Umiliato per i suoi piedi

zazaloz
00martedì 3 gennaio 2012 11:05
dal web
Lui entrò in casa di lei tutto contento: lei si tolse le scarpe, per mettersi le ciabatte. Lui sorrise alla sola vista del suo piede dentro il calzino, mentre lei si sedeva sul divano.
Lui si avvicinò.
“Alt!” disse lei “Fermo!”
“Che c’è?” disse lui “Quando ci siamo incontrati sull’autobus mi hai detto che se volevo potevo venire a casa tua a leccarti un po’ i piedi!”
“Sì” disse lei “Però qui siamo a casa mia giusto?”
“Sì…”
“Quindi bisogna fare con le MIE regole, no? Se vuoi i miei piedi te li devi guadagnare: inginocchiati.”
Lui si mise in ginocchio
“Però aspetta… io non voglio essere umiliato” disse lui “voglio solo leccarti un po’ i piedi.”
“Ora sdraiati a pancia in su.” disse lei. Lui si sdraiò, lei gli mise un piede sul petto, non tanto vicino alla faccia perché sentisse l’odore, ma già averlo sul petto lo eccitava. Lei si tolse il calzino, con una certa difficoltà visto come era sudato “Vuoi questo calzino sulla faccia?” gli disse tenendolo mezzo metro sopra la sua faccia
“Sì! Sì!” rispose lui
“Allora dimmi che sei un essere inferiore.”
“Come? No, senti, te l’ho detto…”
“Se non vuoi fare come dico io vattene pure.” disse categorica lei “CAPITO?”
“Io…” disse lui un po’ confuso, non poteva rinunciare proprio ora “Sono un essere inferiore, va bene. Adesso però…” lei gli fece cadere il calzino sulla faccia, poi lo riprese subito in mano e lo buttò a terra “Così poco…?” disse lui
“Vuoi anche l’altro?”
“Sì…”
“Allora devi dire: ‘Sono un lurido pervertito’.”
“Però posso tenerlo un po’ di più?”
“Mi sa che non hai capito i ruoli…” disse lei facendo sventolare il calzino in aria “Tu devi dire soltanto quello che ti dico io, oppure ‘sì’ o ‘no’. Altrimenti FUORI.”
Lui moriva dalla voglia di sentire di nuovo quel profumino, allora si rassegnò
“Sono un lurido pervertito.” disse
Questa volta il calzino gli passò a malapena vicino al naso, lei lo tolse subito. Bhè, in effetti lui aveva quasi disobbedito, quindi era ovvio.
“Adesso ti devi mettere a pancia in giù.” disse lei, lui lo fece, e ne approfittò per cercare di avvicinarsi con il naso a uno dei due calzini che lei aveva buttato per terra “Eh, no…” disse subito lei spostandolo sotto il divano con un piede aveva rimesso le ciabatte “E adesso lecca il pavimento.”
“Eh??? Ma non ti dovevo leccare i piedi?”
“Sì, ma quello dopo. Ora lavami un po’ il pavimento, che non lo pulisco da mesi, è tutto sporco di unghie polvere, capelli… qualche giorno fa ci ho anche vomitato, poi ho pulito con uno straccio, ma le fessure tra le mattonelle ancora sono sporche.”
“Davvero…? ma… non puoi chiedermi di leccare dove hai vomitato, non posso.”
“Sul serio?” disse lei al cosetto patetico ai suoi piedi “Neanche in cambio di questi?” e gli spinse sul naso le dita, senza togliere le scarpe. Le tenne lì solo per il tempo di un respiro, come per dargli n calcio, appena si tolse lui incominciò a leccare “Non LECCATINE” disse lei “Lecca con tutta la lingua. Capito?”
“Sì.” disse lui, dopo un po’ che leccava si rimise a pancia in su
“Rimettiti giù, adesso, e lecca le fessure.”
“No…” disse lui, lei con le dita dei piedi prese un calzino e glie lo premette sul naso, staccandolo subito “…Sì…” disse lui, era stato come schiacciare un bottone.
Lui si girò e si rimise a leccare, leccando le fessure: aveva detto la verità, infatti sapevano un po’ di vomito. Alla fine lui si rimise in ginocchio disgustato
“Adesso però mi fai leccare, vero? Mi fai leccare? Ti prego… Su, dai adesso devi…”
“Uh, come sei carino” ridacchiò lei “Dai, su rimettiti come prima. Pancia in su.” Lui ci si mise speranzoso, poi si ritrovò le scarpe di lei davanti alla faccia “Lecca queste ora, le voglio belle pulite”
Le suole sarebbero dovute essere verde chiaro come il resto delle ciabatte, ma erano verde scuro, quasi nero, si vedeva uno strato di sporcizia spessissimo, pieno di peli lunghi come quelli di lei
“No… i piedi, per favore, i piedi…”
“Le ciabatte!” disse lei “Le ciabatte, altrimenti niente piedi. Subito.” lui si mise a leccare rassegnato, l’erezione che aveva avuto gli si stava riducendo al livello di una vaga consistenza “Ah, così mi piaci. Continua finché non le hai pulite.”
Lui ne pulì una
“Adesso un po’ di piede!” disse, lei lo colpì con la suola della ciabatta, e lui ricominciò a lavorare sull’altra
“Bravo, hai fatto un buon lavoro, puoi annusare dove i miei piedini si sono posati.” disse alla fine lei, e gli mise il punto delle ciabatte dove si posavano le sue suole sul naso “Cinque secondi ognuna.” gli disse e si mise a contare.
Lui cercò di godersi il più possibile ogni secondo. In realtà era un odore di gomma che si mescolava a quello dei suoi piedi, ma lui iniziava a capire quello che lui voleva che capisse: che doveva servire lei senza aspettarsi tanto.
“Adesso?” disse piano piano lui
“Adesso ti devi mettere a pecorina.” rispose lei “Mi voglio pulire le ciabatte dalla saliva che ci hai lasciato sopra, altrimenti si risporcano subito.”
Lei lo fece mettere in quella posizione, appoggiando i piedi nudi per terra e tenendo le ciabatte in mano; lui sentì che le strofinava contro le sue natiche, sapeva che lei stava ridendo di lui anche se non la vedeva.
“F… fatto?” disse lui
“Sì, bacia il pavimento.” disse lei, lui iniziò a baciare per terra “Un ultimo bacio adesso” disse lei dopo un po’ “però bello appassionato… eh? Con la lingua…” lui stava per piangere, perché era venuto solo per leccarle i piedi “Bravo, ora mettiti a pancia in su e apri la bocca, così ci infilo i piedi.”
Lui si sdraiò, ritrovando la speranza, e spalancò la bocca.
Vide arrivare il piede sinistro, che si posò sul suo mento, poi arrivò anche il destro, che però all’ultimo secondo deviò e andò ad appoggiarsi sulla fronte. Lui rimase interdetto.
“Non sono entrati in bocca.” disse
“Come, scusa? Non ti sento.” fece lei mettendo le braccia dietro la testa
“No, aspetta… devi… no! no! no…” disse lui, si mise a piagnucolare come un bambino, e la sentì che si sbellicava dalle risate “No… per favore…”
“Oh… povero…” gli disse lei “Povero piccolino…” e piegò la testa su di lui, i capelli le caddero sul davanti.
Lui provò a prendere in bocca il suo piede, ma non ce la fece, poi lei iniziò a premere più forte sulla fronte di lui. Lui vide che lei iniziava a far accumulare un po’ di saliva in bocca, così cercò di chiudere la propria, ma non ci riuscì: lei glie la teneva aperta con l’altro piede.
Lui chiuse gl’occhi: ma anche se non dovette guardare sentì lo stesso la saliva di lei che gli colava in bocca. Un pochino finì anche fuori, e lei glie lo sparse sulle guance con il piede, lui iniziò a sentire l’odore.
Appena lei lo fece alzare lui sputò per terra.
“Ma cosa fai…” piagnucolò
“Tu cosa fai! RACCOGLILA!”
“Che cosa?” disse lui tornando umile
“La saliva! RACCOGLILA CON LA LINGUA! Se non lo fai non ti faccio annusare neanche un po’ di piedi. Anzi no, raccoglila CON LA FACCIA, devi spalmartela sulle guance.”
Lui guardò i suoi piedi, poi si rassegnò. Lei gli mise un piede in testa per essere sicura che non si ribellasse, poi gli ordinò di pulirsi le guance con la stoffa sulla parte più bassa del divano.
Lui obbedì, mentre si puliva vide di fronte a se uno dei calzini di lei: quello che lei aveva spinto la sotto poco prima: riuscì a infilarci il naso dentro: che goduria…
Fortunatamente lei non lo scoprì.
“Adesso cosa facciamo?” chiese lui
“Devo sputarti un altro po’ in bocca.” rispose lei “E stavolta INGOIA, capito? Altrimenti continuiamo così finché non ingoi.”
“Sì, ho capito…” disse lui servile, poi se ne stette buonino a fare da sputacchiera, e alla fine ingoiò
“Adesso un po’ di piedi.” disse lei “Sdraiati, lingua di fuori e sta fermo, se ti muovi smettiamo, hai capito?” lui si mise sdraiato umilmente: lei gli fece sbattere un po’ i piedi sulla lingua, glie li tenne un po’ sul naso, sempre per qualche secondo e basta. Alla fine gli ordinò di leccare via lo sporco che si era formato sulle piante stando seduta coi piedi per terra. Fu un momento disgustoso ma quello in cui lui poté avvicinarsi di più ai piedi di lei.
“Basta?” disse lui quando lei tolse i piedi
“Sì.” disse lei “Ora vattene. In piedi.”
“Posso tornare?” chiese lui con umiltà mentre si alzava
“Vediamo… tu quando lo prendi quell’autobus?”
“Martedì e lunedì.”
“Allora facciamo così: il lunedì ti faccio venire, ma solo per servirmi. Al martedì alla fine ti faccio anche giocare un po’ coi miei piedi, va bene?”
“Sì.” rispose lui, anche se l’idea di passare una giornata a umiliarsi e basta non gli piaceva
“Prima di uscire però ripetimi che sei un pervertito.”
“Sono un pervertito.” disse lui a denti stretti: si fece coraggio, doveva solo dirle quella frase e poi poteva andarsene, e le avrebbe potuto leccare i piedi ogni settimana
“Continua a ripeterlo.” ordinò lei, poi incominciò a sputargli sulla maglietta.
Stettero così un po’ di tempo sulla soglia, poi quando lo ebbe sputazzato per bene lei lo fece uscire.

Lui la rivide la settimana dopo
“Eccoci.” disse lei quando entrarono in casa sua “Allora: oggi non ti potrai neanche avvicinare ai miei piedi, quello lo rimandiamo a domani se non mi fai arrabbiare. Per oggi devi soltanto soddisfare tutti i miei capricci: siamo intesi?” lui annuì con un’aria un po’ sofferente “Comincia baciandomi le scarpe.” gli ordinò lei, e incrociò le braccia
Lui si chinò sopra i suoi stivali di cuoio e li baciò. Sapeva che lì dentro c’erano dei piedi profumatissimi, e lui era così vicino, ma così lontano…
“Ehm… a proposito…” disse lui finito di baciare, senza alzarsi “Tu queste cose non le dici a nessuno, vero?”
“No, e non sono affari tuoi” rispose lei “se voglio ti posso umiliare come mi pare, anche dicendolo a tutti quelli che conosci.” lui ringraziò mentalmente per il fatto che lei abitasse lontano da lui, e non sapesse affatto chi lui conosceva, tuttavia il peso di quelle parole denigranti gli piombò addosso “Lo sai che ti posso umiliare come mi pare, vero? Altrimenti niente piedi.”
“Hmm…” mugolò lui abbassando la testa
“RISPONDI ALLA DOMANDA.” si impose lei “E ricomincia a baciarmi i piedi, VERME.”
“Sì, è così.” rispose lui, ricominciando a baciare. Se solo avesse sentito un po’ dell’odore dei piedini che aveva a qualche centimetro dal naso… ma le scarpe erano troppo chiuse
“Ora puoi smettere.” concesse lei dopo qualche minuto “Voglio che rimani in questa posizione, che poi è quella che ti meriti davanti a me, giusto?”
“Sì.” rispose lui subito. Dopo qualche secondo lui sentì che gli cadeva addosso qualcosa di caldo: lei gli stava facendo la pipì addosso, provò ad alzarsi, ma lei fu più veloce a mettergli un piede sull’osso sacro, immobilizzandolo. Lo liberò solo quando ebbe finito “Ma tu sei pazza!” disse lui alzandosi
“Non sono pazza…” rispose lei costringendolo a girare la testa con un calcio e piantandogli la suola di uno stivale sulla guancia “Sono solo bellissima… non è vero?”
“Sì…” rispose lui guardandola toccarsi i capelli, e stavolta non ebbe difficoltà a rispondere. Lui si sentiva tutta la maglietta appiccicaticcia sulla schiena.
“Ti terrai questa maglietta fino a casa, ti proibisco di togliertela.” gli disse lei “Adesso devi andare a prepararmi un bicchiere di succo in cucina. Portamelo strisciando sulle ginocchia.”
E lui fece così, lei bevette, poi, per fargli provare il sapore, gli sputò un po’ in bocca; alla fine lei gli chiese di ringraziarla.
“Grazie.” disse lui
“Perché fai quella faccia disgustata se ti è piaciuto? Fila a prepararne uno anche per te, voglio vedere se ti piace davvero!” appena lui tornò con il bicchiere lei ci sputò dentro una ventina di volte, ci scatarrò dentro un bel po’, ci buttò un gomitolo di capelli e polvere trovato sotto il divano, ci tossì un paio di volte, ci infilò il dito dopo averlo infilato dentro un orecchi e lo costrinse a berlo “Bene.” disse infine lei soddisfatta “Ora siccome ho ancora sete vai a prendermi un altro bicchiere di succo: stavolta devi portarmelo poggiandolo per terra e spingendolo con la faccia mentre strisci; intanto devi fare il verso della foca, va bene, verme?” gli disse toccandogli il naso con un dito, gesto che a dire il vero fu abbastanza piacevole.
Lui eseguì alla lettera tutti gli ordini di lei
“Riporto il bicchiere in cucina, signorina?” chiese lui
“Dopo, per adesso lavora un pochino qui.” disse lei indicando col dito il suo piccolo sederino
“Io… io… Cosa?”
“Devi leccarlo. Per adesso te lo faccio fare coi pantaloni, tra un po’ magari facciamo senza, va bene? Su, vermiciattolo… lo sai cosa ti faccio altrimenti…”
Lei si mise a ridere, lui a denti stretti si avvicinò al suo fondoschiena. Non sapeva se voleva cadere così in basso per quei piedini… alla fine lo fece: tirò fuori la lingua e iniziò a leccare.
“Ora… b… basta…” pregò lui dopo un po’
“Ancora…” rise lei “Dai, su mi piace tanto…” e spinse la faccia sul cuscino per soffocare una risatina, lui incominciò a piangere “Oh, no, non piangere vermetto…” gli disse lei sorridendo e voltandosi “Pensa a domani…”
“Anche un pochino oggi? Perché no?” piagnucolò lui
“No, no…” disse lei con un’altra grattatina al naso “oggi tu si il mio vermetto, e mi devi solo fare contenta. Per esempio mi puoi annusare le ascelle sudate…”
“No! Per favore, non me lo fare…”
“Eh, sì, che ci vuoi fare… quando si è dei vermicelli come te bisogna un po’ soffrire per fare contente quelle come me… su, vieni qui.” e allargò le braccia, invitandolo a venire in braccio
Lui andò tenendosi pronto a tenere il fiato. Lei purtroppo lo tenne con la testa tra il seno destro e il braccio per troppo tempo perché potesse tenere il fiato, così quando lei lo lasciò lui aveva imparato come si deve di cosa sapeva il sudore di lei.
“Smettiamola… fammi andare a casa, ti prego…”
“Dopo, adesso devi un pochino leccarmele…” disse lei, lui iniziò a scuotere la testa “Sì che devi… così me le rinfreschi un po’, dai…”
Lei alzò le braccia, e lui si piegò fino ai suoi stivali per baciarli.
Lei si mise a ridere, poi gli mise uno stivale sulla testa
“No… no…” piagnucolò lui, lei schiacciò forte
“Tu adesso mi LECCHERAI LE ASCELLE, verme…” gli disse lei suadente “Se non lo fai domani non potrai neanche entrare qui… eh… eh… alzati…”
Lui si alzò, rassegnandosi a fare quello che lei gli chiedeva; rimase lì a rinfrescarla con un’espressione di disgusto sul viso.
Lei alla fine gli fece segno di fermarsi. Lui venne costretto a usare la propria maglietta per ripulirle le ascelle dalla saliva.
“Adesso però fammi andare via, non ce la faccio più a essere umiliato.”
“Va bene, puoi, ma ad una condizione.” disse lei “Girati la maglietta, così mentre torni a casa la porti sul davanti la macchia che ti ho fatto.” lui con aria rassegnata si girò la maglietta: la macchia era ancora lì “Bella vero? Adesso vattene… domani se fai il bravo ti faccio giocare un po’.”.
Lui si diresse verso la porta cercando di sopportare l’odore che emanava la maglietta.

Quando la rivide era poco prima di un paio di giorno di festa.
"E così." gli disse lei "Non prenderai l'autobus, domani, perché tanto non devi lavorare?"
Lei era seduta al tavolo della cucina, sorseggiando un thè, mentre lui, secondo gli ordini di lei, si era messo in ginocchio vicino alla porta. Le rispose:
"Sì, ma tranquilla: se devo vengo apposta, io..."
"Ah, no." disse lei "Approfittiamo della cosa per farti dormire qui. Domani è la giornata in cui ti fai solo torturare, no? Non te la vorrai perdere...?"
Lui piagnucolò:
"Sì, ma fammi anche un po' leccare domani... due giorni di torture interi..."
"Vediamo." disse lei "Per il momento guadagnati la prima leccatina. Allora: va in camera mia e striscia sotto il letto, poi quando torni qui, se sei impolverato abbastanza, ti faccio dare una leccatina al mignolino, con la punta della lingua."
Doveva soffrire tanto per così poco, ma lo fece comunque. Arrivato in camera di lei cercò se c'era qualche cosa dei suoi piedi da annusare, ma doveva aver nascosto tutto da qualche parte per prevenire le sue iniziative. Si rotolò sotto il letto, dove lei non puliva mai, perché tanto nessuno ci guardava, e uscì come uno spazzacamino. Quando tornò da lei lei si mise a ridere, più per la soddisfazione di averlo reso così ridicolo che per altro.
"Non ridere, ti prego... ora..."
"Ah, fermo. Chi ti ha detto che sei abbastanza sporco?"
"Cosa?"
"Mi dispiace, ma non sono soddisfatta."
"Ti prego... ti prego..."
"Forse ti do una seconda possibilità."
"Grazie!" ringraziò lui sollevato
"Ho detto 'Forse'." specificò lei "Vai fuori, dove ho lasciato le scarpe, e lecca la suola."
"Fuori... dalla porta? Ma mi può vedere qualcuno."
"Sì" sorrise lei "è più eccitante farti fare le cose così."
"Ma..."
"Vattene." disse lei
"No, aspetta... intendevo..."
"Stai esitando, quindi vattene. E non ti azzardare a tornare."
"Lo faccio! Lo faccio!" supplicò lui
"Troppo tardi. Ormai ho deciso." aprì la porta, e lo spinse fuori trasinandolo per un orecchio
"Lecco..." disse lui mentre lei chiudeva la porta
Lei lo lasciò lì a supplicare per un po', con il rischio costante che passasse qualcuno e lo scoprisse, poi, dopo il suo ennesimo 'lecco' si affacciò
"Vediamo come fai." gli disse "E ti vedo, quindi non osare annusare dentro le scarpe."
Lui iniziò a leccare le suole.
"Vedi? Lecco. Fammi entrare..."
"Salve, signora." disse lei
Lui si voltò, rossissimo di vergogna. Non c'era nessuno.
"C'era... c'era qualcuno? Mi hanno visto?"
"Forse..." rispose lei maliziosa "Non dovevi leccare?"
"Sì, signora, mi scusi." disse lui senza ritegno, ricominciando a leccare.
Passò una ventina di minuti, poi la porta si aprì e lui strisciò dentro.
"Bene." disse lei tenendolo a terra con un piede nudo "Per questa volta sei perdonato"
"Avevi..." mormorò lui, l'umiliazione gli impediva di parlare forte "...detto... che mi avresti fatto leccare il mignolino, ora..."
"Ah, sì?" rispose lei "Non mi ricordo." e, per il momento, l'unico piacere che fu concesso a lui fu quello del tocco caldo della pianta del piede che lo teneva a terra.

Lei gli aveva ordinato, dopo averlo fatto rientrare, di tenere la lingua sul pavimento fino a nuovo ordine. Qualsiasi cosa facesse, doveva assolutamente stare con la lingua a contatto con le piastrelle: tutti i suoi movimenti si erano ridotti a strisciare, e non poteva parlare (mugugnare, al massimo).
Lei guardò con una certa soddisfazione il risultato che aveva ottenuto: quella dell'uomo per terra era esattamente quella di un verme. Pensò un attimo che poteva fare per farlo stare ancora peggio.
"Ehi? Ti va di fare una cosa?"
Lui fremette un po', aspettando l'ennesimo ordine. Quella situazione iniziava a stancarlo, ma poi pensava al profumo paradisiaco dei suoi piedi, che quando lei tornava a casa lasciava scalzi per l'appartamento, senza lavarli, tanto le bastava che si asciugassero. Era pressapochista: non puliva sotto il letto, non lavava in mezzo alle mattonelle, aveva i capelli scompigliati... e aveva quei piedi così profumati...
"Hmmm..." rantolò lui
"Su, rispondi."
"Ttt qll ch v... pr ' pd... fmml nnsr..."
"Come?" rise lei
"S... s..." fece lui
"Mi sembra di aver capito di sì. Bhè, ecco quello che devi fare: in camera mia c'è un fazzoletto, sul comodino. Me lo vai a prendere? Anzi, che dico, vammelo a prendere; e se ti rifiuti puoi dire addio ai miei piedi. Su, obbediscimi." rincarò la dose
Lui piagnucolò, perché sapeva che era impossibile fare quella cosa senza alzare la lingua da terra, e capiva anche che lei, in un modo o nell'altro, se ne sarebbe accorta se l'avesse staccata
"Nn c pss rscr..."
"Guarda che stavo pensado che, se oggi fai tutto senza fare capricci, forse stasera ti faccio annusare bene i miei piedi."
lui, dentro di sé, esultò. Iniziò a strisciare, con la velocità che gli consentiva doive tenere la lingua per terra, verso camera di lei. Si ritrovò vicino al comodino, e iniziò a contorcersi, per alzare il braccio fino al fazzoletto. Poggiò tutto il peso sulla guancia, per alzare le spalle, e con esse il braccio. Le dita sfiorarono un paio di volte il fazzoletto di carta, che non riusciva a vedere. Appena lo ebbe fatto cadere il più fu fatto.
"Ashhhh..." fece portandoglielo (era un respiro affannato), e poi cercò di ispirare più aria possibile, magari riusciva a sentire un po' di odore del suo piede, visto che era scalza. Non poteva farsi trattare così, pensò, ma era bella: doveva.
"Bene." gli disse lei "Però secondo me devi soffrire un pochino di più. Ora torni in camera mia, lo rimetti a posto, torni qui, e poi torni in camera mia a riprenderlo." meglio stendere un pietoso velo qui; comunque glie lo fece fare un paio di volte. Alla fine lui aveva le spalle quasi slogate "Ti senti umiliato?" gli chiese poi
"S..."
"Mi piace sentirti piagnucolare. Piagnucola un po' mentre io mi soffio il naso con questo fazzoletto." lui obbedì, ormai avere avuto la lingua fuori dalla bocca per tanto tempo glie la stava facendo seccare, non riusciva neanche a tirare fuori quelle parole fatte solo di consonanti "Ora ti spalmo il mio muco sotto il naso." disse lei; lui, completamente passivo, la fece fare "Però... devo avere dei piedi proprio stupendi, se sei disposto a farti trattare così." sospirò lei, mentre spalmava il muco rimasto su una mattonella "Leccalo." disse sdraiandosi, dopo che lui ebbe pulito restò un po' a guardarlo "Uff... che faccio adesso?"
"Hm... Hmm..."
"Bhè, è quasi ora di cena. Quasi quasi mi faccio portare una pizza. Però mi servirebbe qualcosa da farti fare mentre io mangio. Cioè, mentre io mangio tu devi soffrire. Cosa ti faccio fare?" disse accarezzandolo teneramente sulla testa. Ridacchiò
"Pt..."
"Pietà?" mormorò lei "Sta buonino... devi soffrire mentre io mangio, capito? Ecco: ora chiudi gli occhi, io intanto sputo un po' per la casa. Dieci sputi: tu devi cercarli, e pulirli; poi io vado a controllare." lui era disperato "Aspetta" infierì lei "Ho un'idea: ti lego le mani dietro la schiena, così diventi un verme a tutti gli effetti: metti le mani dietro la schiena. Fallo, altrimenti niente piedi." lui lo fece, e sentì che, con qualcosa, glie le stava immobilizzando.
Mentre aspettava la pizza lei seminò i propri sputi per casa. Per non farli sparire prima di essere stati trovati li sputò insieme a dei cucchiaini di farina.
Mentre lei mangiava lui li trovò tutti. Uno era sotto il letto, un altro in bagno, vicino allo scopino del cesso, uno vicino alla spazzatura, uno sul tappeto, uno vicino alla porta, uno sullo zerbino, uno sullo scendiletto (quelli sullo zerbino/tappeto/scendiletto erano difficilissimi da togliere, doveva passarci la lingua tante volte), uno dietro il divano, uno in balcone e uno vicino al cestino della biancheria sporca.
"L h trvt ttt, sgnrn." le disse strisciandole, esausto, ai piedi
"Hmmm... bravo. Sai? Ti sei meritato di annusarmi i piedi. Stasera c'è un film che voglio vedermi." lui spalancò gli occhi, era vero? "Mentre lo guardo tu puoi stare col naso sulle dita del piede che poggio a terra. Sempre con la lingua a terra, però, eh?".
E poi lui passò la serata in paradiso: con il naso aspirava le particelle in mezzo alle dita dei piedi, cercando di trattenerle, di rimanere con quell'odore nelle narici per più tempo possibile.
pippomartin80
00martedì 3 gennaio 2012 13:17
complimanti per il bellissimo racconto...mi piacerebbe essere stato al suo posto e leccare io il pavimento della mia padrona...
ermassi
00mercoledì 4 gennaio 2012 00:30
Ringrazio di non aver mai incontrato una cosi'....

altro che "leccami i topi sotto l'armadio"

[SM=x829790]

al secondo ordine... l'avrei presa per la collottola e scaraventata
giu' dalla finestra.

[SM=x829797]



s4uzer
00mercoledì 4 gennaio 2012 01:03
A me non piace leccare i pavimenti, ma è giusta l'umiliazione, rende più piacevole anche l'adorazione del piede stesso! :)
Questo svela il potenziale altamente pericoloso di una vera Donna, nei confronti di un vero adoratore!
zazaloz
00giovedì 5 gennaio 2012 21:32
Re:
ermassi, 04/01/2012 00.30:

Ringrazio di non aver mai incontrato una cosi'....

altro che "leccami i topi sotto l'armadio"

[SM=x829790]

al secondo ordine... l'avrei presa per la collottola e scaraventata
giu' dalla finestra.

[SM=x829797]







sono oltre 5 anni che ti leggo e non ti ho mai capito..
ermassi
00martedì 17 gennaio 2012 18:42
ehhh..... caro Zazaloz che ti devo dire...

altre volte ho gia' specificato che non sono uno schiavo.
e' vero.. mi faccio calpestare, lecco scarpe, mi piace la sottomissione e faccio anche mille altre cose se l'occasione lo richiede...

Ho partecipato a feste dove "ci stava" farsi deridere un po, beccarsi delle frustate, qualche schiaffo e altre cose... era il caso di stare al gioco (senno' che cazzo ci vai a fare a queste feste)

Nella vita di tutti i giorni pero'...
se becco una che mi dice di leccarle via la polvere da sotto l'armadio... prima pulisco il pavimento con la sua testa, e subito dopo la scaravento giu' dalle scale...

Lo so.. sara' contraddittorio ma e' cosi'...

matt70
00giovedì 19 gennaio 2012 07:44
[SM=g2618779] cattivella la tipa!
tito.ortiz
00sabato 21 gennaio 2012 14:07
ajajajajiiiiii un po troppo cattivella
ServoStrisciante
00sabato 21 gennaio 2012 14:10
Bellissimo Racconto!!!
subfeet
00giovedì 8 marzo 2012 04:12
Re:
ermassi, 17/01/2012 18.42:

ehhh..... caro Zazaloz che ti devo dire...

altre volte ho gia' specificato che non sono uno schiavo.
e' vero.. mi faccio calpestare, lecco scarpe, mi piace la sottomissione e faccio anche mille altre cose se l'occasione lo richiede...

Ho partecipato a feste dove "ci stava" farsi deridere un po, beccarsi delle frustate, qualche schiaffo e altre cose... era il caso di stare al gioco (senno' che cazzo ci vai a fare a queste feste)

Nella vita di tutti i giorni pero'...
se becco una che mi dice di leccarle via la polvere da sotto l'armadio... prima pulisco il pavimento con la sua testa, e subito dopo la scaravento giu' dalle scale...

Lo so.. sara' contraddittorio ma e' cosi'...




Io sarei come ermassi , anche se di vere esperienze vissute ne ho avute poche , non ho neanche mai partecipato a delle feste a tema , non saprei neppure come cercarle ad esser sincero. Anche io non sono uno schiavo (non a caso è la mia firma) , però ci sono delle situazioni e pratiche femdom che mi attraggono sia a livello psicologico che fisico....ma non potrei mai essere uno schiavo perchè su tantissime cose mi ribellerei !!! Il discorso sarebbe più complesso ma credo di aver reso l'idea.


tazzo87
00giovedì 22 marzo 2012 20:43
mamma mia questa si ke è cattivella....!!! quanto mi ha eccitato sto racconto però....!!!!!
subfeet
00venerdì 23 marzo 2012 17:19
Comunque io credo poco ai racconti presi dal web , questo secondo me è troppo esagerato non è possibile che sia reale , forse qualcosa si ma le cose che ha fatto questo schiavo nella maggior parte del racconto non penso siano vere.
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