Fuori dall'ufficio

trelew
00martedì 19 gennaio 2010 18:59
Ero al bar ieri pomeriggio, mi sono preso una settimana di ferie dall’ufficio. Stavo parlando con una mia amica. Veramente era lei che mi stava annoiando con le sue fisime sul suo ex, che l’aveva mollata senza tanti complimenti. A un tratto si è messa a piangere ed io ho anche dovuto consolarla. Ero scocciato, sembrava una bambina alla prima cotta, ed io non sopporto certo sentimentalismo di forma.
A un tavolo vicino alla vetrina erano sedute queste due signore, sembravano essere madre e figlia, che discutevano a bassa voce. La figlia era una donna molto bella e ricca di fascino. Doveva essere intorno ai 45, capelli lunghi e biondi, pelle candida, un viso ancora giovanile. Mi misi a osservarla attratto dalla sua eleganza. Vestiva una gonna di lana nera lunga fino alle caviglie. Sopra portava una giacca composta di un gilet di nappa nera aderente chiuso da cerniera che, fasciandolo, esaltava il suo petto. Le maniche erano invece in maglia di lana, nera anch’essa. Le mani erano infilate in seducenti guanti di pelle nera. Al collo e ai polsi indossava collane e bracciali d’oro, molto semplici e di classe. Infine ai piedi calzava un paio di splendidi stivali in cuoio opaco, all’ultima moda, con tacchi a listello alti una quindicina di centimetri. La trovavo provocante e continuavo a guardare verso la vetrina, come se stessi osservando cosa succedeva fuori in strada. Lei si accorse della mia attenzione, e mi ricambiò lo sguardo un paio di volte, o forse guardava la mia amica che si stava asciugando le lacrime.
Poi questa volle che l’accompagnassi a casa, lì dietro l’angolo, e quando tornai al bar per pagare, non ci pensavo nemmeno più, vidi la signora bionda che stava raccogliendo dal tavolino le sue cose per metterle in borsa. Dell’altra nessuna traccia.Dopo aver pagato uscii a fumare una sigaretta fuori dal bar, in attesa che arrivasse qualcuno."E’ da maleducati fissare le persone" mi sento dire da dietro. Mi volto, era la bionda."Mi scusi, ha ragione. Ma lei non passa inosservata, e devo farle i complimenti per la sua eleganza"
"Grazie" mi risponde sorridendo, e aggiunge "e anche far piangere le donne non è carino, però"Le spiego la situazione, aggiungendo quanto detesto certe scene, e così ci ritroviamo a conversare del più e del meno. Mi convinco di averla in qualche modo attratta, vista la confidenza che mi mostra. Viene a sapere che sono architetto e mi dice che lei ha appena affittato un ufficio lì vicino, proprio dalla signora con cui stava parlando, e che intende renderlo più accogliente. Mi chiede se l’indomani posso passare a dare un’occhiata. E’ una donna molto determinata e puntigliosa, che sa bene il fatto suo. Parla con termini appropriati, ed è molto chiara nel descrivere le sue idee in merito alla sistemazione dei locali. Mi porge infine un biglietto da visita, dicendomi di chiamarla nel primo pomeriggio. Apre la portiera della sua mercedes, parcheggiata proprio di fronte al bar, e ci si infila accendendo il motore.
Prima di partire abbassa il finestrino:
"Ah, mi scusi, io mi chiamo Silvia""Molto piacere. Io sono…" ma lei è già partita.Allora oggi prima di pranzare l’ ho chiamata, per chiederle quando potevo passare."Potrebbe venire adesso nell’ora di pausa?" mi ha chiesto seccamente "sa io più tardi devo andare via"
"Non c’è problema, signora. Il tempo di prendere un caffè e sono da lei""Lasci stare, glielo offro io""Allora sto arrivando". Prendo la bici e mi dirigo all’indirizzo indicato sul biglietto da visita. L’ufficio si trova al piano rialzato di un palazzo costruito di recente. Tutto il piano è destinato a uffici, ancora sfitti, e il corridoio è deserto. Dai piani alti arrivano le voci degli operai che stanno ultimando i lavori.
La signora viene ad aprirmi la porta, è vestita come ieri. Entro in una stanza ampia, non arredata e piena di scatoloni. A lato della porta c’è un cucinotto dove la caffettiera è già sul fuoco, Silvia mi spiega che da lì si entra anche nel bagno.
"Sa, vorrei delle idee per sistemare questa stanza come sala d’attesa, e ci sarà anche la segretaria. E anche la zona del bagno così com’è non mi piace. Ma, scusi, si accomodi pure di là, adesso la raggiungo" e mi apre la porta del suo ufficio. Questo invece è già arredato, e anche molto bene. A terra moquette blu scuro, di fronte alla porta una grande scrivania dal design essenziale, con piano in cristallo e una grande poltrona in pelle dietro di essa. A fianco della porta, in un angolo, due divanetti foderati di stoffa rossa, su uno dei quali mi siedo, fronteggiano un basso tavolino su cui sono disposte ordinatamente alcune riviste tecniche. Lungo l’altra parete c’è uno scaffale in legno pieno di cartelle e raccoglitori.
Silvia entra con in mano un vassoio su cui ci sono la moka, la zuccheriera e una sola tazzina e lo appoggia sul tavolino, distante da me. Poi si siede di fronte a me sull’altro divanetto, accavallando le gambe. Versa una zolletta di zucchero nella tazzina che poi solleva iniziando a girare il cucchiaino. L’avrei voluto amaro mi dico, mentre intanto comincia a parlarmi.
"Allora ha già qualche idea?""Ma, veramente…lei avrà delle preferenze, immagino.Solleva la tazzina e beve, guardandomi fisso negli occhi. Il suo sguardo è intenso e imbarazzante. Quando finisce appoggia la tazzina sul vassoio, prende il pacchetto di sigaretta che ho appoggiato sul tavolino, ne estrae una e se la accende. Poi mi chiede"Posso?""Prego, faccia pure." Sono sconcertato dal comportamento di Silvia, finora era stata gentilissima con me. Al tempo stesso la sua arroganza mi stimola. Mi chiedo cosa voglia in effetti da me."Come vedi", mi dà del tu adesso, "mi piace l’arredamento moderno, essenziale, da arricchire con pochi complementi d’epoca, scelti con cura. Guarda questo, per esempio…"
Si alza e si dirige dietro la scrivania, la seguo. Mi mostra un portaombrelli in ottone, non un gran che, dentro il quale vedo infilati numerosi bastoni da passeggio.
"Che belli" dico. In effetti alcuni dei manici intagliati sono davvero belli e finemente lavorati "Fa collezione?"
"Si, ne ho anche altri a casa. Questi li tengo qui per dare un po’ di carattere all’ufficio...e poi possono sempre tornare utili."
"Non vedo per cosa, signora. Lei non ne ha certo bisogno"
"Questo lo dici tu…" mi risponde seccata, estraendone uno. E’ una sorta di giunco lungo circa un metro, molto sottile, di quelli che si usavano un tempo di bellezza per andare a passeggio, senza che ce ne fosse un reale bisogno. Il manico è ricurvo come quello di un ombrello. Lo distende davanti a me tornando a fissarmi "…e ti sbagli. Questo, ad esempio, è molto utile per insegnare l’educazione a chi come te ne è sprovvisto!"
Mi scusi, ma non capisco…""Figurarsi…non fare lo stupido, hai capito cosa intendo! Ti divertivi, vero, ieri, a guardarmi. Non ti importava di mettermi in imbarazzo…""Ma mi sono già scusato…"
"Credi che basti scusarti? Per poi magari mettersi a guardare un'altra…o forse dovrei dire le scarpe di un’altra? E già, perché tu sei uno di quei vermi a cui piacciono le scarpe, vero? Questo io l’ ho capito! E adesso vieni qui…" d’improvviso mi afferra un orecchio con la mano e tirandomelo mi costringe a seguirla alla scrivania, facendomi appoggiare il torace sul piano. Con l’altra mano mi sfila rapidamente la cintura. Quindi con un paio di calci, dati con la punta dello stivale, mi fa divaricare le gambe. Appoggia allora il bastone sulla mia schiena, facendovi pressione.
fine 1^parte
cooper!!!
00martedì 19 gennaio 2010 20:12
interessante :)
trelew
00mercoledì 20 gennaio 2010 15:26

"Resta immobile!" comanda."Ma, signora…" Un colpo secco di verga mi colpisce sulle natiche, facendomi sobbalzare."…e in silenzio!" aggiunge perentoria.Dopo un istante la sento afferrarmi i polsi, riunirli e legarli con la cintura. Quindi si infila i guanti e le sue mani si spostano sui miei pantaloni, assestandomi un paio di sculaccioni. Si accorge così che il mio portafogli mi ripara, almeno in parte, e me lo estrae dalla tasca."Volevi fare il furbo…" e lo lancia via "…ora ti faccio vedere!". Mi slaccia i pantaloni e li abbassa fino al ginocchio, poi fa lo stesso con gli slip. Sono eccitato, e lei se ne avvede."Ti piace? Sono contenta!"Un sibilo.
La verga schiocca sulla pelle dei miei glutei. Sussulto.
"Conta!" ordina!"Un..o…" bisbiglio io gemendo."Più forte…non ti sento!" mi incalza, assestandomi un secondo colpo, ancor più forte del precedente."Due…" cerco di accontentarla."Potresti anche ringraziarmi, sarebbe gentile da parte tua, no?" e me ne sferra un altro."Tre…grazie… signora""Quattro…grazie…signora""Cinque…grazie… signora…signora…mi perdoni…la prego, basta…" piagnucolo come un bambino."Su, non fare storie, un po’ di disciplina ti farà solo bene…" mi risponde, poi ricomincia a far sibilare la cannula in aria.
"Sei…grazie…signora""Sette…signora…la prego…"Il colpo questa volta è più forte, non ho ringraziato. Alle mie spalle sento la sua voce perfida:"Facciamo così, amore, ogni volta che sbagli aumento l’intensità senza più tornare indietro! E fin quando non avrai subito dieci colpi di fila senza singhiozzare come una femminuccia, oppure senza ringraziarmi per quanto sto facendo per te, io continuerò. Vediamo se così impari ad essere un po’ più educato…" e riprende a battermi."Otto…grazie, signora!" trillo, non appena il dolore si affievolisce.Quando Silvia si ferma, a diciassette visto che sono stato diligente, il mio fondoschiena brucia e su di esso sono disegnati lunghi lividi viola. Io sto tremando di dolore, non riesco a pensare a nulla. Mi carezza con le mani inguantate le natiche, facendomi fremere. Poi si siede a fianco di me, accavalla le gambe, scoprendole fino alle ginocchia, ed esponendomi gli stivali.
"In ginocchio, adesso!"Mi faccio scivolare sul cristallo della scrivania fino ad accasciarmi ai suoi piedi. Lei spinge la punta dello stivale verso di me e ordina:"In bocca, avanti!"
Comincio a leccare il cuoio morbido della punta, salendo lungo il collo del piede senza mai staccare la lingua da esso. Raggiungo il tallone e lo avvolgo, inumidendolo e aspirandone il succo. Prima che possa scendere al tacco Silvia mi interrompe.Vieni, mettiamoci comodi…" dice ironica.A carponi la seguo fino ai divanetti. Lei si siede su uno di essi e mi fa cenno di avvicinarmi. Quando le sono a tiro mi afferra per i capelli e bruscamente mi mette a sedere per terra stretto fra lei e il tavolino, a cui fa appoggiare la mia schiena. Lo strisciare del mio sedere sulla moquette mi provoca un bruciore insopportabile, che lenisce appena una volta fermo. Le gambe sono aperte, incastrate contro la base del divanetto. Il mio membro, ancora dimesso nonostante la punizione, sta proprio sotto il suo sguardo di disapprovazione."No, no, no. Non va proprio bene…devi imparare a controllarti davanti a una signora…" dice severa, e con uno stivale inizia a premere sul mio sesso, mentre solleva l’altro, quello che stavo già pulendo, e me ne infila il tacco nella gola.
"Succhia, non dormire! Lustrami quel tacco, svelto! Ho poco tempo!"
Riprendo a ciucciare come un automa, con foga. Con la punta dell’altro Silvia mi sfiora l’asta, movendola lentamente fra il glande e i testicoli. Quando vede che sono lì per venire lo solleva, e con il tacco inizia a tormentare il mio recondito orefizio.
"Ah ti piace anche questo. Mi sembrava…sei proprio un verme…leccami il tacco, dai, spompinalo per bene!" e ride di gusto affondandomi lo stiletto in bocca. Rimango così bloccato fra i suoi tacchi, insalivando e ripulendone uno, mentre l’altro mi fa sussultare premendo sul mio pertugio. Sono completamente in balia di Silvia, che osserva i miei sforzi sorridendo perfidamente. La vedo guardare l’orologio, e quindi accentuare la pressione sul mio orifizio, mentre torna ad appoggiare la suola sul mio fallo per stimolarlo.
"Così, bravo…godi, vero cane schifoso?" sibila lei. Non ce la faccio più, esplodo, inondandomi il ventre di sperma.
"Com’eri eccitato, amore, e come ti è piaciuto…" mi dileggia "…ma ora ti sei sporcato tutto, maialino, aspetta ti do una mano a pulire…" dice cominciando a sfregare lo stivale sulla mia pancia, raccogliendo il liquido."Però anche tu devi aiutarmi…pulisci lo stivale, lecca avanti!"
Appoggio la lingua e incomincio a pulire, succhiando il mio sperma dalla suola e dalla punta, poi comincio a strofinare sul tacco, su cui avverto l’odore intenso che ha raccolto dal mio ano. Lei mi lascia fare, osserva soddisfatta un maschio ai suoi piedi, orgogliosa di come la sto riverendo. Quando lo stivale è ormai lucido mi ferma.
"Basta così, mi sembra che possa andare. Rivestiti, forza!"Mi accompagna alla porta, ma prima di richiuderla mi ordina:"Domani torna alla stessa ora. Ho tanti giochi ancora da insegnarti…"

fine
Baz Luhrmann
00giovedì 21 gennaio 2010 18:33
[SM=g7474] trelew [SM=x829785]
zerbinopermiss
00venerdì 22 gennaio 2010 20:16
WOW complimenti ottimo racconto
rommel62
00lunedì 25 gennaio 2010 05:05
bellissimo
trelew
00martedì 26 gennaio 2010 18:22
beh ragazzi miei permettetemi di gongolare per la vostra soddisfazione...mi rende molto giulivo e soprattutto apprezzato
GRAZIE RAGAZZI
soumisalafemme
00mercoledì 27 gennaio 2010 01:25
belin che bello
piedisporchi79
00venerdì 29 gennaio 2010 13:01
Wow che bel racconto.
Complimentoni.
giuliano_75
00lunedì 30 agosto 2010 23:52
grande
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