LA PORTINAIA PADRONA

Sara.61
00giovedì 9 maggio 2013 22:49
Vittoria
…Il palazzo dove abito, è molto grande, ci sono dodici piani, e quatto alloggi per piano, meno all’ultimo dove ci sono due attici, io abito in uno di quelli, ma questo non è importante, io vorrei parlarvi della portinaia, la signora Vittoria, quarantasette anni portati benissimo, non è bella, ma è sexy da morire, ed ha due gambe bellissime, il suo viso è un pochino goffo a causa del naso grande, ma nell’insieme è molto proporzionata, alta e snella, con i capelli biondi e lisci fino alle spalle, in effetti non ha molto della portinaia, non è pettegola, e non è invadente, porta sempre gonne sopra il ginocchio, per mettere in mostra quello che ha di meglio, vive sola non si è mai sposata, e fa la portinaia ormai da cinque anni, quindi io la conosco da quando avevo tredici anni, ora che ne ho diciotto, non mi ricordo quante seghe mi sono fatto pensando a lei, alle sue gambe ed anche ai suoi piedi, si piedi, perché io sono amante delle estremità femminili, soprattutto se calzano delle scarpe o stivali con un bel tacco a spillo. Devo dire che oltre ai tacchi amo anche le donne dominatrici, mi sento un sottomesso nato, ma non ho mai sperimentato niente, se non tutto quello che riesco a vedere nel web, e di cose ne ho viste, e filmati ne ho scaricati parecchi, tutti con schiavi dominati da donne bellissime e cattivissime, mi sono sempre chiesto se io sarei stato capace di resistere agli ordini di una padrona sadica e cattiva al punto giusto, ebbene la portinaia Signora Vittoria, mi ha dato delle risposte.
Ogni tanto veniva a prendere il caffè da mia madre, ed in quelle occasioni non aveva mai le ciabatte, ma sempre scarpe con il tacco ed anche discretamente alte, ne aveva un paio di vernice nere che mi facevano impazzire, avevano una punta fuori moda, ma sexy da morire, ed il tacco era fine e tondo, mi sarebbe piaciuto prenderlo in bocca sotto i suoi ordini, e succhiarlo bene, ma le mie erano fantasie.
Ma una sera mentre tornavo da calcio, e stavo mettendo la moto in garage vidi una scena indimenticabile, dal mio box vedevo dietro l’angolo dell’androne, e sentivo delle voci, mi sporsi, e c’era l’avvocato del sesto piano un certo Santorsi, cinquantenne tutto tirato, se ne stava disteso a terra nel suo doppiopetto blu, e sopra di lui in piedi sul suo stomaco la portinaia Vittoria, con le sue ciabattine viola, si era tirate su la gonna fin quasi al culo, e gli parlava senza fronzoli “allora avvocato del cazzo, non ti piacciono le mie ciabatte, lecca stronzo, lecca la suola” l’avvocato leccava, lei gli strofinava la suola sulla lingua con cattiveria, ”preferisci ciucciare i miei tacchi eh, adesso leccami le ciabatte” e gli salì con tutto il peso sulla faccia già paonazza di Santorsi, ero estasiato da quella scena, non potevo non guardare, il mio uccello era in tiro avrei voluto masturbarmi lì. “domani sera vieni alle nove cretino, e portami un paio di scarpe nuove, così te le puoi leccare, visto che le mie ciabatte non ti piacciono”. Scendendo da suo corpo gli allungò due calci nel fianco che fecero sobbalzare l’avvocato “vai a casa cretino” e mentre si alzava, fu raggiunto ancora da un calcio nel culo, che lo fece barcollare, si tenne con le mani al muro per no cadere nuovamente “va bene signora va bene” in quel momento la portinaia si girò, e di sicuro mi vide anche se mi ritiravo indietro veloce.
Accidenti mi aveva visto, scappai a casa e corsi in bagno, dovevo sfogare tutta l’eccitazione, non potevo crederci la Signora Vittoria era proprio come me la immaginavo nei miei sogni, non potevo crederci, e l’avvocato era probabilmente il suo schiavo visto come lo trattava, il giorno dopo ero ancora eccitato dalla scena, la portinaia che calpestava Santorsi mostrandogli le sue belle gambe, e lo trattava come l’ultima merda. Passarono tre o quattro giorni, cercavo di non incontrare la portinaia assolutamente, e ci riuscii, ma un pomeriggio mentre ero in casa, lei suonò alla nostra porta, mia madre la fece entrare “buonasera Vittoria, venga, venga” dalla mia camera sentivo i discorsi, “Buonasera signora, Marco è in casa? Avrei bisogno di una mano per degli scatoloni che ho nel mobile, se lui potesse darmi una mano, è questione di dieci minuti” la cosa mi puzzava, ma mia madre “ma certo Vittoria, lo chiamo subito, Marco, Marco, vieni devi andare un momento dalla Signora Vittoria”, non avevo scelta, “buonasera signora Vittoria” lei con un bel sorriso “ciao Marco, vieni facciamo in un attimo” la seguii in ascensore, lei non parlava sorrideva solamente, ma lo sguardo era tagliente, arrivati in casa sua come entrammo, mi prese per i capelli “Hei spione del cazzo, cosa hai visto nel seminterrato? Qualcosa di interessante, lo hai raccontato in giro?” mi tirava i capelli, la seguivo con la testa per attutire il dolore “no signora non ho detto niente, niente” lei decisa “sarà meglio per te, altrimenti ti ammazzo di botte ragazzino, tu non hai visto niente capito, dimentica tutto, se sento qualche pettegolezzo vengo a prendere te capito frocetto” ero impaurito, ma mi buttai “non dirò niente signora, piacerebbe anche a me baciarle i piedi” lei sembrò stupita “come dici, la cosa si fa interessante, tiè piaciuto quello che hai visto?” ormai ero in ballo “si signora mi è piaciuto, lei è bellissima ha due gambe stupende, mi piacerebbe servirla” bene ce l’avevo fatta avevo detto tutto, lei mi mollò i capelli, ma solo per prendermi per le palle, e si mise a stringere. “Se stai bleffando ti uccido, quindi saresti disposto a servirmi, non mi dire che trovo due schiavi nello stesso palazzo” rincarai la dose “io farei quello che desidera signora, deve solo ordinare” la donna non sembrava troppo convinta, mi mollò le palle, “allora leccami le suole delle mie ciabatte” ed alzò il piede, io mi misi subito in ginocchio ed iniziai a leccare con vigore, lei mi porse anche l’altra, poi una sberla allucinante, “ti è piaciuta la sberla frocetto?” era proprio una sberla a piene dita “si signora” lei “bene allora chiedimi di dartene un’altra, avanti” senza esitare “signora può darmi un’altra sberla” e giù un’altra sberla, “vuoi servirmi, bene, vedremo, ora togliti dai coglioni” mi prese per un braccio, aprì la porta e mi sbattè fuori.
Dopo quel giorno l’ho incontrata due o tre volte nell’entrata, e lei mi aveva salutato a stento, poi un giorno stavo aspettando l’ascensore, lei uscì dalla portineria, “ciao Marco salgo con te” come fummo sull’ascensore schiaccio il mio piano, mi prese per le palle PADRONA, stringendomele con vigore “allora non volevi servirmi, i tuoi vanno al mare questo fine settimana, tu che fai resti a casa?” come faceva a saperlo non lo so, ma in effetti io restavo a casa “si resto a casa signora” lei sorrise compiaciuta “allora avrai occasione di servirmi, venerdì sera alle cinque dopo che i tuoi se ne sono andati vengo a trovarti” non mi aveva ancora mollato le palle, lo fece in quel momento, ma solo per appoggiarmi il ginocchio sui coglioni, l’ascensore arrivò al piano, e lei si ricompose, se ne andò senza salutarmi neanche. Era giunto il mio momento venerdì sera avrei avuto modo di conoscere bene La signora Vittoria.

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amosolodonne
00venerdì 10 maggio 2013 05:54
Situazione molto accattivante, aspetto il seguito...
servetto70
00venerdì 10 maggio 2013 10:40
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Grande Sara.61!!!
Sara.61
00venerdì 10 maggio 2013 14:31
Seconda parte
Ed allora i miei se ne andarono venerdì alle tre del pomeriggio, sarebbero tornati solo lunedì mattina, ero solo per tutto il week-end, la signora Vittoria arrivò puntualissima alle cinque suonò il campanello con insistenza, io mi ero preparato bene jeans e maglietta bianca, bello pulito e profumato, andai ad aprire, lei entrò spingendomi di lato bruscamente, “fammi un caffè servo che sono stanca morta”, era vestita con un abitino rosso senza calze, si vedevano le ginocchia, ai piedi un paio di scarpe rosse di vernice, nuove di zecca, tacco altissimo e una zeppa di quasi tre centimetri, eppure camminava come se avesse le ciabatte ai piedi, visto che le guardavo con insistenza, “belle eh, regalo dell’avvocato, spende un patrimonio a regalarmi scarpe, dai arriva questo caffè” e si sedette sul divano. Arrivai con il caffè fumante, “quanto zucchero signora Vittoria” “due “ mentre si sorbiva il caffè io ero immobile davanti a lei “dai puoi leccarle, lo so che le vuoi leccare” non me lo feci ripetere, mi inginocchiai e leccai con avidità quelle belle scarpe rosse lisce e odorose di pelle, lei le muoveva per permettermi di non tralasciare neanche un millimetro, “tira fuori tutta la lingua” ubbidii subito e lei ci strofinava con forza la suola, pulii tutte e due le suole delle sue scarpe “bravo servetto, accendimi una sigaretta” e tirò fuori sigaretta e accendino che aveva in una tasca, accesi la malboro e gliela porsi “quando ti dico apri, devi aprire la bocca capito” si avevo capito le sue intenzioni e non mi andava per niente, ma il ballo lo dovevo ballare tutto; lei se ne stava tranquilla con le gambe accavallate la gonna era salita e le cosce erano completamente scoperte, “alpri” ubbidii e lei ci mise dentro la cenere “ingoia” non volevo farlo tentennai, la sberla fece andare fuori anche un po di cenere, “ingoia ho detto” ingoiai, e le cose andarono avanti fino alla fine della sigaretta “apri” E di conseguenza “ingoia” ed io servo ingoiavo, e speravo che non mi spegnesse in bocca la sigaretta, menomale “buttala in bagno muoviti servo” tornai da lei “che fai in piedi, davanti a me stai in ginocchio, in attesa di ordini chiaro” “certo signora” lei sembrava soddisfatta “allora senti bene servo, visto che avete sky, questa sera c’è un film che voglio vedere, -le fate ignoranti- alle ventuno, e tu mi farai da poggiapiedi, chiaro servo del cazzo?” io non potevo che essere d’accordo “va bene signora alle ventuno”, lei si distese sul divano tirando su le gambe e puntando le scarpe sul bracciolo, “adesso togliti dai coglioni, svegliami tra una mezzoretta, sono stanca devo riprendermi” me ne andai in camera a far passare mezz’ora.
Quando tornai lei era sveglia, stava messaggiando al telefono, “sei qui servo, dammi qualcosa da bere , una bibita fresca, muoviti” arrivai con un bicchiere di coca, se la bevette in un fiato mi riporse il bicchiere “bene ora me ne vado, ho da fare in portineria, torno alle nove, ok caro il mio bel servetto?” Non vedevo l’ora “l’aspetterò con ansia signora”, lei si alzò mi rifilò una sberla “hai finito di guardarmi le gambe, me le consumi” e si mise a ridere, mi spostai per farla passare e lei mi allungò un calcio in una gamba, e poi uno nel culo, forti e cattivi, dati per fare male, “cosa credi, non sarà facile servirmi sai.” Se ne andò lasciandomi li a massaggiarmi la gamba.
Le ventuno arrivarono in un baleno, non avevo neanche mangiato, per quanto ero eccitato, mi ero già dovuto fare una sega, lei arrivò con cinque minuti di anticipo, in effetti il film iniziava alle ventuno e dieci, era vestita sempre con il vestito rosso, ma aveva cambiato le scarpe, erano nere sempre altissime e con la suola rossa, aveva anche le calze nere, e a guardare bene sembravano delle autoreggenti, segnavano a metà coscia il suo stretto vestitino. “Ciao servo, dai accendi la tv e mettiti davanti al divano a carponi, devo appoggiare le mie gambe che sono stanche oggi.” Le diedi il telecomando e mi misi in posizione, lei si sedette, si sistemò bene e appoggiò pesantemente le sue estremità all’altezza dei piedi sulla mia schiena, il film non era iniziato “devi stare fermo, non disturbarmi, io ti dico se devi muoverti, hai capito poggiapiedi?” sicuro di me “certo signora come vuole lei”. Era impaziente, mi dava dei calcetti sulla guancia destra con la suola della sua scarpa “quando cazzo inizia servo” intanto aumentava la forza dei calcetti, e poi con l’altro piede mi puntava il tacco sulle costole “come stai? Ti piace fare il poggiapiedi eh, zitto che inizia” si sistemò e smise di tormentarmi.
amosolodonne
00domenica 12 maggio 2013 07:59
Bel racconto, complimenti...
Sara.61
00lunedì 13 maggio 2013 21:07
Terza parte

Per tutto il film non potei muovermi, ci fu solo una pausa perché voleva bere, e mi permise di alzarmi, poi continuò il mio tormento, i suoi tacchi esplorarono tutto il mio corpo, addirittura ad un certo punto mi piantò il tacco dietro l’orecchio, spingendo e rigirandolo, finalmente il film finì “bello mi è piaciuto, e a te servo?” e che potevo dire “si signora” si accese la solita sigaretta, ed io facevo il solito posacenere “sai servo, ho pensato una cosa ieri sera, l’avvocato mi regala un casino di scarpe, tu potresti regalarmi uno di quei vestitini in lattex che usano le padrone vere, quelle che vedo su internet, mi piacerebbe averne uno” era una vera e propria richiesta, “certo signora, ci sono dei siti che li vendono online” buttai li “che online, tu me lo vai a comprare domani, trovi un sexy shop e me lo compri, e domani sera lo proviamo insieme, la mia misura è la M e lo voglio nero, mi raccomando bello corto e con le maniche lunghe” più chiaro di così, e io come facevo chi aveva il coraggio di andare a comprarlo, mi vedeva tentennante, si alzò mi diede la sigaretta da buttare, “sono stanca vado a letto, domani mattina alle cinque ti presenti nel mio appartamento, dovrai fare un po’ di pulizie, inizierai dai vetri, alle cinque non ti vede nessuno, questa è la chiave” mi prese il mento con la mano “hai capito servo alle cinque, io dormirò e tu pulisci i vetri chiaro” accompagnò il suo discorso con una sberla che mi lasciò cinque dita stampate fino al mattino.
Arrivai alle cinque esatte dopo una notte completamente insonne, eccitato e preoccupato, ma io le avevo dichiarato che volevo servirla, lei stava dormendo, aprii con la chiave che mi aveva dato, nell’entrata c’era tutto l’occorrente per il lavoro che dovevo fare, mi misi all’opera senza tergiversare, non mi accorsi del tempo erano già le sette, me la trovai dietro le spalle, aveva il suo grembiule fiorato, ma non le ciabatte solite, aveva un bel paio di scarpe nere con un discreto tacco, ed una punta affusolata “bravo il mio servo, hai già fatto un buon lavoro, dai bacia le scarpe alla tua dea” mi abbassai subito e baciai e leccai le sue scarpe con devozione “oh, guarda qui c’è un alone, pulisci meglio” come mi girai per prendere uno straccio, un calcio nel culo violento mi fermò “devi essere attento servo, altrimenti le mie punizioni ti faranno male, ora io vado a controllare l’impresa delle pulizie che sta’ facendo le scale, tu invece vai a pulire il bagno, che dopo vengo a controllare anche te” cazzo anche il bagno, entrai ed era un casino asciugamani vestiti a terra, tutto in disordine, c’era una cesta per i panni sporchi, la riempii, e poi lustrai tutto, piastrelle bidè vater lavandino, doccia, tutto con il disinfettante che mi aveva preparato, il pavimento era bianco, faticai non poco a togliere tutte le macchie, dopo circa un’oretta lei arrivò fischiettando, “ciao servo, come va? Fammi un po’ vedere il tuo lavoro, bene , bravo, oh mi è caduta della cenere” cercai di prendere subito la scopa “che cazzo fai, usa la lingua, tanto la cenere l’hai già assaggiata no” meno male che avevo disinfettato tutto, mi misi a carponi a leccare il pavimento, era umiliante ed eccitante, lei continuava a far cadere la cenere dalla sigaretta “anche lì. Anche la” non lasciai neanche un granellino di cenere, mi fece stendere con il piede, e mi salì sul petto con i tacchi, si tirava su il grembiule per farmi vedere le gambe, ed iniziò a calpestarmi con cattiveria affondando i tacchi “ti piacciono i miei tacchi eh porco” mi porse la punta della scarpa destra “succhiala” con l’altro piede mi martoriava le costole, ero al limite, “succhia servo era questo che volevi, è il tuo momento succhiami la scarpa”, scese soddisfatta “bene ora vai a rifarmi il letto, scopa tutta la camera e passa lo straccio” se ne andò centrandomi un fianco con un poderoso calcio e dicendomi “sai è veramente divertente, quasi quasi vado su e prendo a calci anche quelli dell’impresa di pulizie” ridendo se ne andò veramente.
Rifatto il letto e tutto quello che mi aveva ordinato, ero anche stanco, e lei non tornava, suonarono il campanello, guardai dallo spioncino, era l’avvocato, in quel momento arrivò lei “che cazzo vuoi merda” l’avvocato mieloso “mia signora, volevo, posso venire stasera” lei dura “no, non puoi, lo dico io quando devi venire, togliti dai coglioni, anzi vai ad aspettarmi in garage che passo un momento a darti una strigliata coglione” l’avvocato voleva insistere si prese una sberla della madonna “ti ho detto di andare, guarda che ti prendo a calci nelle palle e te le faccio arrivare in gola brutto merdoso, aspetta finché non vengo” se ne andò.
Entrò incazzata, “allora servo del cazzo lo hai fatto il letto hai lavato la camera?” entrò nella camera da letto ed io dietro di lei “non va bene, girati e mettiti a novanta gradi” andò via un momento e quando tornò sentii nel culo i colpi di canna violenti e precisi, facevano un male cane “sei incapace servo” e giù nerbate, buttò la canna sul letto e mi prese a calci violentemente che quasi perdeva l’equilibrio “te lo rompo il tuo culo da frocio” faceva male, ma non emisi un lamento, “vai in cucina lava i piatti e passalo straccio bene” due sberle accompagnarono l’ordine. Svolsi tutto quello che mi aveva chiesto, mi misi ad aspettarla in entrata, tornò che era quasi mezzogiorno, il mio uccello era duro, avrei voluto farmi una sega ma aspettavo di essere a casa, “bravo servo qui hai fatto un discreto lavoro, te ne puoi andare, ho un appuntamento in garage con l’avvocato, che ha bisogno di una ripassatina, vai a comprarmi il vestito, ci vediamo alle nove a casa tua, anzi quando hai preso il vestito portamelo” e mi sbatté fuori a calci.
A casa naturalmente dovevo dare sfogo al mio povero uccello, e mentre mi toccavo i lividi che mi aveva lasciato nel culo venni subito. Il problema ora era trovare il coraggio di entrare in un sexy shop per il suo abito, su internet trovai un negozio che faceva al caso mio, dall’altra parte della città e molto grande, almeno a vedere dalle foto. Ero lì davanti da un quarto d’ora e non mi decidevo ad entrare la scritta era EXTASI sexy shop, entrarono due ragazzi, li seguii, all’interno luci basse, sembrava un supermercato, diviso per articoli, puntai l’abbigliamento, un ragazzo dietro un bancone mi salutò gentilmente “se hai bisogno chiama pure” rosso “si, si” ecco ,quello che cercavo miniabito in lattex nero a manica lunga collo alla coreana, corredato di manette e frustino, 200euro, alla faccia del cazzo. Il ragazzo mi arrivò vicino “hai visto qualcosa che ti interessa?” sempre più imbarazzato “si, si, si quel vestito nero” lui lo prese, “che misura?” non lo guardavo in faccia “la M”, tirò fuori una scatola integra, “allora questa è una M, in omaggio c’è anche un cappello da poliziotta con visiera ed una bomboletta per ravvivare il lattex” l’importante era in fretta, “vuoi un pacco regalo oppure una busta anonima” optai per la busta anonima pagai in contanti ed uscii.
Ora ero felice, con il mio pacco, e cominciavo ad immaginarmi la portinaia signora Vittoria con quel vestito
amosolodonne
00martedì 14 maggio 2013 13:37
La storia si fa sempre più interessante...
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Sara.61
00mercoledì 15 maggio 2013 11:22
Quarta parte
Avevo il mio regalo per lei, suonai il campanello della portineria, ma nessuna risposta, non so’ il motivo ma mi venne in mente di andare nel seminterrato, mi mossi di corsa, entrai nel mio box e mi affacciai dall’angolo, e non mi ero sbagliato, l’avvocato era in ginocchio, sempre impeccabile nel suo doppiopetto grigio, e lei Vittoria lo prendeva a calci in ogni dove, lo teneva per i capelli, e con quelle scarpe rosse lo devastava nella schiena nel petto addirittura un calcio in testa, “ti avevo detto di aspettarmi, brutto merdoso deficiente, ed invece sono io che ho dovuto aspettare te” i calci erano violenti, l’avvocato si lamentava ad ogni colpo, di punta con la suola, con il tacco, poi lo prese per la cravatta tirandolo a se, “dai stronzo tiralo fuori che ti faccio venire, ne hai prese abbastanza”. L’uccello spuntò fuori dai calzoni dritto e turgido, lo vedevo chiaramente, lei si mise davanti a lui, impugnò bene le sue orecchie, e con la suola del piede destro iniziò lo strofinamento sull’uccello, che si scappellava continuamente, lui le accarezzava le gambe, il tacco sbatteva sulla cappella aritmicamente, la scena era bellissima “muoviti a venire che dopo arriva gente cretino” l’avvocato le baciava le gambe con passione e lei lo lasciava fare, poi venne copiosamente. “Era ora verme, adesso vattene via, vai a comprarmi gli stivali che ti ho ordinato muoviti coglione, li voglio per le sette” lui lamentoso “ma signora e se non li trovo” “devi trovarli e basta” un calcio nel culo fortissimo chiuse la discussione, l’avvocato si rialzò, si pulì le ginocchia alla meglio e scappò via come un ladro, io mi chiusi nel box.
Dopo una mezz’ora risuonai il campanello, “buonasera signora Vittoria, le ho portato quella busta” lei non aprì del tutto la porta e sottovoce “bravo servo, ci vediamo alle nove” e richiuse senza neanche salutarmi.
Ed alle nove in punto arrivò, io ero già tutto eccitato, le aprii velocemente, lei bella sorridente “ciao servo” era con il suo grembiule a fiori e le ciabatte, senza calze, “buonasera signora” era truccata pesantemente, ma stava bene, con quel rossetto rosso vivo, appena entrata andò al centro della sala e con fare sexy posò la borsa che aveva sul divano, ed iniziò a togliersi il grembiule, sotto aveva il miniabito in lattex, e devo dire che stava bene anche in ciabatte, era una visione, le gambe bianche e lucide, il culo in evidenza, era una dea “cosa ne dici servo?” non avevo parole “siete meravigliosamente bella e sexy signora” lei si rimirava in uno specchio di lato “aspetta che metta gli stivali che mi ha regalato l’avvocato, sono dei Casadei, ha speso una fortuna”, scomparse in bagno e tornò dopo dieci minuti, Con gli stivali le gambe sembravano non finire mai, avevano un tacco da dodici centimetri erano di pelle nera alti fino al ginocchio, e gli fasciavano il polpaccio, poi si era messa il cappello da poliziotta, ed in mano aveva la frusta e le manette “mi sento padrona a tutti gli effetti, ora tu sarai il mio schiavo, anche se non fa differenza da servo, ma dovrai chiamarmi padrona e basta”. Ero estasiato “si padrona” beccai subito una frustata nel culo “ahhhh” le danze cominciavano, questa volta erano sicuramente cazzi.
Navpanax
00giovedì 16 maggio 2013 19:41
[SM=x829811] [SM=x829811] [SM=x829811] [SM=x829811] fantastico!!!!! tutto detto
Sara.61
00venerdì 17 maggio 2013 12:53
Ultima parte
Vittoria era spettacolare, e lei lo sapeva, si rimirava nello specchio ed era veramente soddisfatta, si vedeva chiaramente e lo disse “sai schiavo che mi piaccio proprio, non pensavo che l’abbigliamento contasse tanto, e poi questi stivali, mi stanno benissimo, mi allungano anche le gambe”, io approvavo e stavo lì come un deficiente a guardarla. “Schiavo ti voglio nudo come un verme, avanti spogliati e mettiti a quattro zampe, come un bravo cagnolino, e comincia a girare per la stanza, voglio guardarti fare il cane”, mi svestii rimasi completamente nudo e facevo il cane a carponi mi muovevo piano, giravo per la sala e quando passavo vicino a lei mi allungava un calcio nel culo, “avanti un altro giro cagnolino” ogni volta picchiava più forte, “questi stivali sono proprio fatti per prendere a calci i cani come te, gli schiavi-cane, sai non sento nulla, con le scarpe mi faccio male, e non posso lasciarmi andare” lei non sentiva nulla, ma io avevo già il culo che bruciava “un altro giro cane” me ne fece fare una decina, “ora seguimi come un vero cagnolino devoto, e lecca il pavimento dove la tua dea appoggia la suola dei suoi stivali”, e così facevo, lei alzava il piede ed io subito baciavo il pavimento, “questa è la tua camera schiavo? È qui che ammazzi di seghe pensando a me?” io che dovevo rispondere “si padrona, ma non solo qui, ovunque” lei si fermò ed affondò il suo tacco sulla mia schiena “bravo, e questo cos’è?” aveva preso in mano qualcosa, “è il casco di protezione quando facevo kick-boxing” lei se lo rigirava nelle mani “interessante, quindi con questo in testa io posso picchiarti quanto voglio” io non capivo bene “be, cioè si fino ad un certo punto” lei non si mosse “bene vediamo questo punto indossalo”, misi il casco, lei mi spinse in sala, “ecco stai lì in ginocchio, con le mani dietro la schiena, fermo immobile”, prese bene le distanze arrivando vicino alla mia testa con il piede, e poi mi colpì piano, due o tre volte, poi con cattiveria per farmi male, mi sbilanciò e caddi di lato , ma subito mi rimisi in posizione, “mi sembri un birillo sempre in piedi”, si divertì a calciarmi la testa da tutte le posizioni, “è divertente schiavo, proprio divertente, dobbiamo ripeterlo, ora toglitelo, ho voglia di calpestarti un po’, voglio camminarti sopra con questi splendidi stivali” camminava per la stanza e senza remore mi passava sopra, con tutto il suo peso, facendo forza sui tacchi, che erano due spilli “oh guarda ho pestato una merda, bo ormai sono sporca tanto vale continuare a pestarla” passava e ripassava, e rideva divertita come una bimba che aveva scoperto un nuovo gioco. Poi si fermò sul mio petto, stava sulle punte dei piedi, teneva i tacchi sollevati, ma ogni tanto affondava facendomi molto male, “tira fuori quella tua linguaccia” e si puliva la suola degli stivali strisciandola con forza sulla mia lingua, prima una poi l’altra, e non smetteva di rimirarsi allo specchio, mi infilò tutto il tacco in bocca, lo faceva entrare ed uscire continuamente, “ti piace vero schiavo, questo è il massimo per te, anche a me piace, così sono la tua dominatrice sei sotto i miei piedi, e sbavi per le mie gambe, sei tutto eccitato, il tuo uccello sta’ scoppiando”, scese dal suo tappeto umano, ed andò a sedersi sul divano “adesso schiavo devi leccare qualcosa di più morbido dei miei stivali”, si tolse le mutandine buttandomele addosso, “vieni schiavo, vieni a leccare la tua padrona” arrivai di corsa e mi buttai subito su quella figa bagnata, sembrava un lago, e leccai con tutto l’ardore che avevo addosso, la feci godere e lei apprezzò “bravo schiavo, mi prese l’uccello in mano , leccami anche il culo schiavo, infilaci la lingua dentro” ubbidii, e la sentii gemere di piacere, non avevo fastidio, ero troppo eccitato, lei mi spostò e prese il mio uccello in bocca, succhiandolo con forza, ma smise subito, per guidarlo dentro di lei “non venire perché ti ammazzo”, volle venire ancora e ci mise un po’ di tempo, io ero al limite, mi spinse ancora via, era lei che guidava chiaramente il gioco, ed iniziò a strusciarmi la suola dello stivale sul cazzo, come aveva fatto con l’avvocato, ci misi niente ed un mare di sperma finì sul pavimento, “lecca tutto schiavo, fino all’ultima goccia” lei si impiastrò la suola dello stivale apposta, così appena ripulito il pavimento mi porse lo stivale da leccare fino a quando non fu completamente ripulito. “Sei stato bravo schiavo, mi sei piaciuto, ora vai a farmi un bel caffè che ci rilassiamo un momento”.
Ero in cucina, facevo il caffè alla mia padrona, ed ero felice, felice con il culo rosso che mi bruciava a causa dei suoi calci, il petto rigato dai suoi tacchi, ma ero felice, lei era una droga, ero innamorato della portinaia, lei aveva ancora la frusta da usare, le manette, si doveva mettere il cappello, mi aspettavo ancora i tormenti più forti, e lei era lì che si guardava nello specchio, ed ero sicuro, era felice anche lei.
zazaloz
00venerdì 17 maggio 2013 22:57
Bellaaaaaaaaa
cuccioloindifeso
00sabato 18 maggio 2013 07:12
meravigliosa
Sara.61
00giovedì 23 maggio 2013 08:45
Ringrazio zazaloz e cuccioloindifeso.

sara.61
servetto70
00venerdì 24 maggio 2013 00:40
Bravo Sara.61! [SM=x829788]


Ma scusa una curiosità, c'è un motivo per cui hai scelto quel film o è del tutto casuale?...Io non l'ho mai visto...non ci sono assonanze o riferimenti vero?


A parte questo, molto bello la lettura scorre che è un piacere! Grazie!
Sara.61
00venerdì 24 maggio 2013 15:58
Ciao servetto70
Il film non ha nessuna assonanza, è un titolo che mi è venuto in mente, comunque la portinaia Vittoria esiste veramente, anche se non credo che sia una padrona, è solo una donna molto sexy che è rimasta nei miei ricordi.
saluti
sara.61
servetto70
00venerdì 24 maggio 2013 20:17
Re: Ciao servetto70
Sara.61, 24/05/2013 15:58:

Il film non ha nessuna assonanza, è un titolo che mi è venuto in mente, comunque la portinaia Vittoria esiste veramente, anche se non credo che sia una padrona, è solo una donna molto sexy che è rimasta nei miei ricordi.
saluti
sara.61






Grazie Sara.61 per le precisazioni [SM=x829788]



Il titolo del film era solo una semplice mia curiosità, mentre il fatto che la protagonista esistesse realmente l'avevo intuito dal tuo raccontare.



Grazie Sara.61 [SM=x829789]
taikirb
00mercoledì 29 maggio 2013 16:30
Bello ed eccitante questo racconto, Sara.61!
Grazie per la condivisione.

[SM=x829788] [SM=x829778]
Sara.61
00giovedì 6 giugno 2013 13:50
Ancora
Ormai era una prassi, mi nascondevo nel mio garage, ed aspettavo l’arrivo della Signora Vittoria e dell’avvocato Santorsi, sapevo più o meno gli orari, di solito a mezzogiorno, perché il seminterrato era deserto, ma non capitava tutti i giorni, quindi ogni tanto la mia attesa era inutile, mi piaceva tantissimo vedere come la portinaia Vittoria maltrattava l’avvocato, con lui era di una cattiveria estrema, lui l’adorava, la venerava, era perso, d'altronde anch’io ero perso per quella donna.
Ma ecco che arriva l’avvocato Santorsi, impeccabile nel suo doppiopetto blu, camicia bianca e cravatta regimental, si guarda intorno, si accende una sigaretta, Vittoria arriva con passo svelto, ha un paio di scarpe color panna, tacco altissimo, deve essere l’ultimo regalo dell’avvocato, calze chiare anzi chiarissime, ed il solito grembiule a fiori, leggermente sbottonato sul davanti, non mi pare abbia la gonna, dalla mia postazione se non mi sporgo troppo non possono vedermi, ma io li vedo benissimo saranno a meno di otto metri da me, Lei lo assale subito “ti avevo detto di telefonare dopo le nove, cretino di un cretino, mi capisci quando ti parlo?” accompagnò la sua veemenza con una sberla decisa, l’avvocato incassò “mi scusi signora non capiterà più” lei lo colpì con un’altra sberla, “mettiti in ginocchio merda, lo sai che devi stare in ginocchio no, guardami le gambe” si tirò su il grembiule scoprendo fino ai fianchi le sue splendide cosce “siete bellissima, posso baciarle?” lei si spinse avanti “certo che devi baciarle, ma non toccare, chiedi sempre” l’avvocato iniziò a baciare le gambe in ogni dove “sei stato scortese a telefonare prima delle nove, quindi meriti una severa punizione” lui “si, si, signora merito la punizione” Vittoria gli sparò una ginocchiata in faccia, non forte ma ugualmente decisa, “metti le mani dietro la testa, quanti calci pensi di meritare stronzo, dieci, venti trenta?” lui subito in posizione “quanti vuole lei Signora” lei si sbottonò il grembiule ancora di qualche bottone, “te ne darò venti, devi contarli” iniziò a colpirlo nella schiena, l’avvocato contava, erano calci dati per far male, cattivi, “belle queste scarpe vero avvocato” “sette, ahhhhhhhh, otto, Ahhhhhhh, nove, ahhhhhhh” era passata al petto, “alzati in piedi, tieni le mani dietro la testa ed allarga le gambe” Vittoria iniziò a colpirlo nei coglioni, ma abbassò la forza “dieci, Ahhhhhhhhhh, undici, ahhhhhhhhh,” l’avvocato si piegò in due, e Vittoria gli rifilò un calcio nel culo che lo fece cadere “dodici, ahhhhhhhhhhhhhhhhh” il vestito dell’avvocato era sporco di polvere, “guarda come ti riduco brutto schifoso” continuò a calci nel culo fino a venti. “bene per oggi sei sistemato, togliti dalle scatole, e non telefonare fino a martedì capito, poi ci sarebbe la mia bolletta del gas da sistemare” e gli porse un foglio “certo signora ci penso io, non si preoccupi”, Vittoria mentre se ne andava,”e chi si preoccupa”.
Queste scene capitavano spesso, avevo capito che Vittoria sfruttava Santorsi non solo con i regali, ma si faceva pagare tutte le bollette, io non avevo avuto più occasioni dopo il week-end passato da solo, ma avevo una voglia matta di stare con lei a ciucciare i suoi tacchi, e farmi strapazzare, non sapevo come fare, lei non mi aveva più cagato, se non salutarmi e basta, presi coraggio ed il giorno dopo suonai il suo campanello, “eccolo qua Marchino, ce ne hai messo di tempo, pensavo che trovavi prima il coraggio di presentarti, allora dimmi cosa vuoi da me?” mi ero preparato, ma lei mi aveva spiazzato subito “bee, iooo, signora, volevo servirla ancora, se fosse possibile” balbettavo un pochino “certo che è possibile, ma come facciamo, devi inventarti qualche scusa con i tuoi per passare del tempo da me, fammi pensare, dunque vediamo, ah si ho trovato, ho un nuovo computer, dirò a tua madre se può mandarti un’oretta da me perché ho dei problemi, e tu sei molto bravo” sicuramente aveva piacere di riavermi tra le grinfie, infatti due giorni dopo, mia madre “senti Marco devi farmi un favore, la portinaia la signora Vittoria ha dei problemi con il suo computer, mi ha chiesto se alle cinque puoi andare da lei a guardarglielo” io con furbizia “che due palle mamma” lei decisa “fammi il favore, povera Vittoria non ha nessuno che l’aiuta” con sfrontatezza “e va bene, alle cinque ci vado, guarda che quella è negata, mi ci vorranno due ore” lei con fervore “bravo, mettici il tempo che ci vuole dai”. La scusa era buonissima, ero libero dai miei, alle cinque in punto suonavo il campanello di Vittoria. Mi fece entrare, chiuse la porta a chiave, “mettiti lì sul divano, io vado a cambiarmi e torno. Tornò vestita sexy, gonna corta nera a pieghino, molto corta, senza calze con i soliti stivali regalo dell’avvocato, solo con il reggiseno anch’esso nero, “ti piaccio ragazzino, sono una bella visione eh?” ammettevo muovendo la testa senza staccare gli occhi dalle sue gambe, “bene vedo che ti piaccio, dunque allora, ho bisogno di spostare le scatole delle scarpe invernali, nello sgabuzzino, e non ho nessuna intenzione di usare lo sgabello, anche perché ci sei tu, quindi posizionati a quattro gambe davanti allo scaffale nello sgabuzzino, e vedi di stare fermo che se mi fai cadere ti rompo il culetto” mi posizionai immediatamente come voleva, lei prendeva una scatola per volta, mi saliva sulla schiena piantandomi bene i tacchi e posizionava le scatole in alto, saliva e scendeva dalla mia schiena, era bellissimo eccitante e doloroso, lei ci metteva più tempo del necessario, mi faceva spostare con dei calcetti nei fianchi, e poi saliva decisa “bravo sgabellino, ti piace vero” “si signora moltissimo” finirono le scatole, con un calcio nel culo mi fece alzare “come premio puoi leccarmi per un po’ gli stivali, si sedette in salotto “dai vieni, anzi vieni strisciando che mi piace di più” mi misi giù e strisciai fino ai suoi bellissimi stivali, e me li leccai per un bel po’ di tempo “basta godere, basta devi lavorare, sei venuto per servirmi no, allora prendi lo straccio che è lì sulla sedia e togli la polvere a tutto il salotto” di polvere non ce n’era neanche l’ombra, ma io pulivo ovunque sotto la sua supervisione, si alzò e si mise ad indicarmi dove pulire “pulisci la televisione, bene anche sotto” eseguivo ogni suo ordine, lei si accese una sigaretta, e mi guardava divertita “sei un bravo servitore, sei proprio innamorato di me eh ragazzino” annuivo e lei rideva, “basta togliere la polvere, ho ancora il letto da rifare, vediamo come te la cavi” mi prese per un orecchio e mi trascinò in camera da letto, “avanti e voglio un lavoro ben fatto” sotto i suoi ordini eseguii, ma ad un certo punto mi spinse con un piede facendomi cadere sul letto, e poi mi piantò il tacco nel petto, vedevo i suoi peli, non aveva le mutande, “cosa stai guardando ragazzino,” mi salì addosso, mettendosi a cavalcioni sulla mia faccia,era bagnata la sua figa era calda e bagnata, ci affogavo dentro “lecca imbecille, lecca meglio che puoi” non c’era bisogno di insistere leccavo come un forsennato, volevo farla godere, e lei godeva si strusciava sempre più forte, fino a quando venne ululando, rimase in quella posizione per un bel po’ ed io non volevo che si spostasse anche se facevo fatica a respirare, scese mi sbottonò i jeans, mi calò le mutande, ed il mio cazzo duro venne fuori come una molla, lei lo prese in bocca e si divertì a spompinarmi succhiava e mordeva, stavo per venire “non venire adesso” se lo mise dentro e mi scopò, ma non riuscii a farla godere perché venni quasi subito, “deficiente, ti avevo detto di aspettare, adesso devo punirti sonoramente” scese e mi tirò giù dal letto, i calzoni calati mi fecero cadere, e lei mi salì sopra alla pancia con i suoi tacchi assassini “adesso ti calpesto come il verme che sei, tu devi farmi godere quando voglio io hai capito verme” e mi schiacciava le costole provocandomi un dolore assurdo, quei tacchi velenosi erano troppo a spillo, scese e mi prese a calci dove capitava “ti rompo il culo a forza di calci, vedrai che per un po’ non ti siedi” e metteva in opera quanto detto centrandomi le chiappe con la punta dei suoi stivali. “adesso te lo fai tornare duro e mi scopi capito asino” smise di colpirmi, e con la suola mi accarezzava l’uccello, non ci volle molto ero di nuovo in tiro “e bravo il ragazzino, eccolo qui che cresce” ancora due scapellate, poi il tacco piantato nella cappella, e lui era pronto, mi ributtò sul letto, ed infoiata come era mi salì addosso, ora potevo durare, e la feci venire due volte, poi mi permise di venire facendomi una sega, “devi sborrare sui miei stivali, che poi te la faccio leccare, mi piace guardarti mentre lecchi la tua sborra, pensa che all’avvocato glielo fatta leccare sul pavimento della rimessa, sborra e polvere, e poi si è inghiottito tutto il porco” leccai tutto dai suoi stivali, ormai era bello anche quello, non mi staccavo dai suoi tacchi, ma lei era stufa “basta leccare, ti sei divertito abbastanza, penso che la scusa del computer la useremo ancora, ora vattene a casa”.

servetto70
00venerdì 14 giugno 2013 01:43
...Sara.61 ma allora ci prendevi in giro quando hai scritto "ultima parte"


...e invece no!!!...bravo Sara.61...si continua con la Signora Vittoria!!! [SM=g1984777]


Grazie [SM=x829788]
zazaloz
00venerdì 14 giugno 2013 04:32
Continuaaaa t prego!
Sara.61
00martedì 25 giugno 2013 13:40
TRE
Ormai, era una prassi, il computer della signora Vittoria era pieno di problemi, e mia madre era felicissima che io li risolvessi, la portinaia non perdeva occasione per complimentarsi sui miei successi, capitava quasi ogni settimana che dovessi passare un’ora o due dalla signora Vittoria a metterle a posto le sue goffaggini riversate sul computer di casa.
Naturalmente sbuffavo e facevo sembrare che la cosa mi desse un fastidio enorme, e mia madre che insisteva per farmi andare, mentre il mio cuore era gonfio di gioia ed il mio uccello in tiro per quello che mi aspettava, non c’era routine con la signora Vittoria, era sempre la sua fantasia che mi esaltava, e c’era il fatto che a lei piaceva veramente essere la Padrona ed avere a disposizione un servo tuttofare, da usare anche sessualmente, ma quello che racconterò per chiudere la saga della Portinaia padrona, è stato per me il massimo dell’eccitazione, ancora oggi quando ci ripenso mi viene duro subito.
Ero intento a lavare il bagno della mia adorata padrona, ed ero tutto concentrato, “Morcolino, vieni in cucina” corsi subito da lei “si signora” lei era intenta a leggere un giornale, le gambe accavallate, scoperte fino all’inguine, le sue scarpe nere a tacco alto, e le calze chiare come piacevano a me “servetto, vorrei fare un’esperienza nuova, se sabato sera riesci a liberarti dai tuoi, passerai una bella serata qui da me, ci sarà anche l’avvocato Santorsi” rimasi stupefatto “ma signora,,” “stai zitto bestia, ho deciso di provare ad avere due schiavi insieme, e poi voglio umiliare l’avvocato per bene, voglio renderlo completamente soggiogato, lui è già stato avvertito della presenza di un altro schiavo, ed ha accettato subito, be, non proprio subito, dopo qualche sberlone e qualche calcio nelle palle, e poi l’ho minacciato, se rifiutava non mi avrebbe più servito” non ero contento “e tu ricevi la stessa minaccia” non avevo scelta, non potevo perderla, certo che non mi andava di essere dominato davanti ad un’altra persona, la cosa mi infastidiva e mi rendeva geloso.
Comunque mi organizzai, la fortuna fu che i miei avevano una cena da amici, avrei dovuto andarci anch’io, ma all’ultimo momento simulai un mal di testa, e mia madre mi lasciò a casa “ma si, stai a casa lo so che non ne hai voglia”. Risolto il problema alle nove suonavo il campanello della signora Vittoria “e bravo Marcolino, ti stavamo aspettando” la scena in salotto era decisamente allucinante, l’avvocato era in boxer e maglietta della salute, scalzo messo a quattro gambe con il volto rivolto al muro, Vittoria aveva una bella gonna marrone corta a mezza coscia, un paio di scarpe nuove che non le avevo ancora visto marroni anche loro dello stessa tonalità della gonna, di pelle e molto costose con un tacco altissimo per via della zeppa, completava l’abbigliamento con una camicetta bianca, che lasciava vedere le tette senza reggiseno, non aveva le calze, come arrivammo diede un calcio nel culo all’avvocato “girati coglione, devi conoscere il tuo collega” l’avvocato si girò ed era rosso come un peperone, ma anch’io dovevo essere rosso, un altro calcio “saluta Marco” l’avvocato “ciao Marco” riuscii a parlare anch’io “buonasera avvocato” Vittoria estasiata, “bene le presentazioni le abbiamo fatte, Marco spogliati, ti voglio nudo come un verme” ero imbarazzato, ma iniziai a spogliarmi, “come mai non sei in tiro” e si mise a ridere “visto avvocato che bel cazzo giovane” e mentre gli tirò un altro calcio nel culo, a differenza mia Santorsi era in tiro, “spogliati anche tu imbecille muoviti” ci mise entrambi tutti nudi contro la parete, e lei si sedette sul divano, si accese una sigaretta e ci guardava contenta, “guardali qua i miei due servitori adoranti, finalmente insieme, adesso caro Marco l’avvocato ti dimostrerà tutta la sua resistenza al calpestamento della sua padrona, veloce avvocato in posizione di passeggio” Santorsi si distese a pancia in su, Vittoria si alzò lentamente e gli salì sul petto, iniziò a calpestarlo con cattiveria “Marco dammi la mano” la tenevo in equilibrio, i suoi tacchi penetravano nella carne insistevano sui capezzoli, Santorsi si lamentava, e lei alzava il tacco per darglielo deciso e forte sul petto ogni colpo lo faceva sobbalzare, poi gli mise un piede in faccia schiacciandogli il naso, lui girò la faccia e lei premette violentemente sul suo orecchio, torcendo “ti spengo come una sigaretta” non l’avevo mai vista così cattiva, stavo iniziando ad eccitarmi, “ah era ora che ti venisse duro, credevo che fossi diventato frocio, guarda come gli piace all’avvocato farsi calpestare, sai lui è una merda e le merde vanno calpestate, vero che sei una merda, dillo” Santorsi era dolorante “sono una merda mia signora” Vittoria scese, “dopo la passeggiata, la merda diventa il mio leccascarpe personale” l’avvocato fu subito pronto a prendere in mano il piede che Vittoria gli porgeva ed iniziò leccarlo avidamente, tirava fuori la lingua e lei gli passava la suola sopra con cattiveria, ora lui era in ginocchio, adorante, io fissavo le gambe della padrona bellissime, che si muovevano per agevolare l’avvocato nel suo compito.
Un violento calcio nel fianco sinistro lo fece smettere “basta leccare, ora devi prendere in bocca l’uccello di Marco veloce” la cosa non mi piaceva per niente e feci per protestare, ma una sberla decisa mi chiuse la bocca, l’avvocato invece si avvicinò subito ed iniziò a spompinarmi l’uccello, l’importante era che Vittoria non invertisse i ruoli, mentre mi spompinava lei lo prendeva a calci nel culo, talmente forti che lui sbatteva la testa sulle mie gambe “ciuccia cane rognoso, ciuccia bene che lo so che ti piace” avevo un pochino di schifo, e l’uccello mi stava diventando molle “vedi che glielo fai ammosciare, che cazzo di troia sei” lo spinse a terra con il piede usando il tacco “basta mi avete stufato”, si sedette nuovamente sul divano e accese un’altra sigaretta, “Marco mettiti carponi e fammi da poggiapiedi, e tu cretino vieni qui a bocca aperta che mi serve un posacenere” era una scena da fotografare Vittoria appoggiò le gambe sulla mia schiena e metteva la cenere in bocca all’avvocato che stava li in ginocchio, il mio uccello riprese ad alzarsi, Vittoria se ne accorse, e con il piede me lo toccava dandomi dei calcetti alle palle, si fumò tutta la sigaretta, “apri la mano avvocato” e con mio orrore gli spense la sigaretta nel palmo “AHHHHHHHHH” l’urlo divampò, ma Santorsi non si mosse.
Ci diede una scarpa a testa “leccate servi godetevi le mie splendide scarpe regalo di un avvocato di merda” e come due bravi cagnolini leccammo a dismisura le sue scarpe, se le tolse e leccammo quei bellissimi piedi fino allo sfinimento, lei ne godeva estasiata “è bellissimo, continuate pure, non penso di stufarmi presto” era bello anche per me “in effetti Marco l’avvocato lecca con più passione, vedi di migliorare” ce la misi tutta avevo tutto il piede in bocca, leccai la sua pianta a piena lingua e vedevo che apprezzava, Santorsi ciucciava ogni singolo dito, e mentre si masturbava con vigore “guarda avvocato che se vieni ti faccio rientrare le palle a calci”.
Vittoria ci spinse via entrambi si fece rimettere le scarpe, non prima di essersi asciugata i piedi sui miei capelli, “tutti e due distesi uno vicino all’altro a pancia sotto” lei iniziò a camminare per il salotto facendo apposta rumore con i tacchi e poi ci passava sopra come se non ci fossimo “che bella sensazione di dominio, mi piace proprio” piantava i tacchi ovunque dove gli capitava, si sentiva veramente una Dea che poteva calpestare a piacimento i suoi servi.
“Allora, caro Marco devi sapere che all’avvocato Carlo Maria Santorsi piace il dolore, non come te che lo subisci e basta, lui gode se sente dolore, adesso te ne do una dimostrazione, avvocato in posizione, anzi prima vai in cucina e prendi la frusta che è sul tavolo, ci vai a carponi e me la porti tenendola fra i denti” arrivò con un frustino nero tenuto con i denti Vittoria lo prese e lui si mise a novanta gradi esponendo il suo culo, Vittoria iniziò a colpirlo, sempre più forte, solo quando ci mise tutta la sua forza l’avvocato si mise ad urlare “AHHHHHHHH;AHHHHHHHH;AHHHHHHHHH;” erano colpi durissimi “puoi masturbarti cane” l’avvocato in ginocchio si masturbava e Vittoria lo prendeva a calci nella schiena, anche qui si trattava di colpi poderosi assassini, e Santorsi godette spruzzando sul pavimento una quantità di sperma micidiale “sai cosa devi fare” si mise a leccare tutto il suo sperma senza tralasciare neanche una gocciolina, poi cadde su un fianco esausto, “hai visto ragazzino, questo è un masochista, feticista, sottomesso, se lo picchio in maniera più leggera si mette a urlare Più forte padrona più forte, ed allora di conseguenza ho imparato ad infierire, guarda in che stato ha il culo, ti piacerebbe lo stesso trattamento?” il suo culo era rosso tutto segnato da righe in rilievo “non riuscirei signora, davvero, non così forte” anche lei era esausta “adesso per un po è fuori uso deve riprendersi, mi occuperò di te, mettiti sdraiato sotto di me che ti faccio venire” iniziò uno strusciamento con la suola della scarpa sul mio uccello, delicatamente e poi con forza, ogni tanto mi forzava la punta della scarpa nel culo, quando ero quasi alla fine e stavo per sborrare smise, “masturbati da solo e spruzza sulle mie scarpe” arrivò un’ondata di sperma che colpì le sue scarpe ed anche le gambe, “ti avevo sulle scarpe bestia” due sberle in sequenza mi rintronarono “adesso lecca, e la prossima volta stai attento se non vuoi un trattamento come all’avvocato capito” e giù un’altra sberla,
Leccai in silenzio sentendomi addosso gli occhi di Santorsi, sicuramente Vittoria era diventata più cattiva, o forse era meglio nella parte, si era gasata di avere due schiavi che sbavavano per lei all’inverosimile, e si facevano umiliare continuamente, io pensavo a quando avrei rincontrato l’avvocato magari sulle scale o in ascensore, ormai eravamo compagni uniti in un segreto perpetuo.
Sara.61
00mercoledì 2 ottobre 2013 09:20
LA PORTINAIA PADRONA
Quattro


Dopo la serata trascorsa in compagnia dell’avvocato Santorsi e della signora Vittoria, ero abbastanza mortificato, ma nello stesso tempo eccitato, la signora aveva dato dimostrazione di quanto era cresciuta in lei la convinzione di padrona, ed era chiaro che aveva in pugno entrambi, con me aveva remore, mi considerava un ragazzino feticista, ma l’avvocato era veramente la sua pezza da piedi, Io l’avevo incontrato in ascensore, e tra noi c’era stato un silenzio pieno di significati, quell’uomo mi aveva fatto un pompino, ed era stato picchiato davanti a me, io d’altronde avevo subito tutta la mia sottomissione davanti a lui, eravamo consci dei nostri segreti, e non riuscivamo neanche a salutarci.
La signora Vittoria imperava nei miei pensieri, e quando la vedevo il mio cuore in iniziava a battere più forte, “ciao giovanotto, come va? Tutto ok vero, sai il mio computer è un periodo che va da Dio, saranno state le tue modifiche, però penso che al mattino presto, diciamo verso le cinque, soprattutto il sabato ha qualche problema, sarebbe il caso che gli dai un’occhiata” l’allusione era precisa, infatti venerdì sera i miei andavano via, e lei sapeva che ero a casa, voleva che andassi a fare i lavori da lei, “va bene signora sabato alle cinque sarò da lei”.
Ero felice, quella donna mi eccitava e mi intimoriva, lei non perdeva occasione per ammaliarmi, quando la incontravo per le scale, faceva finta di niente e se non c’era nessuno si tirava su la gonna, e mi sorrideva “siete bellissima signora” lei compiaciuta “fatti poche seghe ragazzo” queste erano le cose succedevano, quindi l’eccitazione era costante, un giorno che puliva i vetri dell’androne con l’uso di una scala, mi chiamò addirittura “Scusa Marco mi prendi quella spugna li a terra” stavo passando nell’androne quando fui sotto la scala mi fermai a guardarle le gambe “bello lo spettacolo? Dai dammi la spugna” aveva delle calze autoreggenti chiare le sue cosce viste da sotto erano lunghissime, mi piacevano da morire avrei voluto abbracciarle, leccarle dove finivano le calze, invece me ne andai con l’uccello in tiro.
Comunque era venerdì sera, ed i miei se ne andarono, andai a letto presto alle quattro e mezza ero sveglio ed alle cinque prendevo la chiave sotto lo zerbino ed entravo in casa della signora Vittoria, la sorpresa fu massima, l’avvocato Santorsi era a quattro gambe, in boxer e canottiera, e stava lavando con uno straccio il pavimento dell’entrata, alzò la testa “ciao Marco” il suo tono era dimesso “buongiorno avvocato” lui si fermò un attimo, “la signora vuole che tu lavi il bagno come sai, io devo fare entrata, cucina e salotto, lei si alzerà alle sette e tutto deve essere finito”, non me l’aspettavo, ma senza dire altro andai nel bagno ed iniziai a pulire, finii presto l’avvocato era alle prese con la cucina, e decisi di dargli una mano, senza parlare, d’altronde la nostra complicità andava ben oltre.
Quando arrivò la signora Vittoria avevamo finito tutto, la casa era splendente, lei in perizoma e tacchi a spillo, aveva le scarpe rosse che già conoscevamo entrambi, e le sue tette imperiose e sfacciate “e bravi i miei schiavetti, fatemi vedere se avete fatto un buon lavoro, iniziamo dall’entrata, seguitemi tutti e due a quattro gambe” lei camminava da Dea davanti a noi due adoranti dietro i suoi tacchi “avvocato, hai lasciato della polvere suo mobile basso” e con il dito mostrò lo sporco di polvere “non dovevi farlo sei un servitore del cazzo meriti subito una punizione esemplare” prese un frustino, che era sicuramente quello che le avevo comprato con il vestito di lattex, “togliti i boxer, e metti bene il culetto a mia disposizione, dimmi quante frustate meriti” l’avvocato che era già pronto “dieci mia signora” lei sembrava soddisfatta “bene marco conta” le dieci frustate furono potenti, date lentamente, provocarono delle righe nitide sul culo di Santorsi, che non emise neanche un gemito “puoi rimetterti i boxer lurida merda” Vittoria continuò l’ispezione fino ad arrivare in bagno dove trovò un pezzettino di carta igienica sul tappeto “hai, hai, il servo Marco ha avuto una svista, punizione, culo a disposizione veloce” non avevo scelta e fu L’avvocato a contare dieci frustate, date più dolcemente, ma le mie urla erano forti, ed anche il mio culo fu segnato: “rivestiti merda”.
Il silenzio regnava, Vittoria era visibilmente soddisfatta “mettetevi con il viso al muro e restate a quattro gambe, faccio colazione e poi torno da voi” se ne andò in cucina, si sentiva l’aroma del caffè, e lei che canticchiava “cosa faccio ai miei schiavetti, ma, devo pensare a qualche giochetto, loro non aspettano altro” un po’ cantava un po’ parlava, ci derideva entrambi, passò una mezz’ora e tornò da noi, diede un calcio all’avvocato nel culo “girati schiavo e adora le mie scarpe, tira fuori quella tua lingua del cazzo e lucidamele” Santorsi si consumò la lingua leccava succhiava, come un matto, “tu non guardare schiavetto faccia al muro” e ricevetti anch’io un calcio nel culo, fece leccare l’avvocato ancora un po’, poi gli tirò due calci di punta nel petto, così forti che questa volta sentii la voce affranta di Santorsi “ahhhhhh, Ahhhhhh” lei lo redarguì “zitto cretino che ti sentono” in effetti due calci così potevano anche rompergli le costole, ma lui si buttò ai suoi piedi continuando a leccare le scarpe “bravo leccale così loro dopo ti puniscono ancora di più”, si girò verso di me, e presi un altro calcio nel culo “tocca a te schiavo più giovane lecca le mie scarpe” la cosa mi ripugnava, erano ancora lucide della saliva dell’avvocato, ma questa era la sua punizione “lecca o ti cambio i connotati a calci in faccia”, e fece la scena di colpirmi, leccai subito con schifo ma leccai, entrambe le sue scarpe, come voleva lei, “bene le scarpe sono pulite, adesso lo schiavo più vecchio, va nello sgabuzzino, e pulisce con la lingua tutte le scarpe che trova, compresi gli stivali, dopo vengo a controllare” e prendendolo a calci lo spinse via, “invece tu vieni in camera che mi devi vestire” e fui accompagnato anch’io a calci fino in camera da letto, dove c’era già tutto pronto calze, gonna camicetta, e grembiule, “toglimi le scarpe”, lei si sedette sul letto, “infilami le calze, se le rompi ti ammazzo di botte” erano delle calze nere autoreggenti, costose e sottilissime, le infilai nelle sue meravigliose gambe, lei si alzò per agevolarmi, le sistemai bene la parte in silicone e mi assicurai di averle messe tutte e due alla stessa altezza “va bene ora la gonna” una gonnellina blù molto corta, la chiusi dietro con la zip “cretino la cerniera va davanti” mi presi una bella sberla “chiedi scusa” non aspettai “mi scusi mia signora” lei si guardò allo specchio, “bene ora la camicetta” si trattava di una camicetta bianca con del pizzo vicino ai bottoni, la lasciai fuori dalla gonna “si va bene fuori” mentre si rimirava allo specchio “che dici sto bene?” stava benissimo, la gonna era talmente corta che si vedeva dove finivano le calze, e questo le dava un aspetto infinitamente sexy, “il grembiule lo metto quando esco, vuoi leccarmi le gambe, penso che sia un po’ di tempo che hai questo desiderio, specialmente quando me le guardavi da sotto la scala” non persi tempo, abbracciai le sue gambe e me le leccai tutte ovunque, lei mi lasciva fare, le piaceva, mi fece insistere nel culo forzandomi la faccia, poi si allargò il perizoma “lecca anche lei, ha voglia” mi insinuai più che potevo e leccai allo sfinimento la sua figa, fino a farla godere “e bravo servo, con la lingua sei fantastico” mi spinse a terra ed iniziò a strusciare la sua suola destra sul mio uccello “vorresti venire, no, non adesso, ho in mente un giochetto per dopo, accontentati” strusciò ancora un po’, poi un calcio segnò la fine del gioco “andiamo a vedere il lucidatore di scarpe, cammina davanti a me a quattro gambe” e così fui accompagnato con i soliti calci nel culo fino allo sgabuzzino, dove l’avvocato aveva fatto un gran lavoro, ma le scarpe erano più di venti paia, e cinque paia di stivali, “ma non hai ancora finito che leccatore di scarpe sei” gli rifilò diverse sberle, di quelle che rintronavano, la testa dell’avvocato era sbattuta da una parte all’altra, “mi scuusi signooora, perdoooono” intanto stava li a prenderle, “basta mettetevi in salotto con il cazzo fuori tutti e due, e state in ginocchio” ci sistemammo vicini, anche l’avvocato era in tiro, “adesso masturbatevi, ma dovete venire solo quando ve lo dirò io” lei stava davanti a noi ci mostrava il culo tirandosi su la gonna “vi piaccio maiali, fermi” e dovevamo smettere “riprendete” la cosa andò avanti così un bel po’ io stavo per venire, non ce la facevo più, ma lei ci fermò nuovamente, “adesso uno masturba l’altro” avevo paura che sarebbe successo, ed infatti, “ho detto uno masturba l’altro, se non lo fate vi prendo tutti e due calci nelle palle e vi faccio venire così, vi prendo a calci finché non venite” l’avvocato avvicinò la sua mano e io feci altrettanto, stranamente il cazzo rimase duro “avanti ora potete venire,” venne prima Santorsi, con uno spruzzo poderoso, io ci misi più tempo, l’avvocato accelerò il ritmo, ed anch’io spruzzai, “fermi servetti, ora pulite tutto ma leccate lo sperma dell’altro, vedete di farlo perché la promessa di prima è sempre valida” e per sollecitarci ci diede una sberla a testa molto forte, questo era il massimo già il mio sperma era difficile da leccare, ma quello di un altro uomo, cercai di rifiutarmi mentre l’avvocato aveva già iniziato, ma i calci che arrivarono nelle palle riuscii a proteggerle con le mani , ma il terzo mi centrò in pieno, il dolore era terribile mi faceva male la testa, ma ormai stavo leccando, Vittoria fu inflessibile, tutte le gocce dovevano essere ripulite, ogni tentennamento fu evitato a suon di sberle, “bravi, c’è voluto un po’ di tempo, ma siete stati bravi” avevo un senso di schifo bestiale, il calcio nelle palle non mi era ancora passato. “che c’è marco, ti fanno male le palline, devi abituarti, stenditi sotto la finestra a pancia in su veloce” con fatica mi rialzai e mi si nella posizione che voleva, lei salì sulla mia pancia con i tacchi, aprì la finestra, e dopo un po’ si mise a parlare con i netturbini che portavano via l’immondizia, “stamattina in ritardo è?” dall’altra parte risposero con una risata, poi passò un’inquilina, e la signora Vittoria si dilungò a chiacchierare schiacciandomi la pancia con forza, i tacchi mi penetravano, meno male che ogni tanto cambiava posizione, “eh cara signora, inizia a far caldo,sono stanca morta, stamattina non mi sono ancora fermata” conoscevo l’inquilina, era una chiacchierona della madonna, ed anche Vittoria non dava segni per terminare la chiacchierata, mi mossi per il dolore, e lei scivolò, rischiando di cadere, mi presi due calci nel fianco dolorosissimi, lei per spiegare “questo sgabello mi farà cadere una volta o l’altra” dall’altra parte sentivo ridere, non contenta mi mise il tacco in bocca, ora stava con il peso solo su di una gamba, ed io dovevo ciucciarle il tacco, la cosa doveva divertirla un sacco, finalmente salutò la inquilina e scese dal suo sgabello umano “non farlo più, ti devi muovere chiedendo il permesso capito” e mi colpì la faccia con un calcio dato col tallone.
Arrivò vicino all’avvocato che era ancora in ginocchio, e senza motivo apparente iniziò a picchiarlo con sberle, calci e pugni, un pestaggio in piena regola, esausta, “contento, era questo che volevi” l’avvocato ansimante “si mia signora grazie, mia signora”.
Si girò verso di me, “alzati coglione, vai a prendermi il grembiule, la padrona ha finito, adesso torna a fare la portinaia, e voi due andatevene, vi siete divertiti abbastanza per oggi”.

taikirb
00mercoledì 2 ottobre 2013 11:27
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pinocchio-latino
00mercoledì 2 ottobre 2013 23:05
Mitico!!!!
manuel.1975
00sabato 4 aprile 2015 08:19
Beh visto che sono passati quasi 2 anni e Sara.61 non si fa più vivo, inoltre questo racconto è piaciuto un sacco anche a me, l'ho letto tutto insieme ieri ed il 4° capitolo oggi...

Posto l'ultimo episodio io così a chi era piaciuto potrà finirlo di leggere. Ormai Sara.61 frequenta altri forum e posta tutti i suoi racconti li.



ULTIMO ATTO:

l sabato mattina, ci fu una pausa abbastanza lunga, circa tre settimane, la signora Vittoria, quasi mi evitava, e non mi aveva più provocato come faceva di solito, beccai una volta l’avvocato Santorsi che si faceva pestare in garage, ed io sempre dal mio nascondiglio mi ero gustato la scena, ma le parole che ascoltai mi lasciarono abbastanza deluso: “signora mia, ha pensato alla proposta che le ho fatto” l’avvocato era contro il muro inchiodato dal piede dei Vittoria piantato nella gola, parlava con sofferenza il tacco gli schiacciava la carotide “si ci ho pensato ma non ho ancora deciso non sono sicura di venire a vivere da te verme schifoso” lui continuava “sono libero ora, il mio divorzio è definitivo, lei viene da me, se vorrà andarsene in qualunque momento le troverò un lavoro, se resterà le farò fare la vita da signora servita e riverita” Vittoria gli infilò la punta della scarpa in bocca “ora stai zitto e succhiami la scarpa” ma l’avvocato continuava “la prego signora Vittoria mi dica di si” lei tolse il piede “mi hai stancato, non ho ancora deciso, vuoi che ti pesti oppure me ne vado” lui pregandola, “no, non se ne vada, mi prenda ancora a calci la prego mia signora” e non si fece pregare, riprese a prenderlo a calci nella pancia, ogni calcio lo faceva sbattere conto il muro, poi lo spinse a terra ed iniziò a saltargli sopra come ad un materassino, quello che mi domandavo era come faceva Santorsi a tornare in ufficio con l’abito tutto sporco, “dai tiralo fuori che ti faccio venire brutto cane rognoso, non ho più tempo devo andare in portineria, sbrigati coglione” lui tirò fuori l’ uccello duro e violaceo era in ginocchio davanti a lei, Vittoria si tirò su la gonna mostrando le splendide gambe inguainate in calze nere, e come al solito lo fece venire strofinandogli la suola sull’uccello, non ci volle molto e l’avvocato venne copiosamente “bravo, non ho tempo di farti leccare il tuo sperma, togliti dalle palle vai” lo spinse a calci, aspettò di vederlo prendere l’ascensore, si riassettò il grembiule, e anche lei prese l’ascensore.
Quindi l’avvocato aveva fatto una proposta a Vittoria, la voleva tutta per se a casa sua, magari voleva anche sposarla, Santorsi era sicuramente ricco, e Vittoria avrebbe smesso di fare la portinaia, dovevo assolutamente saperne di più.
Aspettai la signora Vittoria nelle scale mentre lei saliva, “buonasera signora, come va il suo computer ha bisogno, mi chiami pure” lei si fermò di scatto “il computer va bene Marco, non ti preoccupare, se ho bisogno di sicuro ti chiamo” non potevo lasciarla andare così. Mi assicurai che nessuno ci sentisse “la prego signora, ho bisogno di lei” il mio tono si rivelò addirittura piagnucoloso, lei si fermò nuovamente “cosa vuoi Marco, non sei stufo, il gioco è bello se dura poco, dopo diventa noioso” mi feci spudorato “però con l’avvocato il gioco continua” lei indispettita si sfogò “hei coglioncello, con l’avvocato è un altro discorso, lui paga fior di quattrini, con lui è un lavoro ormai, e tu non permetterti di fare queste domande” mi venne vicino e mi prese per le palle, stringendomele forte “vuoi venire da me, e va bene, ma questa volta ti farò passare la voglia di essere così impertinente, ti aspetto domani sera, dirò a tua madre di mandarti sempre per il computer, alle nove dopo cena, e saranno tutti cazzi tuoi” accidenti l’avevo fatta incazzare veramente, capivo che lei era in un momento di decisioni, ed era nervosa, probabilmente la proposta dell’avvocato l’allettava, ma aveva paura di sbagliare.
Comunque alle nove della sera successiva, suonavo il suo campanello, mi aprì, e già il suo abbigliamento la diceva lunga, aveva una microgonna in pelle che non avevo mai visto di colore panna, degli stivali bianchi al ginocchio, con un tacco a spillo in metallo, senza calze, ed un reggiseno uguale alla gonna “vieni, vieni pezzo di cretino” mi prese per il braccio e mi tirò dentro, non ebbi il tempo di dire nulla, mi sbattè sul pavimento e mi piantò il tacco nella gola, sempre tenendomi per il braccio, “questa sera ti schiaccio come un verme” mi faceva male, il tacco mi segnò la pelle, aveva un’espressione cattiva, non divertita come al solito, lei lo tolse, io mi toccai e mi ritrovai le dita sporche di sangue, mi prese il mento con la mano, mi guardava fisso negli occhi, “questa sera ti massacro, altro che feticista, questa sera sarai il mio masochista, cammina carponi fino in salotto e spogliati nudo”, avevo paura, ma mi spogliai in fretta come voleva lei, mi venne vicino e mi rifilò un calcio nel culo con il tacco, urlai “ahhh” che male accidenti “che cazzo urli, stai zitto, allora tanto per cominciare ti prenderò a sberle, come faccio con l’avvocato vediamo se ti piace” si mise davanti a me ed iniziò a colpirmi con tutte e due le mani, e stavolta le sberle facevano male, non smetteva, la testa me la girava ogni volta che mi colpiva, cercai di ripararmi, allora mi colpì con dei calci nelle cosce, “stai fermo oppure ti farai male, sei avvertito” presi ancora una decina di sberle, “adesso che sei caldo possiamo parlare, ascolta stronzetto, Santorsi mi vuole sposare, ed io ho deciso di fare veramente la signora, tu non conti nulla, ti ho fatto divertire, mi sono divertita, ma ora è finito tutto, l’unica condizione dell’avvocato è che il mio schiavo sarà solo lui, tu sei un ragazzo, hai fatto un’esperienza, cercati una ragazza che ti domini e sposatela, così avrai modo di essere soddisfatto” Vittoria era stata chiara, avevo capito tutto, e lei aveva ormai deciso, mi buttai ai suoi piedi, iniziai a baciargli gli stivali, le abbracciavo le gambe, non parlavo perché mi veniva da piangere, lei per niente commossa mi spinse via, “smettila, non ti ho detto di toccarmi le gambe, mettiti contro il divano con la schiena e stai lì fermo” risalì con i piedi sulle cosce, avevo la sua figa vicina alla faccia, ma il dolore dei suoi tacchi mi faceva impazzire, mi prese per le orecchie ed iniziò a cambiare il peso da un piede all’altro, mi stava bucando la carne delle cosce, urlai per il dolore “ahhhhh, ahhhhhh” scese ma solo per spingermi a terra supino, e mi salì sulla schiena , subbi lo stesso trattamento delle cosce, quei tacchi mi incidevano la pelle, “ti piacciono i tacchi sulla schiena, li senti, ti schiaccio come un verme, mi viene voglia di saltare, così ti sfondo, alzati ragazzo” tardavo, e lei mi prese a calci per farmi alzare più in fretta, “succhiami i tacchi, tanto è quello che vuoi no” ciucciai quei tacchi metallici con passione, e pensavo che sarebbe stata l’ultima volta, ma la signora Vittoria aveva in mente un trattamento particolare per me, un trattamento per umiliarmi definitivamente. Si tolse la gonna rimase in tanga, aprì un cassetto e prese una corda di nylon blu, mi legò le mani dietro la schiena, con un altro pezzo di corda mi legò i piedi, poi mi appoggiò al divano, in modo che il mio culo fosse a sua completa disposizione, se ne andò, quando fece ritorno aveva un cazzo di gomma legato al ventre, nero come la pece, “vedrai che dopo questo non vorrai più sentire neanche parlare di me ragazzo” capii le sue intenzioni, e mi misi ad urlare “NOOOOOOOO,NOOOOOOO” lei mi prese malamente, e con forza mi alzò dai fianchi in modo di avere il culo alla sua altezza, cercò sul tavolino un tubetto, era una crema lubrificante, iniziò a cercare il buco del culo con le dita, mi spalmò di crema incurante delle mie urla, “stai fermo o sarà peggio per te” era forte, ero sopraffatto, stupito, intimorito, ma il cazzone arrivò a puntare il mio buco del culo, e lei piano piano si faceva strada, la punta entrò con il mio dispiacere più profondo, mi teneva una mano sulla bocca, “non urlare che ci sentono” e poi iniziò a muoversi, mi stava inculando, era dentro per metà, il dolore era forte, c’era anche un senso di eccitazione che non saprei spiegare, Vittoria mi violentò per dieci minuti, ormai ero dilatato, dava dei colpi prima lenti e poi più forti, “dai non riesci a godere puttanella” smise, ma solo per infilarmelo in bocca, ciuccia troia, non mi sarei mai aspettato tutto questo, avevo le lacrime agli occhi, la guardavo con odio, lei era incurante, me lo forzava in bocca con cattiveria estrema “ciuccia, ringrazia che non ti ho fatto fare un pompino a Santorsi, oppure lo preferivi” mi lasciò andare esausto, poi mi prese l’uccello fra le dita “ma come mai così molle,” iniziò a menarmelo, poi gli mise un piede sopra, ed iniziò a schiacciarlo con violenza, e l’altro me lo porse da leccare, ma il dolore al culo non mi permetteva di concentrarmi, “non viene più duro, vuoi vedere che l’ho rotto” e si mise anche a ridere, poi continuando con il tacco a giocherellare con la mia cappella iniziò a venirmi duro “Ah volevo ben dire, che i miei tacchi non avevano sempre lo stesso effetto su di te” mortificato fisicamente e nell’anima, però in tiro, mi dava dei piccoli calcetti alle palle “pensa se adesso per finire ti prendessi a calci nelle palle, finiresti in bellezza, l’avvocato riesce persino a godere quando lo prendo a calci nelle palle” i calci erano sempre più forti, poi lo prese in mano e m i fece spruzzare sui suoi stivali un mare di sperma, “bene, benissimo, adesso puliscili bene come sai fare tu, tanto ti piace da morire no”, leccai tutto il mio sperma, “ancora lì sul tallone, non vedi, anche sulla punta del sinistro, devi ripulirli bene, sono nuovi di pacca” ripulii gli stivali per bene, restai a guardarla offeso e serio. “che cazzo hai da guardare, ti ho fatto anche venire come piace a te” non avevo voglia di parlare, ma poi come un fiume in piena “perché mi ha fatto questo signora, io l’adoravo come una Dea, perché? Non volevo offenderla, ho capito che và a stare meglio, sono contento per lei, volevo solo avere la possibilità di vederla, di sognarla, perché mi ha distrutto, ha distrutto tutto” lei era dura distante “io sono la tua dominatrice, non sono una normale, abbiamo finito, mi hai stufata, hai avuto quello che meritavi,” non mi capiva, o meglio non voleva capirmi, aveva deciso di buttarmi come uno straccio, si tolse il cazzone dai fianchi mi rifilò un calcio nella schiena, ero li a terra legato come un salame, lei in piedi mi guardava, di colpo si mise a prendermi a calci, mi colpiva ovunque, mi faceva male, ma era in trance, e non sentiva neanche le mie urla, mi schiacciò la testa con il suo stivale, e ci salì sopra con tutto il suo peso, scavalcandomi per tre volte, poi esausta si sedette sul divano“mi hai veramente stancata, lo vedi che non resisti la mia dominazione, mica puoi solo leccare scarpe e piedi,”mi slegò, strattonandomi malamente, “rivestiti ragazzino” mentre in silenzio mi rivestivo mi spinse sul divano tirò giù nuovamente i calzoni e con il tacco iniziò a strisciarlo sul culo “ti lascio qualche segno dei miei tacchi, per ricordo, quando saranno andati via ti sarai dimenticato anche di me” non sentivo neanche dolore, anche se quei tacchi mi laceravano la pelle del culo, rimettendomi le mutande le sporcai di sangue, sentivo con le mani delle righe in rilievo sulle chiappe, aveva infierito duramente, “vattene ragazzo, la portinaia Vittoria è morta”, mi sbattè fuori rifilandomi ancora un calcio.
Mi rintanai in camera mia e scoppiai in un pianto liberatorio, in bagno mi accorsi bene dei segni che mi aveva lasciato, avevo male ovunque ma il culo era messo male veramente, io inculato, non me lo sarei mai aspettato, ora la odiavo.
Dopo due settimane la portinaia Vittoria diede le dimissioni, e fece di tutto per finire solo il mese, nessuno sapeva dove andava, solo io, ma chiaramente non dissi nulla.
La rividi un mattino in centro, non mi salutò, ed io non la salutai, poi le lingue lunghe del palazzo scoprirono tutto, anche perché Santorsi chiuse lo studio, e ne aprì uno in centro ancora più grande, Vittoria lavorava da lui come segretaria, ed era andata a vivere a casa sua, io mi immaginavo l’ufficio di Santorsi con la porta chiusa, e tutto quello che Vittoria poteva fargli, sicuramente l’avvocato aveva realizzato il suo sogno, aveva la sua padrona tutta per se.
THE END
manuel.1975
00domenica 5 aprile 2015 04:13
Peccato !! Questo racconto mi era piaciuto moltissimo, come già detto sopra, ma quest'ultimo episodio ha rovinato tutto...beh per modo di dire, non tutto. Ha avuto tutto un senso il finale, buona l'idea dell'avvocato già schiavo di lei che le offre di andare a vivere insieme, dato che aveva divorziato, e continuare a farle da schiavo, inoltre e dopo tutto era pur sempre un avvocato ed era anche ricco.

Ma non mi è piaciuto per niente la parentesi conclusiva con lui, il ragazzo, non capisco che senso abbia tutta quella VIOLENZA GRATUITA verso di lui nel loro ultimo incontro. Non ha davvero alcun senso secondo me! Comunque tutto sommato è stato un racconto che mi è piaciuto tantissimo, seppur non scritto bene e, ripeto, esclusa la parentesi VIOLENTA con il ragazzo proprio nel finale del racconto.
nikotti
00martedì 12 maggio 2015 18:13
thank u...
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