Terza parte
Mentre camminavano i due poveri esploratori vedevano alcuni uomini che facevano lavori di giardinaggio, che abbassavano prontamente la testa al passaggio delle poliziotte, poi davanti ad una casa gialla venne fermato Mario, sulla porta di ingresso avanzò una splendida donna vestita con un completo color panna, un viso dolcissimo, alta e snella, anche lei aveva al collo il microfono, parlò con la poliziotta nella loro lingua, poi la poliziotta prese Mario per i capelli e glielo mise davanti, la donna lo squadrava dalla testa ai piedi, poi lo prese per un braccio e lo portò dentro casa, Mario sempre in silenzio, guardava sbigottito l’arredamento modernissimo ma simile alle case terrestri, appena entrato, la donna parlò “tu sei Tris, io sono padrona Silvia, ora sei di mia proprietà, ti slegherò le mani, parlerai solo dopo le mie domande, ti porto nel bagno devi lavarti e metterti i vestiti” non ammetteva repliche, erano ordini secchi e precisi, invece che per il braccio lo prese per un orecchio, e con passo deciso, verso quello che era un bagno di servizio per lo schiavo, Mario doveva assecondarla per non farsi strappare l’orecchio, arrivato in bagno lo slegò “lavati Tris, e mettiti quei vestiti” i quali consistevano in un paio di mutande che coprivano bene il pacco ma dietro era un vero e proprio perizoma, una maglia bianca corta in vita con una scritta incomprensibile sul davanti ed uguale dietro, un paio di scarpe di tela senza lacci, che dovette cambiare perché piccole, Silvia era veramente una bella donna poteva essere terrestre sicuramente, alta un metro e ottanta, tette che sembravano rifatte quanto erano sode, sui trent’anni, quando la rivide spuntare si era cambiata, ed ora si capiva l’indole della sua padrona, pantaloni in pelle che erano una seconda pelle, stivali molto simili a quelli delle poliziotte, reggiseno in pelle come i calzoni, ed addirittura un cappello a visiera come quello dei poliziotti americani, in mano un frustino da cavallerizza, ed un sorriso beffardo, “sei pulito schiavo, i vestiti vanno bene?” Mario con titubanza “siiii, maaa, le scarpe sono piccole” lei “per il momento stai scalzo, poi cambieremo le scarpe, ora inizierà il tuo addestramento, perché non hai potuto frequentare la scuola come gli altri schiavi” era in un turbinio di pensieri, solo quaranta ore prima partiva per esplorare un pianeta, ed ora era alla mercè di una dominatrice, sul quel pianeta, alla mente gli passavano le scene di femdom viste in rete, donne che sodomizzano, frustano, calpestano schiavi per il loro piacere, questa era forse la realtà che doveva vivere, “allora Tris, tu devi ubbidire a tutti i miei ordini, devi sempre essere pronto, pronto a tutto, sarai il mio posacenere, il mio poggia piedi, il mio tappeto, il mio trasporto, la mia sedia, il mio wc”, erano cazzi, erano tanti, tanti cazzi.
Avevamo lasciato Augusto per strada, ma era giunto anche lui dalla sua padrona, stessa età di Silvia, leggermente più piccola e con un viso non bello ma espressivo, la scena si ripetè quasi uguale, il suo nome divenne Adros, e la sua padrona era Antares, che era già vestita in maniera femdom, con dei pantaloncini in pelle cortissimi, senza calze, si vedeva qualche smagliatura, ma sopportabilissima, scarpe da capogiro alte con uno spillo in metallo, a punta, di vernice nere, stesso reggiseno in pelle, e stesso copricapo. Catetizzò allo stesso modo il suo schiavo, Augusto aveva decisamente paura.
Emilio lo avevamo lasciato in quella stanza, solo e affranto, ed a lui toccherà il destino peggiore, perché se Silvia ed Antares erano due dominatrici nate, e si divertivano ad umiliare i loro schiavi personali, erano state scelte dal comitato proprio per le loro caratteristiche di sadismo estremo, la sua padrona era veramente cattiva, si trattava della comandante della polizia, Ursula, un metro e novanta di muscoli, viso mascolino, una forza bruta, palestrata, odiava gli uomini, per lei erano animali da schiacciare, aveva ucciso molti schiavi a causa della sua violenza, ed era temuta anche dalle altre padrone, il comitato gli assegnò quello che era il caposquadra dei terrestri, era quasi un diritto il suo, di avere come schiavo personale, il terrestre che aveva osato avventurarsi sul pianeta BC1, di solito cambiava uno schiavo personale ogni due mesi, solo uno era durato tre mesi. Emilio era rimasto in cella fino a sera, quando Ursula a fine giornata andava a casa, andò a prenderselo, una furia entrò nella stanza a passo deciso prese Emilio per i capelli e lo trascinò fuori, “cammina schiavo, andiamo a casa” aveva una forza incredibile, lo alzava con una sola mano, Emilio correva dietro di lei, gli mise un collare attaccato ad una corda, lei salì in moto e lui dietro a piedi, di corsa per non essere trascinato, ma poi cadde, Ursula non si fermava lo stava strozzando, poi si fermò “alzati schiavo, e muoviti ho fretta” andò più piano e questo permise ad augusto di correre, arrivarono davanti ad una villetta con un bel giardino curato, due schiavi stavano scopando la stradina d’ingresso, Ursula mise la moto sul cavalletto, e tirava la corda per farsi seguire da Emilio, passando vicino ad uno schiavo che con la scopa in mano si era fermato un momento, gli tirò un calcio in un fianco, facendolo cadere a terra, e insultandolo in una lingua incomprensibile, continuò a prenderlo a calci, tirando nel frattempo Emilio, con un ultimo calcio in faccia, lo lasciò tramortito a terra, mentre entrava in casa Emilio vide l’altro schiavo che soccorreva il poveretto, era terrorizzato dalla violenza della donna, venne sbattuto sul pavimento senza tanti complimenti “sei il mio schiavo personale, ti chiami Sex, ora ti ripulisco, e poi inizierai l’addestramento, quella porta da sul tuo bagno, lavati e vestiti con quello che troverai, e torna qui, muoviti schiavo” mentre si rialzava gli lasciò andare un calcio in culo , che gli fece fare un metro, la situazione era grave, ne andava sicuramente anche della sua vita, ma vie di uscita zero. Quando tornò lei era seduta su di una sedia non si era cambiata, aveva uno sguardo assassino, “vieni qui Sex, puliscimi gli stivali con la lingua” non sapeva se aveva capito bene, gli stivali erano completamente impolverati, e lui non aveva nessuna intenzione di metterci la sua lingua “signora mi scusi ma io non voglio, non posso, mi dia un panno e glieli pulisco” mentre lui parlava Ursula gli stava andando incontro e lui indietreggiava, la sberla lo colpì in pieno, una sberla poderosa, doppiata da una seconda, gli scappò un urlo che era anche di sorpresa “haaiiiaaaaaaaa” Ursula lo guardava con schifo “chi ti ha detto di parlare, gli stivali li devi pulire con la lingua” e giù un’altra sberla, non gli restava che farlo, quella l’avrebbe rintronato a forza di sberle, non pensava minimamente di reagire, si chinò, ma lei tornò a sedersi, lui allora la raggiunse, e consumò la sua lingua su quegli stivali, fu un estenuante lavoro, lei gli indicava i punti sporchi, doveva spingere forte con la lingua, perché c’erano incrostazioni fi fango dure, e lei “devi ammorbidire con la saliva” fino alla fine, gli risparmiò la suola, ma probabilmente perché era stufa, il nostro Sex con la bocca impastata e la lingua a fuoco, era rimasto li fermo, Ursula si era alzata, e si rimirava gli stivali, completamente umidi e lucidi, il tacco e la punta erano scintillanti, “ora vai in quell’angolo, faccia al muro io ritorno”, si sentiva umiliato, aveva leccato gli stivali per più di un quarto d’ora e si era inghiottito polvere e fango, quella era una belva, dove cazzo erano finiti, ormai era sera.
Tris era accovacciato a terra, con le spalle al muro, Silvia si era allontanata, ma stava tornando, “in piedi schiavo, provati queste scarpe” e gliele tirò addosso, andavano bene se le mise era in piedi, “ora schiavo devi preparare il cibo alla tua padrona, vieni” ed accompagnò l’ordine con una frustata su di una gamba, “whaaaaa” che lasciò subito un bel segno rossastro, preparare la cena era semplice, era tutto preconfezionato, un forno a multi piani riscaldava in contemporanea, ma mentre Tris non capiva i comandi e sbagliava, gli arrivavano frustate in tutto il corpo, ogni volta che faceva un errore, “no, non quel tasto, metti la mano qua, distendi la mano a palmo in su” gli arrivò una frustata nel palmo della mano “whaaaahooooooooo” che male “così vedrai sbagli di meno” comunque riuscì ad impostare tutto, sperando di ricordarsi, tra i cibi c’era anche un contenitore, con lo stesso nome, che aveva sulla maglia, infatti era la sua cena, che gli venne buttata in terra sempre nel contenitore, senza essere riscaldata, “questa e per te mangia”, non ci pensava nemmeno era una poltiglia giallastra, “c’è tutto quello che ti serve schiavo vitamine, proteine, tutto quello che è nei vostri cibi terrestri, ti abituerai” la guardava con supplica, e rimediò una frustata nella schiena “mangiare ho detto”, come un cane a quattro gambe si mise a mangiare quella poltiglia, il gusto era inesistente, Silvia gli mise accanto una ciotola con dell’acqua, e poi si iniziò a mangiare anche lei. Alla fine Silvia gli mostro come pulire, c’era un contenitore in cucina, si poteva buttare tutto dentro senza distinzione, era un trituratore universale che poteva smaltire ogni tipo di rifiuto, Tris ripulì tutto, ma si dimenticò a terra la sua ciotola dell’acqua, “hai dimenticato l’acqua, devi berla tutta “ il contenitore era pieno, più di un litro, non riusciva a finirla, Silvia era davanti a lui in attesa, se si fermava lo colpiva con la frusta sulle spalle, finalmente riuscì a svuotare il contenitore, era nauseato, la pancia gonfia ed un male alla testa lancinante, mentre bevevo alcune gocce finirono a terra, “lecca re il pavimento” ormai non si fermava più, leccò il pavimento, Silvia gli porse anche il suo stivale, “lecca la punta del mio stivale, solo la punta” leccava, leccava, quella punta metallica, gli offrì anche l’altra, “vai nell’angolo faccia verso il muro” e se ne andò.
Adros con la sua padrona Antares, se la stava passando abbastanza bene, aveva capito subito il sistema del forno a microonde, aveva mangiato in silenzio, ed era in attesa di ordini, Antares non lo considerava tanto, ma quando finì di cenare “Adros vieni qua distenditi a pancia in su, ti faccio digerire il cibo” non sapeva cosa voleva fargli, ma se ne accorse subito, gli salì sulla pancia, con quei tacchi a spillo, e gli camminava su tutto il corpo, con un equilibrio spettacolare, lo schiacciava per bene, la pelle si lacerava in certi punti, i tacchi erano troppo appuntiti, lui si lamentava continuamente “zitto, mi disturbi, stò facendo la passeggiata, ne farò una tutti i giorni, mi rilassa” era durissimo da sopportare, il dolore era lancinante, specialmente quando ripassava nei punti già doloranti. Le gambe di Antares erano molto belle, si muovevano come una danza, la danza del supplizio. Per il resto dopo che anche lui ebbe pulito tutto lo lasciò perdere, e lo mise nell’angolo, che probabilmente le padrone consideravano una posizione di riposo per lo schiavo.
Passarono circa due settimane , la vita su BC1 per Tris continuava a suon di frustate, infatti la dominazione di Silvia, era improntata sulla frusta che usava sempre, ogni tanto qualche sberla, qualche calcio, ma era la frusta a farla da padrona assoluta, e Tris ormai aveva imparato tutto a sue spese, era un perfetto servitore e schiavo, veniva ormai punito solo per diletto, Adros subiva decine di calpestamenti giornalieri, Antares si divertiva a cambiare scarpe, per tormentarlo, e gli piaceva da morire farsi leccare le chiappe del culo, nessuna delle due padrone aveva ancora usato sessualmente i due schiavi, e questo, anche se c’erano state delle evidenti erezioni, che i due avevano calmato con delle seghe, leccandosi lo sperma dalle mani, perché era stato loro vietato di masturbarsi, ed avevano paura di lasciare tracce.