Ultima parte
Arrivò la sera del giorno dopo, il campanello dell’ingresso, “vai ad aprire merda” Alberto aprì la porta “buonasera sig. Alberto” “buonasera dottoressa, venga entri” Luisa si avvicinò “buonasera dottoressa, volevo farle vedere alcuni segni sul corpo di Alberto, se mi spiega di cosa si tratta, spogliati Alberto” tutto vergognoso si spogliò restando in mutande, “ecco vede dottoressa ad esempio qui nella schiena, questi segni, sembrano dei tacchi a spillo che hanno fatto una passeggiata” la dottoressa guardava con interesse, “non saprei signora, se ha delle scarpe con dei tacchi veramente a spillo potrei paragonare” Alberto non sapeva che le due si erano parlate, “vado a prenderle” Luisa tornò con un paio di francesine nere che avevano un tacco acuminato, “che misura sono Signora Luisa?” Luisa con noncuranza “sono il trentotto” Marta si tolse le sue scarpe “allora posso provare io, mi vanno sicuramente bene, si stenda Alberto a pancia in giù” lui non ci capiva nulla “maa, coome maa” Luisa lo spinse a terra, e diede la mano a Marta che salì sulla sua schiena, iniziando a calpestarlo violentemente, poi scese, entrambe si misero a guardare “eh si Signora Luisa, sono stati proprio dei tacchi come questi” Luisa tutta soddisfatta “hai visto Alberto niente di strano, fa parte della tua vita, non è poi un problema di chi sono i tacchi, basta che ne parliamo” Alberto non sapeva più che dire era inebetito e frastornato “cosa dice dottoressa completiamo la cura a questo paziente, ha tempo oppure deve andare” Marta si tolse la giacca che aveva tenuto addosso “ho tutto il tempo, ma diamoci del tu, ormai ci conosciamo” Luisa la fece accomodare sul divano “sa che queste scarpe sono proprio belle, ed anche comode” Luisa si sedette vicino a lei, “si sono comodissime ad Alberto piacciono tanto, vero caro che ti piacciono, fai vedere a Marta come le lecchi, dai muoviti” non sapeva che fare, sua moglie gli ordinava di leccare le scarpe ad un’altra donna pazzesco, una sberla dietro la nuca lo risvegliò, ed iniziò a leccare “sai Marta è un leccatore instancabile, le scarpe gliele faccio pulire tutte a lui con la lingua” era umiliante ed eccitante allo stesso tempo, Luisa che era in ciabatte, “vado a mettermi un paio di scarpe anch’io” e tornò con delle splendide zoccole in legno dal tacco altissimo, lei era senza calze, si liberò della gonna restando in mutande, ed appoggio entrambi i piedi sulla schiena del povero Alberto che continuava leccare come un matto, si scambiarono le posizioni “sai non avevo mai provato a dividere la dominazione, ma la cosa mi è sembrata subito interessante, pensa come sei fortunato Alberto, due padrone tutte per te” Alberto era incredulo, cosa era scattato in sua moglie, valle a capire le donne, forse voleva punirlo in maniera esemplare.
Le due donne dialogavano tranquillamente appoggiando i piedi sul suo corpo, ogni tanto un calcio, una taccata, ma con sufficienza e distrattamente, poi Luisa “se ti fermi a cena ci facciamo servire da mio marito, e poi ci divertiamo un po’ a dominarlo, sei d’accordo” Marta non aspettava altro, “guarda ne sono felice e da tanto che non domino un uomo, se non ti spiace mi fermo volentieri” Luisa si alzò “dai schiavo muoviti vai preparare cena, hai un’ora di tempo, per le diciannove e trenta dobbiamo essere a tavola, Marta mettiti pure in libertà” mentre si alzava Alberto ricevette un calcio nel culo da Luisa “dagliene uno anche tu, non farti problemi” e Marta assolutamente non si faceva problemi gli rifilò un calcione, “accidenti Marta picchi duro, ci sai fare” Marta sorrideva “sono un po’ arrugginita, ma da ieri ho ripreso gli allenamenti” risero tutte e due.
Alberto sapeva cosa fare la cena era quasi sempre compito suo, ora era più tranquillo, ed il suo uccello era duro come il marmo, in definitiva la situazione lo arrapava tantissimo, Luisa gli passò accanto bisbigliando “sei contento è brutta merda schifosa, me ti assicuro che te ne pentirai” la minaccia non era per niente velata, Alle diciannove e trenta era tutto pronto la tavola era apparecchiata con gusto, le due donne erano sempre state in salotto a chiacchierare, entrambe erano in mutande, Marta aveva le autoreggenti nere con un bel paio di mutandine alla brasiliana che esaltavano il suo culo, Luisa a gambe nude con delle mutande più castigate, Alberto le chiamò a tavola, ed iniziò a servirle, versò il vino, l’acqua, teneva addirittura il tovagliolo sul braccio, come un vero cameriere, un cameriere nudo però solo in mutande, non lo cagavano minimamente, solo quando mangiavano Luisa voleva che stesse in un angolo “mentre mangiamo mettiti nell’angolo faccia al muro, ti chiamiamo noi, non disturbare schiavo” quindi servì la pasta al tonno e si rintanò nel suo angolo “schiavo vieni a portar via e servi il resto” arrivò veloce, versò il vino nei bicchieri vuoti e cambiò i piatti per servire i filetti di branzino, tornò nel suo anglo come un robot “serve del limone schiavo muoviti” espletò l’ordine e tornò nell’angolo “è un piacere Luisa, essere serviti così, certo che ti diverti con il tuo schiavo, ti invidio” Luisa in effetti era felice della sua situazione, e ne approfittava con ingordigia, “si effetti sono contenta del mio schiavo tuttofare, ti dirò che anche a letto è discreto, poi è pulito e non sporca, anche perché se sporca pulisce, e poi che noia fare tutti i lavori di casa, con lui io li faccio se voglio farli, altrimenti si occupa di tutto, pensa che mi fa anche il bagno se voglio, a lui piace insaponarmi e leccarmi tutta, devo dire che solo a stirare è una schiappa, per il resto sa fare tutto come una vera domestica” Marta era ammirata “che fortuna, ne trovassi uno anch’io, ma un vero schiavo è difficilissimo da trovare, pensa che avevo instaurato una relazione con un medico in ospedale, sembrava tutto ok, poi era lui che mi diceva cosa dovevo fargli, fammi leccare i piedi, calpestami un po, mi fai fare il cane, pazzesco, ero io la schiava, me ne sono liberata subito, prima però gli ho dato una bella lezione, che si è fatto addirittura trasferire, non riusciva neanche a guardarmi negli occhi” Luisa era interessata “dimmi,dimmi” Marta era contenta di raccontare “una sera l’ho legato come un salame, lui era contentissimo, continuava a dirmi si mi piace, brava padrona, e così via, poi l’ho zittito, avevo comprato un cazzo di gomma, sai quelli che ti metti con i lacci, me lo sono inculato come una vera violentatrice, quel suo culo vergine chiedeva pietà, per finire gli ho dato tante di quelle sberle, mentre gli spiegavo perché mi aveva rotto i coglioni, l’ho sbattuto fuori a calci mezzo nudo, per una settimana al lavoro in ospedale non si è visto, poi quando mi incontrava cambiava strada, l’hanno spostato due anni fa, quindi sono due anni che sono sola” Alberto ascoltava e si eccitava, Luisa non lo aveva mai sodomizzato, aveva solo sempre minacciato di farlo.
Piano, piano la cena giunse alla fine, erano le ventuno, avevano già preso il caffè, erano alle sigarette, con un posacenere umano che andava da una e l’altra a seconda di chi doveva scaricare la cenere, naturalmente nella sua bocca, “ti ho già detto di non fare il furbo inghiotti e mangiati la cenere, altrimenti sporchi”, belle soddisfatte raggiunsero il salotto, mentre Alberto riassettava, ma Luisa lo chiamò “lascia stare lo finisci dopo vieni qui” Marta aveva notato l’erezione continua di Alberto “accidenti Luisa è tutta la sera che c’è la duro, non ha mollato” Luisa con discreta contentezza, “si ha una bella resistenza, viene a comando, se non voglio resiste, comunque Marta sfrutta l’occasione, fagli quello che vuoi è a tua completa disposizione, io ti faccio di appoggio, non avere nessun tipo di problema, solo non fargli segni in faccia, che deve andare anche a lavorare” e giù a ridere, Alberto era davanti a loro, Marta si alzò con fare sexy e iniziò a girargli intorno, il primo calcio lo colpì nel fianco destro, il secondo in pancia, aveva un’alzata di gamba spettacolare, mimò due calci all’altezza della faccia senza colpirlo, Luisa era ammirata “accidenti come sei elastica, meno male che sei arrugginita” “anni di palestra e di kick-boxing, sai da giovane ho fatto anche dieci incontri” poi continuò a dare dimostrazione, usando Alberto come un sacco da allenamento,un calcio però arrivò a segno dietro la testa “haaaaaaaa” Alberto si piegò e cadde al tappeto, Luisa intervenne “lo devo contare, faccio l’arbitro, uno, due, tre quattro, e alzati sacco di merda” si rialzò Marta gli ballonzolava intorno come un pugile, ed iniziò con dei pugni al corpo, ginocchiate in pancia, i calci in faccia li simulava, poteva essere devastante, “sai Marta devi insegnarmi a colpire col la gamba così alta, mi piacerebbe imparare anche quei calci ruotati che fai ogni tanto” Marta si mise a spiegare la tecnica, ed anche Luisa provava, solo che maldestramente gli stampò un calcio ruotato in pieno viso, meno male a piedi nudi, “brava vedi che sei in gamba anche tu” Luisa era tutta eccitata, “mi piace, penso che mi allenerò su questi calci”, ma l’obbiettivo di Marta erano i coglioni di Alberto e con due finte gli arrivò proprio in mezzo alle gambe “whoooaaaaaaaaa” piegato in due si teneva i coglioni, Luisa gli arrivò dietro e sempre a piede nudo lo raddrizzò con un bel calcio “stai dritto allenatore, che cazzo di sacco d’allenamento sei se non stai in piedi” si divertirono entrambe a colpirlo, si tolse le scarpe anche Marta, così potevano prenderlo anche in faccia senza segnarlo, e Luisa divenne espertissima nei calci ruotati che arrivavano come sberle nella faccia di Alberto, dopo una decina di minuti erano troppo accaldate e si fermarono. Luisa si buttò sul divano “riposiamo un pochino, stanca questo allenamento” Marta fece altrettanto, e Alberto stava lì in piedi davanti a loro, come un fesso in attesa di chissà cosa.
La serata finì con le due donne sedute sul divano a vedere un vecchio film e lui che gli faceva da poggia gambe messo carponi, ogni tanto lo mandavano a prendere da bere, oppure le sigarette, ingoiò tanta di quella cenere come mai in vita sua, “sai Luisa, dovresti prestarmelo ogni tanto per qualche ora,” “eh no, prestarlo no, se vuoi vieni qui, ma non te lo presto di sicuro” Marta con delusione “va bè, mi basta se qualche volta mi inviti, scusami ci ho provato”, Luisa non avrebbe mai voluto non essere presente, Alberto era suo, poteva dividerlo perché gli piaceva vederlo dominato da un’altra donna, ma sempre con la sua guida, quando aveva parlato con Marta, aveva accettato le sue scuse, ed aveva capito la sua situazione, e poi era divertente prendere in mezzo il suo schiavetto, così imparava la lezione, ma adesso stava aspettando che Marta sa ne andava, così avrebbe infierito su di lui come aveva in mente.
Infatti Marta si rivestì, “è quasi mezzanotte, me ne vado Luisa, ti ringrazio di cuore” se ne stava andando, “non dai un ultimo salutino al tuo paziente” non se lo fece ripetere “ciao Albertino, alla prossima” e gli tirò prima una sberla, e poi un calcio in una coscia, “arrivederci” Alberto non riuscì neanche a salutarla.
Rimasto solo con Luisa, si stava rivestendo “cosa fai cretino, chi ti ha detto di vestirti, resta lì fermo e tieni le mani sopra la testa” Luisa impugnava un corto frustino rosso con un terminale piatto di alcuni centimetri “adesso viene il bello, la tua amica dottoressa, sa tirare solo calci, è ora che assaggi la tua Luisa, la tua vera padrona” iniziò a frustarlo meticolosamente in tutto il corpo “whhhhaa, whaaaa, whaaaa, ad ogni sferzata gli strappava un urlo, “domani prenderai un giorno di ferie, non credo che riuscirai ad alzarti da letto brutto schifoso” altre sferzate, i segni erano già belli rossi, e si intersecavano tra di loro, gli tirò un violentissimo calcio in un fianco “whaaaaaooo” dolore accecante più della frusta, aveva colpito un vecchi ematoma, “allora chi picchia più forte io oppure la tua dottoressa?” Alberto non aveva dubbi “tuuuuuuuu, padrooona, tu picchi più forte” “volevo ben vedere merdaccia, predi questo” il calcio prese in pieno il ginocchio, forse Luisa non voleva colpirlo proprio lì, ma Alberto cadde in avanti sbattendo anche la faccia su di un ginocchio di Luisa o meglio in pieno l’occhio destro, morale che si ritrovò con un ginocchio gonfissimo, e un occhio blu. Fine della serata, Luisa dopo un po’ controllò l’occhio ed il ginocchio, “eh, si,si, si, domani te ne devi proprio stare a casa” e poi sorridendo “magari vai a farti vedere dalla tua dottoressa.