ora il II
Super PIA
L’ennesima truffa era pronta. Una giovane donna sarebbe stata la sua prossima vittima. Sarebbe stato un gioco da ragazzi, per uno come lui abituato a ingannare uomini potenti e importanti società con abilità e furbizia.
Aveva saputo di una giovane donna in carriera che necessitava di consulenze, di consigli visto le grosse cifre guadagnate. Una giovane donna, magari bella, da sedurre, da portarsi a letto e da lasciare senza un quattrino. Lui, che bello non era, aveva sempre avuto gran successo con il “sesso debole”, come amava definire le donne. Questa giovane donna sembrava la vittima perfetta da sacrificare sull’altare della sua lussuria e cupidigia.
Riuscito facilmente a contattarla, ottenne con ancor più facilità un appuntamento. Si sarebbero incontrati nella camera di un lussuoso albergo e lì avrebbero cenato e parlato di affari.
Il nostro uomo, pieno di sé e pronto a raggirare l’ennesima vittima, vestito elegante, aspettava la sua vittima nella camera, seduto al tavolino che aveva fatto preparare, e già pieno di raffinati cibi e champagne.
Calmo e sereno aspettava l’arrivo della donna. Già pronto per fine serata, aveva un contratto che se firmato, avrebbe lasciato senza un soldo il firmatario, in questo caso la nostra giovane donna.
Arrivò Lei. Il nostro uomo rimase esterrefatto, non potè, non riuscì a nascondere un certo imbarazzo, una certa agitazione. Era la prima volta che gli accadeva. Sicuro, deciso, mai dinanzi a nessuno, né tanto meno ad una donna, aveva avuto quella sensazione di irraggiungibilità. Erano stati solo pochi secondi e poi la colpa era certamente di quel bicchierino di champagne che aveva bevuto prima dell’arrivo della Donna, si giustificò, cercando di non pensarci, di dimenticare. Lei capì immediatamente l’effetto devastante, deflagrante che aveva suscitato in quell’uomo, ma riuscì a non far trasparire alcun sentimento, alcuna eccitazione. Indossava un lungo vestito nero con uno spacco laterale non troppo ampio, abbastanza però da mostrare una raffinatissima guepiere da cui scendeva un delizioso collant nero velatissimo che rendeva ancor più sinuoso un corpo che sembrava avere tutte le forme al posto giusto. Alla caviglia destra una sottile argentea cavigliera, e ai piedi delle decolletè nere alte, che Le davano uno slancio notevole, tanto da risultare più alta del nostro uomo che raggiungeva il metro e 75 cm. I capelli castano scuro erano legati, tiratissimi, e lasciavan libero un viso angelico e diabolico senza alcun filo di trucco, dal colore e dai tratti non vagamente tipici delle donne del sud-est asiatico. Un viso semplicemente bello, dove spiccava il colore olivastro della Sua soffice pelle, e due marroni occhi che descrivevano dolcezza, sensibilità, attrazione. Il nostro uomo, pur abituato ad aver a che fare con splendide donne di classe, non riusciva a capacitarsene. Altro che bicchierino di champagne! Un approccio così difficoltoso, così subordinato ad una donna l’aveva avuto forse solo da adolescente, poi aveva preso lui lo scettro del potere. Occorreva però liberare la mente da questi pensieri, anche perché bisognava portare a compimento la truffa, e quella era garantita. Di certo il desiderio di portarsi a letto quella divina e graziosa creatura era notevolmente cresciuto, ma questo non era che un ulteriore piacere da concedersi. Lasciò, dopo le presentazioni rituali, sedere la nostra Donna, irresistibilmente fu attratto dal Suo leggiadro movimento nel semplice atto del sedersi, nulla di più sensuale ed elegante avevano mai visto i suoi occhi, la sua mente. C’era in quella Donna qualcosa di magico, di fanciullesco, di inspiegabile, di qualsiasi cosa si trattasse era difficile resisterLe. Un particolare ancor più lo inquietava: quelle scarpe e quel fiabesco movimento dei piedi che ascoltava provenir da sotto il tavolo. Maledetta tovaglia! Mai era stato un feticista, le donne eran per lui un oggetto a cui non riservare particolari attenzioni, figurarsi i piedi, stupidi feticisti! Eppur era sempre più in bambola. Il tempo passava, cenavano e parlavano degli affari da fare, ma lui aveva un’unica fissa: Lei. Non era però la solita donna da portarsi a letto, la solita donna da piegare ai propri sessuali desideri, era una DEA, una fanciulla da venerare, da adorare, da ringraziare. Lei aveva compreso, aveva chiaramente dinnanzi la situazione: quell’uomo, che per telefono Le era parso tanto sicuro di sé, era stato annientato dal Suo essere, dalla Sua essenza. Involontariamente. Lei nulla aveva fatto che giustificasse quanto stesse accadendo. Una naturale superiorità.
Pur non volendo ulteriormente metter a disagio chi Le era di fronte, non seppe “femminilmente” resistere. Intensificò il movimento di quelle decolletè, lasciandole spesso dondolare sulle punte dei piedi, sfiorando più volte le gambe del nostro uomo. Lasciò cadere una forchetta, il nostro uomo istintivamente si abbassò per recuperarla: lo spettacolo che vide fu straordinario ed imbarazzante. Lei aveva lasciato cadere la scarpa, e con il piede vellutato cercava, senza volerlo trovare, il suo volto. Finalmente poté ammirarli, pur attraverso il velatissimo nylon nero che li raccoglieva, era chiaro che si trattava di piedi piccoli, ben curati, con unghie colorate di un fresco vinaccia. Il nostro uomo avrebbe follemente desiderato gettarsi e perdersi in quell’incantevole paradiso, e così nel tentativo di alzarsi il più velocemente possibile, per metter fine a quella sofferenza spettacolare, urtò la testa. Solo il caso volle che non scaraventasse lontano il tavolo! Oramai il nostro uomo era stato vergognosamente battuto, aveva perso ogni minima capacità di difesa. Tutta colpa di una Venere! Con tutte le difficoltà del caso cercò comunque di limitare i danni, ma forse per la truffa era meglio rimandare.
Terminata la cena, Lei con una eleganza sconfinata, Si alzò, sedendoSi su un variopinto divano presente nella camera. Il nostro uomo vide l’intera scena senza proferir parola, né fiato. Il cammino della DEA era docile, intriso di fascino, nel sederSi accavallò le gambe lasciando, maliziosamente, aperto lo spacco. Scarpa e piedino dondolavano. Fu l’attacco finale: le ultime barriere, le ultime armate di retrovia del nostro uomo furono spazzate via. Ingenuamente colpita dal Suo inaspettato e incontrollabile potere decise che bisognava a quel punto metterlo a frutto: quell’uomo sarebbe stato la Sua prima vittima. I ruoli erano inconsapevolmente, oramai, invertiti. Lo chiamò sul divano, il nostro uomo, come un automa che non rispondeva che a Lei, eseguì immediatamente l’ordine. I suoi occhi cadevano incessantemente su quelle lunghe e sensuali gambe, rese ancor più seducenti da quel nylon nero, su quei piedini che sempre più Lei mostrava, non più curante, anzi compiaciuta, del potere immenso esercitato su di lui. La truffa era saltata, meglio evitare di tirar fuori quel contratto truffaldino; eppur quando Lei parlò del contratto, il nostro uomo non capì, non ricordò, e tirò fuori il foglio. Il contratto sarebbe stato sfruttabile a suo vantaggio, solo se fosse stato ben presente in lui una qualche goccia di razionalità, di autostima, ma ambedue, e non solo, erano state distrutte da quella visione, da quella Donna. La Donna lesse, capì le reali intenzioni di quel viscido uomo: avrebbe voluto truffarLa, avrebbe voluto profittare della Sua inesperienza e giovane età. Non Si scompose per nulla. Quella cena, quell’uomo l’avevan resa forte come mai era stata, l’avevan definitivamente resa consapevole delle Sue potenzialità fisiche e mentali. Era giunto il momento di metterSi alla prova. Sapeva che senza volerlo aveva reso quell’uomo incapace di intendere e volere, l’aveva reso inerme, senza alcuna capacità di reazione. Il predatore caduto nella sua stessa trappola! Ora a Lei toccava di finire consapevolmente un compito, che la Sua naturale superiorità Le aveva reso facile facile: quel contratto l’avrebbe firmato lui.
L’uomo seduto sul divano d’improvviso vide il suo desiderio realizzarsi. Finalmente quei piedi e quelle gambe inondarono il suo corpo, l’eccitazione per lui, macho predatore, fu indescrivibile. Aveva avuto vari rapporti sessuali, li aveva sempre gestiti, aveva provato immensi piaceri. Ora era diverso, dei piedi e delle gambe vellutate erano il suo desiderio, erano fonte di un orgiastica e dionisiaca gioia. Ma ben più dei piedi o delle gambe, era Lei stessa, la Sua DEA a regalargli gioia. L’annullarsi in Lei, nella Sua maestosità, lo rendeva fanciullescamente e coscientemente gioioso. Con delicatezza immane Lei lo spinse giù dal divano, ponendo le Sue estremità sul volto del nostro uomo steso e privo oramai di qualsiasi volontà di reazione.
La Donna aveva visto sul web alcune pratiche femdom, ma tutto ciò che faceva e avrebbe fatto quella serata e in futuro, era frutto esclusivo della Sua spontanea volontà. Mai avrebbe immaginato di assaporare quel gusto di spensierata superiorità fisico-mentale al cospetto di un uomo. Era una Donna forte, capace di farsi valere sul lavoro, di superare non poche difficoltà, spesso causate dal suo stesso esser donna. Ma quella sera non era lavoro, non era dimostrare professionalità e capacità, era sottomettere un uomo, renderlo totalmente succube, un oggetto a Suo totale servigio. Ogni Suo volere sarebbe stato esaudito, il maschio al Suo cospetto altro non era che un giocattolo, un rilassante passatempo.
Steso sul pavimento il nostro uomo continuava a gustare avidamente e piacevolmente i piedini della Sua Donna, ma ora Lei voleva cambiar registro, e la Sua volontà era un perentorio ordine. Si alzò rimise le scarpe e fece voltare l’uomo, salendo con i Suoi sottilissimi tacchi sulla sua schiena. Quell’uomo mai aveva subito una tale umiliazione: una Donna camminava su di lui, era il tappeto di una creatura che lui immaginava inferiore e che avrebbe voluto truffare. Stufa della schiena, con un calcio, non troppo violento, lo fece girare, cominciando a calpestare pancia, collo, volto e intimità, in perenne erezione, dell’uomo. Denudò il piede e con i soli collant continuò a passeggiare sull’uomo sempre privo di qualsivoglia volontà di ribellione, anzi totalmente e serenamente asservito. Terminato di calpestare il Suo tappetino, decise che era giunto il momento per qualcosa di maggiormente violento. Gli ordinò di alzarsi, lo fece svestire e, non appena lo ebbe innanzi nudo, lo colpì con un violento calcio nello scroto, il Suo piede, fino a pochi minuti prima fonte di piacere, era ora fonte di dolore per l’uomo che, sorpreso e dolorante, cadde sulle ginocchia. La guardò come per chiederLe il perché di quel calcio, di quella violenza, Lei si chinò verso lui quasi come se volesse accarezzarlo, e invece lo colpì con un sonoro ceffone al volto, ridendo divertita. Era oramai un’amazzone dominatrice fiera di quel ruolo che lui stesso aveva aiutato a far emergere. Dopo il ceffone il nostro uomo si alzò velocemente, probabilmente quello schiaffo aveva ridestato in lui un minimo di coscienza e di decisione: sarebbe andato via. Lei comprese la sua intenzione, e in pochi secondi seppe fargli cambiare idea: fece cadere il vestito rimanendo con un elegantissimo corpetto di color nero che evidenziava ancor di più le Sue sinuose forme, un seno piccolo e tondo, un fondoschiena perfettamente scolpito nell’interezza del corpo. L’uomo ebbe un sussulto, ricordò il suo esser uomo, avrebbe ripreso il potere, avrebbe dimenticato quanto finora successo e avrebbe mostrato chi comandava. Si sbagliava. Le si avvicinò con fare arrogante, La prese e La gettò sul letto della camera. Lei lasciò fare ma, non appena il nostro uomo provò a salire a bordo-letto, fece partire un calcio che colpì nuovamente lo scroto indifeso e penzolante del maschio che rovinosamente cadde. Si sedette sul ciglio del letto osservando l’ometto contorcersi per il dolore da Lei stessa provocato. Troneggiava su di lui, l’aveva sconfitto per la seconda volta, e questa volta nel confronto fisico, ma non aveva finito. Gli prese la testa, l’alzò e cominciò a stringerla tra le Sue gambe, non eran certamente gambe muscolose ma stringevano forte. L’uomo a quel punto non ebbe e non volle tentare alcuna reazione, capì che non aveva chance, era e doveva essere quella Donna la sua Imperatrice, la sua volontà. Chiese perdono. La Donna lasciò la presa, conscia che c’era ora un ulteriore umiliazione a cui sottomettere l’ometto: il contratto che lui doveva firmare. Decise che il tutto sarebbe finito lì dove era cominciato. Ordinò all’uomo di mettersi a 4 zampe, facendoSi accompagnare sul colorato divano, Si sedette e lasciò che l’uomo si inginocchiasse per baciarLe con ancor più ardore le Sue letali e deliziose estremità. Quel fallito golpe aveva portato l’uomo alla decisiva capitolazione. Era stato annientato inconsapevolmente, quasi involontariamente dalla dolcezza, dall’armonia di un corpo, di un volto di una Donna, come mai era accaduto. Aveva reagito, era rientrato in sé, ma era stato nuovamente sconfitto e umiliato, e questa volta eran bastati pochi secondi, eran bastati un calcio e la forza di gambe che muscolose certamente non erano. La Donna che voleva truffare si era dimostrata tremendamente superiore a lui, annichilendolo con bellezza, con semplicità, con forza, insomma con naturale e infinita superiorità.
Lei alzò i piedi accarezzando con questi i suoi capelli, li poggiò poi comodamente sulla sua testa, e mentre lo spingeva ad adorare l’interno delle Sue scarpe, portò dinanzi ai suoi occhi penna e contratto. Per qualche attimo lui rinsavì, capì, ma, per quel che potesse contare, anche lui aveva scelto. Firmò, perdendo tutti i suoi soldi a vantaggio della sua nuova DEA. La Donna, stanca e soddisfatta, ordinò all’uomo di rimettersi a 4 zampe, facendoSi accompagnare al letto. Tolse i collant e con questi legò le mani del Suo schiavo lasciandolo, steso e nudo come un lurido verme, ai piedi del lettone, tutto per Lei, dove Si stese e dove avrebbe dormito. Prima di abbandonarSi a Morfeo volle però divertirSi ancora e, tenendo a penzoloni gambe e piedi, cominciò a massaggiargli l’intimità con i Suoi piedini. L’ometto, entusiasta dell’inaspettata sorpresa, alzando leggermente la testa osservava il sincronismo perfetto dei due piedi, il movimento leggero e impercettibile delle dita che sfioravano l’eccitatissimo glande. Un’amazzone di cui scorgeva le splendide gambe e di cui avvertiva con smisurato piacere il movimento dei piedini, lo stava portando ad un orgasmo unico, impensabile. D’un tratto Lei Si bloccò, e in pochissimi istanti Si alzò e chinò verso il nostro uomo, che immaginò mille scenari fantastici. Prese il suo pene tra le mani, anch’esse piccole e con unghie ben curate prive di colori artificiali, e soprattutto anch’esse deliziose e letali, e cominciò a muoverlo, alternando movimenti lenti e movimenti più veloci. Quando comprese che l’ometto era oramai ad un passo dall’orgasmo, colpì e agguantò contemporaneamente i suoi testicoli gridandogli di non eiaculare. Lo spavento e il dolore dell’ometto non fermarono, anzi aumentarono, la sua eccitazione, riuscendo solo a fargli contenere la fuoriuscita di sperma. Il terrore attraversò il suo intero corpo, guardò con timore, implorando il perdono della Donna, che intanto alzataSi imperiosamente lo sovrastava. Lei ebbe un interminabile brivido di piacere, aveva ridotto quell’uomo al nulla, era arrivato da altezzoso e ingannatore uomo d’affari e ora era lì, ai Suoi piedi, affascinato, sconfitto, deriso e intimorito al Suo cospetto. Poteva bastare così, almeno per quella lunga ed intensa giornata! Gli liberò le mani e gli ordinò di andare in bagno a pulirsi, Si mise a letto e CopertaSi con un soffice piumone, lasciò solo i piedi non coperti, l’ometto avrebbe provveduto a riscaldarli con la sua lingua e con il suo Amore.
Dormì tutta la notte conscia del Suo enorme valore, delle Sue qualità. In fondo quell’uomo Le era servito, L’aveva aiutata a completarSi, a sentirSi Donna a 360 gradi. L’indomani avrebbe proposto al Suo uomo di divenire ufficialmente il Suo schiavo. Ovviamente l’uomo non avrebbe avuto alcuna possibilità di scelta! La mattina successiva l’uomo, seppur dopo una inutile e “studiata” resistenza, stroncata da qualche calcio ben assestato, e soprattutto dal ricordo della sera precedente, accettò. Pio era ufficialmente lo schiavo della Padrona Super PIA.
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