatare, arrivai persino sotto la sua supervisione a lavare i capi che non mettevamo in lavatrice, mi faceva lavare le sue mutandine i suoi costumi “mi raccomando insapona bene, e risciacqua più volte, bravo schiavo, hai imparato”. Lei non faceva nulla, se non picchiarmi ogni tanto, alla sera dava sfoggio a tutta la sua cattiveria di padrona, era arrivata a legarmi i piedi, in modo che potessi fare solo piccoli passi, e si faceva servire la cena in quel modo, mandandomi continuamente a prendere qualcosa in cucina, “cameriere un’altra forchetta, cameriere prendi il sale, cameriere acqua fresca” e sfotteva la mia lentezza “e dai muoviti, devo prenderti a calci per svegliarti, sei lento come una tartaruga” e rideva, quella sera finito di cenare, dopo che avevo sparecchiato e lavato i piatti, e lei si fumava tranquillamente la sua sigaretta seduta con le gambe sul tavolo, per mettermi in evidenza i suoi bellissimi piedi, mi legò anche le mani, facendomele intrecciare sopra la testa e legandole al collo in modo che non potessi muoverle se non strozzandomi, la cosa diventava pericolosa, poi mi tirò giù i calzoncini e le mutande , lasciandomi con il pendolo al vento, iniziò ad accarezzarlo a scappellarlo fino a che non fu in erezione, se ne andò e tornò subito con un piccolo frustino, lo stesso che aveva massacrato il povero Carlo, chissà dove lo teneva, “adesso caro schiavo-cameriere, ti faccio assaporare cosa vuol dire essere alla mia mercè, senza possibilità di fuga”, il primo colpo sull’uccello fu leggero, poi un altro più forte, ancora più forte, “whaahhh” non era sopportabile, cambiò parte passò al culo tre colpi secchi, ero tutto un contorcimento “e stai fermo coglioncello” partirono dei colpi sulle cosce dietro, poi le cosce davanti, “non ti piace,” assolutamente no, “devi dire grazie mia padrona dammene ancora, dai dillo “ non ce la facevo ma dovevo “graaazieee padronaaaa dammenee ancorahh” non avevo finito la frase che riprese dall’uccello, non erano i colpi che dava a Carlo, comunque facevano male, “adesso ti faccio saltare, fai dei piegamenti sulle ginocchia” mentre mi piegavo lei mi colpiva con un calcio nel culo, “salta”, non mi lasciava finire il piegamento mi colpiva prima, praticamente piegandomi andavo incontro al suo piede, sei sette volte, “metti a posto il frustino, posalo sul tavolo in cucina” mi mise il frustino fra i denti ed io con la mia andatura piedi e mani legati andai e tornai, il più velocemente possibile, lei stava fumando dovetti farle da posacenere, naturalmente con la bocca, inginocchiato vicino a lei con la bocca aperta,con il tacco mi schiacciava una coscia violentemente, “voglio farti un buco, che ne dici, un bel buco” quando tolse il tacco c’era un segno violaceo nitidamente circolare, lo stesso tacco mi finì in bocca, poi si tolse le mutandine allargò le sue splendide gambe “vieni a leccare schiavo” con le braccia in quel modo ero ingombrante, allora le sciolse, dal collo ma le mantenne legate tra loro, però potevo leccare con facilità, lei appoggiò i suoi tacchi sui miei polpacci, e tenendomi per i capelli mi faceva fare i movimenti che più gli piacevano, eccitandosi mi piantava i tacchi ancora più violentemente, quando venne, me ne accorsi dopo su di un polpaccio c’era del sangue, aveva lacerato la pelle in due punti, aveva goduto intensamente “ bravo la lingua la sai usare molto bene, questa è la tua fortuna”.

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servetto70
00giovedì 7 giugno 2012 21:57
[SM=g2577963] si fa duro!!!


Bravo Sara.61! [SM=x829788]


"schiavaccio" mi ha fatto troppo ridere!!! [SM=x829766]
Sara.61
00giovedì 7 giugno 2012 23:51
Quattordicesima parte
Una sera in una specie di pizzeria ristorante, incontrammo Carlo ed Enrica, e non ci fu verso dovemmo sedere al loro tavolo, questa volta davanti zia c’ero io, lei aveva quelle scarpe a punta aperta sempre con il tacco alto, io però avevo questa volta dei pantaloni bes scuro, e quando sentii arrivare il suo tacco fui meno preoccupato di quando avevo i pantaloni bianchi, la cena era noiosa, discorsi insipidi, ma io avevo da fare con il piede di zia alquanto nervoso, Carlo se la mangiava, e si era accorto di quello che mi faceva, e mi sembrava molto compiaciuto, probabilmente mi sentiva suo complice, Enrica ricevette i saluti di una signora, e si allontano sul terrazzo a chiacchierare mia zia subito “Carlo perché non vieni nei bagni un momento, così posso darti un salutino” non se lo fece ripetere, in quel momento non notai che aveva i pantaloni bianchi, però quando tornò non potei farne a meno, aveva stampato un po’ dappertutto i segni dei calci di zia, che sembrava si fosse pulita le scarpe su di lui, e l’aveva anche calpestato, si vedevano segni sulla camicia, i capelli spettinati e rosso in volto, non si fermò al tavolo, andò via subito, quando tornò Enrica, mia zia “Carlo ti aspetta in macchina, aveva un po di mal di testa” Enrica era dispiaciuta “non ti preoccupare vai, la cena tocca me, tu farai alla prossima”, quando fummo soli osai a chiedergli cosa era successo “lo sai che Carlo quando mi vede impazzisce, ed io gli voglio bene, lo strapazzato un po’ nei bagni delle donne, le vedi quelle due che mi guardano?” e le vedevo guardare intensamente “be hanno visto abbastanza, quando sono entrate avevo appena finito di prenderlo a calci, e lo stavo calpestando per benino” mi ero eccitato “sei troppo forte, si però quando queste figure non le fai fare a me” lei ridendo “dai vieni nei bagni che do un salutino anche a te” divenni serio “no, no zia ti prego” lei rilassata “stai tranquillo per stasera ho già dato spettacolo dai andiamocene altrimenti devo prendere a sberle anche quelle due befane”. Era mattino presto, forse le sette mia zia venne a svegliarmi tutta trafelata, “lo sai che ci spiano, dallo steccato di fianco al patio, quello che dà sulla stradina che va nei campi, vieni svelto che ti faccio vedere” aveva aperto la porta dello steccato, ed aveva visto le cicche a terra vicino allo steccato, così scorse il buco, lo staccato, che era alto almeno tre metri, ad altezza uomo cera un foro di almeno cinque centimetri, che si vedeva che era fatto di proposito, e non una rottura accidentale, andammo fuori a vedere dalla stradina, ed infatti qualcuno aveva sostato li, c’erano cicche di sigarette a terra, addirittura una bottiglia di birra, chi guardava dal buco, poteva vedere benissimo tutto il patio, quindi sicuramente parecchie performance di mia zia nei miei confronti, si vedeva anche un po di piscina, comunque chiunque fosse aveva visto abbastanza. Mia zia era inviperita, non si sarebbe mai aspettata una violazione della nostra privacy, “questa sera dobbiamo fare in modo di beccare questo stronzo” io ero molto preoccupato, “ zia e se sono più di uno?” lei era scettica, “no, secondo me si tratta di uno solo”. Alla sera preparai la cena nel patio come sempre, lei non la vedevo, poi scese, vestita con un magliocino nero, gonna corta come sempre, ed ai piedi un paio di texani a punta di pelle neri, aveva un po della guerriera, “tu fai finta di niente, iniziamo a mangiare, ad un certo punto ti dirò che vado in bagno, faccio il giro da dietro e vado a vedere, prendo anche un bastone” ero un po in ansia, sapevo che con una persona sola zia non aveva molti problemi, iniziammo a mangiare facendo finta di nulla ,”schiavo versami da bere, io vado un attimo in bagno” passò un tempo interminabile, poi si sentirono chiaramente delle voci dei colpi secchi, e lei che mi chiamava,”svelto vieni ad aprire la porta dello steccato” di corsa ad aprire e la scena che avevo davanti fu per me indimenticabile, un uomo sui settanta di media statura magrolino, abbronzantissimo, era steso per terra con mia zia che lo teneva per un braccio e con il piede piantato in faccia che lo schiacciava a terra, zia aveva in mano anche un bastone da passeggio, “alzati porco” con un calcio lo spinse dentro “prendi la corda che ho usato con te e legagli le mani dietro la schiena, stringi che non si possa liberare” e gli mollo un altro calcio questa volta in faccia, l’uomo era un po intontito, lo legai stretto era un uomo distinto, aveva il labbro rotto probabilmente dal calcio, i texani erano dirompenti, di cuoio duro, con la suola spessa, se li era messi apposta per fare male, “allora porco da quanto vieni a spiarci?” lui non rispondeva e lei lo prendeva a calci nel petto gli stava di fianco e ad ogni domanda lo colpiva, lui stava tossendo, intervenni io “è meglio che parli signore, altrimenti rischia grosso le assicuro che non smetterà e lei si troverà solo delle costole rotte” gli arrivò un altro calcio, finalmente si decise “dall’anno scorso che vi guardo, ma non ho detto niente a nessuno, abito qui vicino,” un altro calcio” dall’altro anno brutto porco maiale” e giù calci in faccia, “basta, pietà basta” e mia zia “pietà un cazzo, io ti spappolo quella faccia di merda guardone del cazzo” lei era proprio imbufalita “basta signora io mi facevo solo delle seghe, guardandola dominare suo nipote, sono uno schiavo anch’io, la prego mi creda, io non dirò mai niente” ero completamente stupito, spuntavano da tutte le parti, questi fantomatici schiavi, prima Carlo adesso questo, mia zia si era calmata, lo guardava già con altri occhi, “comunque sei uno stronzo, adesso te ne vai e non ti fai più vedere, se ti ritrovo qui intorno sei morto, capito?” il povero si rialzò a fatica sanguinava dal naso copiosamente, si tamponò con un fazzoletto “abito qui vicino signora, sono solo, se voleste farmi l’onore per farmi scusare vi inviterei volentieri a cena” tirò fuori un bigliettino e lo porse a mia zia, “va bene adesso togliti dai coglioni”, e gli tirò ancora un calcio nel culo lo spinse fuori di nuovo dallo steccato e chiuse la porta, “che deficiente, ti rendi conto che quello ci guarda dall’altranno, se ci penso vado a riprenderlo e lo massacro di botte”. Passarono due giorni, ci eravamo quasi dimenticati dell’uomo dello steccato quando suonarono al portone, andai io ad aprire, c’era un signore sui sessant’anni brizzolato e molto distinto, “buonasera, sono l’autista del Dott. Alberto, il dottore sarebbe grato se volete accettare l’invito per domani sera a cena, alle ore diciannove, verrei io a prendervi” accidenti il vecchio non mollava “ non saprei devo chiedere a mia zia, attenda un momento” rientrai spiegai la cosa a zia, ma non avevo dubbi su quello che avrebbe detto, infatti “va bene digli di si”, e così in attesa dell’evento provavo a fantasticare su cosa sarebbe successo.

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theboogeyman0
00venerdì 8 giugno 2012 14:40

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Complimenti Sara.61 [SM=x829788]

Sono un pochino in ritardo nella lettura, ma nei prossimi giorni recupero! [SM=g7474]

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maxlupin
00domenica 10 giugno 2012 15:52
ogni raconto è sempre più interesante ed eccitante. Continua così
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